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6. Un caso pratico: il knowledge management nell'esperienza di una multinazionale italiana

6.4 Una testimonianza diretta: sfide e risultati nella gestione degli strumenti di knowledge management

6.4.3 L'operatività del sistema di knowledge

management

Il funzionamento concreto del sistema di gestione della conoscenza è garantito innanzitutto da un software tramite il quale è possibile registrare, da parte dei diversi responsabili dislocati nei cantieri, eventi e segnalazioni riguardanti la quotidiana esperienza di lavoro.

“La fase iniziale del progetto è stata realizzata in sei mesi, tempo limite che l'azienda aveva indicato. In termini di costi, l'investimento iniziale non è stato particolarmente oneroso: è consistito prevalentemente nella realizzazione del

software e nella consulenza esterna dell'università, a cui si aggiungono oggi le

retribuzioni degli addetti che si occupano direttamente di knowledge management, attualmente sette in totale.”

In particolare, il software è stato sviluppato in modo tale da renderlo capace di dialogare con il database aziendale, con lo scopo di permettere un'immediata raccolta e un conseguente incasellamento dei dati e delle informazioni provenienti da remoto all'interno di un

knowledge repository aziendale; oggi è in fase di studio un altro tipo

di piattaforma, in grado di garantire una maggiore integrabilità e catalogazione del materiale informativo creato dai cantieri e in fabbrica.

Una volta che il flusso di informazioni giunge al database centrale, il team cui fa capo il project quality manager procede nell'analizzare le registrazioni presenti e nel creare di conseguenza dei gruppi di lavoro volti alla risoluzione dei problemi che si sono via

via presentati, in particolare di quelli più ripetitivi. Il lavoro in team in questo contesto assume dunque un'importanza cruciale, e la principale leva a disposizione per migliorarne il buon funzionamento è il dialogo.

“Su mia iniziativa è stato recentemente introdotto anche un momento di

phase review, vale a dire un'analisi focalizzata sul processo solitamente svolta a

fine progetto, consistente in una giornata di brain storming con tutto il team di commessa volta ad evidenziare e di conseguenza correggere le imperfezioni riscontrabili a livello di processo. Tutto ciò che viene poi ottenuto in termini di soluzioni e lessons learned viene in seguito patrimonializzato a livello aziendale.”

La dirigente intervistata sottolinea come lo sviluppo dei sistemi di knowledge management permetta all'azienda un efficace miglioramento anche dei prodotti già venduti, inteso come asset commerciale verso il cliente finale a cui si può vendere un

improvement; questa possibilità offerta dalla gestione della

conoscenza assume i contorni anche di strumento di fidelizzazione del cliente e di accrescimento del valore del prodotto attraverso l'aggiunta di risorse immateriali o materiali ad esso abbinate, in questo caso assistenza tecnica o pezzi di ricambio.

6.4.4 Strumenti e tecnologie utilizzati

Al software originariamente sviluppato si è affiancata una pluralità di strumenti volti a fornire mezzi di archiviazione, condivisione e ricerca di informazioni e documenti digitalizzati.

“Abbiamo sviluppato e messo a disposizione di tutti una community

online che fungesse da share point, una piattaforma flessibile e semplice da

utilizzare, con un'interfaccia user-friendly perché tagliata sulle necessità dell'uomo di cantiere. Inoltre sono presenti reti intranet, sviluppate sia a livello aziendale che di unità e di commessa, e aree di share point per i team di commessa dove si possono inserire informazioni e documenti utili. Chiunque sia abilitato può accedere al database aziendale, che funge da knowledge repository, dove è archiviata la conoscenza patrimonializzata.”

In occasione di incontri e riunioni sono utilizzati anche sistemi di telecomunicazione, grazie ai quali è possibile collegarsi da remoto a questo tipo di eventi; tali sistemi sono prevalentemente utilizzati per comunicare e scambiare informazioni, e risultano molto utili per mettere in contatto tra loro cantieri dislocati a grandi distanze tra loro, o un cantiere in particolare con la sede centrale, riducendo al massimo costi e tempi.

