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Sistemi complessi e approccio predittivo nel governo economico: implicazioni e risvolti sulle strategie aziendali

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN STRATEGIA, MANAGEMENT E CONTROLLO

Tesi di laurea

Sistemi complessi e approccio predittivo nel governo economico:

implicazioni e risvolti sulle strategie aziendali

CANDIDATO RELATORE

Valentina Pieroni Prof. Nicola Lattanzi

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INDICE

Introduzione ... 4

Capitolo I ... 9

L’IMPORTANZA DELLA DIMENSIONE UMANA NEL CONTESTO SOCIO ECONOMICO CONTEMPORANEO ... 9

1.1. Il contesto di riferimento per uomo e azienda: evoluzione e stato attuale .... 9

1.2. La rivoluzione dell’informazione, l’innovazione digitale e la nuova dimensione del valore ... 15

1.3. Dinamiche cognitive e comportamento umano nel contesto attuale: incertezza e ansia di anticipazione ... 19

1.4. L’impatto dei processi cognitivi sul sistema azienda e sul processo di pianificazione: verso un approccio predittivo ... 22

1.5. Attuali logiche di previsione, simulazione, e possibili sviluppi ... 25

Capitolo II ... 32

IL CONTRIBUTO DELL’APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE ALLO STUDIO DELL’AZIENDA: COMPLESSITÀ E STRATEGIA D’AZIENDA ... 32

2.1. La teoria delle reti complesse... 32

2.1.1. Evidenze empiriche e limiti della scienza delle reti complesse ... 33

2.1.2. Graph theory e principali caratteristiche delle reti... 37

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2.2.1. Caratteristiche e limiti del modello ... 58

2.3. La complessità aziendale: un semplice modello di rappresentazione ... 62

2.3.1. La descrizione di un processo attraverso la rete: la programmazione budgetaria ... 68

2.4. La componente irrazionale nel processo decisionale ... 72

Capitolo III ... 76

LA LOGICA PREDITTIVA IN AZIENDA: IMPLICAZIONI DI PIANIFICAZIONE STRATEGICA, COSTRUZIONE BUDGETARIA E DI COST MANAGEMENT ... 76

3.1. L’informazione predittiva a supporto della pianificazione strategica ... 76

3.2. La ricomposizione di scenari complessi e le implicazioni sulla programmazione budgetaria ... 81

3.3. Logica predittiva e nuovi approcci al cost management ... 86

3.3.1. Logiche activity-based per la determinazione e la gestione dei costi ... 87

3.3.2. Interventi di cost management in un contesto orientato alla perdizione ... 90

Capitolo IV ... 96

ARGOMENTAZIONI CONCLUSIVE ... 96

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Introduzione

Non esiste azienda che possa vivere, o meglio sopravvivere, senza intrattenere alcun tipo di relazione con l’ambiente.

Ciascuna realtà aziendale instaura rapporti di diversa natura con una pluralità di soggetti esterni ed è variamente condizionata nel suo operato da fattori come stile di vita e benessere dei consumatori/utenti, rapidità con cui nuove tecnologie si sostituiscono alle precedenti, grado di volatilità e incertezza sui mercati, estensione della “rete” in cui è inserita.

A partire dalla seconda metà del secolo scorso abbiamo assistito alla progressiva integrazione dei mercati su scala internazionale, allo sviluppo e alla diffusione di tecnologie informatiche, alla nascita di Internet e del World Wide Web, fenomeni, questi, che hanno rivoluzionato profondamente consapevolezza strategica e modus operandi dell’azienda.

Lo sviluppo tecnologico ha introdotto nuovi schemi interpretativi della realtà e ha spinto le aziende ad aggiornarsi, accogliendo nuovi strumenti per accrescere la propria competitività.

L’asse del valore si è progressivamente spostato dalle risorse materiali verso le risorse intangibili come conoscenza, esperienza, capacità analitica e interpretativa, cultura economico-aziendale.

La forza competitiva dell’azienda nei contesti moderni dipende in gran parte dal possesso di informazioni, ad oggi disponibili in gran quantità ma in grado di fare la differenza solo quando veramente significative. L’implementazione di tecnologie informatiche nelle aziende per supportare nella raccolta, gestione ed elaborazione dei dati è attualmente una soluzione a cui non si può rinunciare.

Il quadro ambientale si presenta dunque altamente complesso e difficile da decifrare, oltre che mutevole e incerto. La crisi finanziaria del 2008 ha dimostrato ancora una volta come l’integrazione delle economie e dei mercati globali abbia reso ciascun paese esposto agli effetti di fenomeni economici e finanziari aventi origine anche in aree geografiche distanti. Allo stesso modo è chiaro come fenomeni di natura finanziaria

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possano condizionare fortemente l’andamento dell’economia reale, quello che spesso non è chiaro è la direzione in cui evolveranno gli scenari.

Il senso di disorientamento di fronte alla mutevolezza esterna è percepito dall’essere umano con riferimento non solo al sistema economico ma in generale alla sua condizione di soggetto esposto quotidianamente ad una serie di forze esterne difficilmente prevedibili per intensità e direzione.

Lo sviluppo di tecnologie informatiche in grado di garantire l’accesso ad un serbatoio di dati pressoché infinito e di accrescere la capacità mnemonica e analitica dell’uomo ha spinto la persona a concepire diversamente la realtà e la propria posizione in essa. Unendo la propria sensibilità e le proprie capacità cognitive alla potenza di calcolo dei moderni elaboratori elettronici l’uomo aspira a ricostruire scenari ad alta probabilità di manifestazione prima che essi si verifichino, con il fine di dirimere in parte l’incertezza legata al futuro. In altre parole si sta affermando nella moderna società dell’informazione1 il desiderio di anticipare, incoraggiato dalle molte possibilità offerte

dalle Information and Communications Technologies.

Parte dell’elaborato è dedicata alla ricerca di soluzioni per poter ricondurre a schemi logici e leggi riproducibili la complessità del sistema economico e competitivo, e che consentano di ricomporre presumibili scenari con un sufficiente grado di ragionevolezza.

L’oggetto primo della trattazione è l’azienda, dunque, la riflessione ricadrà proprio su di essa e sulla realtà in cui la stessa si trova ad operare.

Uno dei principali obiettivi è capire quali siano i presupposti affinché si affermi in azienda una mentalità orientata alla predizione e all’anticipazione. Interessa comprendere inoltre quali possano essere i risvolti di tale affermazione sul governo economico, sui processi di pianificazione strategica, programmazione e gestione delle risorse aziendali. Fino a che punto sarà possibile spingersi?

Il capitolo primo offre una panoramica del contesto socio-economico contemporaneo descrivendone configurazione ed evoluzione. In esso si sottolinea la centralità della risorsa umana in azienda, e si discute sul modo in cui la dimensione soggettiva sia in grado di condizionare fortemente le logiche del governo aziendale. Il capitolo si

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conclude con una breve presentazione dei metodi di previsione e simulazione adottati in azienda.

Il capitolo secondo riflette sul contributo offerto da diverse discipline scientifiche alla comprensione del sistema economico e del fenomeno aziendale, indagando sull’efficacia di questi metodi nell’offrire una chiave di lettura della realtà.

Il capitolo introduce ai fondamenti teorici e metodologici della teoria dei sistemi complessi, disciplina potenzialmente in grado di riprodurre la complessità esterna e interna all’azienda ricorrendo a leggi statistiche e matematiche. In questa sezione vengono descritti due semplici modelli reticolari, uno dedicato alla descrizione di configurazione e dinamiche del contesto economico e competitivo, l’altro rivolto all’azienda come fenomeno complesso animato da innumerevoli relazioni che si snodano al suo interno.

Il paragrafo che chiude il capitolo è dedicato invece allo studio della dimensione irrazionale del comportamento umano. L’intento è di comprendere come le neuroscienze possano offrire strumenti per studiare (e possibilmente riprodurre) con metodo scientifico gli impulsi irrazionali che condizionano l’esito del processo decisionale.

Nel capitolo terzo lo sguardo si rivolge all’azienda e al governo aziendale. L’analisi procede per ipotesi e interessa i possibili risvolti dell’affermazione in azienda di mentalità e logiche predittive.

