fondamento dell’optio legis e del pieno esercizio delle libertà comunitarie
5.3 Un bilancio provvisorio sulla portata dell’art
L’art. 8 appare una norma di conflitto strutturalmente sbilanciata94, che
accoglie un misto di approcci diversi, fonte di perplessità sulla sua portata effettiva95. Da un lato, infatti, lo spazio riconosciuto al principio di autonomia
della volontà ai fini della determinazione della lex contractus, e dalle conseguenti incertezze circa le situazioni soggettive delle parti (soprattutto, del
92 In una sentenza relativamente recente (23 febbraio 2006, n. 4040, in RDIPP, 2007, p. 157),
relativa al caso di un contratto di impiego concluso a New York tra una giornalista italiana ed una società statunitense, la Corte di Cassazione ha stabilito che deve applicarsi il diritto statunitense, in quanto diritto del paese nel quale si trova la sede che ha proceduto all’assunzione, anche per ciò che attiene alle prestazioni successive svolte in Italia a favore di una società italiana in forza di un rapporto di interposizione.
93 Cfr. P. COURSIER, Le conflit de lois en matière de travail, cit., p. 110 ss.; ID., Le droit du
travail international et le transport aérien, in Droit Social, 1986, p. 709 ss; v. anche U.
VILLANI, La convenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, Bari,
2000, p. 170 ss.
94 F. SEATZU, op.ult.cit., p. 356.
95 L’espressione è di A.V. DICEY & J.H.C. MORRIS, Conflict of Laws, 14° ed., London, 2006, p.
lavoratore), ed il favor implicitamente, ma fattualmente, accordato alla parte negoziale più forte, sono notevolmente ampi. Dall’altro lato, v’è la nozione di prossimità, intorno alla quale sono costruiti i criteri di collegamento per l’individuazione della legge applicabile al contratto di lavoro in mancanza di scelta, i quali non sono in grado di fornire una soluzione univoca, ma, anzi, troppo variabile. A completare questo quadro, la ratio della norma, che pone come prioritaria l’esigenza di fornire in ogni caso una protezione il più possibile adeguata al lavoratore subordinato, in quanto parte debole del rapporto. Un’ipotetica competenza della legge del paese di registrazione dell’aeromobile o della bandiera, a seconda, ad esempio, che si tratti, rispettivamente, di individuare la legge regolatrice di un contratto individuale di lavoro marittimo o aereo, potrebbe produrre il non trascurabile vantaggio di ancorare la disciplina sostanziale di queste particolari fattispecie negoziali all’ordinamento giuridico del paese in cui l’attività lavorativa è effettivamente ed abitualmente prestata.
Il criterio del paese che ha proceduto all’assunzione del lavoratore è, tuttavia, solo apparentemente di pacifica applicazione, potendo esso risultare di difficile qualificazione e quindi anche impiego, in una serie non infrequente di situazioni pratiche. Si pensi, in particolare, al caso in cui un lavoratore subordinato di nazionalità italiana venga assunto dalla filiale russa di una società svedese a seguito di negoziazioni intercorse tra il lavoratore e le competenti rappresentanze sindacali italiane svoltesi nella sede sociale della filiale italiana del gruppo. In un’ipotesi come quella appena descritta viene da chiedersi se la sede che ha proceduto ad assumere il lavoratore debba considerarsi in Italia oppure in Russia. La sede può essere individuata in Italia solo se si rinuncia all’idea che la sede di cui si parla nell’art. 8, par. 3, deve in ogni caso identificarsi con la sede del datore di lavoro. A sostegno di questa interpretazione, autorevole dottrina96 ha affermato (pur con riferimento all’art.
6 della convenzione di Roma) che il possesso di una rappresentanza italiana all’interno della filiale di una compagnia danese che è parte di uno stesso
gruppo sarebbe sufficiente ad identificare nell’Italia una sede del business della società danese con questi fini.
Tuttavia, ad avviso di altri autori97, è legittimo dubitare dell’esattezza di
tale ricostruzione, poiché si tratta di una lettura della norma che induce a localizzare il contratto di lavoro in maniera obiettivamente differente rispetto a quanto imposto dal criterio della lex loci executionis, nonostante il criterio della sede che ha proceduto ad assumere il lavoratore verosimilmente costituisca invece (diversamente dal criterio di collegamento più stretto) un suo correttivo anziché una sua deroga.
Quanto al paragrafo 4 dell’art. 8, nonostante la disposizione non precisi nulla sulle modalità di individuazione del paese con cui la fattispecie potrebbe presentare il suddetto collegamento, è stato osservato98 che a questi fini
potrebbe avere rilievo la residenza abituale o il domicilio del lavoratore, la lingua o la forma del contratto e, eventualmente, la sede amministrativa del datore di lavoro.
