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4. L’ULTIMO CALIGOLA

4.2 La drammaturgia scenica

4.2.10 La congiura

Questa volta Caligola non dorme ma è sempre come se sognasse. A svegliarlo è l’Assistente dal suo lettino, ride di lui e lo chiama vicino a sé. Si manifesta in questo modo il confronto fra i due Caligola, quello letterario fasullo, e quello vero che si presentava già ne L’esperimento “K” quando l’attore andava a chiedere consigli al Caligola storico per interpretarlo in modo convincente.

Ne L’ultimo Caligola la situazione è completamente diversa. Anche i personaggi pur essendo a loro modo due delle facce dell’imperatore si incontrano per scontrarsi su aspetti che non hanno nulla a che fare con la recitazione di un tipo. Nell’indeterminatezza che ha contraddistinto l’intero spettacolo non si riesce a stabilire chi dei due sia il vero Caligola e chi l’attore. Il soggetto è senz’altro Caligola per nascita ma non si comporta con la selvaggia libertà e la malinconica violenza del protagonista del testo di Camus, né sembra possedere la folle crudeltà del tiranno descritto da Svetonio. È un ragazzo ammalato di nostalgia che adesso ha imparato a parlare e a capire ciò che gli viene detto. è stato relegato in un ruolo subalterno, si sente inutile e di questo incolpa giustamente l’Assistente al quale grida «tu non sei me!» rimproverandogli di avergli «portato via» il suo pubblico.

L’Assistente d’altro canto è chiaramente un impostore, lo abbiamo visto

diventare Caligola in una metamorfosi motivata dalla gelosia e dall’amore per il suo Professore. Recita la parte di Caligola scimmiottando gli atteggiamenti di un

attore consumato, però nei fatti è sicuramente più Caligola di quello vero. Mostra di possedere la brutalità, l’antipatia, lo squilibrio e la vanità del più tragico dei tiranni. L’Assistente potrebbe davvero possedere il gene del male in quanto, fra i due, è sicuramente il Caligola più convincente.

È questo che sta pensando il Professore mentre li guarda litigare dall’alto della sua cabina di regia. Ed è per decidere una volta per tutte chi è il vero mostro che propone un gioco perverso: «per il mio prossimo esperimento mi serve solo uno

di voi due. Quindi stanotte potete pure scannarvi». Lascia insomma che sia la storia a fare il suo corso, a decidere chi è il vero Caligola: ovvero l’ultimo che rimarrà in piedi. Perciò si eclissa come la luna aspettando l’alba e saluta entrambi: «Buonanotte Caligola. Buonanotte Caligola.»

I due Caligola si guardano sconcertati. Devono decidere finalmente chi è il vero mostro fra i due. L’altro, di conseguenza morirà. È ovvio che messi alle strette cercano di trovare un modo per evitare di morire. ciò significa che in fondo nemmeno loro sanno dire con certezza chi di loro è il vero Caligola. Forse entrambi, forse nessuno dei due. In ogni caso preferiscono non saperlo perché è assai preferibile continuare a recitare quel ruolo che non viverlo.

I due raggiungono un accordo: «il Professore deve morire!»

Si arriva al paradosso per cui sono i due Caligola ad allearsi per realizzare quella congiura che nella storia o nel testo di Camus, avrebbero entrambi dovuto subire. Questo perché esiste un potere superiore che essi si trovano costretti ad abbattere se ognuno di loro vuol «vivere ed essere felice a modo suo.208» Il Professore è il

vero tiranno del microcosmo scientifico, è il terzo Caligola che si aggiunge al gruppo. È lui in fondo quello reale, lo è sempre stato perché il potere è sempre stato lui a controllarlo e ad esercitarlo su tutti gli altri.

È così che i due Caligola detronizzano il Professore ma il Caligola-Assistente è più credibile, l’abbiamo detto, è più cattivo non perché abbia in sé il gene del male di cui da qui in avanti non si parlerà più, ma perché ha interiorizzato la lezione di Camus a tal punto da comportarsi davvero come lui. Immobilizzato il Professore, rivolge l’arma contro l’altro Caligola. Ora che tutto è paralizzato, lui è l’imperatore dello spazio scenico. Il suo obiettivo è fin troppo chiaro: recitando il “monologo del mostro” allontana il vecchio Caligola dall’oggetto del suo amore e deposita un languido bacio sulle labbra del Professore. Sentendo il telefono suonare, si affretta a rispondere solo per chiudere la comunicazione interrompendo così anche i contatti con quel “fuori” che ci aveva garantito un minimo di comprensione. Ora «la più folle fantasia può introdursi nella realtà in un attimo, come una lama in un cuore.209»