L’indagine si concentra su tre fondamentali momenti del governo aziendale, pianificazione strategica, programmazione budgetaria e gestione delle risorse, e intende ragionare sul modo in cui ciascuno di essi potrebbe risentire dell’adozione di un approccio orientato alla predizione. Tradizionali strumenti e metodologie sarebbero messe in discussione? A quale livello si produrrebbe il maggior cambiamento?

La parte terza riflette anche su un’ipotetica applicazione in azienda di logiche e strumenti mutuati dalle discipline descritte nel capitolo secondo.

L’ultimo capitolo espone una serie di riflessioni conclusive che si concentrano sull’azienda. Tra queste sono riportate la sintesi delle analisi svolte al fine della stesura del presente elaborato, una valutazione sulle potenzialità del modello reticolare nelle sue

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applicazioni in azienda, le principali conclusioni emerse dall’analisi dei nuovi orientamenti aziendali e le possibili linee di ricerca future su questo tema.

Prima di iniziare una precisazione è d’obbligo.

Nel corso della trattazione si farà riferimento al concetto di azienda, preferendolo a quello di impresa per la sua maggior ampiezza e vastità. Questa impostazione richiama il pensiero di Egidio Giannessi, per il quale “l’espressione “soggetto economico” viene sostituita a quella di “imprenditore”, così come l’espressione “azienda” viene sostituita a quella di “impresa”, non per un semplice gioco di parole, ma perché le espressioni prescelte hanno un contenuto più vasto che ne permette l’utilizzazione per tutte le classi di aziende, sia che queste esercitino la produzione o operino nei settori della distribuzione e del consumo”2.

Nella definizione data da Giannessi l’azienda è un’unità elementare nella quale si realizzano i processi di produzione, intesa come trasformazione atta a predisporre beni e servizi da offrire al mercato, distribuzione, ovvero l’insieme di operazioni finalizzate alla preparazione delle partite, adattamento quali-quantitativo e trasferimento dei beni, e consumo, dato da una serie di operazioni attraverso cui i beni subiscono ulteriori trasformazioni o trovano un impiego definitivo. Il fenomeno azienda assume dunque una certa ampiezza, in quanto diverse sono le attività che trovano compimento nella sua orbita.

Riferendosi invece al concetto di impresa l’autore ne ribadisce la minore portata rispetto a quello di azienda. La parola impresa sarebbe applicabile infatti alle realtà economiche che si occupano di produzione, escludendo pertanto dalla sua orbita sia l’attività di distribuzione (ad eccezione dei casi in cui si voglia dare un’interpretazione tanto ampia di produzione da includervi anche la distribuzione), sia l’attività di consumo. Questo spiega perché Giannessi riferendosi all’impresa ne affermi l’insufficienza “ad esprimere il vasto contenuto dell’attività aziendale”3.

Una simile impostazione si ritrova anche nel pensiero di Ferrero, il quale, parlando dell’attività economica, distingue nettamente tra attività di consumo, finalizzata al

2 Citazione da Egidio Giannessi, Appunti di economia aziendale: con particolare riferimento alle

aziende agricole, Pacini, Pisa, 1979, p. 52.

3Citazione da Egidio Giannessi, Appunti di economia aziendale: con particolare riferimento alle aziende agricole, Pacini, Pisa, 1979, p. 49.

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soddisfacimento di una serie di bisogni, e attività di produzione, il cui primo fine è quello di rendere disponibili beni e servizi adatti a tale scopo. A fronte di tale bipartizione egli prosegue individuando unità di consumo e unità di produzione: le imprese coincidono con queste ultime. Ancora una volta l’autore indica nella produzione di beni e servizi la funzione strumentale dell’impresa, tanto da attribuirle l’appellativo di “azienda di produzione”4.

Entrambi gli autori parlano di impresa come di un concetto applicabile soltanto a talune categorie di aziende, non essendo esso in grado di comprenderle tutte, pertanto, volendo allargare la portata dell’analisi che verrà descritta nei prossimi capitoli, è stato deciso di tener fede a questa impostazione e dunque di orientare l’indagine sull’azienda e sul contesto in cui essa si muove.

4 Riferimento in Giovanni Ferrero, Impresa e management, seconda edizione, Giuffrè editore, Milano,

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Capitolo I

L’IMPORTANZA DELLA DIMENSIONE UMANA NEL CONTESTO

SOCIO ECONOMICO CONTEMPORANEO

1.1. Il contesto di riferimento per uomo e azienda: evoluzione e stato attuale

Essere umano e azienda sono entità estremamente complesse, accomunate da una fondamentale caratteristica: entrambe possono essere comprese a pieno solo se studiate all’interno dell’ambiente con cui interagiscono. Sarebbe paradossale concepire gli attori del sistema economico come elementi isolati privi di qualsiasi contatto con l’esterno. Le due entità, nonostante siano diverse per natura e origine, risultano vicine per “logica di funzionamento”. Entrambe infatti sviluppano la propria identità instaurando una fitta rete di relazioni sia con l’ambiente circostante, inteso in senso stretto (ambiente fisico e natura), sia con altri soggetti.

L’aziendalista Egidio Giannessi rende chiaramente questo concetto nel definire l’azienda come “un’unità elementare dell’ordine economico generale, dotata di vita propria e riflessa”, a significare che non esiste realtà aziendale “avulsa dal mercato e dall’ambiente”5.

L’inserimento dei soggetti all’interno di un contesto socio-economico è imprescindibile affinché gli stessi possano essere analizzati sia sotto un profilo statico che dinamico. Alcune delle più evidenti dinamiche cognitive e biologiche dell’essere umano nonché numerose caratteristiche strutturali e logiche funzionali delle aziende possono essere spiegate come risultato di un processo adattamento e risposta agli stimoli provenienti dal mondo esterno. Quanto più rapido è il cambiamento esterno tanto più tempestivo

5 “Le aziende sono dotate di vita propria e di vita riflessa: di vita propria, perché il moto di ciascuna

azienda è differente da quello di ogni altra e dal moto stesso del sistema economico-generale; di vita riflessa, perché un’azienda avulsa dal mercato e dall’ambiente non è concepibile, ritrovando essa in questi elementi le sue ragioni essenziali di vita”, Egidio Giannessi, Appunti di economia aziendale: con particolare riferimento alle aziende agricole, Pacini, Pisa, 1979, cit., p. 15.

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deve essere l’adattamento, pena una naturale selezione con esclusione degli individui meno capaci.

La Storia insegna come lo sviluppo tecnologico6 sia stata una delle principali forze

propulsive in grado di condurre stili di vita e modelli produttivi verso il cambiamento. Le rivoluzioni tecnologiche e scientifiche che si sono susseguite nell’arco di secoli hanno introdotto gradualmente mezzi e strumenti tali da stravolgere il modo di approcciarsi e concepire la realtà circostante.

Scienza e tecnologia hanno avuto un ruolo di primo piano nel plasmare la cultura moderna (si pensi a cosa possa aver significato per le nostre vite l’invenzione del telefono, la nascita del mercato delle automobili, o la realizzazione dei primi personal computer)7.

Il progresso scientifico non solo ha offerto nuovi mezzi per leggere e comprendere la realtà ma ha anche portato innovazione nel mondo della produzione.

L’indissolubile legame esistente tra scienza, tecnologia e industria8 si palesò

chiaramente già alla fine del diciannovesimo secolo, in occasione della seconda rivoluzione industriale, e da allora l’innovazione tecnologica ha scandito il ritmo con cui sono stati introdotti nuovi modelli e logiche produttive.

Ad ogni modo il cambiamento vissuto dalle aziende nel secolo scorso, e tutt’ora in atto, non è riconducibile esclusivamente all’introduzione di nuovi paradigmi tecnologici. E’ l’ambiente con cui l’azienda si relaziona, inteso nella sua più ampia accezione, a condizionarne il comportamento, inducendola a cambiare modelli produttivi, orientamenti strategici e filosofia di approccio al mercato. Tecnologia, o ancora gusti,

6 Nel presente paragrafo si fa riferimento al concetto di tecnologia nel suo significato più ampio, come

applicazione e uso ottimale di strumenti tecnici in senso lato (da Enciclopedia Treccani online). Verrà specificato quando opportuno il riferimento ad un tipo specifico di tecnologia (tecnologia per la produzione industriale, tecnologie digitali, delle telecomunicazioni per fornire qualche esempio).