Inoltre è prevista per l'immediato futuro la creazione di una serie di video tutorial che saranno resi disponibili sugli share point, consistenti in guide all'apertura di particolari procedure come ad esempio le non conformità di sistema. Questi tutorial saranno di aiuto per il personale dislocato nei cantieri al fine di classificare i vari eventi in modo preciso e puntuale, e per fare comprendere che non è necessario aprire non conformità se devono, ad esempio, richiedere semplici rondelle dalla sede centrale. Questo tool è comunque, al momento, sviluppato ancora a livello prevalentemente progettuale e risulta interamente da implementare.

6.4.5 Benefici, ostacoli e prospettive: un bilancio globale

sistema efficace e funzionale di knowledge management, specialmente in grandi e ramificate realtà aziendali, possa rivelarsi un processo lungo e arduo, consistente nella necessità di fare i conti con una molteplicità di situazioni, sensibilità e priorità non sempre combacianti tra loro.

“Le difficoltà sono state e sono tantissime: come detto, specialmente a livello culturale il lavoro da fare è molto e impiegherà tempi lunghi. E' necessario che il top management continui a mostrare commitment, e che anzi lo potenzi ulteriormente al fine di far percepire a tutto l'insieme aziendale l'urgenza della necessità di cambiare mentalità, orientandosi al miglioramento, al cambiamento, alla flessibilità e all'ascolto. La situazione di crisi mondiale che ancora caratterizza il contesto non rende agevole questo tipo di propensione, perché le priorità sono sempre e comunque altre, percepite come più stringenti e concrete rispetto ad un programma di knowledge management articolato nel tempo e che comporti tutta queste serie di cambiamenti più o meno radicali, a cui comunque le persone non sono abituate.”

In merito ai risultati ottenuti, la dirigente ne pone in risalto il valore a fronte dell'investimento – non molto impegnativo – sostenuto dall'azienda. In particolare, ancora una volta si parla di margini di miglioramento da perseguire attraverso un lavoro lento, ma continuo.

“Se guardiamo all'investimento effettuato dall'azienda, costituito soprattutto dalla realizzazione del software, dalla consulenza dell'università e dagli stipendi del personale che si occupa di knowledge management, i risultati ottenuti possono essere ritenuti piuttosto soddisfacenti. E' altrettanto vero però che, in assenza di un terreno fertile, non si raggiungeranno mai gli obiettivi prefissati in termini di risultati concreti e miglioramenti misurabili. Questo terreno fertile deve essere composto dal giusto mix tra progettualità e cultura aziendale, tra

premesse appare molto difficile ottenere risultati significativi. E' necessario un approccio open mind sia a livello aziendale che singolo, basato sul confronto e sulla comunicazione, elementi senza i quali non si può costruire nessuna prospettiva. I margini di miglioramento però, parallelamente, non mancano e continueremo a lavorare in questo senso.”

Al contempo però le opportunità fornite dal sistema di

knowledge management sono significative sotto diversi punti di vista,

sia tecnico-produttivi che personali.

“Lo stimolo più grande è rappresentato dal fatto che si ha comunque a che fare con un lavoro tecnico, ma che fornisce la possibilità di poter spaziare tra diverse aree e problemi differenti, confrontandosi con realtà, persone e conoscenze diversi tra loro. Questo aiuta molto a sviluppare una prospettiva globale, molto utile per la crescita personale e professionale: gestire un sistema di knowledge

management apre la mente e dà la possibilità di trasformarsi in un dirigente a

360°. I passi da fare sono ancora numerosi e importanti, per ora è possibile stimare che solo il 60% delle effettive potenzialità del progetto siano state sfruttate, ma nel futuro ci sarà modo di continuare a lavorare attivamente sia sui processi che sulle persone, con molta attenzione alla cultura aziendale, per arrivare alla continua analisi e risoluzione di problemi complessi per l'azienda. Proprio il risolvere efficacemente un problema che, magari, si presentava da tempo e vedere che l'azienda ne beneficia concretamente rappresenta la soddisfazione più grande e, di conseguenza, lo stimolo per migliorare ancora.”

