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PARTE II: I REQUISITI PER ACCEDERE ALLA

4. Le cause di esclusione

L'Articolo 17 contempla una serie di cause di esclusione dello status di “beneficiario di protezione sussidiaria”, che possiamo suddividere in due categorie: quelle obbligatorie e quelle facoltative (rectius, discrezionali). Le prime sono dettate dai paragrafi 1 e 2; mentre l'unica ipotesi discrezionale si trova al paragrafo 3.

Secondo il paragrafo 1 dell'Art. 17, “è escluso dalla qualifica di persona avente titolo a beneficiare della protezione sussidiaria” colui che, sussistendone “fondati motivi”, sia ritenuto colpevole di: a) crimini “contro la pace”, “di guerra” o “contro l'umanità” quali definiti dai relativi strumenti internazionali; b) “reato grave”; c) “atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite quali stabiliti nel preambolo e negli articoli 1 e 2 della carta delle Nazioni Unite”. La lett. d) dello stesso paragrafo 1, inoltre, prevede l'esclusione dallo status in questione anche per chiunque rappresenti a qualsiasi titolo “un pericolo per la comunità o la sicurezza dello Stato in cui si trova”. Il paragrafo 2, infine, estende le suddette clausole di esclusione anche a coloro che “istigano o altrimenti concorrono alla commissione dei reati o atti” menzionati nel paragrafo 1.

Per quanto riguarda le cause di esclusione previste dall'Art. 17, paragrafo 1, lett. a) e c), queste sono riprese in maniera pressoché identica dalla Convenzione di Ginevra, Art. 1 F, lett. a) e c). La lett. b) del medesimo Art. 17.1, invece, riprende la lett. b) dell'Art. 1(F) della Convenzione, ma apporta significative modifiche. Laddove, infatti, la Convenzione del 1951 parla di “crimine grave di diritto comune fuori del paese ospitante”, la Direttiva Qualifiche si limita a riferirsi alla commissione di un “crimine grave”, facendo pertanto sì che la portata di tale causa di esclusione sia persino maggiore di quella prevista dall'equivalente disposizione della Convenzione sullo status di rifugiato.112

L'ultima causa di esclusione “obbligatoria” prevista dalla Direttiva Qualifiche, ovvero quella ex lett. d), trova invece il suo fondamento nell'Art. 33, paragrafo 2° della Convenzione di Ginevra. Rispetto a quanto appena detto, tuttavia, è necessario fare alcune precisazioni. La prima è che l'articolo 33 menzionato riguarda il principio di non

refoulement e le sue possibili deroghe: quella prevista al paragrafo 2,

pertanto, è una deroga che si applica a soggetti che, pur essendo a pieno titolo qualificati come “rifugiati”, sono ritenuti non meritevoli della tutela tipica accordata ai rifugiati (ovvero appunto il divieto di respingimento). Tuttavia, essendo in presenza di soggetti il cui status è stato comunque riconosciuto – a differenza di quanto avviene per i soggetti individuati dall'Art. 17 DQ (esclusi invece dallo status di persona beneficiaria di protezione sussidiaria) – la disapplicazione della garanzia di non respingimento è stata considerata, da dottrina e giurisprudenza, un'opzione praticabile solo in casi del tutto eccezionali.

112Per una ricostruzione puntuale delle c.d. “exclusion clauses” previste dalla Convenzione di Ginevra, vedi UNHCR, Handbook, cit., pagg. 29-32, paragrafi 147 ss.

A ciò si aggiunga che lo stesso principio di non respingimento è stato più volte ritenuto “inderogabile” da importanti fonti internazionali – di derivazione sia pattizia che giurisprudenziale – sopravvenute all'adozione della Convenzione stessa.113 La Convenzione, inoltre,

àncora l'eventuale disapplicazione del principio di non refoulement alla presenza, a carico del rifugiato, di una condanna penale per reati gravi commessi nel Paese di origine o quantomeno alla sussistenza di “gravi motivi” che facciano ritenere lo stesso individuo pericoloso per la sicurezza o la comunità statale. La Direttiva, invece, si limita ad affermare l'esclusione dalla protezione sussidiaria per chiunque rappresenti “un pericolo per la comunità o la sicurezza dello Stato in cui si trova”, senza ulteriori specificazioni.

Il terzo ed ultimo paragrafo dell'Art. 17, infine, afferma: “Gli Stati membri possono escludere un cittadino di un paese terzo o un apolide dalla qualifica di persona avente titolo a beneficiare della protezione sussidiaria se questi, prima di essere ammesso nello Stato membro interessato, ha commesso uno o più reati non contemplati al paragrafo 1, che sarebbero punibili con la reclusione se fossero stati perpetrati nello Stato membro interessato e se ha lasciato il paese d'origine soltanto al fine di evitare le sanzioni risultanti da tali reati”. Tale causa di esclusione, a differenza delle altre sopra analizzate, non trova alcun appiglio diretto nella Convenzione di Ginevra, ed attiene pertanto specificamente alla protezione sussidiaria. La stessa causa di esclusione, inoltre, si differenzia dalle altre contemplate dalla DQ, in quanto lascia agli Stati piena libertà circa la propria attuazione: il paragrafo 3, infatti, afferma che gli Stati “possono escludere un cittadino di paese terzo […]”, laddove il paragrafo 1 affermava invece che “è escluso” dalla protezione chiunque rientri in una delle

fattispecie individuate dalla stessa disposizione. Pur non avendo carattere obbligatorio, tuttavia, tale disposizione contribuisce ad ampliare la potenziale portata delle cause di esclusione, legittimando gli Stati UE a negare lo status di protezione sussidiaria anche a chi abbia (rectius, si ritenga aver) commesso nel Paese di provenienza reati minori purché punibili – nel paese ospitante – con una pena detentiva.

Da quanto detto, pertanto, sembra poter affermarsi che le cause di esclusione previste per lo status di beneficiario di protezione sussidiaria abbiano portata persino maggiore di quelle previste dalla Convenzione di Ginevra. «It is therefore clear» – sostiene McAdam – «that subsidiary protection is not necessarily a fallback status for unsuccessful refugee claimants».114 Il che, probabilmente, risulta non

del tutto congruo rispetto allo scopo principale, affermato dallo stesso legislatore europeo,115 dell'istituto della protezione sussidiaria: allargare

l'area della tutela verso soggetti che non possono legittimamente invocare la protezione offerta dalla definizione di rifugiato (ex Art. 1 della Convenzione di Ginevra). Tale ampliamento delle cause di esclusione risulta a maggior ragione inopportuno se si considera che i richiedenti asilo esclusi dalla protezione sussidiaria ex Art. 17 DQ sono comunque classificabili (nella stragrande maggioranza dei casi) come soggetti “non-removable”, in quanto protetti dall'Art. 3 CEDU.116

114McADAM, Complementary Protection in International Refugee Law, Oxford, 2007, pag. 90.

115Vedi Direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13.12.2011, Considerando n° 6 e 13.

116In proposito, si veda McADAM, The European Union Qualification Directive:

The Creation of a Subsidiary Protection Regime, in Int J Refugee Law(2005) 17 (3), pag. 494, secondo il quale: “Unlike the human rights provisions on which subsidiary protection grounds are based, non refoulement for a subsidiary protection reason is non absolute in character. Accordingly, evene though article 3 ECHR is a non-derogable provision, its equivalent in article 15(b) is subject to the exclusion clauses in article 17. Although this means that persons excluded under the Directive are not eligible for subsidiary protection, they cannot be removed if regional or international law prohibits refoulement in the circumstances. The

PARTE III: IL CONTENUTO OGGETTIVO DELLA