• Non ci sono risultati.

La disomogenea applicazione della Direttiva Qualifiche da

PARTE III: IL CONTENUTO OGGETTIVO DELLA

CAPITOLO 3. LA PROTEZIONE SUSSIDIARIA NEL

3. La disomogenea applicazione della Direttiva Qualifiche da

Uno studio condotto dall'Alto Commissariato per i Rifugiati, a qualche anno dall'entrata in vigore della prima DQ, dimostrava come situazioni analoghe fossero valutate in modi totalmente differenti da parte dei cinque Stati europei analizzati.151 Uno degli esempi forniti

dalla stessa ricerca riguardava i richiedenti asilo iracheni. A seconda del Paese in cui facevano domanda di asilo, infatti, questi ricevevano risposte tra loro eterogenee, pur essendo simili i motivi da questi allegati a sostegno della richiesta. Nel primo trimestre del 2007, per esempio, la percentuale di richiedenti asilo iracheni a cui è stato riconosciuto in prima istanza lo status di rifugiato in Germania è del 16,3 %, mentre quella di coloro ai quali è stata concessa la protezione sussidiaria del 1,1 %. In Svezia, nello stesso periodo e con riferimento allo stesso gruppo di individui (richiedenti asilo iracheni) le percentuali diventavano rispettivamente del 1,7 % e del 73, 2%. Le stesse percentuali crollavano addirittura allo 0 % analizzando i dati di Grecia e Repubblica Slovacca. Questi ed altri dati riportati nel report, permettevano all'UNHCR di affermare che – sebbene ancora troppo

presto per giudicare l'impatto complessivo della Direttiva sui tassi di

riconoscimento – il fatto che “practice with regard to one group varies so greatly across the five Member States studied” avrebbe dovuto

essere materia di “deep concern” da parte dell'Unione.152 La relativa

prudenza dell'UNHCR poteva ancora considerarsi giustificata nel 2007, dal momento che diversi Stati dovevano ancora dare attuazione – nelle loro legislazioni nazionali – alle disposizioni della Direttiva Qualifiche. La completa implementazione della Direttiva Qualifiche, infatti, è avvenuta soltanto nel 2009.153

Un altro studio pubblicato dallo stesso UNHCR nel 2011 – e avente come oggetto specifico di studio l'applicazione dell'Art. 15 (c) della Direttiva Qualifiche – era invece motivatamente più drastico nell'arrivare alle seguenti conclusioni: «Despite its limited scope, the research has clearly demonstrated that the asylum authorities of the six Member States studied do not take a consistent approach to the implementation of Article 15 (c), nor indeed to the other applicable international and EU norms, when faced with the asylum applications from persons who have fled situations of indiscriminate violence. […] In other words, the Qualification Directive has not achieved its

objective of ensuring that Member States apply common criteria for the identification of persons in need of international protection. This is

clearly evidenced by the variations in grants of international protection at first instance to Afghan, Iraqi and Somali asylum seekers».154

A distanza di otto anni dalla pubblicazione del primo studio e di

152UNHCR, Asylum in the European Union. A Study of the Implementation of the

Qualification Directive, Novembre 2007, p. 13, disponibile in:

http://www.refworld.org/docid/473050632.html

153European Migration Network (EMN), The different national practices

concerning granting of non-EU harmonised protection statuses, Dicembre 2010,

p. 14, disponibile in: http://www.refworld.org/docid/51b05e734.html: «All Member States transposed Council Directive 2004/83/EC in their national legislation.16 Transposition took place between 2004 (e.g. France) and 2009 (e.g. Finland, Spain), with Spain considering that despite the delay in transposing this Directive, provisions were already applied in practice by governmental authorities and by national judges and courts».

quattro anni dal secondo, i tassi di riconoscimento continuano ad essere notevolmente differenti da Paese a Paese, come dimostra un altro Report pubblicato, nel 2015, dall'Asylum Information Database (AIDA), per conto dello European Council of Refugees and Exiles (ECRE). I dati estrapolati dal Report sono quelli forniti da Eurostat, ente di ricerca al quale gli Stati UE devono fornire – fra le altre – anche una serie di informazioni in materia di immigrazione, secondo quanto previsto dal regolamento 862/2007.155

Il Report ECRE prende in considerazione i tassi di riconoscimento totali, comprensivi cioè di qualsiasi forma di protezione internazionale garantita (status di rifugiato, protezione sussidiaria, protezione umanitaria) da parte di uno Stato, ad una certa categoria di soggetti. I dati si riferiscono alle domande di protezione vagliate nel 2014 e provenienti da richiedenti asilo di quattro diverse nazionalità: Siriani, Iracheni, Afgani ed Eritrei. Dalle grafiche del Report, possiamo notare che il tasso di riconoscimento per i cittadini Siriani si attesta nettamente al di sopra del 60% in tutti i Paese dell'UE, ad eccezione di Slovacchia ed Estonia (in cui la percentuale di riconoscimenti è rispettivamente del 43 e 50 per cento). Nella maggior parte dei Paesi dell'UE, inoltre, il tasso di riconoscimento delle richieste provenienti da richiedenti asilo di nazionalità siriana si attesta addirittura al di sopra dell'80% (con picchi del 100%). La situazione, invece, risulta nettamente più eterogenea prendendo in esami i tassi inerenti i richiedenti asilo delle altre nazionalità sopra menzionate. Per quanto