7.

Conclusioni

Nel moderno contesto di iper-velocità nessuna realtà produttiva può esimersi dal considerare la portata strategica delle risorse immateriali: se gli asset materiali sono caratterizzati spesso da alti costi di acquisizione e di gestione, oltre che da una oggettiva limitatezza in termini di prestazioni e capacità di miglioramento, quelli immateriali – quando opportunamente organizzati e gestiti – garantiscono rendimenti potenzialmente sempre migliorabili, crescenti e flessibili. Il fattore umano diviene il centro della nuova organizzazione aziendale, perché portatore di conoscenza, competenze e creatività, caratteristiche non riproducibili da macchinari automatizzati; in presenza di una domanda di mercato sempre più critica, personalizzata e segmentata, le realtà produttive hanno nelle proprie risorse immateriali asset insostituibili e dall'enorme potenziale.

Dalle rivoluzioni industriali ad oggi abbiamo assistito – si pensi a taylorismo e fordismo – ad una progressiva automatizzazione di processi e metodologie produttive, caratterizzata da un forte controllo sull'elemento umano in fabbrica, il quale doveva attenersi a precisi compiti e regole da cui non era permesso fuoriuscire. Il lavoro del futuro, quello che caratterizzerà la cosiddetta quarta rivoluzione industriale, sarà invece di carattere eminentemente intellettuale, perché sarà – ed è già – la creatività umana a costituire la vera, inestimabile risorsa strategica da cui bisognerà essere in grado di attingere con efficacia. La creatività è quindi già il fattore primario, in un contesto estremamente competitivo e concorrenziale come quello caratterizzato dal mondo globalizzato, su cui si basa l'accrescimento di valore in termini di prodotto e di servizio: abbinare infatti un

servizio immateriale ad un determinato prodotto materiale può costituire una sicura fonte di vantaggio competitivo e una possibilità concreta di aumentarne il valore percepito, conquistando al tempo stesso quote di mercato.

“Imagination is more important than knowledge.” (Albert Einstein)

Creatività e immaginazione vengono prima o dopo la conoscenza? In ogni caso è comunque certo che, in un contesto industriale privo di una gestione programmata e strutturata per processi degli asset immateriali, creatività e immaginazione finirebbero col dissolversi o disperdersi. Compito del knowledge

management – e del knowledge manager – è quindi quello di far sì

che il bagaglio individuale di conoscenze, spirito creativo, know-how e

best practice di ognuno diventi patrimonio aziendale condiviso,

socializzato e quindi fruibile da parte di tutti, in modo rapido, preciso e puntuale. La gestione della conoscenza e le modalità con le quali questa è attuata rappresentano la sintesi necessaria capace di trasformare il “caos creativo” in buone pratiche, in un circolo virtuoso di informazioni e competenze che, una volta messe in comune, creano dinamicamente conoscenza nuova e disponibile, portando l'azienda verso la caordic, learning e knowledge-creating

organization.

Il lavoratore, in questa nuova prospettiva, non è più visto come mero esecutore finale di direttive concepite, discusse ed emanate da livelli superiori, ma assume il profilo di un knowledge