7 Il telefono è stato inventato da Antonio Meucci nel 1871, mentre la comparsa delle prime automobili

nel 1885 è da ricondurre agli studi di due ingegneri tedeschi, Gottlieb Daimler e Carl Friedrich Benz, che riuscirono, separatamente, a montare un motore a scoppio su un’autovettura con ruote. Fonte Andrea Giardina, Giovanni Sabbatucci, Vittorio Vidotto, Nuovi profili storici, Editori Laterza, 2008.

8 “Mentre la prima rivoluzione industriale aveva avuto per protagonisti imprenditori e dilettanti di genio,

spiriti eminentemente pratici spesso sprovvisti di una seria preparazione tecnica, la seconda impegnò in larga misura le energie del mondo scientifico. Scienziati di grande prestigio misero i loro studi a disposizione dell’industria […]”. Andrea Giardina, Giovanni Sabbatucci, Vittorio Vidotto, Nuovi profili storici, Editori Laterza, 2008, cit., p. 638.

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benessere e maturità dei consumatori, sono solo esempi delle forze che possono spingere verso nuovi modelli di business.

Nel corso del ventesimo secolo il progresso nelle tecnologie produttive, l’evoluzione delle modalità di consumo, dello stile di vita e dei bisogni dei consumatori, così come altri fattori, hanno indotto le aziende a ripensare a sé stesse e al proprio ruolo nel contesto socio-economico di riferimento.

Nei primi decenni del novecento, fino al secondo dopoguerra, nacque e si diffuse, soprattutto negli Stati Uniti, il modello produttivo fordista9. L’attenzione dell’azienda

era focalizzata quasi esclusivamente sul prodotto e sulla produzione: obiettivo primario era incrementare l’efficienza operativa attraverso un impiego ottimale delle risorse, offrendo beni standardizzati che prescindevano dalle effettive richieste del mercato (si ricordi la storica automobile Ford modello T, disponibile in un unico colore). Nonostante le realtà produttive non offrissero una varietà di prodotti tale da soddisfare i gusti variegati dei consumatori la domanda di tali beni risultava comunque sufficiente a garantire la sopravvivenza del business. All’epoca il mercato era prevedibile: si sapeva, o almeno si supponeva, che il consumatore avrebbe accettato il bene offerto sebbene lo stesso fosse indifferenziato.

Nella seconda metà del secolo scorso, però, fattori di natura macroeconomica e sociale hanno fatto emergere i limiti di questo modello. La saturazione del mercato dei beni di massa e la crescita della concorrenza a livello locale sono stati fattori di crisi non trascurabili per le realtà aziendali orientate quasi esclusivamente su problematiche di natura interna (come incrementare l’efficienza produttiva a prescindere dalle esigenze espresse dai consumatori).

9 Si consideri che il modello non si affermò allo stesso modo in tutti i settori produttivi né si diffuse con

la stessa intensità e tempi in tutti i paesi industrializzati. Esistono settori che per loro caratteristiche non sono in grado di accogliere questo tipo di strategia. Settori come quelli dei beni non standardizzati o di elevata qualità a domanda limitata o estremamente variabile mal accolgono un simile modello produttivo. Inoltre il fordismo non si radicò allo stesso modo in tutti i paesi industrializzati: questo fenomeno nacque e si radicò più rapidamente in America, paese caratterizzato da un elevato tasso di immigrazione (tale da consentire un risparmio sul costo del lavoro), carenza di manodopera specializzata e presenza di idonee infrastrutture di comunicazione (ferrovie). In Europa il fordismo arrivò più tardi e si manifestò con minore intensità. Rimane comunque un valido riferimento per comprendere in che misura fenomeni di natura sociale ed economica abbiano influenzato la gestione e l’orientamento delle aziende.

Si confronti Giorgio Morganti La crisi del fordismo e i modelli produttivi flessibili, Università degli studi di Teramo.

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Gli stessi consumatori hanno assunto una maggiore consapevolezza di sé: il crescente livello di ricchezza e benessere goduto dai cittadini dei paesi più industrializzati ha condotto gli stessi a domandare beni di maggior qualità, che meglio potessero adattarsi a specifiche esigenze e nuovi stili di vita. Parallelamente le aziende sono state chiamate con sempre maggiore insistenza ad impegnarsi per adottare un modello di business sostenibile, nel rispetto dell’ambiente e delle comunità locali.

Mantenere un atteggiamento di indifferenza nei confronti delle richieste del mercato è diventato ben presto impossibile, e le stesse esigenze espresse dalla clientela sono diventate sempre meno prevedibili.

Ulteriori difficoltà si sono presentate per il progressivo ampliamento della dimensione geografica dei mercati di beni e servizi, fenomeno che ha costretto realtà aziendali attive in numerosi settori a confrontarsi con competitors internazionali. Accordi di natura commerciale stipulati tra Paesi industrializzati10 hanno favorito una graduale

integrazione economica accrescendo il livello di concorrenza presente sui mercati globali. Progetti di questa natura hanno alimentato il fenomeno della globalizzazione11, processo di carattere economico e sociale legato alla progressiva unificazione dei mercati e alla conseguente omogeneizzazione dei bisogni dei consumatori su scala internazionale. Le grandi aziende hanno potuto beneficiare degli effetti di questo fenomeno perseguendo economie di scala nella produzione, distribuzione e marketing dei beni e servizi offerti, ma hanno dovuto dimostrarsi capaci di gestire mercati geograficamente lontani.

Nei settori dei beni standardizzati (e tendenzialmente di bassa qualità) mantenere una strategia fondata su un vantaggio di costo si è rivelato sempre più difficile per l’emergere di concorrenti internazionali originari dei paesi di nuova industrializzazione che,

10 A tal proposito si ricorda il GATT (General Agreement on Tariffs and Trade), accordo internazionale

firmato nel 1947 con l’obiettivo di favorire transazioni internazionali e stimolare la conclusione di accordi multilaterali per l’abbattimento delle barriere commerciali tra stati aderenti. Nel periodo dal 1948 al 1994 è nell’ambito del GATT che sono state adottate le norme che hanno regolamentato il commercio internazionale. Successivamente il GATT è stato sostituito dal WTO (World Trade Organization) nato nel 1995 e riconosciuto come vera e propria organizzazione internazionale. Gli obiettivi di questa istituzione sono più ampi di quelli che gli stati aderenti si erano prefissati nella conclusione del GATT: il WTO regola non solo il commercio internazionale di prodotti ma guarda anche allo scambio di servizi ed idee.

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sfruttando il basso costo di risorse produttive a disposizione come il lavoro, hanno sviluppato modelli di business altamente competitivi sotto quel profilo.

Di fronte a queste minacce le aziende sono state costrette a ripensare alla propria filosofia gestionale, ricercando nuovi fattori critici su cui fondare il proprio vantaggio competitivo.

Hanno dunque assunto sempre maggior rilievo variabili quali innovazione, flessibilità, qualità, tempestività, da gestire secondo un piano strategico ben formulato e condiviso. Il passaggio dalla produzione di massa ad un tipo di produzione flessibile12 ha richiesto

l’implementazione in azienda di tecnologie produttive idonee alla realizzazione di linee di prodotti tra loro differenti per specifiche tecniche e grado di complessità, rendendo necessario un adattamento non solo a livello strategico-direzionale ma anche a livello tecnico-produttivo-organizzativo.

Obiettivo centrale per una realtà aziendale ad oggi è creare valore per il cliente mantenendo un elevato grado di economicità e contraendo tempi critici di sviluppo, produzione e logistica.

In definitiva, non solo la crescente rapidità con cui si sono susseguite le innovazioni tecnologiche ha contribuito ad accrescere la complessità ambientale ma hanno agito in questa direzione anche fattori di natura macroeconomica e sociale, come l’espansione geografica dei mercati, l’emergere di nuove esigenze da parte dei consumatori e la crescente integrazione tra economie. Il risultato è che se il mercato in passato presentava un alto grado di prevedibilità oggi non è più così.

