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La FAMU tra realismo socialista ed eredità neorealista

Nel documento Il realismo ceco di Milos Forman (pagine 35-38)

CAPITOLO 2 Il realismo al cinema: una questione di metodo

2.1. L'arte nei dettami di Ždanov

2.1.3 La FAMU tra realismo socialista ed eredità neorealista

La cinematografia cecoslovacca dei primi anni Sessanta dimostra le sue profonde origini nello stato di disillusione, frustrazione e trauma presenti nella società contemporanea. Il critico Antonín Liehm ha scritto nel suo volume del 1974 che questa fu l'unica industria cinematografica dell'Europa dell'Est ad avere avuto abbastanza tempo durante il disgelo per svolgere una piena e completa analisi dello Stalinismo da vari punti di vista e in vari stili41, una posizione molto simile a ciò che anche Radok ha sostenuto, parlando di una certa capacità di analizzare i fenomeni del reale includendo le tensioni fra poli opposti:

If you take a look at that huge explosion of film talents in Czechoslovakia in the Sixties, you'll find that the main thing, the thing that will survive – or at least that will survive the longest – has something to do with this matter-of-factness. What is it, this matter-of-factness that I am talking about? The Germans call it Sachlichkeit. In my mind it means the ability to see things truly, to be able to see in each phenomenon the tension of at least two opposite poles. If I love, I simultaneously hate. I see this paradox everywhere I look. That is, if one knows how to view things as an artist does.

(Alfréd Radok)42

A proposito di questa particolare sensibilità tutta ceca, in una recente intervista il regista Ken Loach ha citato proprio la nová vlna ceca come uno dei fenomeni cinematografici che più hanno influenzato la sua giovinezza, proprio in virtù di quel loro essere «humanistic». Si tratterebbe infatti di un cinema che, a suo parere, semplicemente intrattiene e fa divertire la gente, sempre rispettandola e dove sempre si percepisce «una qualche forma di calore43».

Da dove si origina e quali sono le caratteristiche di questa peculiare forma di 'umanesimo' cinematografico? Fu lo stesso scrittore ceco Milan Kundera a ribadire come l'importanza dell'arte dell'Europa centrale stesse non tanto nel fatto che essa abbia offerto un quadro del regime politico allora vigente, ma piuttosto di come esso offra un nuovo tipo di testimonianza sul genere umano44. La modalità con cui questo 'ritorno al reale' avviene nel cinema cecoslovacco ha però dei tratti peculiari, che Zdena Škapová ha cercare di definire. Se infatti la crisi esistenziale dell'individuo si presentava in tutta Europa come tema chiave di tutta la fine degli anni Cinquanta e Sessanta, in

41 Liehm A., Closely Watched Films: the Czechoslovak Experience, New York, White Plains International Arts and Sciences Press, 1974, p. 260.

42 Ibidem, pp. 42-43.

43 «Aside from the Italian neorealist cinema, the Czech films of the Prague Spring, films that are just very humanistic, that just enjoy people, that respect them, and where you feel some kind of warmth. I don't see it in the cinema now, which is sad...» in Cardullo B., World Directors in Dialogue: Conversations on Cinema, Lanham, Maryland, Scarecrow Press Inc., 2011, p. 245.

Francia o in Italia artisti come Resnais, Beckett o Sartre presentavano il fenomeno dell'alienazione dell'uomo «sullo sfondo di un luogo esotico e in un ambiente puramente allegorico: Fellini metteva in scena la Roma bene, Godard e Truffaut utilizzavano gli schemi narrativi dei film di gangster americani traslandoli nella Parigi di quegli anni. In Boemia invece era sufficiente visitare un qualunque paese, una qualsiasi fabbrica, scendere in una normale strada di città45». L'umanesimo di questo cinema avrebbe insomma le sue radici nel quotidiano e nelle vite qualunque della sua gente, alla cui attenta registrazione non sarebbero estranee le nuove opere letterarie46.

La battaglia per svelare la menzogna e la falsità del sistema fu condotta attraverso una varietà di stili nei quali i metodi del realismo critico, lirismo e retaggi delle avanguardie si combinarono all'interno della stessa lotta. Il cinema iniziò a dare dell'uomo comune ceco una rappresentazione tale da costituire un attacco all'essenza del regime burocratico: l'uomo descritto dalla produzione culturale ceca degli anni Sessanta, come sosteneva il filosofo Karel Kosík, era potenzialmente rivoluzionario, dal momento che percepiva la vita all'interno di una tale sistema manipolato come intollerabile e insopportabile. La concezione di uomo intesa dal regime di partito era invece quella di un essere che consuma, in un circolo chiuso, ciò che per lui viene prodotto dalla produzione di massa del regime47.

