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3. La conoscenza: un asset strategico immateriale

3.5 La conoscenza come fonte di vantaggio competitivo

“In un'economia globale la conoscenza può costituire la fonte più rilevante di vantaggio competitivo.”101

I vantaggi competitivi delle imprese dipenderanno sempre di più dalla loro capacità di acquisire ed elaborare informazioni e conoscenze per sviluppare applicazioni particolari: la fonte dei vantaggi competitivi si sposta dall'appropriazione delle tecnologie alla capacità di implementare e di utilizzare, attraverso processi di apprendimento, i canali informativi che è in grado di instaurare con i

contesti in cui opera e con cui sviluppa rapporti di interazione.102

“La gestione della conoscenza è riconosciuta come una delle principali risorse che possono determinare il successo competitivo delle aziende.”103

La conoscenza del cliente finale rappresenta un fattore strategico di primaria importanza: in uno scenario di offerta abbondante e con differenziazioni sempre più elaborate e personalizzate, la conoscenza del cliente a livello individuale permette di basare le strategie di marketing sui servizi che abilitano la fruizione di un bene lungo l'intero ciclo di vita dello stesso e lungo l'intero ciclo di relazione con il fornitore del bene. Si tratta di sviluppare una gestione improntata al downstream knowledge management, dove

101 Davenport T. H., Prusak L. (2000), Il sapere al lavoro. Come le aziende possono generare, codificare

e trasferire conoscenza, Milano, Etas, p. 17.

102 Sbrana M., Torre T. (1996), Conoscenza e gestione del capitale umano: la learning organization, Milano, FrancoAngeli, p. 44.

103 Azzariti F., Mazzon P. (2005), Il valore della conoscenza. Teoria e pratica del knowledge

downstream significa interfaccia tra impresa e clienti.104

Per potenziare la gestione della conoscenza del cliente è necessario presidiare le nuove tecnologie, al fine di garantirsi informazioni preziose e dall'indubbio valore strategico: nel moderno mercato globalizzato e differenziato, non si può prescindere da accurate informazioni sui propri clienti e sulle tendenze del consumo per mantenere la propria quota di mercato, assicurando il proprio vantaggio competitivo.

In merito alla trasferibilità del vantaggio competitivo a livello internazionale, sono in particolare due le cause che possono creare difficoltà, se non portare addirittura all'immobilità del vantaggio: la specificità geografica della realtà in cui l'azienda opera, in termini di costo del lavoro, regolamentazione del mercato interno, etc. e la natura tacita delle conoscenze, del know-how e delle esperienze. In questa prospettiva si parla di upstream knowledge management, vale a dire lo sviluppo delle capacità dell'impresa di apprendere continuamente dall'interno e dall'esterno, di innovare e di gestire cicli congiunturali a lungo termine.

Anche la tecnologia è spesso interpretata come una sicura fonte di vantaggio competitivo da parte delle organizzazioni; il suo carattere imitabile e replicabile la rende però disponibile per chiunque, per questo non è realistico che essa possa garantire un vantaggio saldo e duraturo.

A riguardo appare significativo il caso riguardante il responsabile del controllo di gestione di VF, ovvero il gruppo che distribuisce Lee Jeans e altri marchi di abbigliamento, Jerry Johnson, il quale evidenzia come il tempo di assimilazione dell'innovazione si

104 Sbrana M., Torre T. (1996), Conoscenza e gestione del capitale umano: la learning organization, Milano, FrancoAngeli, p. 168.

stia riducendo progressivamente: ciò che fino a due anni fa poteva apparire come incontrastabile, può divenire oggi lo standard di

settore.105

Contrariamente alla tecnologia, la conoscenza è invece in grado di fornire vantaggi competitivi sostenibili nel medio-lungo periodo: il vantaggio legato alla conoscenza risulta sostenibile poiché può generare rendimenti crescenti e nuove fonti di vantaggio. Diversamente dalle risorse materiali, che presentano rendimenti decrescenti del loro impiego, le risorse immateriali della conoscenza presentano rendimenti crescenti: le idee generano nuove idee, la condivisione della conoscenza permette a chi la possiede di

continuare a controllarla, mentre arricchisce il destinatario.106

In un mondo che presenta limiti fisici, sono le nuove grandi idee che sostengono il crescere costante delle attività, della laboriosità umana e del ciclo economico: sono principalmente le idee a fungere da istruzioni che ci permettono di combinare le limitate risorse materiali in soluzioni che ne accrescono ulteriormente il valore.

In questo contesto l'azienda è chiamata al controllo dei processi di generazione, codificazione e trasformazione della conoscenza: la conoscenza dell'impresa può essere alimentata sia da fonti interne che esterne. Le fonti interne sono rappresentate dalle proposte, idee e intuizioni sviluppate dai singoli membri dell'organizzazione, dai laboratori di Ricerca e Sviluppo e dai gruppi di progetto interfunzionali. Si tratta di nuove idee brevettabili, in grado di essere comunicate in modo esplicito, e che risultano più semplici da trasferire rispetto alle conoscenze tacite, di carattere personale;

105 Davenport T. H., Prusak L. (2000), Il sapere al lavoro. Come le aziende possono generare, codificare

e trasferire conoscenza, Milano, Etas, p. 21.

l'ambito della ricerca e sviluppo è tenuto separato dagli altri per garantire libertà d'azione e indipendenza ai ricercatori, affinché possano sviluppare le proprie idee senza vincoli imposti. Le fonti esterne sono molto numerose e permettono di accedere a un insieme di conoscenze più ampio rispetto al patrimonio interno di

un'impresa.107 In particolare, le fonti esterne sono classificabili in due

tipologie distinte: i clienti, in relazione alle conoscenze relative al prodotto o servizio offerto, e gli attori istituzionali, come imprese concorrenti, centri di ricerca, per le conoscenze relative al miglioramento dei processi interni.

