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Raffigurare l’azienda come trama di relazioni tra figure professionali può confermare quanto la risorsa umana sia centrale in una combinazione produttiva. Il processo di generazione di valore si attiva grazie all’uomo e in funzione dell’uomo.

Il conseguimento di economicità da parte di una realtà aziendale va letto non solo come frutto dell’impiego efficace ed efficiente delle risorse materiali a disposizione ma anche della capacità di coltivare, valorizzare ed applicare conoscenze, competenze, esperienze e attitudini soggettive. La risorsa umana è portatrice di un valore che difficilmente può essere quantificato in termini monetari.

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La crescente automazione delle procedure o l’impiego di strumenti hardware e software in grado di compiere analisi e calcoli complessi al posto del cervello, non sminuisce il ruolo dell’uomo in azienda, il quale rimane padrone della propria facoltà decisionale. L’uomo è supportato nel processo decisionale da strumenti in grado di offrirgli quanti più elementi possibili per scegliere tra diverse alternative, ma la decisione finale non spetta alle macchine. È la risorsa umana che deve combinare le informazioni raccolte, analizzarle, dar loro un senso.

L’essere umano è, per sua natura, portato a ribaltare il proprio modo di essere, le proprie percezioni, in altri termini la propria soggettività in azienda. Questo ha un’importante implicazione: il processo decisionale è inevitabilmente condizionato dalla componente irrazionale, istintiva ed emotiva della personalità umana.

L’assunto, tipico della teoria economica neoclassica64, secondo cui gli agenti economici

assumono le proprie scelte mossi da razionalità assoluta non è altro che una semplificazione.

La stessa incompletezza dell’informazione a disposizione del soggetto decisore rende estremamente difficoltoso valutare le innumerevoli implicazioni delle diverse alternative a disposizione, pertanto, l’esito del processo decisionale non sarà dato dal semplice calcolo matematico ma interverranno anche fattori di diversa natura.

Ammettere che il comportamento degli agenti economici sia condizionato da meccanismi non controllabili non fa che accentuare il senso di confusione e incertezza generalmente percepito, poiché, secondo queste premesse, si ritiene difficile prevedere le dinamiche che si svilupperanno nel contesto economico o anche all’interno di una combinazione produttiva. In quest’ultimo caso è difficile prevedere in che misura le risorse aziendali verranno impiegate efficientemente, come evolveranno le relazioni interne tra attori aziendali, a quali conclusioni giungerà il processo decisionale e soprattutto come verrà condotto il percorso di pianificazione strategica.

Una possibile chiave di lettura è offerta dalle neuroscienze. Queste si occupano di studiare con approccio multidisciplinare i meccanismi che regolano il funzionamento

64 Nella teoria neoclassica gli agenti assumono le proprie scelte risolvendo matematicamente un

problema di massimizzazione vincolata. I consumatori scelgono in modo da massimizzare la propria funzione di utilità, e le aziende ricercano la massimizzazione del proprio profitto.

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del cervello umano quando la persona è chiamata a relazionarsi con l’ambiente circostante. In questo ambito, lo studio biologico dell’encefalo si accompagna all’analisi dei processi cognitivi e della mente.

Lo sviluppo e l’attività delle moderne neuroscienze sono legati alla teoria localizzazionista, secondo cui a strutture diverse del cervello possono essere ricondotte funzioni diverse del medesimo.

Sono stati nel tempo sviluppati metodi di analisi non invasivi per cercare una corrispondenza tra assunti teorici e realtà. L’approccio è sperimentale e alcuni tra gli strumenti più utilizzati per condurre analisi di laboratorio sono l’elettroencefalogramma (EGG), metodo che consente di tracciare l’attività elettrica del cervello a livello di corteccia, e la risonanza magnetica funzionale (functional magnetic resonance imaging, in breve fMRI), in grado di monitorare l’afflusso ematico a diverse aree del cervello quando sottoposto a stimoli di diversa natura. Il contributo straordinario di questi metodi sta nel consentire uno studio “dinamico” del cervello, offrendo in tempo reale immagini di questo organo quando esso è in funzione.

L’attivazione di aree legate all’emotività o all’istinto durante lo svolgimento di compiti assegnati può indicare l’intervento di impulsi irrazionali in grado di condizionare il comportamento e le scelte dell’individuo. Un’ulteriore conferma circa la razionalità limitata dell’uomo.

Le neuroscienze riconoscono il fatto che l’emozione giochi un importante ruolo nel costruire l’identità di una persona, e, al contempo, indicano la stessa come una delle determinanti del comportamento umano. Una delle implicazioni più interessanti di questo interesse verso la componente emotiva dell’individuo è che è stata aperta la strada per uno studio scientifico della correlazione tra comportamento e irrazionalità.

Queste discipline possono offrire un grande contributo per comprendere in che modo ragionamento razionale e impulsi emotivi si combinano determinando l’esito del processo decisionale nel contesto economico-aziendale.

Il superamento dell’ipotesi di razionalità assoluta del soggetto decisore pone un ostacolo alla previsione delle scelte di un qualsiasi individuo, poiché ammettiamo che non si tratti più di un semplice problema di massimizzazione vincolata.

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Sulla base di queste considerazioni dovremmo riconoscere anche i limiti di un modello reticolare nel descrivere l’evoluzione delle relazioni tra figure professionali all’interno di una combinazione produttiva.

Abbiamo infatti supposto che la configurazione di legami gerarchici, informativi, processuali, possa essere ricondotta ad una serie di logiche sottostanti65. Nella realtà il

sistema delle relazioni aziendali è il frutto di processo di progettazione condotto da soggetti appositamente incaricati (questo vale in particolare per le relazioni gerarchiche e di processo), i quali dovrebbero disegnare la rete seguendo le regole individuate. Secondo quanto affermato in precedenza però, nulla garantisce che il sistema verrà progettato nella sua interezza in modo razionale così da essere perfettamente efficiente nel suo funzionamento. Il modello reticolare potrebbe prevedere un’evoluzione del sistema (come teoricamente dovrebbe avvenire) senza che questa trovi un effettivo riscontro nella realtà.

Si pensa che le neuroscienze siano in grado di far luce sui meccanismi neurali che condizionano processi di questo tipo.

Identificare le aree cerebrali che si attivano quando la “progettazione dall’alto” ha luogo o capire in che misura l’emotività possa condizionare l’apertura di un collegamento spontaneo con un altro membro dell’organizzazione, può condurre alla formulazione un modello evoluto e più sofisticato. La probabilità che un collegamento nasca tra i nodi i e j verrebbe sempre ad essere calcolata come funzione di variabili rispondenti ad una logica razionale (tipo i necessita dell’input x, j offre l’input x?), ma potrebbe essere successivamente moltiplicata per coefficienti che la modifichino riproducendo l’intervento di condizionamenti di natura irrazionale.

I presupposti teorici per una proficua applicazione delle neuroscienze in campo aziendale sembrano sussistere.

65 Le regole che possono far sì che si generi un collegamento tra nodi del sistema possono essere tra le

altre la necessità di ottenere un input fondamentale per lo svolgimento della propria attività (relazione input-output o di processo), la necessità di ottenere informazioni chiave per assumere una decisione (canale informativo), ricorrere alla delega per evitare sovraccarico decisionale (relazione gerarchica di controllo).

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Capitolo III

LA LOGICA PREDITTIVA IN AZIENDA: IMPLICAZIONI DI

PIANIFICAZIONE STRATEGICA, COSTRUZIONE BUDGETARIA E

DI COST MANAGEMENT