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Quali conseguenze per l’Italia e per l’ergastolo ostativo?

Come affermato ad inizio capitolo, la Corte Europea non si è mai pronunciata espressamente sulla figura dell’ergastolo ostativo, ma ciò non preclude la possibilità di estendere i principi espressi dalla Corte nelle precedenti sentenze per cercare di dare una soluzione alla questione.

Innanzitutto, una questione potrebbe porsi in questi termini: l’art. 117 Cost. sancisce che la potestà legislativa dello Stato deve essere esercitata nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Ci si potrebbe chiedere se il procedimento di revisione interno sia idoneo a soddisfare i parametri richiesti dalla stessa corte di

Strasburgo, per stabilire se la permanenza del condannato in stato di detenzione sia ancora giustificata da esigenze esterne335.

A fondamento di una eventuale questione di incostituzionalità da porsi in proposito, si potrebbe concluder affermando che, essendo i principi espressi dall’art. 3 Cedu assoluti, sono non suscettibili di un giudizio di bilanciamento un vista di altre esigenze configgenti, quali la lotta al terrorismo o alla criminalità organizzata.

Un altro aspetto su cui riflettere, riguarda la collaborazione come mezzo di pagamento della libertà: l’utilità della collaborazione, non si può escluderlo, consiste nella agevolazione delle indagini, in modo tale che gli organi inquirenti si troverebbero una ricostruzione dei fatti ben precisa e dei soggetti da punire. Abbiamo rilevato come, in questi termini, il diritto al silenzio venga a connotarsi come “obbligo di parlare se vuoi uscire di prigione”, ponendo dei dubbi sulla natura effettivamente inquisitoria del processo.

La Corte di Strasburgo ha sempre dichiarato come il diritto al silenzio, così come il diritto a un processo equo o la presunzione di innocenza, non avrebbe carattere assoluto, e di conseguenza, non impedisce agli organi giudiziari di poter trarre delle conclusioni sfavorevoli alla persona dell’indagato, imputato o condannato che sia, in seguito all’esercizio dello ius tacendi.

Tale situazione, però, deve essere presidiata da garanzie che si traducono in: natura e grado di coercizione per ottenere la prova; l’esistenza di adeguate garanzie procedurali inerenti alla modalità di acquisizione degli elementi auto indizianti; l’utilizzazione in giudizio del materiale così ottenuto336

.

Sul giudizio di compatibilità dell’ergastolo ostativo con l’art. 3 Cedu, potrebbe trovare applicazione l’interpello preventivo337

della Corte di Strasburgo, da parte delle Corti Nazionali, volte ad ottenere un parere di natura consultiva sulla interpretazione di una norma della convenzione che risulti rilevante per la decisione.

335

Balsamo A. – Trizzino L., op. cit., p. 4690.

336

Si tratta di parametri fissati dalla Corte di Strasburgo in occasione della pronucna Jalloh c. Germania.

337

Si tratta di uno strumento che trova la sua disciplina nel Protocollo n.16, predisposto dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 10 luglio 2013. Balsamo A. – Trizzino L., op.

10.1. La non riducibilità della pena

In merito alla non riducibilità della pena, come può essere escluso che l’ergastolo ostativo violi l’art. 3 Cedu?

Se si può sicuramente affermare che la disciplina dell’ergastolo comune trova la sua compatibilità nella Convenzione europea, lo stesso non può dirsi per l’ergastolo ostativo perché, in merito a questo profilo, per l’ergastolano ostativo manca la possibilità di accedere alla liberazione condizionale se non collabora con la giustizia oppure se non riesce a sostenere la probatio diabolica in merito all’assenza di collegamenti con la criminalità organizzata.

Mancherebbe, a riguardo, il paramento della “concreta prospettiva di scarcerazione, in quanto escluse devono essere la grazia338 e l’indulto, in quanto prettamente discrezionali.

A questo dato, va senz’altro connesso un altro requisito sancito dalla Grande Camera in occasione della sentenza Vinter e altri c. Regno Unito: il diritto alla piena conoscenza del meccanismo di riesame e il dies a quo certo per il riesame della pena.

Già nelle sentenze precedentemente esaminate, la Corte ha rilevato la necessità che il condannato, al momento della pronuncia della sua condanna, sia posto nelle condizioni di sapere il percorso trattamentale da seguire per poter accedere alla liberazione anticipata, pena la violazione dell’art. 3 Cedu, n caso di condanna all’ergastolo senza possibilità di liberazione anticipata.