L’impero del Professore è tramontato, sorge adesso l’impero dell’Assistente. Il buio seguito dalla luce che lentamente si fa mostra un nuovo passaggio temporale. In cui il Professore si spoglia indossando un costume di scena di stile 208 A. Camus, Caligola, Atto III, scena 5.

romano mentre l’Assistente vestito con il mantello e la corona d’alloro imperiale sussurra dalla postazione di comando le note iniziali del testo di Camus210

Il regno dell’Assistente è dunque un universo teatrale, anarchico e assolutista insieme, in cui costringe i suoi sudditi (Caligola e il Professore) a interpretare l’opera di Camus assurta ad unica realtà.

È di questo che si lamenta il Professore con Caligola. Egli detronizzato è diventato pienamente quel Cherea che è costretto ogni giorno a interpretare. Da qui alla decisione di realizzare una nuova congiura il passo è breve.

L’occasione si presenta subito: il tirannico Assistente dall’alto della sua regia pretende «Atto terzo, scena quinta!» Le luci calano e il Professore-Cherea sibila: «Caligola deve morire.»

Si noti che il primo complotto suggellava la complicità dei congiurati attraverso la formula: «il Professore deve morire.» Frase tratta naturalmente dall’originale ma profondamente diversa nel definire l’obiettivo del colpo di stato. Qui era il Professore il nemico da abbattere, cioè un Caligola inconsapevole.

In questa scena invece i due cospiratori si trovano davanti a un Caligola che vuole essere Caligola, che pretende dagli altri di essere trattato in questo mode e che dunque non può che essere consapevole della fine che lo attende.

Viene riallacciato in questo modo il nodo drammatico con il Caligola di Albert Camus in cui il mostro agisce in funzione del suo sacrificio finale.

Ciò avviene nella scena successiva, allestita coerentemente come spazio scenico. È l’unico cambio scenografico dell’intero spettacolo ma possiede la carica dirompente della tragedia che si sta per compiere. Caligola e il Professore, a vista, trasformano il laboratorio bianco in un interno romano rosso, riabilitando così la scenografia perduta de L’alluce di Giove. Stendono un tappeto sanguigno delle stesse dimensioni del tappeto danza, applicano specchi alla parete di fondo amplificano lo spazio scenico, raddoppiando la profondità degli archi vuoti delle porte spostati al centro della scena, sotto i quali trovano posto la sedia per Cherea a destra, e il lettino-triclinio per Caligola sulla sinistra. Il comodino con giradischi viene portato fuori scena. Due fari teatrali montati su basi di ferro vengono puntati da terra ai lati del tappeto. La luce è violenta e “brucia” l’intera scena.

Caligola prende posto alla postazione di comando, ormai diventata pienamente una cabina di regia, dalla quale legge le note direttamente dal testo di Camus. È 210 Vedi prima parte di questa tesi.

un cortocircuito particolarmente compiuto in quanto è il Caligola storico a leggere sé stesso attraverso le pagine del Caligola letterario.

L’Assistente-Caligola prende posto sulla barella, in posa, truccato, nel suo lungo costume purpureo.

Da destra fa il suo ingresso il Professore-Cherea, anche lui in abiti di scena, con le calighe ai piedi e parrucca.

La tragedia può iniziare.

CALIGOLA (urlando).Atto terzo, scena quinta! (Con voce normale) Caligola siede riverso all'indietro sul suo scranno, avvolto nel mantello. Appare disfatto. Entra Cherea. Cherea:

PROFESSORE. Mi volevi Caligola? CALIGOLA. Caligola: in un soffio. ASSISTENTE. Sì, Cherea.

CALIGOLA. Silenzio. Cherea: PROFESSORE. Volevi dirmi qualcosa?

CALIGOLA. Caligola:

ASSISTENTE. No, Cherea.

CALIGOLA. Silenzio. Cherea: seccato.

PROFESSORE. Ma sei sicuro che la mia presenza sia necessaria?

CALIGOLA. Caligola:

ASSISTENTE. Assolutamente, Cherea.

CALIGOLA. Ancora una pausa di silenzio. Caligola: di colpo premuroso.

ASSISTENTE. Ma scusami. Sono distratto e ti ricevo male. Siediti e discutiamo da amici. Ho bisogno di parlare con una persona intelligente.

