• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 2. L'ISTITUTO EUROPEO DELLA

2. Il processo di fondazione di un sistema di asilo europeo

La politica europea in materia di asilo si sviluppò inizialmente al di fuori della cornice istituzionale della Comunità Europea, attraverso forme di cooperazione intergovernativa “rafforzata”, portate avanti anche tramite la creazione di appositi organismi, come il c.d. “Gruppo

ad hoc Immigrazione”, istituito a Londra nel 1986.73 Tra i risultati

maggiormente rilevanti di tali iniziative, vi è senz'altro l'adozione – in data 15 giugno 1990 – della Convenzione sulla determinazione dello

Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in

regionally-specificic political manifestation of the broader legal concept'”. 73 Secondo quanto riportato da BENEDETTI, Il diritto di asilo e la protezione dei

rifugiati nell'ordinamento comunitario dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, Cedam, 2010: il Gruppo Immigrazione si caratterizzava, rispetto alle

precedenti forme di cooperazione intergovernativa, per la partecipazione della Commissione europea ai lavori e per la possibilità di disporre di un segretariato permanente presso il Consiglio dei Ministri dell'Unione.

uno degli Stati membri delle Comunità Europee (comunemente detta

“Convenzione di Dublino”, dal luogo in cui fu siglata)74.

Dobbiamo ricordare che né la Convenzione di Ginevra del 1951 né le successive Convenzioni per la tutela dei diritti umani (menzionate nel primo capitolo) disciplinano direttamente il diritto di asilo: tali trattati, infatti, si limitano a sancire un divieto di respingimento, vigente alle condizioni sopra analizzate. La concessione o meno dell'asilo territoriale – inteso genericamente come diritto di rimanere stabilmente all'interno di un Paese diverso dal proprio, per motivi di natura politica – era ancora, almeno nell'interpretazione comunemente accettata, una prerogativa esclusiva degli Stati nazionali.75 A tal proposito, la

Convenzione di Dublino non si spinge al punto di mettere in discussione tale prerogativa, ma compie due importanti operazioni: la prima è quella di fissare (agli Articoli da 4 a 8) una serie di criteri sulla base dei quali ripartire la competenza degli Stati membri nel vagliare le domande d'asilo sopravvenute; la seconda è quella di sancire l'obbligo – in capo allo Stato di volta in volta competente – di prendere quantomeno in esame la domanda di asilo “in conformità della sua legislazione nazionale e dei suoi obblighi internazionali” (Art. 3, c. 3). Un altro fondamentale passaggio verso la costruzione di un sistema di asilo comune è segnato dal Trattato di Amsterdam, siglato il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il 1° maggio 1999. L'Art. 2 di quest'ultimo, infatti, ha modificato il Trattato che istituisce la Comunità Europea (TCE), introducendo un apposito Titolo III bis, rubricato “Visti, asilo,

74 Tra gli Stati primi firmatari della Convenzione risultano: Belgio, Danimarca, Germania, Grecia, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Regno Unito.

75 Per un'originale ricostruzione del tema del diritto d'asilo, che tiene conto anche dei più recenti interventi normativi europei, vedi GIL-BAZO, Asylum as a

General Principle of International Law, in Int J Refugee Law(2015) 27 (1), pagg. 3-28.

immigrazione ed altre politiche connesse alla libera circolazione delle persone”. L'Art. 73 TCE76 allora introdotto affermava, in particolare,

l'impegno del Consiglio ad adottare, entro un periodo di cinque anni dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, una serie di misure in materia di asilo “a norma della convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e del protocollo del 31 gennaio 1967 […] e degli altri trattati pertinenti”. Ex Art. 73(k), tali misure avrebbero dovuto riguardare, in particolare: a) criteri e meccanismi per la determinazione dello Stato

membro competente per l'esame della domanda di asilo presentata da

un cittadino di un paese terzo in uno degli Stati membri; b) norme

minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo; c) norme minime inerenti l'attribuzione della qualifica di rifugiato a cittadini di paesi

terzi; d) norme minime sulle procedure applicabili negli Stati membri per la concessione o la revoca dello status di rifugiato. Col Trattato di Amsterdam, inoltre, la Commissione Europea, acquisì il diritto di iniziativa nell'area delle politiche d'asilo, che avrebbe dovuto condividere con gli Stati UE per un periodo transitorio di cinque anni, al termine del quale sarebbe rimasta competente in via esclusiva sulla materia.77

Il Consiglio europeo tenutosi a Tampere (Finlandia) tra il 15 e il 16 ottobre 1999 segnò, poi, un ulteriore fondamentale tappa nel processo di “comunitarizzazione” della materia. In esso, infatti, i capi di Stato e di governo europei presero atto per la prima volta della necessità di istituire un “regime europeo comune in materia di asilo” (in Inglese:

Common European Asylum System, o CEAS) basato sulla piena

applicazione della Convenzione di Ginevra e, in particolare, del principio di non-refoulement. “A breve termine”, si legge nelle

76 Divenuto Art. 63 nella versione consolidata del TCE (ovvero il TFUE), a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

conclusioni della Presidenza del Consiglio, «questo regime dovrebbe permettere di determinare con chiarezza e praticità lo Stato competente per l'esame delle domande di asilo, prevedere norme comuni [e non semplicemente “minime”, come affermato dal Trattato di Amsterdam] per una procedura di asilo equa ed efficace, condizioni comuni minime per l'accoglienza dei richiedenti asilo e il ravvicinamento delle normative relative al riconoscimento e agli elementi sostanziali dello status di rifugiato». Quanto fin qui affermato dovrebbe essere – stando sempre al documento finale del Consiglio europeo – non un punto di arrivo, bensì un primo passo verso la creazione di “una procedura

comune in materia di asilo e uno status uniforme per coloro che hanno

ottenuto l'asilo, valido in tutta l'Unione”.78

L'impulso dato in particolare dal Trattato di Amsterdam e dal Consiglio Europeo di Tampere portarono finalmente, a partire dai primi anni Duemila, alla stesura e approvazione di una serie di atti legislativi da parte delle istituzioni europee. Dal 2001 al 2004, infatti, furono approvati nell'ordine:

– la Direttiva 2001/55/CE, sulla “Protezione Temporanea” in caso di afflusso massiccio di sfollati;79

– la Direttiva 2003/9/CE in materia di accoglienza dei richiedenti asilo;80

– il Regolamento 343/2003/CE (c.d. “Regolamento Dublino II”) che, partendo dalla Convenzione di Dublino, stabilisce criteri e

78 Consiglio europeo di Tampere, 15 e 16 ottobre 1999, Conclusioni della

Presidenza, Sez A “Politica comune dell'UE in materia di asilo e immigrazione”,

paragrafi 14-15.

79 Direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20.7.2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi

80 Direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27.1.2003, recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri

meccanismi per determinare lo Stato membro responsabile per esaminare una richiesta d'asilo posta di fronte alle autorità di uno Stato europeo, da un cittadino di Stato terzo.81 L'obiettivo

principale di tale disciplina era quello di contrastare il fenomeno comunemente noto come “asylum shopping”.

– la Direttiva 2004/83/CE (c.d. “Direttiva Qualifiche”), che detta “norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta”.82 Di questa ci

occuperemo diffusamente nel corso della tesi, dal momento che, come anticipato, è la fonte normativa che ha regolato per la prima volta a livello europeo l'istituto della protezione

sussidiaria.

Dopo l'adozione di questi quattro fondamentali strumenti normativi, il processo di integrazione in materia di protezione internazionale subì un fisiologico rallentamento. Dal 2005 al 2008, infatti, le istituzioni europee affrontarono più volte le tematiche dell'immigrazione e dell'asilo al fine di elaborare programmi e strumenti di vario tipo: ciascuno di questi documenti, tuttavia, può senz'altro essere ricondotto nell'ampia categoria della c.d. “soft-law”. Senza pretesa di esaustività, possiamo menzionare: l'adozione del “Programma dell'Aja” (nel 2004), in sostituzione di quello di Tampere; la stesura di un “Libro Verde” da parte della Commissione Europea (nel 2007); un “Policy plan on

81 Regolamento 343/2003/CE del Consiglio, del 18.2.2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo

82 Direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29.3.2004, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta

Asylum” (del 2007) redatto dalla stessa Commissione Europea e lo “European Pact on Immigration and Asylum”, adottato dal Consiglio dell'Unione Europea (nel 2008). Unico strumento di hard law adottato nel suddetto lasso di tempo fu la Direttiva 2005/85/CE, che si occupa di dettare “norme minime” per le procedure applicate negli Stati membri ai fini di riconoscimento e revoca dello status di rifugiato.83

Uno snodo cruciale verso la definitiva creazione di un sistema di asilo comune è rappresentato, poi, dall'entrata in vigore (in data 1° Dicembre 2009) del Trattato di Lisbona, il quale ha notevolmente ampliato le competenze dell'Unione in materia di protezione internazionale. L'Art. 78 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea va, infatti, decisamente oltre i limiti contemplati dal Trattato di Amsterdam, abilitando per la prima volta le istituzioni europee ad adottare le misure relative ad un “sistema europeo comune di asilo”.84