In merito all’ergastolano ostativo, manca del tutto una conoscenza a riguardo, e la rilevanza d questo presupposto: ce lo indica, innanzitutto, l’applicazione retroattiva di modifiche sopravvenute all’art. 4 bis.

Infine, l’ergastolano senza scampo può scoprire di rientrare tra i quattrobissiani a distanza di anni, quando magari presenta istanza di accesso ad un beneficio penitenziario, e gli viene negato in quanto ergastolano ostativo non collaborante339.

338 In occasione della sentenza Ocalan c. Turchia, la Corte ritenne la possibilità di ottenere la

grazia come inadeguata e insufficiente a causa della sua aleatorietà e piena discrezionalità, trovando riscontro solo in eccezionali esigenze di natura umanitaria.

339

Per quanto concerne, invece, la conoscenza della data certa, nel caso degli ergastolani ostativi tale possibilità non si verifica nemmeno nel momento in cui, decorsi i ventisei anni per accedere al beneficio penitenziario della liberazione condizionale, il condannato dia prova del “sicuro ravvedimento”, in quanto

chance preclusa ai non collaboranti.

10.2. Il trattamento contrario al senso di umanità e degradante

L’inderogabilità del divieto espresso dall’art. 3 Cedu esclude ogni margine di apprezzamento dello Stato sul punto.

Nell’ambito della pronuncia Vinter della Grande Camera, precedentemente esaminata, la Corte ha riconosciuto la realizzazione di un trattamento inumano e degradante nei confronti del condannato che non può vantare delle concrete prospettive di liberazione, che non può esercitare il diritto alla speranze, indipendentemente dal grado minimo di gravità del trattamento infitto ai ricorrenti.

Quest’ultima posizione della Corte ha delle conseguenze chiare sulla condizione dell’ergastolano senza scampo: svanita ogni prospettiva di liberazione anticipata, si trova ad essere “vittima” di trattamenti inumani e degradanti.

Questo ha delle ripercussioni anche sulla configurabilità dell’ergastolo ostativo come pena gemella della pena capitale, come precedentemente esaminato340.

340

10.3. Il divieto di tortura

Sulla base degli impegni assunti dall’Italia, con riferimento alle norme comunitarie ed internazionali, l’ergastolo senza scampo si porrebbe in contrasto persino con il divieto di tortura.

La tortura “giudiziaria” viene attuata attraverso la sottoposizione del soggetto a dolore o sofferenza, fisica o mentale, al fine di estorcergli informazioni o confessioni341.

Questa condizione è palesemente quella dell’ergastolano ostativo, il quale si ritrova a dover porre in essere una “collaborazione” con la giustizia, che in realtà sembrerebbe mascherare più un regime inquisitorio e istanze confessorie, in quanto altrimenti si troverebbe ad espiare la propria detenzione sine die in carcere. La Corte Costituzionale però è di diverso avviso, in quanto la collaborazione è una scelta che il condannato è libero di non adottare, escludendo dunque che il regime di rigore dell’art. 4 bis costringa il condannato a collaborare dietro la minaccia di una sanzione punitiva deteriore342.

Come non celato dal legislatore, la sua intentio era ed è, appunto, quella di “incentivare, per ragioni investigative e di politica criminale generale, la collaborazione con la giustizia”, in quanto riconosciuta come l’arma più efficace per contrastare la criminalità organizzata343 .

Da questo assunto, non si può certo negare che l’elemento della tortura giudiziaria sia in re ipsa.

Tutte queste osservazioni ci inducono all’apice della piramide delle questioni che mettono in dubbio la legittimità, costituzionale e comunitaria, del rigore dell’ergastolo ostativo, trovano la summa nella negazione del diritto alla speranza: rifiutarsi di collaborare equivale a condannarsi a morte.

341

Convenzione ONU contro la tortura e altri trattamenti e pene crudeli, inumane e degradanti, art. 1.

342 Si tratta di prese di posizione assunte dalla Corte dapprima con la sentenza n. 39/1994, e poi

successivamente confermate dalle sentt. nn. 1357/2003 e 239/2014.

343

Queste le posizioni del ministro Guardasigilli Martelli, aula del Senato, seduta del 6 agosto 1992, in Musumeci C. – Pugiotto A., op. cit., p. 139, nota n.209.

CAPITOLO III

Prospettive di riforma

INDICE: 1. Gli stati generali dell’esecuzione penale; 1.1.Tavolo 6; 1.2. Tavolo 16; 2.

Verso il superamento dell’ergastolo ostativo: la proposta della Commissione Palazzo; 3. Il disegno di legge; 4. Considerazioni finali: perché è difficile riformare.