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La declaratoria di incostituzionalità dell'art 43 T.u espr

L'occupazione acquisitiva: storia di un istituto

3. L'art 43 Tu espropriazione L'occupazione sanante «amministrativa».

3.4. La declaratoria di incostituzionalità dell'art 43 T.u espr

Nei pochi anni in cui è rimasto in vigore, poco più di otto, l'art. 43 T.u. espr. ha avuto una notevole applicazione, che è dipesa dal fatto che la disposizione aveva un ambito di applicazione molto più ampio di quello al tempo riconosciuto all'occupazione acquisitiva; come si è avuto modo di constatare, la giurisprudenza amministrativa ha esteso l'applicazione della nuova disciplina alle ipotesi di occupazione sine titulo, nonché alle occupazioni antecedenti all'entrata in vigore del testo unico.

Non stupisce che la dottrina sia giunta a considerare l'istituto un'alternativa all'ordinario procedimento espropriativo, infatti, sebbene la giurisprudenza amministrativa ne aveva più volte ribadito la natura eccezionale229, nella pratica

esso si è rivelato indispensabile per l'amministrazione che, avendo costruito un'opera pubblica su un suolo altrui prescindendo da un valido procedimento di esproprio, decidesse di acquisirne la proprietà.

Per questo motivi, la dottrina frequentemente ha accusato il legislatore di aver disciplinato l'istituto per «garantire all'amministrazione una legale via

d'uscita dalle situazioni di illegittimità», confermando ancora una volta la

posizione di supremazia dell'autorità, anche se per raggiungere il suo obiettivo ha dovuto «legalizzare l'illegale»230.

A fronte dei diversi dubbi di legittimità che sono stati sollevati sull'art. 43, più volte la dottrina ha sollecitato un intervento della Corte costituzionale231.

Nel 2008 i giudici del Tar Campania hanno investito la Corte costituzionale della questione di legittimità dell'art. 43 T.u. espr. in relazione agli articoli 3, 24, 42, 97 e 113 Cost.232. Nel caso di specie, il Tar era stato chiamato a

pronunciarsi su due ricorsi (poi riuniti): con uno i ricorrenti chiedevano l'esecuzione del giudicato formatosi su una sentenza che, annullati gli atti di un

228 Corte dir. uomo, 12 gennaio 2006, Sciarrotta e altri c. Italia.

229 Cons. di Stato, Ad. Plen., 29 aprile 2005, n. 2, ha affermato che l'istituto «ha natura eccezionale e non può risolversi in una mera alternativa alla procedura ordinaria». In questi termini, Cons. di Stato, sez. IV, 26 febbraio, 2009, n. 1136, in Urb. app., 2009, 6, p. 720; Cons. di Stato, sez. IV, 30 dicembre 2008, n. 6636.

230 S. SALVAGO, (Prima) Declaratoria di incostituzionalità, cit., p. 305; F. REGA, Forme (vecchie e nuove) di acquisizione al patrimonio indisponibile di beni privati utilizzati per scopi di interesse pubblico, nota a TAR Catania Sicilia, sez. III, 19 agosto 2011, n. 2102, in Resp. civ. e prev., 2012, p. 244.

231 F. SCOCA, Modalità di espropriazione e «rispetto» dei beni (immobili) privati, in Dir. amm., 2006, p. 519; C. VARRONE, «Occupazione acquisitiva», cit., p. 518; F. G.

SCOCA, S. TARULLO, La metamorfosi, cit., p. 531.

232 TAR Campania, Napoli, sez. V, ordinanza, 28 ottobre 2008, n. 730 e ordinanza,

procedimento espropriativo, condannava la pubblica amministrazione alla restituzione delle aree e al ripristino dei suoli; con l'altro, chiedevano l'annullamento dell'atto di acquisizione sanante adottato dall'amministrazione ai sensi dell'art. 43.

L'amministrazione, costituitasi in giudizio, chiedeva che, in caso di accoglimento dei ricorsi, il giudice disponesse la sola condanna al risarcimento del danno con esclusione della restituzione, ai sensi dell'art. 43, commi 3 e 4. Sebbene la possibilità per l'amministrazione di chiedere il venir meno dell'obbligo di restituzione del bene era prevista nel procedimento dallo stesso art. 43, il TAR Campania ha messo in dubbio la legittimità nel procedimento acquisitivo, giudicandolo uno strumento idoneo ad eludere la disciplina formale del procedimento di esproprio.

Il TAR ha prima di tutto evidenziato come la disciplina dell'occupazione sanante, amministrativa e giudiziale, aveva nelle intenzioni del legislatore «natura eccezionale», trattandosi di un istituto che prevede una potestà unilaterale a vantaggio esclusivo della pubblica amministrazione. Infatti, in considerazione del fatto che la disciplina consente all'amministrazione l'acquisizione di un bene occupato illegittimamente, l'art. 43 era concepito come un istituto di extrema ratio finalizzato a porre rimedio ai casi concreti in cui la pubblica amministrazione occupa un bene immobile senza rispettare la disciplina del procedimento di esproprio.

