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La svolta del 1956

Nel documento Il realismo ceco di Milos Forman (pagine 31-35)

CAPITOLO 2 Il realismo al cinema: una questione di metodo

2.1. L'arte nei dettami di Ždanov

2.1.2 La svolta del 1956

La situazione cambiò notevolmente a partire dalla morte del leader sovietico Stalin nel 1953. Si trattò di un duro colpo per la stabilità del culto della personalità: già a pochissimi anni di distanza si poteva ravvisare l'inizio del processo di destalinizzazione. I dirigenti del partito sovietico, così come di quello cecoslovacco, si trovarono in una situazione politica instabile a causa delle lotte per la successione così come per la direzione collegiale che si trovava ora sprovvista della mano forte del suo leader. In questa incertezza, le manifestazioni operaie di Plzeň e Ostrava del 1953 portarono la direzione del partito alla demagogica adozione di una nuova linea che prevedeva un parziale allentamento della pressione ideologica e della censura. Se il 1953 segnò l'inizio della distensione, fu il 1956 l'anno del primo vero 'disgelo' in Cecoslovacchia: in occasione del 20° Congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica (PCUS), tenutosi nel mese di febbraio, venne presentato il rapporto segreto di Nikita Chruščëv con la sua condanna del culto della personalità staliniana e dei suoi crimini27.

L'eco maggiore di queste rivelazioni si ebbe all'interno del successivo 2° congresso dell'Unione degli Scrittori cecoslovacchi, che si svolse a Praga tra il 22 e il 29 aprile 1956. In quell'occasione, per la prima volta dopo la salita al potere del partito comunista, gli scrittori proclamarono pubblicamente due principi fondamentali di ordine morale: innanzi tutto quello della verità, «una verità sulla situazione dell'uomo e della società nazionale», e poi quello della coscienza, del come cioè conciliare «tutto quello che era avvenuto fino ad allora nella vita nazionale con la coscienza individuale, particolarmente quella dello scrittore28». Il poeta Jaroslav Seifert (Praga, 23 settembre 1901-10 gennaio 1986) disse nel suo discorso:

Le voci più autorevoli intorno a noi insistono sulla necessità che lo scrittore dica la verità. Questo lascia supporre che nel corso degli ultimi anni, gli scrittori non abbiano detto la verità. E' vero o no? Liberamente o no? Spontaneamente o perché costretti? Senza entusiasmo o con slancio? Ho avuto un bel cercare in tutta la letteratura ceca; fra tutti i nostri grandi poeti del passato non ne ho trovato uno solo che si sia fermato a metà della

27 Tigrid P., Praga 1948 – Agosto '68, pp. 63-64. 28 Ibidem, p. 65.

sua opera per annunciare alla nazione e ai suoi lettori che egli non aveva sempre detto la verità […] o se noi scrittori potessimo essere in questo momento la coscienza della nazione! perché, credetemi, io penso che su questo punto abbiamo fallito, in tutti questi anni, in cui non siamo stati né la coscienza delle masse, né la nostra coscienza29.

E' Chvatík a ricostruire nel dettaglio l'evolversi della politica culturale nel paese in quegli anni30. Al 2° Congresso dell'Unione degli Scrittori Cecoslovacchi dell'aprile 1956 la questione della forma, dell’individualità dello stile e della scelta di mezzi di espressione (intesi come coerenti all'esperienza della vita reale vissuta, ma anche e soprattutto al passo con le esperienze della cultura moderna europea e del passato praghese di capitale dell'avanguardia nel centro Europa), diventarono ben presto la sorgente della rivolta contro il modello pedagogico-propagandistico imposto da Mosca. Gli artisti dovevano utilizzare mezzi espressivi semplificati, in linea con i dettami dell’accademismo sovietico o del romanticismo ceco del diciannovesimo secolo, sulla scia dello slogan «dobbiamo imparare dai classici». Il congresso degli scrittori rivendicava invece il diritto della cultura a non dover negare il passato storico-artistico in nome di un'ideologia totalizzante, né di privarsi degli influssi e contaminazioni derivanti dalle coeve produzioni artistiche europee. Veniva richiesto che la cultura potesse ereditare tutta la ricchezza delle varie correnti culturali del diciannovesimo e ventesimo secolo.