Attualmente il contesto in cui interagiscono uomo e azienda sta vivendo una continua e rapida trasformazione, ed è stato investito da un’altra rivoluzione, tutt’ora in atto, quella legata allo sviluppo e alla diffusione delle tecnologie digitali.

A partire dagli anni sessanta del secolo scorso lo sviluppo di Internet, delle tecnologie per la codificazione e la trasmissione delle informazioni ha fortemente stravolto e mutato dinamiche cognitive, abitudini e atteggiamenti delle persone.

12 Il passaggio descritto non implica la totale scomparsa dal mercato della produzione di massa di beni

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Le aziende hanno revisionato le logiche di funzionamento dei propri sistemi interni e dei processi, impostandoli secondo le possibilità offerte dalle nuove tecnologie per la gestione e comunicazione delle informazioni (ICT13).

La diffusione delle tecnologie digitali presso un pubblico di fruitori non è stata però immediata. Fino agli anni ’90 circa le caratteristiche dei più diffusi strumenti hardware e software non li rendevano accessibili a molti, confinando in gran parte l’uso di tali mezzi all’ambito lavorativo e richiedendo il sostenimento di costi elevati per acquisizione, installazione e programmazione. I primi elaboratori elettronici introdotti in azienda erano utilizzati per lo più in area contabile e amministrativa come meri “calcolatori”. Fu negli anni ’80 e ’90 che si diffusero tecnologie hardware più vicine a quelle moderne come i personal computer o stazioni di lavoro, azionati direttamente dall’utente14. Lo sviluppo di programmi software standardizzati (accessibili a costi

minori) e maggiormente intellegibili ha condotto verso la diffusione dell’informatica presso un pubblico sempre più vasto, con non poche ripercussioni sullo svolgimento dei quotidiani processi di comunicazione e gestione dell’informazione.

Le nuove tecnologie digitali hanno dotato di nuovo significato i concetti di spazio e tempo, comprimendoli, quasi a privarli della dimensione fisica. Ad oggi è possibile comunicare e condividere informazioni con chi si trova dall’altra parte del globo in tempo reale: per i soggetti l’ambiente di riferimento si è ulteriormente ampliato e si è arricchito di una dimensione immateriale. Tutto ciò ha richiesto (e tutt’ora richiede) uno sforzo in termini di apprendimento e adattamento da parte degli attori del sistema economico.

Negli ultimi decenni la complessità dell’ambiente con cui uomo e azienda si relazionano quotidianamente si è incrementata anche grazie a questo ulteriore stravolgimento del modo di concepire la realtà circostante, ed è da questa riflessione che scaturisce il bisogno di “ricomporre” la complessità riconducendola a schemi razionali riconoscibili e comprensibili.

13 Information and Communication Technologies. Sono metodi e tecnologie che permettono agli utenti

di gestire, elaborare, e scambiare informazioni.

14 Fonte Giuseppe Tardivo, I sistemi Enterprise resource planning (Erp) nel processo di generazione di

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1.2. La rivoluzione dell’informazione, l’innovazione digitale e la nuova dimensione del valore

Nel moderno scenario macroeconomico l’informazione ha gradualmente assunto un ruolo chiave, diventando un bene indispensabile.

Non risulta semplice né scontato fornire un’univoca definizione di informazione, in quanto quest’ultima si presenta sotto molteplici forme15. Generalmente nel contesto economico si considera informazione ciò che è dotato di un significato, supponendo che lo stesso corrisponda a verità16. E’ a questo tipo di informazione che viene attribuito

valore.

Nel tempo non solo orientamenti strategici e sistemi produttivi hanno vissuto una trasformazione, ma anche lo stesso concetto di valore. Per l’azienda l’asse del valore si è progressivamente spostato dalle risorse materiali alle risorse immateriali: se un tempo la forza competitiva di un’azienda poteva dipendere in gran parte dalla disponibilità di strutture e tecnologie produttive in grado di soddisfare la domanda mantenendo elevati livelli di efficienza ed efficacia, oggi questi fattori, seppur necessari, non sono più sufficienti per affermarsi nello scenario competitivo. Fondare la propria forza quasi esclusivamente sul possesso di risorse materiali distintive può risultare accettabile in contesti caratterizzati da elevata prevedibilità e stabilità, scarsa concorrenza, grado di sostituzione di vecchie tecnologie con le nuove limitato o controllabile. In scenari altamente turbolenti, innovativi, competitivi (come la maggior parte di quelli odierni) il proprio vantaggio deve fondarsi anche su risorse intangibili, da acquisire, accrescere e difendere. I beni tangibili costituiscono il punto di partenza ma devono essere arricchiti da conoscenza, know-how tecnico, capacità di analisi, competenze manageriali, tutti fattori chiave per distinguersi in uno scenario competitivo complesso.

15 Esiste un’informazione genetica, economica, quantitativa, qualitativa solo per citare alcuni modi con

cui essa viene qualificata in base allo specifico contesto di analisi.

16 “Chiaramente quando parliamo di valore economico dell’informazione, l’informazione in questione

è semantica. Per quanto questa sia matematicamente formulata e fisicamente implementata […] è il significato che l’informazione veicola a possedere un valore per gli agenti coinvolti, i quali assumono che essa sia corretta o veridica”. Luciano Floridi, La rivoluzione dell’informazione, Codice Edizioni, 2012, cit., pp. 110-111.

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L’informazione rappresenta in questo contesto l’elemento chiave per alimentare e accrescere le competenze distintive, proprio per questo la disponibilità di informazioni è considerata essa stessa un elemento imprescindibile per il successo di un business. Quanto affermato vale in ambito economico, ma il ragionamento potrebbe essere esteso a qualsiasi campo della vita umana: la società moderna non può più prescindere dall’informazione per garantire benessere e crescita17.

Il dato grezzo però esaurisce ben presto la sua utilità, per questo la rivoluzione dell’informazione18, che a partire dalla metà del ventesimo secolo ha letteralmente

investito le società più avanzate, è proceduta di pari passo con l’introduzione e la diffusione delle tecnologie digitali e della comunicazione. Gli strumenti informatici, ad oggi largamente diffusi in ambiente lavorativo e domestico, offrono un potenziale di calcolo tale da moltiplicare la capacità umana di immagazzinamento, elaborazione, produzione e trasmissione di informazioni.

L’incremento nel tempo del grado di standardizzazione e fruibilità degli strumenti

hardware e dei sistemi operativi che ne permettono il funzionamento ne ha agevolato la

diffusione presso un pubblico di utenti sempre più ampio. Questo significa che nei paesi più sviluppati è cresciuto negli anni il numero di persone e aziende in possesso di strumenti in grado di espandere le naturali capacità di gestione ed elaborazione dei dati. Il bisogno di reperire informazioni e accedere alla conoscenza ha poi determinato il successo di un’altra rivoluzionaria invenzione: Internet19 e il World Wide Web.

17 “[…] Tuttavia non è a questo che, di solito, ci si riferisce con l’espressione rivoluzione

dell’informazione. […] solo in un’epoca molto recente il benessere e il progresso umani hanno cominciato a dipendere soprattutto dalla gestione efficace ed efficiente del ciclo di vita dell’informazione. […] Grazie a tale evoluzione, oggi, le società più avanzate dipendono fortemente da beni intangibili basati sull’informazione, da servizi a uso intensivo di informazione (specialmente per quanto riguarda il commercio, la proprietà, le comunicazioni, la finanza, le assicurazioni, l’intrattenimento) e da settori pubblici orientati all’informazione (quali in particolare l’istruzione, la pubblica amministrazione e la sanità)”. Luciano Floridi, La rivoluzione dell’informazione, Codice Edizioni, 2012, cit., pp. 4-6.

18 Il termine “rivoluzione dell’informazione” è utilizzato da Luciano Floridi (professore di filosofia alla

University of Hertfordshire) nel saggio omonimo, ove si descrive il fenomeno, il suo sviluppo e come lo stesso abbia profondamente segnato la società moderna. Luciano Floridi, La rivoluzione dell’informazione, Codice Edizioni, 2012.

