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La ricomposizione di scenari complessi e le implicazioni sulla

La pianificazione non termina bruscamente una volta tradotta in obiettivi di lungo periodo la visione strategica del vertice. Il processo si articola in due momenti, che non sono tra loro separati o nettamente distinti ma ben integrati, sfumati l’uno nell’altro, uno orientato alla gestione strategica, l’altro orientato alla gestione operativa corrente. Ad un primo livello la pianificazione si occupa di dare una forma alle linee strategiche appena abbozzate, in modo da rendere espliciti gli obiettivi di lungo periodo verso i quali dovranno convergere gli sforzi individuali e collettivi, e successivamente procede declinando suddetti obiettivi in termini operativi, definendo programmi d’azione, interventi, obiettivi di area, ipotizzando combinazioni di risorse, il tutto in modo da garantire la graduale esecuzione dei piani a lungo termine.

La pianificazione strategica opera in un’ottica d’insieme, indicando obiettivi validi per l’intera organizzazione, in altre parole ragiona in termini globali guardando alla combinazione aziendale nel suo complesso; la pianificazione operativa, o programmazione, invece si rivolge ai singoli responsabili di unità organizzativa, preoccupandosi di assegnare loro specifici obiettivi e risorse, di formalizzare i programmi d’azione a cui dovrà essere data esecuzione, assicurando al contempo che sussista un certo livello di coerenza tra ogni singolo programma. La fattibilità dei singoli piani d’azione e la coerenza degli obiettivi di area viene garantita dall’attivazione di meccanismi di negoziazione, con il diretto coinvolgimento dei responsabili, e dall’intervento di figure di raccordo come il controller. Il processo che conduce alla formulazione del budget, strumento principe della programmazione, è già stato descritto in precedenza.

Sulla scia dei ragionamenti precedenti, potremmo domandarci in che modo e in quale misura l’affermazione di logiche predittive andrebbe ad incidere sul processo di programmazione.

Potremmo supporre che la disponibilità di informazione anticipatrice (qualora possibile) non porterebbe a negare la validità del budget come strumento di programmazione, né condurrebbe all’abbandono del metodo “negoziale”, grazie al quale si garantisce il

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diretto coinvolgimento dei responsabili di area nella fissazione degli obiettivi e si favorisce il dialogo trasversale.

A supporto di questo scenario si riporta la seguente considerazione: il budget non è uno strumento di previsione, non contiene valori previsionali ma esprime in termini monetari, fisici, tecnici, la volontà dell’organizzazione, riporta gli obiettivi e i programmi che l’organizzazione ha intenzione di realizzare. La logica di individuazione dei valori di budget non verrebbe messa in discussione in modo sostanziale. Si tratterebbe in ogni caso di esplicitare le intenzioni dell’organizzazione.

Se però questo è vero, lo è altrettanto il fatto che la stesura del budget non può avvenire in astratto. Per garantire la fattibilità e la coerenza dei programmi operativi è necessario ragionare sulla base di quanto accaduto in passato e di quanto presumibilmente accadrà in futuro.

La contrattazione degli obiettivi è preceduta dall’analisi dei valori storici di natura reddituale, finanziaria e patrimoniale (la stessa finalizzata a ricostruire lo stato di salute e l’andamento dell’azienda) e dalla formulazione di ipotesi di simulazione sulla base delle quali derivare i valori prospettici delle medesime grandezze di sintesi.

L’insieme di dati che deriva da queste operazioni costituisce l’input del processo di programmazione72.

Potremmo supporre che l’affermazione della mentalità predittiva in azienda agirebbe proprio sulle logiche di simulazione, favorendo la produzione di dati portori di un diverso tipo di informazione.

Abbiamo già avuto modo nel capitolo I di parlare della simulazione come di quel processo che prevede la formulazione di più ipotesi alternative per cercare di “catturare” la direzione in cui presumibilmente evolveranno contesto interno ed esterno all’azienda. Sulla base di queste ipotesi la simulazione studia il comportamento di variabili esplicative che saranno impiegate successivamente per derivare il presumibile valore delle grandezze economiche, finanziarie e patrimoniali.