Il nucleo originario dell’opposizione cominciò inizialmente a coagularsi nel campo apparentemente meno doloroso, quello dell’estetica: il poeta, lo scrittore o l’artista ceco non voleva e non poteva rassegnarsi al fatto che qualcuno gli prescrivesse come egli doveva comporre le sue opere. La sotterranea coscienza e il ricordo – ben presente negli operatori culturali cechi – di una diversa tradizione di politica culturale che era di casa nella cultura ceca fin dagli anni Novanta, erano troppo forti per poter essere vinti dai richiami alla disciplina di partito31.

Il programma di questa nuova generazione si coagulò attorno alla rivista Květen (trad. Maggio, alludendo al maggio 1945 che con la liberazione aveva dato inizio a una nuova fase della storia cecoslovacca), e al suo programma della cosiddetta 'poesia della quotidianità'. Questo gruppo rifiutava temi bellici ed eroici per dedicarsi invece alla narrazione della vita quotidiana dei comuni cittadini di una società socialista, esigendo veridicità nella descrizione dei concreti problemi della vita. Il partito rifiutò fin da subito un tale programma e costrinse la rivista ad una chiusura forzata. Essendo questa la prima volta in cui veniva discusso pubblicamente dei crimini giudiziari e degli altri eccessi commessi in Cecoslovacchia dal partito nei primi anni Cinquanta, durante tutto il 2°congresso e nel corso del 1956, il settimanale dell'Unione degli Scrittori Literární noviny pubblicò

29 Ibidem, pp. 66 -67.

30 Chvatík K., La politica culturale in Cecoslovacchia dal 1945 al 1980, cit., p. 199. 31 Ibidem.

articoli e saggi che criticavano più o meno apertamente la politica del partito. In particolare venivano messe in luce le limitazioni circa le possibilità di consultare la letteratura occidentale o viaggiare all'estero, divenuti privilegi riservati a pochi. Veniva inoltre richiesta la soppressione della severa censura applicata alla narrativa che vigeva sulla letteratura contemporanea così come su quella passata32.

Tuttavia, sia le manifestazioni degli studenti [di Praga e Bratislava del maggio 1956] che il 2° congresso degli scrittori non riuscirono mai ad andare oltre lo stadio delle tradizionali sfilate del mese di maggio nel primo caso o ad oltrepassare l'ambito di una rivolta di intellettuali contro l'imbrigliamento della cultura nel secondo. Essi infatti non riuscirono a imporre quelle riforme durature che il comitato centrale del partito, conservatore e di orientamento stalinista, si rifiutava di concedere. […] Inoltre, le rivendicazioni degli intellettuali, che aspiravano alla liberalizzazione della vita pubblica e a una società più libera, più aperta e più giusta, urtarono contro l'indifferenza degli operai, di cui non avevano né sollecitato né trovato l'adesione33.

Le riforme in Cecoslovacchia iniziarono infatti per volontà delle élite dirigenziali e degli intellettuali, e raggiunsero i lavoratori solo nel tardo 1968-69, a differenza per esempio della Polonia dove il movimento di rivolta ebbe origine dalla classe operaia34. E' tuttavia certo che la direzione del Partito Comunista Cecoslovacco, temendo soprattutto una pericolosa saldatura interclassista, riuscì a mantenere una certa mancanza di comunicazione tra le diverse correnti di scontento all'interno del paese, gruppi che per questo fatto non seppero mai fondersi in un movimento unico35.

La conferenza nazionale del Partito comunista cecoslovacco, convocata nel giugno 1956 per volontà di Novotný, segnò la fine del breve disgelo che, come si è visto, aveva riguardato e coinvolto per lo più gli intellettuali e gli studenti. Il 1956 scatenò una decisa controffensiva da parte della direzione del partito e mise fine ad ogni tentativo di democratizzazione, escludendo la possibiltà di «una via specificamente cecoslovacca al socialismo». Il vecchio gruppo dirigente (strettamente coinvolto nei crimini dell'era staliniana e che non aveva mai negato ufficialmente neppure alla luce del rapporto

32 Ibidem, p. 66. La rivista continuò ad uscire regolarmente malgrado i numerosi conflitti con la censura fino al settembre 1967, data della sua sospensione per ordine del gruppo dirigente del presidente Novotný.