19 La prima rete di computer interconnessi fu ideata negli anni sessanta del secolo scorso nell’ambito

della ricerca militare, e negli anni seguenti fu sviluppata cercando di estenderne la gamma di applicazioni possibili, aprendola gradualmente ad un pubblico sempre più vasto. Si confronti Luciano Floridi, La rivoluzione dell’informazione, Codice Edizioni, 2012, pagina 110.

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La rete di computer globalmente accessibile, fece la sua comparsa negli anni ottanta, ma solo negli anni novanta vennero sviluppati il primo browser per la navigazione on-line attraverso un’interfaccia grafica e i primi motori di ricerca20.

Gli anni duemila hanno segnato il grande successo della rete Web, anche grazie ad un’ulteriore espansione del mercato degli utenti e allo sviluppo di un’elevata varietà di dispositivi fissi e mobili in grado di garantire l’accesso allo spazio virtuale. Negli anni dei blog, social network e wikipedia21 è cambiato il modo di avvicinarsi alla rete e ai suoi contenuti: l’utente non si limita più ad interrogare il Web per accedere ad un tipo di conoscenza “democratica” ma intende inserire i suoi contenuti, che compariranno in spazi virtuali dedicati rendendosi accessibili ad altri. Il fruitore medio può diventare egli stesso produttore di informazione.

Si pone a questo punto un altro tipo di problema: la sovrapproduzione di informazioni e l’attendibilità della fonte. La rete Web si arricchisce costantemente di dati e li veicola attraverso i suoi canali fino all’utente, chiamato a selezionare ciò che per lui possiede un significato e può dirsi proveniente da una fonte attendibile. La democratizzazione dell’informazione, sia dal lato dell’utenza che da quello dell’origine, ha generato un problema di carattere selettivo.

In un contesto in cui cresce esponenzialmente la quantità di dati a disposizione di ciascuno, ciò che possiede un reale valore è l’informazione di qualità, che sia cioè veritiera e in grado di portare un beneficio a chi la possegga. Qualora si produca o si identifichi una sequenza di dati veramente significativi, in grado di accrescere conoscenze distintive, si cerca di garantirne l’esclusività22.

Il quadro appena tracciato fornisce ulteriori elementi per comprendere le caratteristiche del contesto socio-economico come esso si presenta ad oggi, ovvero complesso e dotato

20 Per la crono-storia di Internet è stata consultata la seguente fonte: Stefano Rodotà, Il mondo nella rete.

Quali i diritti, quali i vincoli, Editori Laterza, 2014.

21 Enciclopedia on-line libera, gratuita e collaborativa. Gli utenti stessi possono contribuire inserendovi

voci e descrizioni.

22 “In secondo luogo l’informazione tende, di regola, ad essere un bene non esclusivo. Talune

informazioni (come la proprietà intellettuale, i dati sensibili o riservati, i segreti militari) spesso sono protette, ma ciò richiede uno sforzo ulteriore proprio perché, normalmente, l’esclusività non è una proprietà naturale dell’informazione, la quale tende ad essere facilmente rivelata e condivisa.”. Luciano Floridi, La rivoluzione dell’informazione, Codice Edizioni, 2012, cit., pp. 111-112.

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di due dimensioni, una materiale e una immateriale, la seconda delle quali sta assumendo un peso sempre maggiore rispetto all’altra.

Uomo e azienda sono attori che si nutrono di informazione per realizzare i propri scopi e attribuiscono un valore crescente alle risorse immateriali. Gli stessi possono essere concepiti come organismi informazionali costantemente interconnessi23, nodi di una

rete relazionale dall’estensione globale.

Le moderne tecnologie informatiche, ad oggi indispensabili per lo svolgimento dei quotidiani processi gestionali e la gestione dei dati, hanno rivoluzionato il modo in cui i soggetti economici si inseriscono nell’ambiente. Sono nati spazi economici virtuali dalla dimensione estesa ed indefinita. In questo modo la tradizionale concezione del mercato come luogo fisicamente circoscritto ad una determinata area geografica è stata messa in crisi e l’individuazione esatta del confine tra azienda e ambiente è diventata un’operazione complicata.

Il rapporto tra azienda e ambiente è stato ulteriormente stravolto dall’innovazione digitale, e allo stesso modo, lo sono state le modalità di svolgimento dei processi di comunicazione e di gestione delle relazioni che si diramano all’esterno e all’interno della combinazione. La presenza di canali di comunicazione sempre aperti da un lato facilita lo scambio di informazioni con stakeholder vitali per la sopravvivenza dell’organizzazione aziendale (fornitori, clienti, finanziatori tra questi), dall’altro lato richiede l’adozione di una politica di maggior trasparenza nei confronti degli stessi da parte delle aziende.

Da questo quadro emerge come l’informazione sembri essere la forza propulsiva necessaria ad alimentare lo sviluppo della macchina economica.

A fronte delle riflessioni svolte è evidente come sia indubbiamente cresciuta la difficoltà di analisi dell’ambiente e del contesto competitivo, e questo anche a causa del paradosso secondo cui è aumentato vertiginosamente il numero di dati accessibili per condurre l’analisi ma poche delle informazioni a disposizione si rivelano veramente significative per l’ottenimento di un buon risultato.

23 La presente definizione è stata tratta da Luciano Floridi, La rivoluzione dell’informazione, Codice

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Per orientarsi nell’analisi di scenario e comprendere la realtà circostante è necessario raccogliere una serie di dati rilevanti, i quali devono essere ben selezionati tra i molti a disposizione.

In un contesto, come quello odierno, in cui l’informazione sembra essere inflazionata, essa non possiede valore in quanto tale, ma rappresenta una ricchezza per l’azienda quando si rivela di qualità, ed è ricca di significato.

Una delle chiavi per guadagnare competitività in uno scenario in cui l’informazione è diventato uno dei fattori critici di successo è riuscire a combinare ed interpretare la mole di dati a disposizione così da derivarne un significato nuovo, aggiuntivo, che altri non sono in grado di cogliere.

1.3. Dinamiche cognitive e comportamento umano nel contesto attuale: incertezza e ansia di anticipazione

L’imprevedibilità delle forze ambientali esterne, mutevoli per intensità e direzione, condiziona fortemente, anche a livello inconscio, il modo in cui l’essere umano conduce e programma la propria vita. La pianificazione delle attività è una pratica sentita come necessaria sia in ambito lavorativo, quando bisogna decidere come impiegare nel modo più proficuo le risorse a disposizione, sia nella sfera privata. E’ cambiato però nel tempo il modo in cui le persone hanno inteso il concetto di futuro e si sono approcciate alla sua ricomposizione.

Il progressivo incremento della rapidità con cui le tecnologie si innovano, i cicli economici si susseguono, la cultura si evolve, l’ambiente cambia, ha condotto verso l’abbandono di una concezione lineare della storia e degli eventi.

L’idea di poter proiettare nel futuro avvenimenti o andamenti del passato per ricostruire quanto presumibilmente avverrà è apparso sempre più irrealistico e riduttivo. Una concezione ciclica del susseguirsi degli eventi, secondo cui ciò che si è manifestato è destinato a presentarsi nuovamente con piccole variazioni per lo più prevedibili, era tipica di una mentalità meramente previsionale, di matrice ottocentesca. Programmare le proprie azioni era considerato un esercizio puramente matematico. Ciò è ammissibile

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in un contesto caratterizzato da elevata prevedibilità, ritmo di crescita costante, basso tasso di sostituzione delle tecnologie vecchie con le nuove.

Già nei primi decenni del ventesimo secolo, in concomitanza con le trasformazioni sopra descritte, sono emersi i limiti di questa visione, largamente adottata fino ad allora in ambito aziendale. Al crescere della complessità dell’ambiente circostante è stata abbandonata l’idea di poter razionalmente definire andamenti futuri con scarso margine di errore. Si è affermata così una visione più elastica, tesa a formulare prospettive. Gli scenari non venivano più ricomposti automaticamente applicando semplicemente una formula, né gli obiettivi definiti in maniera rigida ma solamente ricostruiti attraverso ipotesi, costantemente oggetto di revisione. Si passa ad un livello di maggiore flessibilità e attenzione ai cambiamenti esterni: si ammette che gli obiettivi inizialmente individuati possano perdere la loro validità in relazione ad un accadimento imprevisto.