worker, un lavoratore della conoscenza, la cui creatività e le cui

l'organizzazione capace di competere sul panorama di rifermento. Le contingenze di mercato, così mutate negli ultimi vent'anni, hanno spinto le organizzazioni ad una ricerca sempre più accurata delle condizioni ideali all'interno delle quali la conoscenza – vista anche come la naturale evoluzione di insiemi di dati e informazioni – possa fluire in modo libero e creativo: queste condizioni sono ottenibili in realtà aziendali capaci di curare con forte commitment aspetti culturali, ambientali e “climatici” della propria struttura. L'ecosistema organizzativo deve essere caratterizzato da precise qualità, come un atteggiamento open mind, proattivo e positivo a tutti i livelli dell'organigramma aziendale: sono necessarie una spiccata propensione al dialogo e al compromesso, una mentalità orientata al cambiamento, la disponibilità a mettere in gioco quotidianamente la propria professionalità e la capacità di condividere le proprie competenze, superando il timore inconscio che quegli skills, una volta messi in comune, facciano perdere di valore sul mercato del lavoro il singolo che ne era portatore in origine. Se infatti l'ambiente aziendale viene permeato da flussi di informazioni e conoscenze in modo continuo e virtuoso, il gioco sarà sempre win-win per tutti gli attori, i quali verranno ripagati delle conoscenze rese disponibili con nuove informazioni e competenze nel frattempo createsi.

Il caso preso in esame nel capitolo 6 è fortemente esplicativo di quanto sia arduo e di quanto impegno comporti costruire e rendere resiliente un ambiente che possa agevolare non solo il knowledge-share, ma anche knowledge-creation e conseguente

knowledge-reuse; le sfide che in questo senso vengono poste al management sono assolutamente nuove, per non dire rivoluzionarie.

E' infatti il management stesso, in primo luogo, a dover mutare non solo l'approccio alla realtà gestionale dell'azienda ma anche e soprattutto struttura e forma: i tempi moderni richiedono assetti

flessibili, modulari, estremamente reattivi perché in grado di coesistere con l'ambiente circostante e di reagire agli stimoli da questo provenienti. Quello della soluzione scientifica, dell'organizzazione piramidale e del one best way è ormai un dogma obsoleto, non più in grado di far corrispondere l'azione collettiva e d'insieme dell'organizzazione agli input e ai quesiti posti dall'esterno; sarà proprio dalla capacità di risposta, in tempi brevi ed in modalità efficienti ed efficaci, agli stimoli contingenti che sarà possibile stimare le prospettive di successo di una realtà organizzativa nel medio-lungo periodo. Per ottenere questo è necessaria la presenza attiva di un

management lungimirante, in grado di creare comunione d'intenti ad

ogni livello e di garantire leve efficaci – basate su dialogo e risoluzione di conflitti in prospettiva win-win – verso un cambiamento vissuto come opportunità di crescita integrale, in senso sia individuale che collettivo.

Come ha esposto la dirigente intervistata nel sesto capitolo, avvalersi con efficacia di strumenti di knowledge management è una sfida che le aziende affrontano quotidianamente: la gestione della conoscenza produce effetti tangibili solo se diffusa nell'organizzazione a livello globale, se accettata universalmente e se chi è chiamato a gestirne i processi è dotato di approcci orientati alla lungimiranza e all'autoimprenditorialità. Stando alle parole dell'ingegnere, perseverare all'interno di un clima non propriamente favorevole richiede un alto livello di motivazione e commitment: far percepire le migliorie che una gestione strutturata di informazioni e best practice apporterebbe al lavoro quotidiano e alla produttività aziendale – con ricadute positive per tutti, anche in termini economici – risulta arduo in un contesto come quello preso in esame, ovvero un'azienda multinazionale ancora alle prese con le difficoltà della crisi e le esigenze sempre più immediate del mercato. Adempimenti quotidiani

come quelli relativi al sistema di knowledge report utilizzato dall'azienda necessitano di pochi minuti di attenzione, ma a fine giornata lavorativa, in virtù dei tempi stretti e delle vecchie abitudini consolidate, un momento di brain storming a livello di team viene vissuto come un impegno oneroso – anche da parte dei giovani, dai quali ci si aspetterebbero maggiori capacità di reazione nei confronti del cambiamento. E' quindi più semplice avvalersi di strumenti maggiormente familiari e ritenuti più immediati, come ad esempio il telefono e le email, ma del tutto incapaci di creare flussi di informazioni e dati patrimonializzabili per l'azienda: in questo modo importanti eventi – sia positivi che negativi – vengono rimossi dalla memoria dell'organizzazione e non sarà più possibile riutilizzarne il valore in futuro. Entra quindi in gioco la più immateriale delle componenti che sussistono in una realtà aziendale: la cultura. Se infatti un dato, un'informazione e una nozione risultano – nonostante la loro intangibilità – catalogabili, gestibili, decriptabili e trasferibili, la cultura è al contrario un insieme quasi infinito di fattori diversi e perlopiù difficilmente controllabili. L'ambiente culturale ha infatti a che vedere innanzitutto con l'emotività e con le tendenze soggettive di ciascun individuo, ed è per questo che la creazione di un clima fecondo in azienda risulta particolarmente complessa; il commitment proveniente dal vertice rischia di non bastare da solo, e dal caso in esame emerge comunque come l'organizzazione abbia sì ampliato significativamente il team avente responsabilità in termini di qualità e

