L'occupazione acquisitiva: storia di un istituto
3. Gli elementi essenziali dell'occupazione acquisitiva.
3.3. Il risarcimento del danno.
Secondo la giurisprudenza che si è consolidata nelle more della fattispecie dell'occupazione appropriativa, predominante fino al primo intervento legislativo del 1995, l'unica forma di tutela garantita al proprietario era quella risarcitoria.
Se si esclude l'orientamento dottrinale, di cui si è detto, che aveva sostenuto il diritto del proprietario alla restituzione del fondo, la prevalente giurisprudenza e la prevalente dottrina riconoscevano al privato illegittimamente spossessato del bene il diritto al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2043 cod. civ.
Successivamente, le Sezioni unite, nel 1983, 1988 e 1992, consacrando l'istituto dell'occupazione appropriativa, avevano riconosciuto al privato il diritto al risarcimento integrale del danno, soggetto al termine quinquennale di prescrizione.
L'entità del risarcimento si giustificava per il fatto che il privato subiva uno spoglio in seguito ad un comportamento illecito della pubblica amministrazione ed, allo stesso tempo, ambiva ad essere il giusto deterrente per indurre l'amministrazione a non abusare dell'occupazione appropriativa. Per questo motivo, la Corte costituzionale ritenne assolutamente ragionevoli le differenze esistenti tra le discipline, inerenti la riparazione del pregiudizio subito dal privato, previste nell'ipotesi di espropriazione per pubblica utilità e nell'ipotesi di occupazione appropriativa163. Infatti, se in quest'ultimo caso il ristoro
riconosciuto al privato in quanto vittima dell'occupazione era l'integrale risarcimento del danno subito, in materia di espropriazione l'art. 5 bis, d. l. 11 luglio 1992, n. 333 (convertito nella legge 8 agosto 1992, n. 359), quantificava l'indennità di esproprio, per le aree edificabili, nella somma pari alla semisomma del valore venale del bene e del reddito catastale ridotta del quaranta per cento. Sostanzialmente, l'ammontare dell'indennità di esproprio
162 Cass. 6 maggio 1994, n. 4431; Cons. Stato, Ad. Plen., 7 febbraio 1996, n. 1. 163 Corte cost., 16 dicembre 1993, n. 442.
corrispondeva ad una somma equivalente al trenta per cento del valore di mercato del bene.
L'opportunità di tale differenza dipendeva esclusivamente dal fatto che l'occupazione appropriativa avveniva senza seguire l'iter procedimentale previsto ai fini dell'espropriazione, configurando pertanto una fattispecie nuova e diversa rispetto all'espropriazione. Pronunciatasi in merito, la Corte costituzionale aveva ritenuto non fondata la censura di presunta disparità di trattamento, trattandosi di situazioni radicalmente diverse che giustificano una
disciplina differenziata164.
Come si è avuto modo di precisare più volte, l'occupazione appropriativa è una fattispecie di origine pretoria, si può aggiungere ora che, fino all'entrata in vigore del testo unico in materia di espropriazione nel 2001 la fattispecie ha mantenuto la sua origine, perché l'unico ambito di essa fino ad allora disciplinato a livello normativo era proprio quello del risarcimento del danno.
Si è visto che l'art. 3 della legge n. 458 del 1988 ha previsto il diritto al risarcimento del danno dei proprietari spogliati dei propri terreni per la costruzione di opere da adibire ad edilizia residenziale e che la norma è stata interpretata dalla giurisprudenza del tempo come l'intenzione del legislatore di riconoscere l'istituto dell'occupazione acquisitiva.
Questa norma aveva il limite di essere una disposizione destinata ad avere un campo di applicazione specifico, appunto quello dell'edilizia residenziale pubblica.
Di diverso spessore è, invece, l'art. 1, comma 65, legge 28 dicembre 1995, n. 549 (legge finanziaria 1995): con questa norma, il legislatore ha esteso la disciplina in vigore per il computo dell'indennità di esproprio alla fattispecie dell'occupazione appropriativa.
L'estensione della disciplina espropriativa alla fattispecie occupativa ha fatto si che le rispettive indennità fossero equiparabili, sebbene solo le prime erano dovute in seguito ad un regolare procedimento espropriativo.
Questo aspetto è stato aspramente criticato dalla dottrina, la quale ha lamentato il fatto che in tal modo si favorivano i comportamenti illeciti della pubblica amministrazione, perché se questa è tenuta a versare al privato un'identica somma, sebbene a titolo diverso (di indennizzo nell'ipotesi di esproprio e di risarcimento del danno nell'ipotesi di occupazione acquisitiva), seguire le procedure espropriative potrebbe rivelarsi estremamente
svantaggioso, stanti i tempi del procedimento165.