Negli ultimi decenni la complessità dell’ambiente esterno è aumentata esponenzialmente e con essa il senso di incertezza legato al futuro. Programmare obiettivi e azioni è diventato sempre più difficile e si è affermato il paradosso secondo cui il possesso di dati e informazioni è il presupposto base per orientarsi nella realtà ma negli ultimi anni sono stati prodotti e diffusi talmente tanti24 dati da rendere

continuamente necessario l’impiego di risorse per selezionarli e verificarne la significatività. Nel superare i propri limiti nell’analisi e nel calcolo l’uomo ha trovato un supporto nelle tecnologie digitali e dell’informazione: la diffusione di software standardizzati, accessibili anche a chi non possiede particolare conoscenze informatiche, ha consentito di accrescere le naturali facoltà computazionali dell’essere umano. La diffusione di Internet, inoltre, ha favorito il progressivo accumulo di una conoscenza “democratica”, gratuita e accessibile a gran parte di coloro che vivono nelle maggiori economie del mondo25, la quale può costituire una base da cui partire per sviluppare poi

ulteriori analisi del contesto circostante.

24 “Nel 2013 i ricercatori della School of Information Management and Systems di Berkeley hanno

stimato che l’umanità abbia accumulato approssimativamente 12 esabyte di dati (un esabyte corrisponde a 1018 byte ovvero ad un DVD lungo 50.000 anni) […] Tuttavia hanno anche calcolato che i mezzi di

immagazzinamento a stampa, su pellicola, magnetici e ottici, hanno già prodotto più di 5 esabyte di dati soltanto nel 2002. Ciò equivale a 37.000 nuove biblioteche della grandezza di quella del Congresso americano.” Luciano Floridi, La rivoluzione dell’informazione, Codice Edizioni, 2012, cit., pp. 6-7.

25 Esiste un certo grado di discriminazione nell’accesso ad Internet. Innanzi tutto il Web si rende

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Nella cultura moderna si radicano dunque nuove dinamiche cognitive secondo cui il soggetto cerca di proiettarsi avanti nel tempo nel continuo tentativo di trovare delle sicurezze nell’attuale contesto macroeconomico.

Anche l’economia, come altri campi della vita umana, si trova ad essere investita dal desiderio di anticipazione.

Il singolo individuo aspira a ricostruire, con un grado di precisione soddisfacente, scenari futuri quando ancora essi sono in via di formazione, cercando di cogliere molteplici segnali dall’ambiente esterno da processare ricorrendo all’uso di elaboratori informatici. Si possiede l’ambizione di anticipare non solo eventi e scenari ma addirittura i propri bisogni, soddisfacendoli prima che essi si manifestino, evitandone la comparsa.

Le grandi aziende leader in settori altamente tecnologici non sono rimaste insensibili a queste tendenze. Operatori come Amazon, Google e Apple26 hanno sviluppato

tecnologie di anticipatory computing per fornire ai propri clienti risposte e soluzioni prima ancora che sorga la necessità di possederle. I sistemi di anticipatory computing fanno uso di algoritmi per prevedere quali saranno le informazioni di cui l’utente avrà bisogno per gestire gli impegni, per organizzare il suo quotidiano e molto di più. L’algoritmo elabora i dati che l’individuo inserisce nello smartphone o che lascia dietro di se nel Web facendo ricerche o usufruendo dei siti di acquisto on-line. L’obiettivo è sviluppare software che assistano la persona “preparandola” a ciò che accadrà: se

elemento che crea un primo grado di esclusione. Inoltre le infrastrutture ad oggi esistenti non consentono a tutti gli utenti di accedere e scaricare dati con lo stesso grado di facilità: nell’era del digitale è emerso infatti il problema del digital divide, che si configura come una sorta di discriminazione digitale tra chi è in grado di accedere al Web e chi, per motivi economici o geografici, ne è precluso. Si ricordi comunque che l’informazione, e dunque anche quella digitale, è un bene per sua natura non esclusivo, il che rende tutti dei potenziali fruitori, almeno a livello puramente teorico.

Secondo i dati forniti dal U.S. Census Bureau (come riportato in Stefano Rodotà, Il mondo nella rete. Quali i diritti, quali i vincoli, Editori Laterza, 2014) nel 2013 la percentuale di diffusione nazionale di Internet era del 81% negli Stati Uniti, 84% in Germania, 83% in Francia, 87% nel Regno Unito e 58% in Italia.

26 Google ha lanciato nel 2011 Google Now per il sistema operativo Android. Il software attinge i dati

da processare dalle applicazioni Google come le mappe Maps, le e-mail di Gmail, o la piattaforma YouTube. Apple ha invece acquistato nel 2013 l’applicazione Cue da sviluppare e integrare all’assistente digitale Siri (servizio di assistenza installato nei telefoni Apple). Cue elabora le informazioni in arrivo da e-mail, contatti e calendario. Amazon invece ha sviluppato un sistema di anticipatory computing basandosi non sui dati memorizzati negli smartphone ma sullo storico degli acquisti dei clienti nella piattaforma on-line di e-commerce Amazon.com. Fonte, L’algoritmo dei desideri, di Greta Sclaunich, 21 luglio 2014, articolo pubblicato on-line nel sito del Corriere della Sera.

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pioverà l’utente sarà informato ore prima, se in agenda è previsto un meeting fuori città l’utente avrà a disposizione orari dei trasporti locali prima ancora di chiederli.

Software di questo tipo hanno contribuito a creare il mito della realtà aumentata.

Oggi si parla di realtà “economico-sociale” aumentata27 per riferirsi al fenomeno

secondo cui i dispositivi elettronici in commercio sono progettati in modo da incrementare le percezioni sensoriali delle persone offrendo, anche in tempo reale, informazioni aggiuntive sulla realtà circostante che non potrebbero essere colte attraverso l’uso dei cinque sensi.

L’uomo interagisce con un ambiente ricco di informazioni, e cerca di sfruttare le potenzialità di calcolo degli strumenti digitali a sua disposizione nel tentativo di gestire questa ricchezza informativa a proprio vantaggio, in un continuo sforzo precognitivo. Stiamo assistendo al diffondersi e radicarsi della mentalità predittiva, tesa verso l’anticipazione degli scenari e la ricomposizione della complessità.

1.4. L’impatto dei processi cognitivi sul sistema azienda e sul processo di pianificazione: verso un approccio predittivo

Il legame esistente tra essere umano e azienda è forte e indissolubile. L’uomo ha ideato l’azienda per il pieno soddisfacimento dei propri bisogni e ne è diventato una risorsa chiave, in grado di determinarne il successo. E’ maturata sempre più la consapevolezza di quanto peso abbiano conoscenze, competenze e capacità cognitive delle persone nel processo di generazione di valore e conseguimento di vantaggio competitivo.

Percezioni soggettive e dinamiche cognitive condizionano fortemente l’impostazione e la gestione del sistema aziendale, a dimostrazione del fatto che il modo in cui una persona riconosce e si relaziona con la realtà lo porta ad assumere una visione che inevitabilmente condiziona la sua sfera lavorativa.

Ecco perché è possibile ammettere che alcuni dei cambiamenti in corso nelle aziende possano essere letti anche alla luce delle nuove dinamiche cognitive in affermazione

27 Fonte Nicola Lattanzi, Azienda, uomo e neuroscienze. Processi decisionali e pensiero strategico,

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nella società moderna. In un certo senso è come se l’ambiente agisse sulle realtà aziendali in due modi: in modo diretto, attraverso forze che impattano direttamente su strutture, processi e logiche gestionali (ne è un esempio l’innovazione delle tecnologie produttive che richiedono un adattamento di impianti e processo), e indirettamente provocando un mutamento della sfera comportamentale e cognitiva dell’essere umano. Il processo evolutivo del contesto socio-economico descritto nei precedenti paragrafi, nel suo molteplice impatto, ha indotto a reimpostare la logica di monitoraggio delle performance e pianificazione delle azioni future.