knowledge management – passato da un solo membro iniziale ai sette attuali –, ma non abbia avuto negli anni la volontà di effettuare

ulteriori investimenti significativi in questo campo, mettendo a disposizione un budget piuttosto limitato e indicando una precisa scadenza a breve termine in occasione del progetto iniziale. Nonostante i grandi sforzi di un singolo dirigente e del suo team, tutto

rischia quindi di restare pressoché indifferente e ancorato a vecchie sicurezze, come la telefonata per la segnalazione di un problema, il timbrare il cartellino a inizio e fine giornata e lo scetticismo di chi ancora non ha compreso pienamente la portata della sfida posta a tutti dal nuovo contesto.

In generale, un ambiente fertile per lo sviluppo e la circolazione di conoscenza non può prescindere dalla sussistenza di due precise condizioni, ugualmente necessarie ma da sole non sufficienti: una leadership efficace, trasformazionale, di servizio, e la presenza di adeguati supporti tecnologici. Negli ultimi decenni si è passati da un assetto strettamente piramidale e gerarchico del comando all'interno delle realtà produttive ad una visione più orizzontale, fondata sui concetti di team, di responsabilizzazione, di allineamento; questa filosofia è stata implementata a livello di organizzazione interna così come nel rapporto esterno con partner e fornitori, divenuti veri e propri alleati insieme ai quali sviluppare esperienze di comakership volte all'avvio di percorsi comuni fin dalla progettazione di prodotto, e non più limitati alla sola fase di produzione. Questo però non significa che si possa ovviare alla presenza di una forte ed esemplare leadership, una figura di sintesi necessaria poiché capace di creare una vision “tangibile” e condivisa globalmente, in grado di agire da coach verso i collaboratori affinché ognuno di essi si senta individualmente stimolato a dare il meglio di sé, caratterizzandosi autenticamente come imprenditore di se stesso. Parimenti, l'innovazione tecnologica pone nuove sfide, ma mette a disposizione anche grandiose possibilità, specialmente in un campo come quello del knowledge management: grazie a strumenti come i

cloud, le reti intranet, le chat, i forum, le mailing list e i webinar le

distanze si azzerano e i costi si riducono in maniera drastica. Tramite mezzi simili tutto può essere facilmente reso condivisibile e

immediatamente – letteralmente, “senza mediazione” – disponibile per chiunque risulti abilitato. Le realtà aziendali in grado di interpretare al meglio questa sfida del progresso e coglierne con efficacia le opportunità ne beneficeranno profondamente, anche se la strada da fare è ancora molta.

Il contesto in cui viviamo è di difficile lettura e interpretazione, foriero di grandi possibilità di sviluppo ma anche di sfide ardue che si presentano senza soluzione di continuità: è la cosiddetta “era della complessità”, una prospettiva con cui non ancora tutte le realtà produttive hanno saputo fare i conti e che, come detto, attribuirà un'importanza sempre crescente ad asset immateriali e abilità intangibili. La gestione della conoscenza, sviluppata attraverso le tecniche di knowledge management, rappresenta uno strumento tra i più importanti per l'organizzazione che intenda affrontare le complessità puntando sul più grande tesoro di cui l'uomo è portatore e che lo differenzia dalle altre specie animali: l'amore per la conoscenza.

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