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I limiti all’operatività della lex contractus come correttivo all’apparente attenuazione

3.1. La “doppia imperatività” delle norme di applicazione necessaria

Recita l’art. 9, par. 1, del regolamento, che le norme di applicazione necessaria sono “disposizioni il cui rispetto è ritenuto cruciale da un paese per la salvaguardia dei suoi interessi pubblici, quali la sua organizzazione politica, sociale od economica, al punto da esigerne l’applicazione a tutte le situazioni che rientrino nel loro campo d’applicazione, qualunque sia la legge applicabile al contratto”.

Le NAN non costituiscono una categoria unitaria ed omogenea: la terminologia utilizzata in dottrina e in giurisprudenza, ma anche nelle leggi e nelle convenzioni di diritto internazionale privato, relativamente a questa particolare categoria di norme è decisamente varia. Espressioni come “norme di applicazione necessaria”, “norme di applicazione immediata”, “norme super-imperative”, “norme auto-limitate”, “norme spazialmente condizionate”, “norme a collegamento speciale”, “norme di diritto internazionale privato materiale”, “norme imperative”, non sono, in realtà, sovrapponibili, né del tutto intercambiabili125, in quanto colgono profili diversi di un fenomeno

polimorfo e complesso. Da questa forte eterogeneità di denominazioni è possibile ricavare alcune fondamentali sotto-categorie.

A) Norme di applicazione necessaria interne o del foro competente Si applicano in ragione del loro oggetto e dello scopo specifico cui mirano, sia alle situazioni e ai rapporti giuridici totalmente interni, sia a quelli che presentano qualche elemento di estraneità rispetto al foro; esse funzionano nonostante il richiamo alla legge straniera, come limite preventivo all’operare delle norme di conflitto del foro.

124 Giubboni, Franzina

a) Norme autolimitate o spazialmente condizionate

Rappresentano, a loro volta, una sotto-categoria della sotto- categoria delle NAN del foro, dalle quali si distinguono in quanto provvedono esse stesse, direttamente, a definire il proprio ambito di applicazione. Di solito, sono le stesse regole materiali che valgono per fattispecie totalmente interne ad esigere di venire applicate anche a situazioni e rapporti transnazionali. Queste caratteristiche, consentono di affermare che il fenomeno delle NAN si colloca in una zona concettuale contigua sia alle norme di conflitto “sbilanciate” a favore della lex fori, sia a quelle dell’ordine pubblico, pur differendo da quest’ultimo per vari e significativi aspetti (v. § 1.3.3.1).

Queste due (sotto)categorie di norme esprimono l’esigenza che tutte le situazioni collegate con l’ordinamento giuridico interno del giudice adito siano assoggettate ad una disciplina uniforme che sono le stesse norme in questione a fornire: esse sono, dunque, funzionali a preservare l’armonia e la coerenza interna del sistema giuridico interno, ignorando, però, programmaticamente l’obiettivo dell’armonia e dell’uniformità internazionale delle soluzioni (che è, invece, frustrato, solo in via eccezionale dal limite dell’ordine pubblico).

Sia nel caso delle NAN del foro, che in quello peculiare delle norme autolimitate, spetta al giudice riconoscerle. Si tratta di un compito avente contenuto diverso da quello che gli è affidato ai fini dell’applicazione dell’eccezione di ordine pubblico, sebbene il giudice possieda, inevitabilmente, un analogo margine di discrezionalità anche nell’interpretazione delle NAN. Di fronte a norme di questo tipo egli deve focalizzare l’attenzione sull’ordinamento del foro e, in sostanza, su una specifica, singola, norma di tale ordinamento, senza operare raffronti con valori giuridici esterni; anzi, con riferimento alle norme autolimitate, il giudice deve solo interpretare quello che la norma dice a proposito del proprio ambito spaziale di applicazione.

B) Norme di applicazione necessaria straniere, o dell’ordinamento

richiamato dal diritto internazionale privato

Tali norme possono esistere sia nell’ordinamento straniero su cui cade il richiamo operato dalla norma di conflitto, sia in un altro ordinamento, ugualmente straniero, col quale la fattispecie presenti una qualche connessione. Oltre alle NAN nazionali (laddove per ‘nazionali’ si intendono le NAN degli Stati, che siano interne o straniere rispetto al foro), v’è poi un’altra sotto- categoria.

C) Norme di applicazione necessaria di origine comunitaria e

internazionale

Sono le norme che discendono da Trattati comunitari, atti delle istituzioni comunitarie, nonché da Convenzioni o soggetti internazionali.

