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Già nel corso degli anni ’80, a seguito della diffusa contestazione dei contenuti degli accordi sindacali di “gestione di crisi”, benché sottoscritti dai sindacati confederali, ad opera di organizzazioni minoritarie, di comitati spontanei ed anche talvolta degli stessi iscritti ai sindacati confederali. Iniziò a circolare lo slogan provocatorio “chi rappresenta chi?” che condensava in maniera quanto mai efficace i due profili della problematica della democrazia sindacale: quello della                                                                                                                

446 “Systems and their Interaction with Active Labour Market Policies”

Commissione Europea, Bruxelles, Febbraio 2004, relativa a orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione, consultabile in www.csmb.unimo.it, indice A-Z, voce Strategia europea per l’occupazione.

447 E. Riva, E.Zucchetti (a cura di), La mobilità job to job, Ed Franco Angeli,

rappresentatività, ossia della legittimazione sostanziale del sindacato stipulante ad

impegnare di fatto anche i lavoratori ad esso non iscritti, e quello della

rappresentanza, ossia dell’effettiva corrispondenza tra la negoziazione e i suoi

risultati, da un lato, e la volontà e gli interessi dei rappresentati dall’altra.

Il sistema sindacale, di fatto, non offriva risposte appaganti né per la prima questione, perché nessuna norma di legge obbligava la parte datoriale a negoziare e concludere l’accordo con il sindacato che raccogliesse il massimo di consensi tra i lavoratori, avendo anzi essa tutto l’interesse ad accordarsi con un sindacato “più accomodante”; ma neanche per la seconda, perché nessuna norma di legge obbligava ad una verifica successiva dei risultati dell’attività negoziale, ovvero ad una ratifica da parte del complesso degli interessati attraverso lo strumento referendario.448

La situazione degli ultimi due decenni se osserviamo il rapporto tra sindacato e mondo del lavoro potremmo definirla paradossale. Da un lato lo scenario lavorativo ha subito una serie di trasformazioni senza precedenti, i mutamenti che hanno investito in maniera significativa la sfera delle relazioni industriali in termini di riduzioni delle tutele e uscita dal mercato del lavoro hanno contribuito alla crisi occupazionale che investe con rapidità fasce sempre maggiori di lavoratori. Tale processo di crisi, ci sentiamo di condividere ha il volto di un lavoro frantumato che si sgretola sotto i nostri occhi.449 È in questa continua frantumazione che si legge il paradosso del rapporto tra lavoro e rappresentanza sindacale, perché seppur ci fossimo aspettati di vedere sul fronte opposto della crisi una salita vigorosa del sindacato, per arginare le situazioni e intervenire a tutela dei lavoratori, oppure che avesse aumentato il suo potere e la sua forza, è invece avvenuto l’opposto. Dall’altro lato, infatti, risulta evidente come il ruolo delle organizzazioni sindacali, il cui obiettivo primario si basa proprio sulla tutela e sul miglioramento delle condizioni della vita lavorativa attraverso la rappresentanza nella contrattazione collettiva, registrano un generale calo di

                                                                                                               

448 Relazione di P. Alleva al Convegno “Ruolo del sindacato, democrazia, riforma del sistema contrattuale”, tenutosi a Roma il 29 gennaio 2010.

449 F.Chicchi e E.Leonardi (a cura di), Lavoro in frantumi, Ombre corte ed,

interesse da parte di stati crescenti della popolazione.450 Questo dato emerge con chiarezza dalle risultanze di una recente ricerca sul ruolo del sindacato, svolta su lavoratori appartenenti sia al settore pubblico che privato. In particolare abbiamo scelto questa ricerca per evidenziare la crisi che sta investendo il sindacato, non solo perché molto recente, ma soprattutto perché tra le categorie di lavoratori che questa ricerca ha preso ad oggetto del suo campione ci sono lavoratori appartenenti al settore chimico-farmaceutico. Le conclusioni, senza entrare nel merito di questa ricerca, vanno nella direzione di una chiara debolezza del sindacato, identificato come un “soggetto collettivo in crisi, al cui interno continuano a riprodursi una tensione tra chi difende diritti già acquisiti e chi invece reclama nuove forme di rappresentanza”451. Se nel passato il sindacato si poneva come rappresentante egemone della classe operaia, oggi le cose si sono complicate, non solo perché viste le profonde trasformazioni in corso nel mercato del lavoro esistono una serie di lavoratori dipendenti che hanno bisogni e aspirazioni molto diversi da quelli tradizionali, sia per il fatto che sono aumentate le associazioni e i movimenti che danno voce alle esigenze dei cittadini.452 Con la produzione di massa, l’industrializzazione e la definizione di lavoratore dipendente a tempo indeterminato, non solo avevamo costruito una sorta di idealtipo di lavoro e di lavoratore, ma una tale situazione di stabilità è stato il canale privilegiato per la rappresentanza di interessi comuni e condivisi da una maggioranza di lavoratori.453Una forma di rappresentanza che aveva dunque un carattere durevole perché poteva contare su un altrettanto coesa e forte, coscienza