33 Ibidem, p. 67. Gli studenti richiedevano una maggiore democratizzazione della vita pubblica, la revisione dei processi politici degli anni Cinquanta, l'allargamento dei poteri del parlamento, la libertà di informazione, la libera circolazione delle pubblicazioni straniere, la possibiltà di ascoltare radio straniere, insomma una liberalizzazione della vita culturale del paese. Essi manifestavano contro «l'accettazione supina e acritica di tutto quanto viene dall'Unione Sovietica».

34 Hames P., The Czechoslovak New Wave, cit., p. 283. 35 Tigrid P., Praga 1948 – Agosto '68, cit., p. 69.

Chruščëv) prese le redini del partito36. Le sembianze di disaccordo vennero limitate ad alcune smentite ufficiali e ad una mezza dozzina di allontanamenti forzati dai quadri dirigenti del partito per alcuni personaggi ritenuti scomodi, tutte misure assai più leggere rispetto al regime di terrore dei primi anni Cinquanta, a riprova del mutato contesto politico37.

I fatti del 1956 dimostrarono il fallimento della politica del partito e la necessità di aggiustamento della linea politica fino ad allora praticata. Miloš Fiala scrive che il 20° congresso e le sue rivelazioni consentirono una distinzione fra socialismo e la sua distorsione da parte del culto stalinista della personalità38. Non era infatti ormai più possibile, dopo il 1956, arrestare con questi metodi radicali i processi di autocritica ormai iniziati all'interno dell'ala più sensibile della società, quella degli artisti e degli intellettuali. Le discussioni sulla validità del realismo socialista si inasprirono ad un punto tale da mettere in dubbio la legittimità (e perfino l'esistenza) di questo unico ed ammissibile metodo di creazione artistica imposto dalle direttive del partito39. Non era nemmeno più possibile impedire la riabilitazione di altri artisti e di intere correnti o il porsi di nuove questioni. Scrive sempre Chvatík come al centro dell'attenzione non si trovava più la problematica estetica, «ovvero la questione della libera scelta dei mezzi espressivi, bensì una problematica sempre più decisamente sociologico-politica: il diritto degli operatori culturali, degli artisti e degli scienziati, a svolgere una critica pubblica e a porre una problematica nuova e ancora irrisolta della società capitalistica40».

36 Ibidem, p. 71.

37 «Gli artisti della nová vlna, così come i loro colleghi più anziani erano riusciti a rinascere creativamente nel vortice di impulsi provenienti da tutti i campi della cultura nazionale oltre che naturalmente di quella mondiale accessibile, avevano alle spalle due esperienze che li avevano umiliati come cittadini: l'esperienza del nazismo durante i sei anni di occupazione nazista (1939-1945) e il successivo regime comunista (1948-1967). A differenza di quanto era avvenuto per esempio in Polonia, il vento del disgelo seguito alla morte di Stalin nel 1953 non aveva avuto grandi effetti in Cecoslovacchia. Una nuova ondata di controllo e vigilanza della censura comunista fu provocata in Cecoslovacchia dagli avvenimenti politici dell'autunno 1956, dapprima in Polonia e poi in Ungheria. Nonostante la possente campagna propagandistica, soprattutto il mondo culturale si era schierato, simpatizzando per coloro che, in Polonia con la parola e in Ungheria con le armi in pugno, avevano dichiarato il proprio diritto alla libertà e all'indipendenza del diktat ideologico del Cremlino». Kopaněvová G., Non solo sulla nová vlna cecoslovacca. Note sul tema della continuità, in Turigliatto R., Nová vlna: cinema cecoslovacco degli anni '60, Torino, Lindau, 1994, p. 52.

38 Učník L., Aesthetics or Ethics? Italian Neorealism and the Czech New Wave, cit., p. 61.

39 Chvatík K., La politica culturale in Cecoslovacchia dal 1945 al 1980, cit., p. 200.

40 «Nonostante tutti gli sforzi dispiegati da Štoll per far condannare alla conferenza sulla critica d’arte socialista tenutasi nel 1961 l’arte moderna e l’avanguardia di sinistra come manifestazioni di borghese 'modernismo' e la stessa loro difesa come una manifestazione di 'revisionismo', l’arte dell’avanguardia tra le due guerre, come l’opera di Karel Teige, la poesia dì František Halas, la teoria strutturalista di Jan Mukařovský e l’opera letteraria del praghese Franz Kafka vennero gradatamente riabilitate». Ibidem.

Nel documento Il realismo ceco di Milos Forman (pagine 31-35)