L'esigenza di utilizzare la fonte esterna varia in funzione del grado di competizione e innovazione del settore, che può risultare decisivo nello spingere l'impresa a guardarsi all'esterno, e del ciclo di vita dell'impresa, il quale aiuta a comprendere la propensione dell'impresa a guardare all'esterno.

Il valore – e quindi la capacità di competere sui mercati – di un'azienda non è più rappresentato dalla sola somma delle sue risorse fisiche, ma viene calcolato soprattutto da elementi 'intangibili' o di natura immateriale, cioè dallo stock di conoscenza possedute

dall'organizzazione nel suo insieme.108

3.6 Alle radici della conoscenza: i Big Data

Globalizzazione, sviluppo e diffusione delle nuove tecnologie hanno prodotto un aumento esponenziale dei dati in circolazione: dai 500 miliardi di gigabyte del 2010, oggi i numeri si sono quintuplicati. Anche la produzione di dati interna alle aziende è aumentata

107 Azzariti F., Mazzon P. (2005), Il valore della conoscenza. Teoria e pratica del knowledge

management prossimo e venturo, Milano, ETAS, pp. 130-131.

considerevolmente e ciò si manifesta nel fatto che, oramai, le dimensioni dei database devono essere misurate almeno in terabyte se non in petabyte o exabyte. Le origini dei Big Data risiedono, quindi, non solo nel volume dei dati digitali oggi disponibili, creati sempre più automaticamente e velocemente dalle persone sia in ambito privato che lavorativo (tramite smartphone, GPS, etc.), da cose (per esempio, auto) e dagli eventi (meteo, atterraggi degli aerei, pagamenti finanziario, etc.), ma anche nella disponibilità di nuove tecnologie di raccolta, memorizzazione ed elaborazione di questi dati e nella maggiore capacità analitica e interpretativa di cui le imprese

possono dotarsi.109

Le principali caratteristiche dei Big Data sono il volume, vale a dire la capacità di acquisire, memorizzare e accedere a grandi volumi di dati, con riferimento alle dimensioni in termini di byte dei dati generati da una vasta gamma di sorgenti; la velocità, in termini di generazione, raccolta, aggiornamento ed elaborazione dei dati, con la tendenza ad avvicinarsi al tempo reale; la varietà, ovvero la molteplicità di fonti interne ed esterne e l'eterogeneità dei formati dei dati; la variabilità, riferendosi all'alta mutabilità dei dati, che rappresenta una sfida posta alla tecnologia, consistente nello stare al passo con il loro cambiamento; la complessità: maggiore è la dimensione, varietà e variabilità dei dati, maggiore è la complessità da gestire e più difficile collegare le informazioni per ottenerne di interessanti; la veridicità, con riferimento alla qualità dei dati e al

valore informativo da questi estraibile.110

Attualmente, è in corso una democratizzazione nella diffusione delle tecnologie legate ai Big Data, favorito da una maggiore disponibilità e accessibilità degli strumenti e dalla crescente

109 Fiasché M. (2015), Big Data & Big Analytics: la sfida dell'innovazione attraverso l'estrazione della

conoscenza dai dati, in Sistemi&Impresa, marzo 2015, pp. 75-76.

consapevolezza della loro potenziale utilità. Questa tendenza produrrà nel tempo un ulteriore e rapido incremento numerico dei dati, con la conseguenza di elevarne parallelamente il valore strategico per le organizzazioni.

E' quanto mai necessario essere in grado di selezionare accuratamente e con precisione i dati veramente utili per l'azienda, al fine di evitare un immobilismo da eccesso di dati: in questo senso è fondamentale che l'azienda sia ben consapevole su quali siano i propri obiettivi primari, per discernere a monte tra informazioni strategiche e secondarie. Lo scenario del data management odierno è caratterizzato da un flusso di dati in costante espansione, provenienti da una varietà crescente di fonti, spesso in tempo reale. La conseguenza di questo diluvio di informazioni è che la gestione

tradizionale dei dati ha raggiunto il suo limite.111

La capacità di gestire l'esplosione dei Big Data sarà un fattore determinante per riuscire a guadagnare e a mantenere un vantaggio competitivo: per raggiungere questo obiettivo è necessario comprendere come trasformare i dati in conoscenza e come condividere tale conoscenza con tutta l'organizzazione affinché porti a

risultati di business concreti.112

111 Sotgiu M. (2012), Big Data: il business guidato dalla gestione strategica delle informazioni, in Sistemi&Impresa, luglio/agosto/settembre 2012, p. 42.

4.

L'utilizzo della conoscenza all'interno