Sullo stesso ordine di argomenti, la Corte costituzionale, con la sentenza 2 novembre 1996, n. 369, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma, per violazione degli artt. 3 e 42 Cost.: sotto il profilo della ragionevolezza,
stante la radicale diversità strutturale e funzionale delle obbligazioni così comparate, poiché l'indennizzo è un'obbligazione prevista ex lege per il
compimento di un atto legittimo, mentre il risarcimento del danno è un'obbligazione ex delicto. Inoltre, risulta «vulnerato anche l'art. 42 comma 2
della Costituzione, per la perdita di garanzia che al diritto di proprietà deriva da una così affievolita risposta dell'ordinamento all'atto illecito compiuto in sua violazione».
Ciò nonostante, la Corte ha precisato che il principio nell'integrale risarcimento del danno non ha copertura costituzionale166 e che il legislatore
può, in casi eccezionali, limitare l'entità del risarcimento. Secondo la Corte, poiché nel caso di specie la costruzione dell'opera, sebbene non iure, ha luogo previa dichiarazione di pubblica utilità, questo aspetto può giustificare un futuro intervento normativo che riduca il risarcimento. La Corte ha ammesso che l'occupazione appropriativa possa essere un istituto utilizzabile per far fronte a situazioni eccezionali, quali la necessità di garantire alla pubblica amministrazione di mantenere l'opera pubblica e la volontà di contenere la spesa pubblica.
Con questa sentenza, la Corte ha dato chiare direttive al legislatore sui contenuti necessari per evitare profili di incostituzionalità nei futuri interventi normativi in materia di risarcimento da occupazione appropriativa167.
Dopo l'intervento demolitorio della Corte costituzionale, il legislatore ha accolto le direttive della Consulta, inserendo, con l'art. 3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (legge finanziaria 1996), il comma 7 bis nell'art. 5 bis della legge 359/1992.
Il comma 7 bis dispone che «In caso di occupazioni illegittime di suoli per
cause di pubblica utilità, intervenute anteriormente al 30 settembre 1996, si applicano per la liquidazione del danno i criteri di determinazione dell'indennità di cui al comma 1 (rif. Indennità di esproprio), con esclusione della riduzione del quaranta per cento. In tal caso, l'importo del risarcimento è altresì 165A. GAMBARO, In nome della legge: art. 1, comma 65, l. 549/95, in Foro it., 1996,
V, p. 57; M. VIGNALE, Note relative alla nuova normativa sulla liquidazione del danno
da illegittima occupazione del suolo, in Foro it., 1996, I, p. 1013. 166 Corte cost., 6 maggio 1985, n. 132.
aumentato del dieci per cento. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche ai procedimenti in corso non definiti con sentenza passata in giudicato».
Anche questa norma è stata sottoposta al vaglio della Corte costituzionale168, ma questa volta la Corte ha reputato i sospetti di
incostituzionalità infondati. Dopo aver ribadito i criteri già enunciati in materia di risarcimento del danno da occupazione appropriativa, la Corte ha ritenuto
«ragionevole la riduzione imposta dalla norma denunciata, essendosi realizzato un equilibrato componimento dei contrapposti interessi in gioco, con l’eliminazione della ingiustificata coincidenza della entità dell'indennizzo per l’illecito della pubblica amministrazione con quello relativo al caso di legittima procedura ablatoria».
Non si può non rilevare come una delle ragioni che hanno indotto la Corte a ritenere compatibile con la Costituzione il comma 7 bis dell'art. 5 bis, l. 359/1992, sia il carattere eccezionale e temporaneo della normativa. Infatti, la norma è stata introdotta in vista dell'adozione di una disciplina organica sull'espropriazione, destinata a disciplinare anche il tema del risarcimento del danno da occupazione appropriativa; la disciplina organica sull'espropriazione è stata successivamente introdotta con il D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, nel cui art. 55 è stato trasfuso l'art. 5 bis, comma 7 bis, in commento.
Con la formulazione l'art. 5 bis, comma 7 bis, l. 359/1992, il privato, in caso di occupazione appropriativa, ha diritto ad un indennizzo e non più ad un risarcimento, mentre, qualora l'occupazione abbia luogo senza una dichiarazione di pubblica utilità, realizzando un illecito di carattere permanente, allora esso matura il diritto al risarcimento integrale del danno, pari al valore venale del bene169.
Questa distinzione tra occupazione appropriativa e occupazione usurpativa operata dalla giurisprudenza è stata presto interpretata come la chiara volontà di riconoscere al privato una tutela più significativa rispetto a quella prevista dalla norma, nella consapevolezza che l'indennizzo risultante dall'applicazione dei criteri fissati dal legislatore risulti ancora sostanzialmente modesto170.
Per concludere, si deve rilevare come la norma ha posto diversi problemi applicativi, a causa dei quali, come si vedrà nel capitolo successivo, ha subito
168 Corte cost., 30 aprile 1999, n. 148.
169 Corte cost., 30 aprile 1999, n. 148; Cons. St., sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3169, in Urb. app., 2001, II, p. 757.
170 P. GALLO, Occupazione acquisitiva danno e responsabilità, commento alla
sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3169, in Urb. app., 2001, II, p. 766.
ulteriori modifiche.
4. Una prima conclusione: l'occupazione acquisitiva rientra nella