di classe. Questa omogeneità permetteva di identificarsi con facilità e di iscriversi

al sindacato, determinandone la forza e incrementandone il potere contrattuale.454 Tra gli effetti dirompenti, infatti, della crisi del sindacato uno degli elementi che mostra maggiori segni criticità e sofferenza risiede appunto nella cosiddetta “crisi della rappresentanza”, ossia la diminuzione del tasso di sindacalizzazione.                                                                                                                

450 M. La Rosa (a cura di) Sociologia dei lavori, Franco Angeli, Milano, 2002. 451 B. Ciccone e P. De Vivo (a cura di), A chi serve il sindacato. I bisogni, le richieste e le aspettative dei lavoratori nella società che si trasforma, ed. Franco

Angeli, 2010, Milano.

452 M. Magatti, M. De Benedettis, I nuovi ceti popolari, Feltrinelli, Milano, 2006. 453 M. La Rosa (a cura di) Sociologia dei lavori, Franco Angeli, Milano, 2002 454 G. P. Cella, Il Sindacato, Ed Laterza, 2004.

La crescente incapacità e sfiducia da parte dei lavoratori di riconoscere nel sindacato l’interprete, il portavoce e il costruttore di soluzioni rispetto ai loro problemi ed interessi.455Se l’azione sindacale non riesce a far presa sui lavoratori per attivare con loro e per loro forme di partecipazione, rischia di essere bypassata e sminuita.456 Il dibattito attorno al ruolo che il sindacato dovrebbe assumere per non vedere diminuita la sua funzione di rappresentanza è tuttora accesso. Da un lato c’è chi interpreta nel lento declino degli iscritti e nella frammentazione dell’attività sindacale il segno della perdita d’importanza delle organizzazioni sindacali, dall’altro vi è anche chi, invece, pone l’accento su una nuova stagione di autunni caldi.457

Le ragioni sono tante quanto complesse, per questo motivo il sindacato dovrebbe impegnarsi ad iniziare una riflessione interna sulla capacità di agire, sulla sua capacità di fare informazione, fare un’attenta critica sulle ragioni che hanno visto vacillare la fiducia e aumentare il senso di insoddisfazione da parte dei lavoratori. La difficoltà di contribuire realmente e in maniera efficace alla partecipazione è una delle cause della crisi della rappresentanza, secondo l’analisi di Cella458. Secondo l’autore solo colmando le asimmetrie in fase di contrattazione e impegnandosi nei diritti di informazione, quello che è semplice

coinvolgimento può trasformarsi in un’effettiva partecipazione dei lavoratori. Una

partecipazione che aiuterebbe il sindacato a riacquistare il suo ruolo “è la presenza del sindacato a garantire forza e prestigio alle forme varie di partecipazione, ed è il sindacato stesso ad assicurare ai dipendenti l’utilizzo di quei criteri di equità che impediscono agli schemi di partecipazione di cadere nella manipolazione aziendale”459.

I lavoratori della farmaceutica coinvolti nella nostra ricerca empirica, hanno mostrato durante le fasi di raccolta dati di essere gravemente deficitari in tema di sindacalizzazione, è emersa una crisi della rappresentanza che è diffusa in maniera piuttosto trasversale nella categoria. Pertanto abbiamo ritenuto necessario                                                                                                                

455 Rivista on line www.nuvole.it

456 G.P. Cella, Il Sindacato, Ed Laterza, 2004.

457 Cfr. C. Lucifora, I due volti del sindacato, in M. Magatti, M. De Benedettis, I nuovi ceti popolari, Feltrinelli, Milano, 2006.