Il sistema di pianificazione aziendale, una volta concepito come sottosistema distinto e indipendente rispetto agli altri, si configura nelle più moderne organizzazioni come parte del complesso sistema di pianificazione e controllo gestionale. Lo stretto legame tra pianificazione e controllo è venuto a costituirsi man a mano che il controllo di gestione ha ampliato la sua portata arricchendosi di nuove logiche e funzionalità. Inizialmente il sistema era inteso come mero strumento di verifica contabile e finanziaria, ed era interpellato prevalentemente per il monitoraggio dei movimenti di cassa e degli effetti contabili delle principali operazioni condotte con terze parti. Con il passare dei decenni il controllo ha oltrepassato i confini entro i quali era stato rinchiuso interessandosi all’andamento dell’intero complesso aziendale, offrendo un valido supporto al management nella programmazione della gestione, nella revisione degli obiettivi a breve termine e nel monitorare il grado di efficacia ed efficienza raggiunto nell’impiego delle risorse aziendali, fino ad arricchirsi ulteriormente acquisendo una dimensione strategica28. La necessità di revisionare il proprio indirizzo strategico, in risposta al

mutare incessante degli scenari macroeconomici, ha richiesto la predisposizione di strumenti e modelli che fossero d’aiuto nel delineare percorsi di implementazione delle strategie e nel monitorare successivamente il grado di realizzazione delle stesse.

Il sistema di pianificazione e controllo ha dunque progressivamente ampliato la propria visione così da poter offrire un supporto nella definizione di percorsi strategici

28 “Si è così cominciato ad allargare l’oggetto del controllo: da atto di verifica a continua conoscenza

degli affari e dei loro risultati, dell’andamento dell’azienda, nelle sue parti e nel suo complesso, nelle sue prospettive così da non fermarsi agli accertamenti di confronto e di prova, bensì fino ad estendere l’attività del controllo anche agli elementi di giudizio e di orientamento per una migliore amministrazione futura”. Paolini Antonella, Il controllo strategico. Uno schema di analisi, Giuffrè Editore, 1993, cit., p. 30.

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pluriennali da sottoporre periodicamente a verifiche in modo da attestarne validità ed efficacia.

L’orizzonte temporale di analisi si è progressivamente esteso fino ad interessare il lungo periodo.

La formulazione di piani industriali e strategici a lungo termine è una soluzione che invita a confrontarsi con ciò che sta all’esterno dell’azienda, in quanto induce ad interrogarsi sul percorso che la combinazione dovrà intraprendere nel presente e nel futuro in un ambiente turbolento. Certo, i piani pluriennali dovranno essere riesaminati e riformulati al momento dell’attuazione operativa in quanto esiste sempre un margine di errore superiore a zero nella formulazione delle previsioni, ma gli stessi costituiscono comunque un primo riferimento per poter affrontare con tempestività circostanze avverse e minacce.

Un moderno sistema di pianificazione e controllo dovrebbe combinare in maniera equilibrata pianificazione a lungo termine e programmazione a breve termine, dimensioni entrambe necessarie per ottenere il giusto grado di anticipazione (attraverso la ricostruzione di scenari a lungo termine) e precisione (programmando le azioni nel breve termine). I due termini sono dotati di un significato diverso: la pianificazione attiene al momento strategico e guarda al medio-lungo termine nella formalizzazione di percorsi strategici, politiche gestionali e obiettivi strategici di ampio respiro, mentre la programmazione, o pianificazione operativa, agisce su un orizzonte di breve termine29

a livello operativo, definendo azioni, modalità di esecuzione, e assegnando risorse e obiettivi ai responsabili organizzativi in modo che siano coerenti con le strategie delineate e funzionali alla loro realizzazione.

Ancora una volta si ricorda che né pianificazione né programmazione sono intesi come processi rigidi, ma richiedono periodicamente una revisione di obiettivi e programmi d’azione. L’incostanza e il cambiamento richiedono flessibilità nella programmazione dell’azione aziendale e dell’organizzazione, pertanto obiettivi e programmi dovranno essere sottoposti a frequenti controlli infra-annuali che ne confermino l’adeguatezza nel tempo.

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La sopravvivenza dell’azienda in un contesto ambientale fortemente dinamico è in parte garantita dall’attivazione di meccanismi di pianificazione e analisi che spingano ad assumere una prospettiva di osservazione orientata sia all’interno che all’esterno della combinazione, e che invitino a riflettere sul futuro dell’azienda.

L’approccio alla pianificazione, inoltre, si è progressivamente arricchito. Dato lo stretto legame esistente tra azienda e risorsa umana non sorprende come lo stesso abbia risentito nel tempo del diverso modo in cui l’essere umano ha individuato schemi logici di rappresentazione del “susseguirsi degli eventi” e del “futuro”: da processo lineare a flusso rapido e irregolare. Non è verosimile, in contesti incerti e volatili, pianificare l’azione aziendale nella convinzione che gli scenari esterni evolvano in maniera lineare, secondo andamenti registrati in passato.

Stando a questi presupposti dovremmo dunque supporre che il passaggio ulteriore consista nella predizione?

L’incertezza e l’imprecisione riscontrati sempre più spesso nella formulazione di stime sono buoni presupposti affinché si radichi anche nel mercato il desiderio di anticipazione.

Ci chiediamo in che modo l’azienda accoglierebbe in sé la predizione, ma non un tipo di predizione fortuita o casuale, bensì supportata da un rigoroso metodo scientifico e tecnologie adeguate, e quali tra i momenti in cui si articola il complesso processo di gestione sarebbero investiti dal cambiamento.

Certo, siamo portati a credere che in contesti sempre più orientati all’informazione le realtà aziendali possano ricercare nell’anticipazione e nella ricomposizione della complessità un’ulteriore fonte di vantaggio competitivo, nonché una soluzione per ridurre la forte incertezza percepita di fronte alla mutevolezza delle variabili esterne. Lo sviluppo delle tecnologie informatiche e la crescente disponibilità delle informazioni sono un buon presupposto per riuscire in questo intento.

1.5. Attuali logiche di previsione, simulazione, e possibili sviluppi

Il processo di programmazione, o pianificazione operativa, esplicita obiettivi e programmi d’azione che l’organizzazione deve realizzare nel breve termine per

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garantire una graduale implementazione delle linee strategiche formalizzate in sede di pianificazione. In altre parole, la programmazione declina in termini operativi quanto delineato in sede di pianificazione strategica: gli obiettivi negoziati e condivisi dai responsabili delle aree organizzative sono coerenti con i target strategici di più ampio respiro e funzionali al raggiungimento del fine ultimo aziendale, derivante dalla sua missione.

In questa fase non solo vengono definiti gli obiettivi operativi, ma anche linee d’intervento, modalità di realizzazione, quantità e qualità delle risorse necessarie allo scopo e criteri di assegnazione delle stesse a ciascuna unità organizzativa. Lo strumento chiave della programmazione è il budget. Questo prospetto si esprime attraverso un linguaggio prevalentemente quantitativo e riporta al suo interno grandezze contabili e fisico-tecniche. I target formulati in termini monetari consentono di apprezzare i riflessi economici, finanziari e patrimoniali dei programmi elaborati, ma nelle sue versioni più moderne lo strumento si arricchisce di contenuti, abbracciando un linguaggio anche fisico-quantitativo, per supportare nel monitoraggio delle strategie.

La formulazione di programmi operativi che trovino nelle linee strategiche motivo d’essere e punto di riferimento non può essere condotta ciecamente. Per questo motivo il processo che conduce alla formulazione del budget prevede ulteriori passaggi quali analisi, previsione e simulazione, fasi che si collocano prima della contrattazione degli obiettivi sia dal punto di vista logico che temporale.

L’intento è quello di delineare prospettive circa i possibili scenari futuri in modo da formulare obiettivi realistici e coerenti con le ipotizzate condizioni di contesto interno e ambientali.

