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La comunità educante soggetto dell’azione pastorale

UNA PROPOSTA DI EDUCAZIONE CRISTIANA

IL MODELLO FONDATO SULLA PROGETTUALITÀ (Anni Settanta)

3. La comunità educante soggetto dell’azione pastorale

Nell’ottobre del 1969 DMA affermava: «La realtà della Comunità educativa è un’idea di fondo che il Capitolo ci ha offerto: essa, infatti,

66 CALOSSO, Famiglia aperta sulla scuola, in DMA 17 (1969-’70)12, F1, 69.

67 BARBERI, L’ateismo ci interroga, in DMA 21 (1973-’74)19, F1, 60.

68 Cf ID., Marxismo: «Segno» del disegno divino? in DMA 21 (1973-’74)1, F1, 79-84; ID., Marxismo: «Segno» del disegno divino? 2 parte in DMA 21 (1973-’74)3, F1, 103-108; ID., Esistenza banale - esistenza autentica - esistenza redenta, in DMA 21 (1973-’74)5, F1, 127-132.

è condizione essenziale di una vita religiosa più profondamente vissu-ta e di un apostolato più efficace».69

Lavorare insieme, fare comunità non è seguire una moda, ma im-boccare la via della valorizzazione delle persone. Il lavoro di équipe è riconosciuto come la modalità più valida per poter realizzare un pro-getto e per raggiungere gli scopi dell’educazione. La comunità che si propone uno scopo educativo ha come oggetto primo del suo sforzo l’arricchimento delle persone che la compongono: insegnanti e assi-stenti religiose, insegnanti laiche/laici, genitori e giovani.

Nell’anno 1969-’70 DMA si occupa soprattutto della comunità re-ligiosa. L’efficacia apostolica viene collegata alla capacità delle FMA di realizzare un’azione educativa comune, che vada al di là delle diffe-renze di carattere, di età e di capacità personali.

Il ruolo decisivo della comunità religiosa viene richiamato nel mo-do seguente: «Senza una profonda, convinta carità tra di noi non può avere vita alcuna comunità educativa perché sarebbe fratturata, debo-le, interiormente divisa. Le ragazze non avrebbero dove imparare a fa-re comunità tra di loro, né i genitori delle allieve trovefa-rebbero nelle educatrici quella forza di pensiero che deriva solo da una schietta, convinta unione di spirito».70

Senza mezzi termini si costata che nella comunità religiosa a volte gli scambi di idee si tramutano nella pretesa di far prevalere il proprio punto di vista, e svelano incapacità di ascolto reciproco. La rivista ri-volgendosi alle FMA, afferma: «Abbiamo bisogno di maturare insieme le idee».71 Il dialogo viene presentato come condizione indispensabile per una reale collaborazione e deve essere animato dalla ricerca della verità, nella sincerità e nella carità.72 La collaborazione si concretizza e

69 BIANCO, Comunità educativa, in DMA 17 (1969-’70)10, F2, 3.

70 Ivi 5.

71 ID., C.I.E. - Collaborazione ad ogni livello, in DMA 17 (1969-’70)11, F2, 21-26.

In un altro testo sempre richiamando la necessità dell’unità per un’efficace azione e-ducativo-pastorale si legge: «La prima pastorale deve svolgersi tra di noi, nella Comu-nità Educativa interna. Unirci strettamente per essere ciò che la Chiesa vuole che sia-mo, sotto l’azione dello Spirito Santo operante attraverso il carisma apostolico dei no-stri Santi e incarnato nel momento storico e luogo geografico in cui viviamo (FELISIO, La pastorale giovanile di gruppo, in DMA 17 [1969-’70]11, F2, 28).

72 Cf BIANCO, Il dialogo nella comunità, in DMA 17 (1969-’70)3, F2, 101-106.

trova la sua espressione più significativa nella programmazione, nel-l’azione e nella verifica comunitaria.73

Nell’annata 1970-’71 il primo articolo della rubrica Comunità edu-cativa in atto ripropone l’immagine della comunità come luogo in cui poter fare una viva esperienza di Chiesa. Educatrici, educatori, edu-cande/i e famiglie sono i soggetti che la costituiscono e nelle loro inte-razioni mirano alla convergenza nell’opera educativa.