Ebbene, il Tar ha rilevato come invece l'occupazione sanante nella pratica abbia assunto «la natura di strumento ordinario, a mezzo del quale si legalizza

l'illegale, ossia si legittima l'acquisto dell'area privata ove sia già stata realizzata un'opera pubblica in assenza di valido decreto di espropriazione».

Tanto premesso, il TAR ha rilevato il contrasto dell'art. 43 con gli artt. 42 e 97 Cost., nella misura in cui veniva utilizzato come strumento ordinario e, per l'effetto, permetteva alla pubblica amministrazione di sottrarsi al rispetto della disciplina prevista in materia di espropriazione.

Per gli identici motivi, il TAR ha evidenziato il contrasto della norma con l'art. 1, primo Prot., CEDU, e per questo ha ritenuto che l'art. 43 violasse l'art. 117 Cost..

Per quanto riguarda il contrasto con gli artt. 24 e 113 Cost., questo è stato individuato nella possibilità riconosciuta all'amministrazione di adottare l'atto di acquisizione anche dopo sentenza passata in giudicato. Secondo il TAR, in questo caso si pone il problema «di una grande lesione del principio generale

costituzionale e in sostanza vanificato da un atto di acquisizione per utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico».

Infine, il TAR ha ravvisato nella disciplina dell'art. 43 il vizio dell'eccesso di delega, perché il testo unico avrebbe dovuto realizzare esclusivamente un mero coordinamento delle norme vigenti in materia di espropriazione.

Ebbene, la Consulta ha dichiarato incostituzionale la norma proprio per violazione dell'art. 76 Cost., in quanto «la norma in esame non solo è

marcatamente innovativa rispetto al contesto normativo positivo di cui si era consentito un mero riordino, ma neppure è coerente con quegli orientamenti di giurisprudenza che, in via interpretativa, erano riusciti a porre un certo rimedio ad alcune patologie emerse nel corso dei procedimenti espropriativi»233.

La Corte ha rilevato che la legge delega n. 50 del 1997 ha incaricato il legislatore di provvedere al riordino delle disposizioni vigenti in materia di espropriazione, nel rispetto dei criteri direttivi previsti nella medesima legge delega234.

Dopo aver esaminato l'art. 43, la Corte è giunta alla conclusione che l'istituto presenti «numerosi elementi di novità» rispetto alla normativa vigente in materia di espropriazione, e perfino rispetto agli istituti di natura giurisprudenziale, per questo motivo la Corte ha rilevato la violazione dell'art. 76 Cost.; poiché il problema della corretta funzione legislativa è pregiudiziale rispetto alle altre censure eccepite dal TAR Campania, questo ha riassorbito in sé le altre questioni di merito relative alla conformità dell'art. 43 alla Costituzione.

Detto aspetto avrebbe dovuto precludere alla Corte di entrare nel merito delle questioni, anche se sotto forma di mere valutazioni, invece, questa, dopo aver esaminato la disciplina normativa e giurisprudenziale, si è espressa in significative riflessioni che hanno lasciato perplesso l'interprete. Infatti, nella consapevolezza che la declaratoria di incostituzionalità avrebbe lasciato un vuoto normativo di non scarsa importanza, le valutazioni della Corte sono parse dei moniti rivolti soprattutto al legislatore235.

233 Corte cost., 8 ottobre 2010, n. 293, in Corriere giur., p. 1552; in Giur. cost., 2010,

V, p. 3797.

234 Corte cost., 8 ottobre 2010, n. 293, nel punto 8.3 riporta seguenti i principi e criteri

direttivi contenuti nella legge delega: la puntuale individuazione del testo vigente delle norme; l'indicazione delle norma abrogate; il coordinamento «formale» del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei limiti di detto ordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa, anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo.

235 F. PATRONI GRIFFI, Prime impressioni a margine della sentenza della Corte Costituzionale n. 293 del 2010 in tema di espropriazione indiretta, in www.federalismi.it.

La Corte ha rilevato come l'art. 43 conferisca alla pubblica amministrazione il potere generalizzato di sanare i propri illeciti e ha manifestato i suoi dubbi (da essa definiti legittimi) sulla idoneità della norma a rispettare i principi sanciti nell'art. 1, primo Prot., CEDU; non stupisce, quindi, che queste perplessità abbiano indotto la Corte a sostenere che la scelta del legislatore di disciplinare l'istituto dell'occupazione sanante costituisca «soltanto una delle molteplici

soluzioni possibili».