3.2. Norme di applicazione necessaria e principio di

sovranità

Per definizione, le NAN operano, secondo una metodologia di impianto unilateralista o “neo-statuista”: esse bloccano ex ante l’operatività del sistema di conflitto, scavalcando la situazione di conflitto stessa. Si tratta di quelle norme che disciplinano imperativamente il caso concreto, indipendentemente dalla legge che regola il contratto, esigendo di essere applicate dal giudice prima ancora che questi possa determinare quale diritto straniero sarebbe applicabile in virtù della norma di conflitto126.

Quella delle NAN è una tecnica particolarmente invasiva del potere di autonomia, pretendendo tali norme (comunemente ritenute derogatorie del tradizionale meccanismo internazionalprivatistico) di applicarsi anche se l’ordinamento giuridico al quale appartengono non è richiamato dalla norma di conflitto. Le norme di cui all’art. 3, par. 1, della direttiva sono costruite esattamente su questa logica: esse non hanno, infatti, nulla a che vedere con il

sistema di conflitto, ma sono applicabili perché è la direttiva che lo prevede (il sistema di conflitto non fa alcuna precisazione sulla necessaria applicabilità delle norme del paese di distacco, anzi irrobustendo rispetto alla convenzione, il ruolo della legge del luogo di esecuzione abituale della prestazione.

A differenza del principio di protezione del contraente debole, l’articolazione del principio di sovranità ma, soprattutto, la sua evoluzione a seguito del passaggio al regolamento, conferma la tendenza del diritto internazionale privato continentale a distanziarsi dall’empirismo americano.

Le norme di applicazione necessaria (o norme di polizia) costituiscono espressione del principio di sovranità.

Infatti, in primo luogo, l’applicabilità di una legge di polizia non dipende dalla sua designazione da parte di una regola di conflitto bilaterale, ma unicamente dalla sua volontà di applicazione alla situazione litigiosa. La scelta per il metodo unilateralista127 emerge chiaramente dall’art. 9, par. 1, del

regolamento che, definisce norma di applicazione necessaria quella “disposizione imperativa il cui rispetto è ritenuto cruciale da un paese per la salvaguardia dei propri interessi pubblici, quali la sua organizzazione politica, sociale od economica, al punto da esigerne l’applicazione a tutte le situazioni che rientrino nel loro campo d’applicazione, qualunque sia la legge applicabile al contratto secondo il presente regolamento”.

In secondo luogo, la volontà di prendere una distanza dalle teorie americane si manifesta anche nel passaggio al regolamento. Infatti, se la convenzione prevedeva senza restrizioni la possibilità di applicare le leggi di polizia del foro e, filtrata dall’apprezzamento del giudice, la possibilità di applicare anche leggi di polizia straniere, il regolamento restringe i confini di questa possibilità, limitando il riferimento alle leggi di polizia straniere alle leggi del luogo di esecuzione del contratto e solo nella misura in cui tali leggi rendano illecito l’adempimento del contratto. Ad ogni modo, l’allontanamento dalle teorie americane sembra poter trovare una mitigazione nel ruolo che la Corte di giustizia svolge verificando se le leggi di polizia dello Stato del foro

costituiscano ostacoli ingiustificati alle libertà garantite dal Trattato: questa attività della Corte richiamerebbe il test americano dei minimum contacts, con la differenza, però, che, mentre il controllo costituzionale americano non appare così incisivo e penetrante, quello della Corte di giustizia potrebbe rivelarsi più stringente.

Il regolamento Roma I, a differenza delle convenzione, va letto in combinato disposto con il regolamento Bruxelles I ed il regolamento Roma II (sulle obbligazioni extracontrattuali), con i quali crea un vero e proprio sistema organizzato di diritto internazionale privato comunitario, che trova la sua base nell’art. 65 del Trattato. L’appartenenza ad un insieme si ripercuoterà innanzitutto sull’interpretazione del regolamento: sarà, infatti, necessario che i concetti in esso contenuti vengano utilizzati sulla base di una lettura coerente con la definizione dei medesimi concetti data dagli altri due Regolamenti. Alcuni autori si chiedono se l’appartenenza ad un insieme comunitario di diritto internazionale privato non possa determinare un assemblamento, una messa in comune trasversale128, delle regole generali contenute nei vari

Regolamenti129.

3.3. Distinzione tra norme imperative semplici e