L’unico vantaggio che il lavoratore potrebbe trarre dall’applicazione del criterio del collegamento più stretto potrebbe derivare da un’ipotetica mitigazione degli effetti, non sempre necessariamente positivi, prodotti da un’ortodossa applicazione del criterio della lex loci executionis, soprattutto con riguardo al fatto che nulla vieta al datore di lavoro di intervenire sulla legge applicabile al contratto, variando il luogo della prestazione principale in funzione della legge che vuole vedere applicata99.
Ad ogni modo, l’attuazione di una strategia di questo genere sarebbe decisamente laboriosa per il datore di lavoro, restando, perciò, solo un’ipotesi: non è per nulla detto, infatti, che la variazione del luogo della prestazione principale sia concretamente così agevole e priva di conseguenze anche per il datore stesso, soprattutto se si tiene conto del fatto che, a priori, tale variazione
97 F. SEATZU, La legge applicabile, cit., p. 358.
98 R. BARATTA, Il collegamento più stretto nel diritto internazionale privato dei contratti,
Milano, 1990.
99 V. M.E. ZABALO ESCUDERO, Mecanismos de flexibilización y materialización en la regulación
del contrato internacional de trabajo, in Pacis Artes, Obra homenaje al Professore Julio D. Gonzàlez Campos, Madrid, 2005, p. 1815 ss; v. anche S. KREBBER, Conflict of laws
non può intervenire mediante, ad esempio, la realizzazione di un distacco temporaneo del lavoratore, fattispecie che, per definizione, non comporta alcun cambiamento in termini di legge applicabile (salvi, ovviamente, i profili di imperatività, di cui si dirà più avanti).
Se la protezione da mosse strategiche del datore di lavoro è l’unico vantaggio – piuttosto astratto – che il lavoratore può trarre dalla valorizzazione del collegamento più stretto, il ruolo di tale criterio risulta abbastanza limitato.
Sembra più probabile che la potenziale operatività del criterio di cui all’art. 8, par. 4, (c.d. clausola d’eccezione) costituisca per il lavoratore più uno svantaggio che un beneficio: tenuto conto della scarsa chiarezza su quali siano gli elementi di riferimento atti a far scattare l’applicazione del criterio de quo, risulta complicato riuscire ad immaginare preventivamente quale potrebbe essere la legge applicabile in base ad esso. Nulla vieta che il giudice eventualmente adito rilevi la sussistenza di un collegamento più stretto con un paese diverso da quello di esecuzione della prestazione in base alla sua personale convinzione che questo o quell’elemento costituisca un fattore determinante ai fini della scelta della legge applicabile: l’eterogeneità di tali elementi, unita all’assenza di un numerus clausus, è fonte una variabilità potenziale che pone le parti del rapporto (in questa prospettiva, entrambe) in una situazione di incertezza latente.
Come anticipato, e sostenuto da autorevole dottrina100, la clausola del
collegamento più stretto sembrerebbe poter compensare le mancanze del sistema volto ad individuare la legge applicabile al contratto di lavoro, introducendo un elemento di flessibilità.
Tuttavia, sulla base delle considerazioni che precedono, secondo alcuni dovrebbe concludersi che il carattere ‘flessibile’ del criterio del collegamento
100 M.V. POLAK, “Laborum dulce lenimen”?, Jurisdiction and Choice of Law Aspects of
Employment Contracts, in J. MEEUSEN, M. PERTEGÁS, G. STRAETMANS (Eds.), Enforcement of
International Contract in the European Union, Convergence and Divergence between Brussels I and Rome I, Antwerp, Oxford, New York, 2004, pp. 326-328; P. VENTURI, Alcune
osservazioni sui contratti individuali di lavoro nella proposta di Regolamento “Roma I”, in P.
FRANZINA (a cura di), La legge applicabile ai contratti nella recente proposta di Regolamento
“Roma I”, Padova, 2006, p. 79; L. FICARI, Lavoro (legga applicabile al contratto di), in Enc.
giur., XVIII, Roma, 1995, p. 3; T. SIMONS, Jurisdiction and the law applicable to contracts in
più stretto non possa ritenersi concretamente coerente con la logica di favor per il lavoratore cui è formalmente ispirato l’art. 8. È stato, infatti, osservato101
che a tale criterio di collegamento flessibile non potrebbe farsi ricorso per applicare la legge più favorevole al lavoratore. Infatti, anche se una soluzione di questo tenore sembrerebbe essere suggerita dall’interpretazione finalistica della norma de qua102, sarebbe contraria oltre che alla lettera dell’art. 8, par. 4,
che significativamente ed inequivocabilmente richiede una valutazione dell’insieme delle circostanze, anche alla vis atractiva del criterio del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa, la quale riguarda direttamente la quasi totalità dei contratti di lavoro (esclusi, ovviamente, quelli per cui risulti essere stata validamente effettuata dalle parti contraenti una diversa scelta di legge, implicita o esplicita).
In questa prospettiva, l’unico strumento di contenimento dei rischi insiti nel ricorso al criterio del collegamento più stretto è rappresentato dalla discrezionalità in base alla quale la Corte di giustizia potrà scegliere di fare un uso prudente ed il più possibile oggettivato dello stesso.