Questa attenzione per l'individuo e la sua singola e personalissima battaglia contro la vita di tutti i giorni trovò un importante spunto, in termini cinematografici, nell'intenso studio che del neorealismo italiano veniva svolto all'interno della FAMU. La scuola di cinema praghese infatti, nata tra il 1946 e il 1947 per l'educazione dei futuri professionisti dell'industria cinematografica, applicava nei suoi insegnamenti le dottrine di Ždanov e del realismo socialista. Oltre agli imprescindibili (ma accuratamente selezionati) modelli del documentario realista sovietico di Pudovkin, Ejzenštejn e Vertov48, si iniziarono ad includere nel programma didattico anche i film

45 Škapová Z., Letteratura e cinema ceco degli anni '60, in Turigliatto R., Nová vlna: cinema cecoslovacco degli anni '60, cit., p. 135.

46 La storica ritiene inoltre che, considerando la realtà politico-sociale cui gli intellettuali e gli artisti dovevano far fronte, non appena l'atmosfera politica lo consentì, i forti legami reciproci fra cinema e letteratura contribuirono in maniera significativa a liberare l'uomo dalla gabbia dei dogmi ideologici. Nel corso degli anni Sessanta apparvero più di una sessantina di film alla cui base si può rinvenire un'opera letteraria in prosa; nonostante un certo affievolirsi dell'interesse nei confronti di soggetti letterari registrato dopo il 1965, anno in cui gli adattamenti cinematografici costituivano addirittura circa la metà della produzione, anche in seguito il loro ammontare annuo si muoveva fra gli otto e gli undici film, riguardando cioè orientativamente un terzo della produzione annua. Ibidem.

47 Hames P., The Czechoslovak New Wave, cit., pp. 280-284.

48 Non tutta la produzione di questi autori era infatti considerata da utilizzarsi come modello: essi stessi ebbero infatti problemi e attriti con Mosca a causa della eccessiva libertà di utilizzo delle tecniche e degli esiti troppo pluralisti. In Učník L., Aesthetics or Ethics? Italian Neorealism and the Czech New Wave, cit., p. 59.

del neorealismo italiano. Veniva preso a modello la capacità di questi film di servire come esempio delle sofferte condizioni di vita del popolo, rivelando le condizioni di sfruttamento cui il proletariato era sottoposto da parte della classe borghese capitalista49. Ma già la prima generazione di diplomati, attorno ai primi anni Cinquanta, mostra nei propri lavori finali (Jasný, Kachyňa) la volontà e il tentativo di oltrepassare l'indottrinamento estetico50: per i giovani studenti infatti, il modello neorealista rappresentava un metodo di lavoro per parlare criticamente del presente, della realtà di vivere in un regime socialista, senza la copertura di una menzognera promessa di un luminoso futuro.

Nei tardi anni Cinquanta quindi, l'influenza del neorealismo con i suoi ideali di verità sociale, fu estremamente importante sui cineasti cechi per quanto riguarda da un lato il rifiuto dello schematismo dell'estetica stalinista diffuso negli anni precedenti, e dall'altro l'orientarsi verso i criteri «di autenticità, originalità e di autentico valore artistico51». Mira Liehm ricorda come il neorealismo occupi un ruolo cruciale nello sviluppo del cinema est europeo: alla metà degli anni Cinquanta, la sua influenza in Ungheria, Polonia e Cecoslovacchia si unì nello sforzo di queste cinematografie per liberarsi dall'estetica stalinista52. Come spiega Učník nel suo saggio, l'influsso del neorealismo andrebbe ricondotto ad un approccio etico piuttosto che ad una vera e propria estetica; se lo si considera non tanto come un evento singolo quanto come l'estensione di una precedente produzione filmica italiana, ecco che l'appropriazione da parte dei cineasti cecoslovacchi non fu che la creazione di uno spazio per rendere finalmente conto della libertà etica dell'individuo. Il 'ritorno dei repressi' rappresenterebbe insomma la persistenza dell'eredità neorealista nel cinema mondiale, e con essa il suo stretto legame a seri problemi sociali e morali, con il suo alternarsi di humour e tragedia e con il supporto di tecniche stilistiche, al fine di produrre film più socialmente critici, sperimentali e seri.

Il cinema ceco iniziò a manifestare le caratteristiche di quell'«etica dell'estetica» che Liehm aveva individuato nel neorealismo italiano53: un cinema cioè che potesse «contribuire non solo a consolare dalle sofferenze, ma anche contribuire ad eliminarle», come aveva sostenuto Vittorini. Al centro delle vicende rimane l'individuo, ma sempre considerato come parte della società, in un

49 Come ricordano gli storici del cinema Bartošek, Žalman, Liehm. Ibidem.

50 Galina Kopaněvová in Učník L., ibidem, p. 59.

51 Václav Macek in Učník L., ibidem, p. 55.

52 Ibidem, p. 59.

contesto cioè dove le sue azioni hanno conseguenze ben precise sugli altri. Si tratta di film che sollevavano questioni morali e che erano indirizzati specificatamente alla coscienza del pubblico; più che per gli aspetti tecnico-stilistici54, l'eredità neorealista riguarda più l'atteggiamento e la posizione che il film assume nei confronti della realtà. Lo spunto viene da quel realismo che diventa «la forma artistica della verità, dove il film realistico è quello che pone e si pone dei problemi», come sosteneva Rossellini55.

Nel documento Il realismo ceco di Milos Forman (pagine 35-38)