CALIGOLA. Per la prima volta naturale, si direbbe, dall'inizio dello spettacolo.

ASSISTENTE. Cherea, non credi che due uomini che si assomigliano per carattere ed orgoglio possano parlare sinceramente tra loro, almeno una volta nella vita, come se fossero nudi l'uno davanti all'altro, spogliati d'ogni pregiudizio, d'ogni interesse particolare, d'ogni necessità di mentire?

CALIGOLA. Cherea:

PROFESSORE. Credo di si, Caligola. Ma penso che tu ne sia incapace.

CALIGOLA. Caligola:

ASSISTENTE. Hai ragione. Volevo solo verificare se la pensavi come me. Rimettiamoci dunque la maschera. Riprendiamo a mentire. Parliamo come se stessimo duellando, tenendoci in guardia. Cherea perché non mi ami?

CALIGOLA. Questo scambio di battute si svolge con estrema lucidità e chiarezza. Cherea:

PROFESSORE. Perché in te non c'è niente da amare, Caligola. Perché a queste cose non si comanda. Ed anche perché ti capisco troppo

bene. Non si può amare in un altro ciò che si cerca di nascondere in se stessi.

CALIGOLA. Silenzio. Caligola: ASSISTENTE. Cherea.

CALIGOLA. Cherea:

PROFESSORE. Sì, Caligola.

CALIGOLA. Caligola:

ASSISTENTE. Perché mi odi?

CALIGOLA. Cherea:

PROFESSORE. Qui ti sbagli, Caligola. Io non ti odio. Ti considero dannoso e crudele, egoista e vanesio. Ma non posso odiarti, perché non ti ritengo felice. E non posso nemmeno disprezzarti, perché so che non sei un vile.

CALIGOLA. Caligola:

ASSISTENTE. Allora perché mi vuoi uccidere?

CALIGOLA. Cherea: freddo.

PROFESSORE. Te l'ho detto: ti considero dannoso. Amo e desidero sentirmi sicuro. La maggior parte della gente è come me. Non è in grado di vivere in un mondo nel quale la più folle fantasia può introdursi nella realtà in un attimo, come una lama in un cuore. Neanch’io posso più vivere in un simile mondo. Preferisco non perdere la testa.

CALIGOLA. Caligola:

ASSISTENTE. È una contraddizione.

CALIGOLA. Cherea:

PROFESSORE. E' vero. Non è logico, ma sano.

CALIGOLA. Caligola:

ASSISTENTE. Continua.

CALIGOLA. Cherea:

Silenzio

Nello sconcerto dell’Assistente i due se ne stanno immobili, rifiutando categoricamente di proseguire nella recita. A niente valgono le urla dell’Assistente-Caligola che ossessivamente ripete «Continua! Continua!!» Il Professore-Cherea si alza, avanza verso l’Assistente che punta il raggio paralizzante ma non funziona. Ogni cosa sembra obbedire al destino dettato dal testo di Camus. La scena, fino a un momento prima pervasa da un silenzio raggelante, viene travolta da una musica che cresce sempre più. Dall’alto della regia, Caligola legge l’ultima nota mentre il Professore si appende al collo dell’Assistente strangolandolo.

CALIGOLA. Rumore d’armi e mormorio in quinta. Caligola si alza, prende un seggio e si accosta ansimando allo specchio. Si guarda, fa la mossa di balzare in avanti e, vedendo la propria immagine

muoversi di riflesso nello specchio, lascia violentemente il seggio urlando.

PROFESSORE. Alla storia, Caligola, alla storia!

L’Assistente muore. Caligola scende dall’alto della sua postazione e va a mettersi davanti alla parete di specchi, spalle al pubblico, si guarda riflesso e aspetta. Intanto il Professore ha spogliato il cadavere dell’Assistente del mantello e della corona d’alloro, getta via la parrucca e indossa tutto quanto. Così trasformato in Caligola a sua volta, giunge alle spalle del ragazzo, ne accarezza le spalle dal basso verso l’alto e, guardando la scena nel riflesso dello specchio, uccide Caligola. Il telefono inizia a squillare. Il Professore sale a rispondere. Solleva la cornetta e dice: «Sì, sono ancora vivo… Non chiamarmi più.» Detto questo riaggancia.

Buio.

Sul suono stridente che aveva aperto lo spettacolo si sentono ancora le parole del Professore che grida: «Alla storia, Caligola! Alla storia!»

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