La comunità educante è presentata come una famiglia «dove tutti i membri si sforzano di essere un cuor solo e un’anima sola e, sull’esem-pio della Chiesa, si impegna ad essere testimone visibile dell’amore di Dio per il mondo e dell’azione della Chiesa nel mondo».74

La rivista, in questa annata, pubblica poi una serie di articoli curati da Maria Pia Bianco che, nell’ottica della comunità educante, puntano l’attenzione in modo particolare sulla relazione tra educatrici ed edu-cande. Non viene tuttavia fatta menzione del rapporto con l’altra componente della comunità educante: la famiglia. L’autrice, richia-mandosi all’esperienza e agli insegnamenti di don Bosco, stimola le FMA a conoscere le ragazze, a intuire e a saper scoprire quanto a vol-te non esprimono.75

Trattare le educande con familiarità, dimostrare fiducia, compren-sione e amore significa attuare i principi metodologici del sistema pre-ventivo. Il grado di corresponsabilità delle giovani è indice dell’auten-ticità dello spirito di famiglia vissuto nella comunità educante.76

Nell’anno 1971-’72 DMA richiama l’attenzione sulla relazione tra la comunità educante e la famiglia; l’ambito concreto in cui viene con-siderata questa relazione è la scuola.

La comunità educante è chiamata a collaborare con la famiglia, senza sostituirsi ad essa; la scuola infatti non potrà mai far vivere agli alunni l’esperienza di intimità e comunanza di vita che è propria della famiglia. Si rileva la necessità di una vera e propria educazione dei ge-nitori e di interventi specifici ad essa finalizzati.77

73 Cf ID., La collaborazione nella comunità, in DMA 17 (1969-’70)9, F2, 165-171.

74 CENTRO DI PASTORALE GIOVANILE -ISPETTORIA VENEZUELANA, Fondamenti teologici della comunità educativa, in DMA 18 (1970-’71)17, F2, 3.

75 Cf BIANCO, Conoscerci reciprocamente, in DMA 18 (1970-’71)1, F2, 72-73.

76 Cf ID., Spirito di famiglia o istituzione?, in DMA 18 (1970-’71)5, F2, 124.

77 Cf ID., Scuola e famiglia in collaborazione, in DMA 19(1971-’72)19, F2, 54.

Richiamando le deliberazioni del CG XV, DMA sollecita le comu-nità educanti a promuovere riunioni e incontri sistematici con i geni-tori e a programmare tali attività con il loro stesso contributo. Sugge-risce, inoltre, alcune modalità pratiche per la scansione temporale dei raduni e tematiche dentro le quali poter individuare argomenti forma-tivi.78 Una particolare attenzione è riservata alla scelta dei docenti in modo che la scuola dei genitori sia veramente efficace.79

Nell’ultimo articolo del 1972 la rivista richiama l’importanza per ogni FMA di curare il cammino di maturazione personale perché su di esso si costruisce la possibilità di realizzare l’intesa tra le famiglie e le ragazze.80

Nell’annata 1972-’73 la rivista, riferendosi all’oratorio-centro gio-vanile, propone, a partire da esperienze attuate nelle diverse Ispettorie dell’Istituto, il consiglio oratoriano come concretizzazione della co-munità educante in questo ambiente.81 L’inserimento dei genitori e delle giovani nelle attività di programmazione contribuisce a dare una svolta nuova all’oratorio; le scelte educative condivise non sono più espressione del singolo ma dell’intera comunità.82

Si afferma inoltre che la comunità non solo è chiamata a mettere in atto processi educativi a vantaggio degli educandi, ma essa stessa è impegnata ad autoeducarsi. Il che significa che deve porre in atto uno

78 Le aree tematiche proposte sono: corresponsabilità della scuola e della famiglia nell’opera educativa; linee di psicologia dell’età evolutiva e differenziale, modalità del-l’intervento educativo; approfondimento di alcuni problemi particolari delle varie fasi dell’età evolutiva e orientamenti pedagogici; ruoli paterni e materni e, sotto il profilo pedagogico, esame delle relazioni di vita familiare e loro incidenza sull’educazione dei figli; temi di formazione generale e di attualità visti in chiave cristiana (cf MARIANI, Scuola e famiglia in collaborazione. Continuazione, in DMA 19 [1971-’72]3, F2, 102).

79 Per affrontare temi a carattere morale e religioso, la rivista suggerisce di invitare come docenti della scuola dei genitori dei sacerdoti, per i problemi di tipo psicologico e pedagogico propone invece laici impegnati (cfID., Scuola e famiglia in collabora-zione. Continuazione, in DMA 19 [1971-’72]4, F2, 124-126).

80 Cf ID., Scuola e famiglia in collaborazione. Continuazione, in DMA 19

(1971-’72)6, F2, 159.