72 “La pianificazione, contrattazione e integrazione degli obiettivi gestionali, pertanto, deve essere

preceduta da “previsioni” e “ragionamenti” sulle prospettive future, attraverso la formulazione di ipotesi alternative corrispondenti ai diversi scenari ambientali. Dalle ipotesi e dalle previsioni discendono poi gli obiettivi espressi in termini economico-finanziari”. Stefano Marasca, Luciano Marchi, Angelo Riccaboni (a cura di), Controllo di gestione. Metodologie e strumenti, Knowità, Arezzo, 2013 (II edizione), cit., p. 548.

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Una delle attività cardine della simulazione è l’analisi di scenario, rivolta sia all’esterno che all’interno della combinazione produttiva.

Potremmo presumere che il cambiamento provocato dalla nuova mentalità si realizzerebbe a questo livello, interessando cioè la ricomposizione degli scenari. La “simulazione predittiva” cercherebbe di adottare una chiave adeguata a decodificare i segnali provenienti dall’ambiente circostante, in modo da ricondurre a schemi logici e razionali la complessità che lo caratterizza.

Nell’interpretare il trend di sviluppo degli scenari sembra difficile ad oggi poter adottare una visione lineare del succedersi degli eventi, dal momento che i mercati sono estremamente turbolenti, nervosi, e il business dipende sempre più dalla capacità di innovare e migliorare. Una valida ipotesi dunque è quella di passare da una visione lineare del sistema economico ad una reticolare, secondo la quale mercati e attori sono rappresentati come nodi tra loro variamente legati e esposti a reciproci condizionamenti. La scienza delle reti offre strumenti per studiare probabili evoluzioni sia del contesto macroeconomico e competitivo in cui opera l’azienda, sia del modo in cui si configurano i sistemi che muovono la macchina aziendale. Lo sguardo può quindi rivolgersi sia fuori che dentro la combinazione.

La lettura del mercato attraverso le relazioni può aiutare a leggere l’evoluzione di alcune grandezze alla luce delle particolari caratteristiche strutturali del sistema. Le previsioni su quota di mercato e volumi di vendita possono basarsi sullo studio di come si articolano le connessioni tra competitors nel settore: l’esistenza di reti a base contrattuale, la probabilità che sorgano joint venture finalizzare a conquistare nuovi clienti o a inserirsi in nuove nicchie di mercato, la presenza di concorrenti forti per l’appartenenza ad un gruppo economico, sono elementi in grado di guidare nella simulazione di queste variabili. In base alle relazioni che il singolo concorrente intrattiene si può dedurre quali possano essere le fonti della sua competitività, ovvero si possono cogliere in modo più sottile le determinanti della forza competitiva di un’azienda rivale (un esempio può essere l’appartenenza ad un gruppo economico ove si ricerca una condivisione delle risorse tra consorelle), elementi che consentono di ipotizzare una probabile distribuzione delle quote di mercato.

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Lo studio dell’efficienza produttiva, in base alla quale derivare i costi variabili di natura industriale73, può avvalersi invece della ricostruzione della rete di processi interni

all’azienda, studiandone le probabili riconfigurazioni.

La mappatura dei canali di comunicazione dentro l’azienda può far emergere l’esistenza di cluster piuttosto isolati, e una scarsa probabilità che nascano spontaneamente collegamenti di natura informativa tra questi ad altri soggetti. Si ipotizza dunque che il sistema non evolverà in modo da accorciare la distanza tra cluster mediamente lontani, dunque questo potrebbe indurre a pianificare investimenti per sviluppare l’infrastruttura informatica in modo da garantire che l’informazione raggiunga più facilmente tutte le aree interessate, così da evitare ridondanze e ritardi nei processi.

Quelli appena descritti sono casi molto semplici, utili a comprendere come la logica reticolare possa orientare nella rappresentazione della complessità, permettendo di cogliere relazioni causali e reciproci condizionamenti.