La ricostruzione di condizioni operative interne e probabili sviluppi del mercato consente di adottare soluzioni plausibili o almeno teoricamente realizzabili.

La fase di analisi prevede di condurre uno studio che abbia ad oggetto le grandezze economiche, finanziarie e patrimoniali che descrivono le performance aziendali. Il modello di riferimento è quello del bilancio. Si procede riclassificando opportunamente i dati degli ultimi bilanci a disposizione proseguendo con il calcolo di indicatori utili a formulare un giudizio sull’andamento del business, indagando l’evoluzione della redditività, l’adeguatezza della struttura finanziaria, la solidità patrimoniale, situazione

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di liquidità e generazione di flussi di cassa. L’analisi non solo consente di creare un quadro dinamico del business evidenziandone stato di salute e andamento, ma permette di studiare le relazioni esistenti tra grandezze contabili anche in termini di causa-effetto, il modo in cui si evolvono e alcune di loro possono essere derivate l’una dall’altra. Serve a creare un primo schema logico-razionale di riferimento.

L’analisi viene condotta sui dati storici a disposizione e costituisce un punto di partenza per la continuazione del processo30.

Intento della fase previsionale invece è l’elaborazione e applicazione di modelli, funzionanti su base annua, attraverso cui derivare il futuro valore di una grandezza economica, finanziaria o patrimoniale, partendo dai valori storici. Si tenta dunque di replicare nel modello le leggi secondo cui si evolvono nel tempo le grandezze contabili. Esistono sistemi che utilizzano come variabili indipendenti dati contabili endogeni integrandoli opportunamente con dati esogeni per una migliore elaborazione delle formule di calcolo. Quest’ultimo approccio sembra anche il più corretto da applicarsi in presenza di forte dinamismo ambientale, vista la forte influenza esercitata sull’azienda da fattori di natura esterna. La previsione può essere svolta secondo diversi gradi di sintesi-analisi, variando il livello di precisione e complessità dello studio.

Per meglio comprendere quale sia la logica di funzionamento del modello prendiamo in considerazione il processo di previsione dei valori reddituali della gestione corrente, partendo dai ricavi di vendita e delle prestazioni. La grandezza obiettivo potrà essere stimata seguendo un approccio sintetico, che sulla base di alcuni assunti considera il trend di crescita o decrescita registrato nel passato come riproponibile per il futuro, o adottando un approccio analitico, individuando cioè variabili esplicative interne ed esterne31 da studiare per giungere ad una stima della grandezza target.

30 “Dal punto di vista procedurale, l’analisi delle prospettive si lega strettamente alla conoscenza

degli andamenti passati e della situazione in corso e si sviluppa a partire dai dati di sintesi finanziaria riferiti al complesso aziendale: i dati che esprimono “sinteticamente” il profilo economico-finanziario storico, in altre parole, sono il necessario punto di partenza per l’indagine e la simulazione prospettica.” Stefano Marasca, Luciano Marchi, Angelo Riccaboni (a cura di), Controllo di gestione. Metodologie e strumenti, Knowità, 2013 (II edizione), cit., p. 548.

31 Per i ricavi di vendita alcune variabili esplicative potrebbero essere capacità e preparazione della forza

vendita, quantità e qualità delle risorse dedicate all’area commerciale, azioni dei concorrenti, tasso di sviluppo del mercato, tasso di variazione dei prezzi. Tra le variabili citate le prime due sono di natura endogena mentre le ultime tre sono di natura esogena.

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Effettuare una valutazione analitica significa studiare variazione e interazione delle variabili, stimarne l’impatto sulla grandezza target e procedere alla sua determinazione. La previsione può anche svolgersi secondo un approccio sintetico, considerando il dato storico sui ricavi come una perfetta sintesi dell’interazione tra variabili esplicative. Qualora si ritenga che nel tempo numero e mix di variabili interne ed esterne siano rimasti invariati, l’incremento e il decremento del valore di ricavo potrà essere spiegato dalla variazione nell’intensità delle grandezze esplicative, di conseguenza, supponendo che anche per il periodo (T; T+1) il mix di variabili rimanga costante e le stesse si evolvano naturalmente in modo lineare, il trend di sviluppo registrato nel passato potrà essere riproposto per una stima del valore futuro.

La teoria economica ammette questo tipo di approccio, seppure possa sembrare riduttivo o approssimativo, ma limitatamente al caso in cui si ritenga che contesto interno ed esterno seguano un percorso di sviluppo costante e lineare.

La stessa logica di fondo può essere applicata nella previsione dei costi variabili di natura commerciale e industriale32.

E’ ammissibile che i modelli previsionali su base annua derivino il valore futuro di una grandezza target semplicemente riproducendo nel futuro trend di variazione registrati nel passato qualora l’ipotesi di costanza o minima variazione di una serie di variabili esplicative interne ed esterne sia plausibile.

L’approccio sintetico alla previsione fondato su queste ipotesi sembra condividere la visione tipica della mentalità previsionale, secondo cui il contesto esterno e il contesto interno sono prevedibili e il mix forze agenti sull’azienda rimane immutato o varia secondo un trend lineare. Ovviamente si riconosce che la portata di tale ipotesi sia alquanto limitata. Si potrà comunque ricorrere ad uno studio caratterizzato da un maggior livello di analisi qualora lo si ritenga necessario.

32 Variabili esplicative interne sono in questo caso il grado di efficienza (inteso come rapporto

input/output) ed efficacia registrati nell’area commerciale e tecnico-produttiva. In questo caso il coefficiente da applicare al valore dei costi al tempo T per ottenere la stima è calcolato come percentuale d’incidenza dei costi variabili sui ricavi, noto indicatore di efficienza. Supponendo che il grado di efficienza della combinazione rimanga pressoché invariato nel tempo o si sviluppi in maniera lineare e il mix di variabili esplicative si mantenga costante, potrà essere adottato un approccio sintetico per la stima come nel caso precedente, semplicemente riproponendo i coefficienti di incidenza calcolati per gli anni precedenti eventualmente variati secondo il prevedibile sviluppo dell’efficienza interna.

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Il passaggio ulteriore è rappresentato dalla simulazione economico-finanziaria. Anch’essa si configura come uno studio condotto sulle grandezze di bilancio.

L’intento in questa fase è quello di elaborare più ipotesi alternative che descrivano i possibili scenari futuri. In base ad essi verranno definiti gli obiettivi, espressi in termini economico-finanziari, il cui raggiungimento sarà auspicabile e al contempo plausibile dato l’ipotizzato sviluppo degli eventi.

Due possono essere le strade per giungere alla formulazione dei valori obiettivo, diretta e indiretta. La determinazione diretta dei valori è la più approssimativa e prevede di ottenere le ipotesi-obiettivo da uno studio del trend storico dei valori. La determinazione indiretta invece sembra la più precisa ed efficace tra i due possibili approcci: si parte dall’individuazione di una serie di determinanti, la cui intensità, combinazione ed evoluzione sarà oggetto delle ipotesi che verranno successivamente formulate. Per ciascuno degli scenari elaborati verranno poi derivati i valori target applicando formule di calcolo che riproducano le relazioni causa effetto tra le grandezze oggetto di studio. In un processo di questo tipo due sono i passaggi fondamentali: l’individuazione delle variabili esplicative, o determinanti, da ricomporre a sistema e da studiare nelle ipotetiche evoluzioni, e la formalizzazione delle relazioni esistenti tra grandezze in termini logico-matematici.

Per quanto riguarda il primo punto, le variabili chiave da utilizzare per la derivazione di valori reddituali possono essere il trend di variazione dei ricavi di vendita, il livello di efficienza della combinazione espresso dall’incidenza dei costi variabili di natura commerciale e industriale sulle vendite, la percentuale di variazione dei costi generali e di struttura e il tasso di rendimento, ammortamento, rivalutazione/svalutazione delle immobilizzazioni. Per la determinazione dei valori patrimoniali e finanziari utili determinanti possono essere i tempi medi (giacenza in magazzino, incasso crediti commerciali, pagamento debiti commerciali) per i valori del capitale circolante, o ancora trend di variazione in termini assoluti o percentuali di investimenti in immobilizzazioni o finanziamenti.

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