458 G. P. Cella, Il Sindacato, Ed Laterza, 2004. 459 Ibidem

indagare le ragioni di questa carenza e/o mancanza. Alcune delle domande alle quali abbiamo cercato risposte sono ad esempio: I lavoratori si fidano ancora del sindacato? Quanta responsabilità attribuiscono circa il peggioramento della loro condizione occupazionale al sindacato? Quanto peso attribuiscono al successo e/o fallimento del progetto sopra citato Welfarma in termini di rappresentanza e di azione sindacale?

Avremmo potuto basare la nostra analisi sulle cause della crisi di rappresentanza, portando alla luce solo il parere dei sindacati stessi, o avremmo potuto basare la nostra analisi sulla valutazione delle cause di contesto o di sistema, ma abbiamo deciso di intervistare (oltre alle associazioni sindacali), i lavoratori, perché questo ci è sembrato un atto doveroso in termini di coerenza, dal momento che il concetto sul quale facciamo presa è quello di partecipazione, sia in termini di welfare sia nel momento in cui analizziamo la crisi della rappresentanza, non potevamo tradire nella fase empirica le basi teoriche del nostro discorso.

PARTE SECONDA

La ricerca sul campo

Capitolo quinto

La ricerca empirica

Oggetto, obiettivi, metodologia e strumenti di analisi

5.1 Introduzione

Nel corso dei capitoli precedenti abbiamo illustrato il quadro concettuale e teorico fondante la nostra analisi sul tema del difficile e aperto percorso di costruzione identitaria, dove le dimensioni oggettive (debole e/o assente sistema di welfare) e soggettive (la compressione spazio temporale, la scarsità e/o il peggioramento dei tempi di vita, la sovrapposizione tra tempi di lavoro e tempi di vita) contribuiscono secondo la nostra ipotesi in modo negativo sul processo d’identizzazione. Abbiamo scelto per portare alla luce il disagio e la difficolta nella definizione soggettiva del proprio Sé, alcune dimensioni che a nostro avviso sono fondanti per l’identità lavorativa: il riconoscimento sociale, le attese sul futuro lavorativo, la capacità di costruire il proprio profilo occupazionale e la costruzione di un tempo lineare e cumulativo di carriera.

In questa seconda parte del lavoro orienteremo la nostra attenzione alla ricerca empirica al fine di produrre risposte plausibili a specifici interrogativi formulati sulla realtà. Il bisogno di conoscenza che funge da forza motrice della ricerca, per essere soddisfatto deve tradursi in una serie di domande ed interrogativi sulla realtà, la cui risposta si estrinseca attraverso cinque momenti fondamentali460:

- il disegno della ricerca, in cui si provvede a delineare gli interrogativi che orientano l’indagine e le linee guida lungo le quali verranno costruite le sue risposte;

                                                                                                               

- la costruzione della base empirica, intesa come la definizione della base di informazioni su cui si fonda la ricerca, ossia, più precisamente, la delimitazione del campo della ricerca e delle sue fonti;

- l’organizzazione dei dati, fase in cui le informazioni che fungono da base empirica vengono trasformate in dati e inserite in strutture più o meno rigide e complesse. I dati rappresentano dunque le “informazioni interpretate” e il loro processo trasformativo può avvenire secondo modalità più o meno sistematiche; - l’analisi dei dati, consistente nell’insieme di procedure, più o meno formali, mediante le quali i dati vengono esaminati al fine di stabilire asserzioni e nessi fra le asserzioni, ossia l’ossatura del discorso conclusivo;

- l’esposizione dei risultati, che costituisce l’ultima fase della ricerca empirica e si prefigge di rendere il più trasparente possibile l’intero itinerario della ricerca, di comunicare i risultati più significativi ottenuti mediante l’analisi dei dati e di delineare un raccordo con la letteratura precedente, per suggerire eventuali innovative linee di ricerca.

Tali fasi, pur non essendo sempre organizzate con un ordine consecutivo ed essendo spesso concettualizzate in maniera differente, accomunano qualsiasi tipo di ricerca empirica, di stampo sia prettamente qualitativo che quantitativo.461 Alla luce di questa breve presentazione, di seguito, ci soffermeremo sulla ricostruzione di quello che è stato il nostro disegno della ricerca, motivando le scelte da noi effettuate. Cercheremo cioè di esplicitare ed approfondire l’oggetto di studio e le finalità conoscitive del percorso di indagine (par. 5.2), nonché il disegno della ricerca, le scelte metodologiche e gli strumenti di analisi privilegiati (par. 5.3 e 5.4).