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1. LE ORIGINI DEL MALE

1.3 Caligola 1941

2.2.4 Il terzo pezzo: Caligola e Cesonia

Risolto l’inizio, era adesso possibile far uscire di scena Caligola e far entrare Cesonia per recitare il suo monologo. Come abbiamo visto la ragazza si lamenta,

si dà della stupida. Dice di non sapere dov’è Cesare. Ma dice di vederlo. Anzi dice «Guardatelo» e lo descrive col corpo di Drusilla sulla schiena. E poi pronuncia una frase, distrattamente, come se non la stesse pensando davvero. Dice: «com’è ridicolo!».

È un monologo pieno di contrasti, di contraddizioni. E poi a chi sta parlando Cesonia? A sé stessa? No, dice «guardatelo». Parla a un pubblico. E mente. Dice di essere una stupida perché fa come tutti gli altri che urlano «Caligola! Caligola!» e lo cercano dappertutto. Lei non vorrebbe cercarlo, ma lo cerca, come tutti e più di tutti.

È innamorata di lui e non vuole ammetterlo nemmeno a sé stessa. È addolorata da un’attesa che ci informa del tempo trascorso senza Cesare. Della preoccupazione di tutti e del fastidio di Cesonia quando tutti le chiedono dove lui si trovi: lei non è «la sua segretaria». Ma dove sono questi “tutti”? Il monologo, cercando un interlocutore, evoca il problema di una narrazione che al massimo può contare su due personaggi e che finora ha alternato soltanto monologhi.

Per dare ritmo alla storia si decise così di mostrare un incontro fra Caligola e Cesonia. Anche questo improvvisato, mostrava i due giovani in una sorta di sala del trono o camera di Caligola.

Caligola è appena tornato a palazzo. Sta seduto e parla con Cesonia ai suoi piedi. Non si guardano. L’imperatore sta con lo sguardo fisso davanti a sé, la ragazza tiene gli occhi bassi.

CALIGOLA. Chi sei?

CESONIA. Cesonia.

CALIGOLA. Io sono Caligola.

CESONIA. Lo so.

CALIGOLA. Come fai a sapere chi sono?

CESONIA. Ti ho visto al liceo. Me lo dai il tuo numero?

CALIGOLA. 3409518986.

CESONIA. 98..?

CALIGOLA. 6… sai scrivere?

CESONIA. Perché fai così?

CALIGOLA. Sai? Mi è morta la donna. CESONIA. Sì, si vociferava.

CALIGOLA (Voltandosi a guardarla per la prima volta). Anche ammannati?

CESONIA. Eh..?

I personaggi sono due adolescenti. Lo sono spudoratamente, quando nominano il liceo e si scambiano il numero di cellulare, ma lo sono anche spontaneamente perché i due attori sono davvero due adolescenti. Per questo il dialogo, uscito dalla solita improvvisazione, risulta sicuramente più interessante dei monologhi che lo precedono. È anche più credibile perché i giovani sono a proprio agio quando usano il linguaggio semplice che utilizzano ogni giorno, a scuola, per strada in cui uno scherzo si inserisce in modo perfettamente legittimo. La

supercazzola che Caligola dice per prendersi gioco di Cesonia ha la stessa valenza

della poesia che nell’originale di Camus, l’imperatore recita assieme a Scipione nel Secondo Atto e che ci mostra tutto il suo cinismo.

Anche il Caligola adolescente è cinico. Ha attaccato discorso con una sconosciuta, le ha parlato della sorella morta e subito dopo ci scherza su. Ora, per due giovani di oggi recitare una poesia insieme, durante il loro primo incontro apparirebbe forse troppo raffinato. Lo scherzo, proprio perché improvvisato da loro, funziona perché è semplice, immediato e mantiene lo stesso obiettivo.

Cesonia si permette a questo punto di ricordare a Cesare i suoi obblighi di imperatore. Cerca di farlo diventare una persona seria. Caligola ha un piano scellerato. È lo stesso progetto del Caligola originale. Chiederà a tutti i suoi sudditi di firmare un foglio col quale dichiareranno Caligola unico erede dei loro beni. Così li ucciderà tutti ed erediterà. Cesonia, che nel suo monologo diceva di non essere la sua segretaria, si ritrova qui a prendere appunti per il decreto imperiale.

