• Non ci sono risultati.

Sull'uso dello sguardo e del dettaglio

Nel documento Il realismo ceco di Milos Forman (pagine 70-73)

CAPITOLO 3 Dal reportage allo straniamento: Miloš Forman e il (sur?)realismo del suo

3.3 Sull'uso dello sguardo e del dettaglio

E' proprio in virtù del fatto che Forman sembra limitare il suo intervento registico sugli attori a conferire un tale livello di verosimiglianza e di parvenza di assoluta naturalezza. Ma oltre a questo, parte del fascino di questi film dal plot quasi inesistente (Konkurs, Kdyby ty muziky nebyly) o assai ridotto (Černý Petr, Hoří, má panenko) è dovuto al fatto che lo spettatore viene coinvolto in un'osservazione piuttosto dilatata nel tempo di ciò che succede ai personaggi. Questa modalità, si potrebbe obiettare, è la stessa per cui la Chytilová ci fa assistere ai lunghi allenamenti della ginnasta di O něčem jiném o della modella Eva di Strop: quello che ci propone Forman sono però dei particolari tempi 'morti' fra un'azione ed un'altra, momenti di interesse antropologico assai più elevato rispetto alle azioni svolte dalla ginnasta o dalla modella della Chytilová, azioni che risultano prive di un vero valore 'conoscitivo' sul personaggio e sul suo contesto. Si ha quasi la

Chytilová, “Kinoeye”, vol. 2, no. 8, 2002, www.kinoeye.org/02/08/kosulicova08.php (ultimo accesso 15/01/2015). Sull'uso degli attori come marionette si veda anche Owen J., Avant-Garde to New Wave: Czechoslovak Cinema, Surrealism

and the Sixties, Oxford, New York, Berghahn Publishing, 2011, p. 107.

33 Přádná S., Il fenomeno degli attori non professionisti, in Turigliatto R., Nová vlna: cinema cecoslovacco degli anni '60, cit., pp. 112-113; ma anche Hames P., The Czechoslovak New Wave, cit., p. 221.

sensazione che per la maggior parte del tempo durante i film di Forman si assista alla preparazione dell'azione, al 'dietro le quinte' delle reazioni dei personaggi, piuttosto che all'azione vera e propria. I tempi di preparazione sono infatti quelli in cui si può meglio notare quella affettazione, che è propria di ciascuno di noi, tipica del tentativo di dare di sé la migliore delle impressioni possibili. Ed è proprio questa finzione a mettere in luce ciò che sta alla base del nostro essere quotidiano, svelando non tanto ciò che davvero siamo ma ciò che cerchiamo ogni giorno di interpretare agli occhi del mondo. Cerchiamo di spiegare questa idea attraverso la sua applicazione ad un caso specifico della filmografia formaniana.

Un bell'esempio di questo 'tempo dilatato' dell'osservazione indiscreta è rintracciabile nella dimensione dei rapporti con l'altro sesso, in cui l'occhio attento del regista scruta le vecchie così come le giovani generazioni. La difficile opera di conquista e seduzione rappresenta infatti, dopo quello della lotta generazionale figli-genitori, l'altro dei grandi temi favoriti di Forman. Si prenda ad esempio la lunga sequenza del ballo in Lásky jedné plavovlásky, in cui i riservisti appena giunti in paese cercano di farsi coraggio e le ragazze del luogo attendono lungamente (e goffamente) che finalmente qualche pretendente si avvicini al loro tavolo per chiacchierare o invitarle a ballare. E' la paradossale messa in scena di un 'nulla' che accade, eppure da spettatori ci rendiamo conto che tutto dipende da ciò che accadrà in questi tempo di stasi. Nel trionfare della musica suonata dal vivo, non vi sono quasi dialoghi se non parole smozzicate, tutto è un insieme di gesti, occhiate e sguardi (dei ragazzi fra loro, al cameriere, alle ragazze) e immancabili bevute nel tentativo di assumere un'espressione convincente dotati della quale procedere all'azione34. Il potere del silenzioso linguaggio del corpo prende il completo controllo della scena, la macchina da presa cattura questi gesti e ce li presenta tutti, in lenta successione, in attesa che il fatto si compia. Questo mettere in primo piano il 'dietro le quinte' è in questo senso la modalità di stampo forse più documentaristico di Forman, in quanto svela i meccanismi che stanno alla base dell'agire umano, nell'attenzione anche al più piccolo dettaglio, gesto o sguardo (Figg. 7 e 8).