81 Cf SCARPA, Il «Consiglio Oratoriano» per un oratorio più giovane, in DMA 20 (1972-’73)3, F2, 115-120.

82 Cf COMUNITÀ GIOVANILE DI RHO, Un Oratorio Centro Giovanile a servizio del-la Parrocchia, in DMA 20 (1972-’73)4, F2, 150-151.

stile di vita e modalità di relazioni che concorrano a far crescere e va-lorizzare le singole persone.83

La corresponsabilità viene indicata come l’elemento fondante della comunità educante. DMA annota: «Non possiamo pensare a un’effi-cace azione pastorale se la collaborazione nella comunità non è dive-nuta una realtà di fatto. [...] La comunità educativa in atto è l’anima di ogni azione pastorale in ogni ambiente giovanile».84 Essa richiede il ri-spetto per la persona, un amore sincero per la verità, il dialogo, il pen-sare, l’agire e il valutare insieme.85

In seguito DMA, riprendendo i contenuti del CG XVI, sottolinea la necessità di realizzare delle comunità educanti che sappiano dare un efficace contributo alla Chiesa locale. In modo particolare la rivista ribadisce l’importanza di una comunità impegnata ad offrire una te-stimonianza gioiosa dei valori cristiani,86 capace di interrogarsi con onestà e realismo, disposta a modificarsi per rispondere alle necessità delle giovani. La rivista sollecita ad impostare nuovi itinerari di fede che partano dalle esperienze di vita e a non riproporre pigramente vecchi schemi: «Il messaggio che la comunità propone alla giovane ar-riverà ad interiorizzarsi nella sua coscienza solo a patto che lei scopra il realismo di una fede che coglie la presenza e lo sguardo di Dio nel cuore della sua esistenza e di tutte le realtà che la sua vita compor-ta».87

DMA sottolinea ancora che, «nel suo dialogo con la giovane, la comunità non può prescindere dal tenere continuamente presente la congeniale affinità tra la novità che il mistero cristiano annuncia e il realismo dinamico della condizione giovanile».88 Esiste quindi una forte esigenza d’incarnare i valori del Vangelo nei problemi umani e di tenerli sempre presenti nell’esposizione del messaggio cristiano. Una

83 Cf CAPUTO, La scuola come «comunità educante», in DMA 21 (1973-’74)3, F2, 102-103.

84 SCARPA, In unione per il bene, in DMA 22 (1974-’75)8, F2, 145-146.

85 Cf ID., Corresponsabilità: un diritto o un dovere, in DMA 22 (1974-’75)5, F2, 121-124.

86 Cf SECCO Michelina, Il «sistema preventivo» per le esigenze del mondo giovanile, oggi, in DMA 23 (1976)7, 229-230.

87 CALOSSO, Con le giovani per un cammino di fede, in DMA 24 (1977)5, 132.

88 Ivi 134.

comunità che testimonia e annuncia in modo autentico il Vangelo è per le giovani «una proposta continua di fede integrata con la vita».89

Nel 1977 la rivista sollecita la comunità educante a rinnovare il lin-guaggio con cui si accosta ai giovani. In modo particolare chiede una maggiore conoscenza e utilizzo del linguaggio per immagini, essendo questa la modalità tipica di comunicazione dei tempi moderni.90

Nell’ottobre 1977 il Documento Stimolo 1 fase ribadisce l’impor-tanza della comunità educante. Quest’ultima viene descritta come lo spazio in cui è possibile esercitare in modo costruttivo la corresponsa-bilità educativa. Dentro la comunità si sviluppano e si armonizzano i compiti di chi dirige, di chi educa, di chi orienta. Famiglia, educatrici, educatori religiosi e laici, giovani sono coinvolti in un processo di formazione dove ognuno ha uno specifico ruolo riconosciuto e ri-spettato.91

Nel 1978 DMA riafferma che la comunità educante si qualifica come luogo di maturazione umana attraverso la partecipazione. Una comunità fondata su tale criterio promuove e coordina le iniziative dei suoi membri attraverso il dialogo e la relazione interpersonale. Essa è l’ambiente in cui partecipano educatrici/educatori e giovani consape-voli di poter dare un apporto costruttivo.92

La convergenza degli interventi formativi è l’impegno concreto a cui la comunità educante è chiamata a rispondere. Scuola e oratorio sono i luoghi nei quali essa è impegnata a promuovere relazioni auten-tiche, a rendere sempre più viva l’esperienza dello spirito di famiglia e a cercare le modalità più opportune per l’educazione integrale della persona.93

89 Ivi 135.

90 Cf ID., Con le giovani per un cammino di fede. Seconda parte, in DMA 24 (1977)7, 199.

91 Cf SCARPA, Rinascere come?, in DMA 24 (1977) 539-540.

92 Cf ARCENAS, Partecipazione giovanile: teoria o possibilità?, in DMA 25 (1978)3, 68. 71-72.

93 Cf Per una pastorale dell’oratorio - centro giovanile, in DMA 25 (1978)19, 647.