CALIGOLA. Tu sei d’accordo?

CESONIA. Siamo a corto di soldi?

CALIGOLA. No.

CESONIA. E allora?

CALIGOLA. Non serve un motivo.

CESONIA. E tu saresti pronto a sporcarti le mani per dei soldi che non ci servono?

CALIGOLA. I soldi non hanno importanza sono pezzi di carta. E possono pure tenerseli, anzi no li daranno a me e poi li ucciderò tutti. Corbelli di riedo, scusa?

CESONIA. Cosa?

CALIGOLA (Fa una pernacchia e ride).

CESONIA. Caligola, perché non ti ammazzi?

CALIGOLA. Perché non sarei soddisfatto. Voglio che prima tutti soffrano, per il loro modo di essere, per la loro logica.

CALIGOLA. No, non voglio. Voglio vivere in un mondo giusto, in un mondo equo fatto apposta per me che sarò l’unico abitante.

Fino a qui tutto bene. Il dialogo prosegue con la consueta semplicità, diretto e spontaneo. I due litigano perché lei dice: «ti passerà» per la seconda volta. Lei prova a fare pace e lo tocca, lui non vuole farsi toccare. Così si alza e lei prende il suo posto sul trono. Cesonia chiede:

CESONIA. Piangi?

CALIGOLA. No.

CESONIA. Perché piangi?

CALIGOLA (Silenzio).

CESONIA. Cosa farai quando sarai solo? CALIGOLA. Sarò libero dal pensiero.

CESONIA. E quelli che hai ucciso? Non ti sentirai in colpa? CALIGOLA. Non è bello il mondo con l’uomo. E poi, pensaci,

selemmeriano, oppure no?

CESONIA. Eh..?

CALIGOLA (Le rifà lo scherzo della pernacchia). Ci caschi sempre. Caligola si va a sedere dove stava prima Cesonia, ai piedi del trono. Lei tenta di baciarlo e lui si arrabbia. Siamo qui al cospetto di una riscrittura che sintetizza i temi e le volontà dell’imperatore privandole della poesia che, come era stato detto durante le prove dai ragazzi, rendeva tutto il testo originale piuttosto pesante e datato. Qui il rischio è se mai quello di cadere nella banalità, nell’estrema contrazione dei discorsi che una volta fatti e detti lasciano così poco spazio ad altri argomenti da esaurire quasi tutto il discorso sul potere già nella terza scena. È forse per questo che il testo di questo primo tentativo si ferma qui. Il processo creativo si arena. Si ipotizzano altre situazioni e si buttano giù idee come la scena del banchetto che utilizzerebbe la collaborazione del pubblico sul palco. Si abbozzano altre improvvisazioni che però non verranno inserite nel testo che resta sospeso in attesa di un’idea che lo sblocchi.

La problematica maggiore, come già accennato, era quella della presenza sulla scena di due soli personaggi. Come si può andare avanti con una storia che prevede una congiura, scaturita da azioni scellerate ai danni di tante e tante persone senza che queste persone possano subirle, condannarle, e agire di conseguenza? Si poteva far intervenire una sorta di narrazione delle tragiche gesta di Cesare, ma non sarebbe stata la stessa cosa. Non avrebbe rispettato la freschezza, la potenza diretta e spietata del personaggio. Sarebbe stata una scelta

incoerente se personaggi che siamo stati abituati a vedere nell’azione spontanea si fossero improvvisamente messi a parlare delle loro malefatte. Senza contare che a quel punto il racconto sarebbe stato poco credibile. In effetti, nell’originale si è visto come i crimini di Caligola diventano veri quando mostrano tutta la loro efferatezza quando l’imperatore si apparta con la moglie di Muzio e ancor più con l’avvelenamento di Mereia. Ma nel Caligola-0 c’è solo il mostro e Cesonia. Contro chi potrebbero scatenare tutta la loro arroganza, la loro disperazione, le loro volontà omicide?

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