Quelli di Forman sono in questo senso film che lasciano alle lunghe sequenze di riprese (senza alcun commento o dialogo) il ruolo predominante di costruzione di significato. Se la mimica di sguardi e gesti diviene parte essenziale del messaggio filmico, ecco che la naturale 'vocazione' degli attori non professionisti era ciò che faceva la differenza, garantendo ad ogni singola scena quella

34 «Much play is made of acknowledgments and looks across the dance floor, the waiter’s half circuit to reach them and Menšík’s quarter circuit to reach the waiter» in Hames P., Czech and Slovak Cinema. Theme and Tradition, cit., p. 62.

freschezza e verosimiglianza che attori professionisti non avrebbero consentito. Sono tutte caratteristiche che inglobano la possibilità dell'errore, della battuta dimenticata, dell'accadimento imprevedibile: c'è in questo in qualche modo, a nostro avviso, uno spirito 'teatrale', ovvero una fascinazione per la precarietà e la mancanza di un controllo assoluto che ricorda l'elettrizzante sensazione che caratterizza il lavoro teatrale rispetto a quello cinematografico, per cui all'errore c'è sempre la possibilità di porre un rimedio attraverso una seconda scena o un taglio in sede di montaggio. Non va dimenticato a questo proposito il background teatrale di Forman, su cui avremo modo di svolgere qualche altra riflessione nel paragrafo 4.8.

Questa attenzione per il dettaglio più impercettibile (e per le minuzie che risultano necessarie alla comprensione tanto della psicologia dei personaggi che dell'evolversi della scena) rappresenta un'operazione conoscitiva che non può che ricordare quella dell'acuto maître Skřivánek nella novella di Hrabal Ho servito il re d'Inghilterra35. Ogni qual volta infatti un nuovo cliente entra nel lussuoso hotel in cui il protagonista Ditě lavora, il suo superiore è in grado, con un solo colpo d'occhio, di predirne gusti alimentari, mestiere e tratti psicologici. Alla richiesta da parte di Ditě di svelargli il segreto della sua abilità, egli risponde sempre con la stessa sibillina frase: «perché ho servito il re d'Inghilterra!», riferendosi alla sua lunga esperienza lavorativa e competenza nella minuziosa e paziente osservazione dei clienti.

Seppur riferendosi ad un'altra sequenza, su questa spiccata attenzione visiva di Forman il critico Jean Collet scrisse nel 1966 che Lásky jedné plavovlásky è un gioco a nascondino. Egli definiva le coordinate di un «cinema dell'indiscrezione» dove

Si vede quello che non si dovrebbe vedere, si sente quello che non si dovrebbe sentire. Tutto il cinema di Forman, fin dai tempi dei primi mediometraggi, è all'insegna dell'indiscrezione, quella stessa che spinge la preoccupata madre del pianista Milda ad aprire la valigia di Andula [la bionda innamorata], quella che fa origliare la ragazza alla stanza in cui dormono il giovane e i genitori. La macchina da presa è una presenza indiscreta che sottolinea la gaffe, ma la gaffe è proprio nel fatto che la cinepresa sia là. E' da questa presenza che nascono il riso e il disagio. Come in Hitchcock, qui lo spettatore è

l'uomo che sapeva troppo, il fotografo de La finestra sul cortile36.

35 «E così diventai cameriere di sala sotto la direzione del maître Skřivánek […] E il maître mi diceva che io sarei stato un buon maître ma che dovevo coltivare la capacità, quando entrava un cliente, di ricordarmelo e di sapere quando andava via, non a mezzogiorno quando c'è il guardaroba, ma al pomeriggio, quando si serve nel caffè, per imparare a riconoscere quelli che vogliono soltanto mangiare e andarsene inosservati senza pagare. Per riuscire a valutare quanti soldi ha il cliente e se spende o dovrebbe spendere di conseguenza. Questa, diceva, è l'essenza di un buon maître […] e mi dimostrava sul cliente che aveva ragione lui, e infatti la ragione ce l'aveva sempre. Davvero! E io così venni a sapere per la prima volta, quando posi al maître la domanda complessiva: Ma come fa a sapere tutto questo? E rispose mettendosi dritto: perché io ho servito il re d'Inghilterra» in Hrabal B., Ho servito il re d'Inghilterra in Cosentino A.– Corduas S. (a cura di) Bohumil Hrabal, Opere scelte, Milano, Mondadori, 2003, p. 804-804.

Sul fatto che lo spettatore venga incluso e reso protagonista di questo processo di osservazione attenta potremmo osservare come il mestiere che il giovane Petr svolge in Černý Petr sia quello di sorvegliare una piccola drogheria per cogliere sul fatto e denunciare al padrone di bottega eventuali furti. Il voyeurismo che la sua attività lavorativa gli richiede viene bissato dalla macchina da presa che per lunghe sequenze lo riprende, mentre si appresta a osservare attentamente i movimenti degli acquirenti del negozio. Petr spia i suoi clienti, Forman spia Petr e noi con lui, come ne La finestra di fronte.

Nel documento Il realismo ceco di Milos Forman (pagine 70-73)