Qualora si volesse rendere questo schema di analisi più sofisticato, così da ottenere la massima precisione, si potrebbe pensare di studiare statisticamente la correlazione esistente tra caratteristiche del sistema, tra cui numero connessioni dei nodi, coefficiente di clustering, distanza media, e le variabili esplicative oggetto delle ipotesi di simulazione, come quota di mercato, grado di efficienza interna, tasso svalutazione crediti, durata media dei crediti e dei debiti di natura commerciale. Ad ogni modo l’analisi richiederebbe l’impiego di software dotati di una notevole potenza di calcolo (per processare contemporaneamente un gran numero di variabili), forse neppure reperibili sul mercato in format standardizzati così da richiedere una costosa programmazione ad hoc da parte di personale specializzato, e risulterebbe comunque molto onerosa per i lunghi tempi di elaborazione. Inoltre i risultati non sono garantiti, in quanto, la ricerca di una relazione di tipo matematico tra le caratteristiche strutturali dei sistemi complessi e le determinanti dei valori economici e finanziari appare, anche ad una prima considerazione, eccessivamente arbitraria e poco realistica.

L’utilizzo di modelli reticolari in un contesto orientato alla predizione può però validamente supportare nella ricostruzione di scenari esterni ed interni all’azienda: ragionare sulle relazioni può orientare nell’analisi di scenario, ricostruire la catena

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causa-effetto che conduce alla manifestazione di fenomeni di natura economica, evidenziare i reciproci condizionamenti tra soggetti e dedurre probabili evoluzioni del sistema. Sulla base di queste premesse, la simulazione procederà formulando ipotesi significative sulla presumibile evoluzione delle grandezze economiche.

Per sviluppare questo tipo di analisi sarà comunque necessario raccogliere e memorizzare un gran numero di dati grezzi reperibili all’esterno e all’interno della combinazione, e disporre di strumenti in grado di processare i dati in modo da restituirli arricchiti di un nuovo significato e portatori di un’informazione più forte.

Anche in questo caso ipotizziamo che l’ansia di anticipazione spingerà verso la ricerca di nuove logiche per interpretare ciò che succede all’interno e all’esterno dell’azienda. Per concludere, ci aspettiamo che l’adeguatezza degli strumenti e dei metodi della programmazione budgetaria non verranno messi in discussione, in quanto si presume che il cambiamento si verificherà piuttosto in una fase precedente, al momento della simulazione di scenario per la formulazione di ipotesi sui valori economici. Il tutto impatterà sul valore dell’informazione che costituirà l’input della programmazione: i dati saranno prodotti con l’intento primo di orientare, offrire una chiave di lettura della realtà.

L’incessante mutevolezza di contesto poterebbe richiedere comunque una sistematica ripetizione dell’analisi. Il budget dovrà essere dotato di sufficiente flessibilità per accogliere le revisioni reputate necessarie. Il superamento della naturale rigidità dello strumento è ritenuto possibile tramite il ricorso a versioni evolute del budget, come il

revised budget, o il budget a scenari multipli74, che anche in questo contesto

troverebbero una ideale applicazione.

74 Il revised budget è uno strumento flessibile sottoposto a frequenti aggiornamenti. La sistematica

revisione del contenuto del budget è funzionale a mantenere una certa coerenza tra obiettivi e programmi in esso resi espliciti e le mutate condizioni ambientali e organizzative. L’aggiornamento del budget non è svolto a cadenze predeterminate, in quanto perderebbe di significato, ma è sincronizzato con il ritmo del cambiamento esterno e interno.

Il budget a scenari multipli invece viene elaborato sulla base di ipotesi di scenario diverse ed alternative. Il documento stesso è diversificato nel suo contenuto.

Si confronti Stefano Marasca, Luciano Marchi, Angelo Riccaboni (a cura di), Controllo di gestione. Metodologie e strumenti, seconda edizione, Knowità, Arezzo, 2013.

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