La competenza ad adottare tali misure – secondo quanto dispone lo stesso Articolo 78 – spetta congiuntamente al Parlamento Europeo e al Consiglio, che devono deliberare seguendo il metodo della “co- decisione”, divenuto (con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona) procedura legislativa ordinaria.85

83 Direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1.12.2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato

84 Tra queste vengono espressamente incluse: “a) uno status uniforme in materia di asilo a favore di cittadini di paesi terzi, valido in tutta l'Unione; b) uno status uniforme in materia di protezione sussidiaria per i cittadini di paesi terzi che, pur senza il beneficio dell'asilo europeo, necessitano di protezione internazionale; c) un sistema comune volto alla protezione temporanea degli sfollati in caso di afflusso massiccio; d) procedure comuni per l'ottenimento e la perdita dello status uniforme in materia di asilo o di protezione sussidiaria; e) criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo o di protezione sussidiaria; f) norme concernenti le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo o protezione sussidiaria; g) il partenariato e la cooperazione con paesi terzi per gestire i flussi di richiedenti asilo o protezione sussidiaria o temporanea” (Art. 78 TFUE).

Il Trattato di Lisbona, inoltre, ha reso giuridicamente vincolante la

Carta dei Diritti Fondamentali (c.d. “Carta di Nizza”), equiparandola

alle altre fonti primarie europee. L'Art. 18 della Carta afferma espressamente l'obbligo – in capo agli Stati membri – di garantire il “diritto di asilo”, mentre il successivo Art. 19 vieta le “espulsioni collettive” (c. 1), specificando che «Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti» (c. 2).86

Un cenno merita il Programma di Stoccolma, adottato nel 2009 con lo scopo dichiarato di stabilire “una nuova agenda per l'Unione europea (UE) in materia di giustizia, libertà e sicurezza per il periodo 2010- 2014”. I principi che l'Unione Europea si proponeva di mettere al centro della propria azione in materia di immigrazione erano quelli di “solidarietà” e “responsabilità”. In materia di asilo, tali principi avrebbero dovuto essere concretamente attuati – secondo quanto affermava il Programma – attraverso la realizzazione, entro il 2012, di un “sistema europeo comune di asilo (CEAS)”.87 Nel tentativo di

raggiungere tale obiettivo fu istituito anche, con apposito regolamento,

86 Per un approfondimento sul tema, vedi GIL-BAZO, The Charter of Fundamental

Rights of the European Union and the Right to be Granted Asylum in the Union's Law, in Refugee Survey Quarterly, 27, 2008, 33

87 Consiglio europeo, Programma di Stoccolma – Un'Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini (2010/C 115/01), paragrafo 6.2: “Il Consiglio europeo continua ad adoperarsi per l'obiettivo di stabilire uno spazio comune di protezione e solidarietà basato su una procedura comune in materia d'asilo e su uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto la protezione internazionale. Il CEAS dovrebbe essere basato su norme elevate in materia di protezione e si dovrebbe accordare la debita attenzione anche a procedure eque ed efficaci che consentano di prevenire gli abusi. È essenziale che agli interessati, indipendentemente dallo Stato membro in cui è presentata la domanda d'asilo, sia riservato un trattamento di livello equivalente quanto alle condizioni di accoglienza e di pari livello quanto alle disposizioni procedurali e alla determinazione dello status. L'obiettivo dovrebbe consistere nell'assicurare che casi analoghi siano trattati allo stesso modo, giungendo allo stesso risultato”.

l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo.88

Le ulteriori riforme realizzate, a partire dal 2010, in materia di asilo europeo sono consistite essenzialmente in una parziale revisione di quegli strumenti normativi (sopra menzionati) adottati negli anni 2001- 2005. In ordine cronologico, sono state, infatti, adottate:

– la Direttiva 2011/95/UE89, che ha sostituito la “Direttiva

Qualifiche” del 2004, apportando alcune significative modifiche rispetto al testo originale.

– la Direttiva 2013/32/UE90, che mira a introdurre “procedure comuni [mentre nella Direttiva corrispondente del 2005 si parlava di “procedure minime”] ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale”;

– il Regolamento 604/2013/UE, che ha sostituito il Regolamento c.d. “Dublino II”91;

– la Direttiva 2013/33/UE92 recante norme relative all'accoglienza

dei richiedenti protezione internazionale, che sostituisce la Direttiva n° 9 del 2003.

88 Regolamento (UE) n° 439/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19.5.2010 che istituisce l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo.

89 Direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13.12.2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta.

90 Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26.6.2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale.

91 Regolamento (UE) n° 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26.6.2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (rifusione).

92 Direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26.6.2013, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale.

3. La “Direttiva qualifiche” quale fonte normativa europea della