155Regolamento CE 862/2007 del Parlamento UE e del Consiglio, del 11.7.2007, relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazione e di protezione internazionale e che abroga il regolamento (CEE) n. 311/76 del Consiglio relativo all'elaborazione di statistiche riguardanti i lavoratori stranieri. Per una corretta comprensione di tali dati dobbiamo ricordare peraltro che, nel Dicembre del 2013, sono state emendate le “Technical Guidelines” per la raccolta dei dati da fornire ad Eurostat. In particolare, per quanto rileva ai nostri fini, è stato previsto che i c.d. “Dublin Cases” non vengano considerati tra le decisioni “negative” (ovvero di respingimento della richiesta di protezione).

riguarda gli Iracheni, ad esempio, il tasso di riconoscimento totale è del 91% in Italia, del 87% in Germania, del 50% in Svezia, del 42% nei Paesi Bassi e soltanto del 14% in Grecia. Situazione analoga si riscontra con riferimento ai richiedenti asilo afgani: questi sono riconosciuti meritevoli di protezione nel 95% dei casi analizzati dalle autorità italiane, nel 37% di quelli analizzati in Regno Unito e appena nel 28% dei casi analizzati in Grecia. Tali dati risultano ancora più allarmanti se si tiene conto di quanto sottolineato nello stesso Report, ovvero che “the common standards laid down by recast Qualification Directive already informed – at least in theory – refugee status determination in EU 28 in 2014”, dal momento che il termine per trasporre la Direttiva è scaduto il 21 Dicembre 2013.156

Le tesi dell'inadeguatezza del livello di armonizzazione raggiunto nella valutazione delle domande di asilo (sostenuta in primo luogo dall'UNHCR) può essere avvalorata anche dalla lettura di una serie di dati, che abbiamo estrapolato questa volta direttamente dal sito web di Eurostat. Le statistiche in nostro possesso riguardano il numero complessivo di domande di asilo vagliate da ciascun Paese UE e le risposte fornite dalle autorità competenti, nel secondo semestre del 2015. Anche in questo caso, le percentuali variano in maniera notevole da Paese a Paese. Tanto per fare alcuni esempi, se in Svezia il tasso di riconoscimento complessivo raggiunge addirittura il 75%, in Germania lo stesso tasso si attesta al 43%, e in Stati quali la Polonia, l'Ungheria o la Croazia risulta addirittura ben al di sotto del 20%. Più interessante ancora, ai fini della nostra ricerca, è però l'analisi dei tassi di riconoscimento relativi a ciascuna forma di protezione, rispetto al totale di domande di protezione accolte (in prima istanza) dalle autorità competenti. Le risposte di accoglimento delle richieste di protezione,

in questo caso, sono suddivise in: riconoscimenti dello status di rifugiato, assegnazioni di protezione sussidiaria e assegnazioni di protezione umanitaria. Nel periodo analizzato, le autorità tedesche hanno riconosciuto lo status di rifugiato nel 96% dei casi “positivi” (ovvero, di accoglimento), concedendo invece la protezione sussidiaria soltanto nel 1,6% e la protezione umanitaria nel restante 1,4%. In Svezia, invece, sebbene come visto le decisioni di accoglimento delle richieste di protezione siano state (in proporzione) decisamente più elevate, lo status di rifugiato è stato concesso in maniera meno generosa di quanto sia avvenuto in Germania: ovvero nel 42% dei casi “positivi”; la protezione sussidiaria è risultato invece essere la forma di protezione più utilizzata, essendo stata concessa al 54% dei richiedenti asilo ritenuti meritevoli di protezione.

Le differenze riscontrate nei tassi di riconoscimento (complessivi e relativi a ciascuna forma di protezione) sono riconducibili ad una pluralità di fattori, alcuni dei quali indipendenti dalla capacità dell'UE di imporre standard valutativi uniformi nell'esame delle richieste d'asilo.157 Il fatto, però, che tali differenze siano così accentuate anche a

fronte di situazioni analoghe (come nel caso dei richiedenti provenienti dallo stesso Paese) ci permette di sostenere che, nonostante l'entrata in vigore della seconda DQ, sia ancora fortemente presente – nei decision

makers dei Paesi Membri – la tendenza ad utilizzare criteri tra loro non

del tutto omogenei, sia nella selezione dei soggetti meritevoli di protezione che nella scelta della specifica forma di protezione da

157Giova qui riportare anche quanto affermato in AIDA, ibidem, p. 13: “The collection of of asylum statistics in the EU is regulated by the Migration Statistics Regulation, under which Member States are required to submit data to Eurostat. However, Eurostat is not provided with information on all aspects of asylum with equal periodicity. […] At the same time, divergences in statistical practice and definitions often lead to inaccuracies in the provision of data. A notable example is the counting of Dublin decisions as rejection decisions, which has an important impact on the calculation of recognition rates”.

riconoscere.

4. Il ruolo della Corte di Giustizia e dell'Ufficio Europeo di