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Straniamento e deformazione in Sedmikrásky

Nel documento Il realismo ceco di Milos Forman (pagine 109-111)

CAPITOLO 4 Un'eredità surrealista: il realismo della deformazione

4.6 Straniamento e deformazione in Sedmikrásky

Questo effetto di alienazione che entrambi esprimono ci conduce al terzo film che intendiamo prendere in esame, Sedmikrásky di Věra Chytilová, 1966. Questo lavoro porta all'estremo quelle idee di apatia e indifferenza che erano state affrontate sia in Hoří, má panenko che in O slavnosti a

hostech: l'egoistica moralità che caratterizza gli invitati al banchetto di Němec e l'umanità del ballo

dei pompieri è la stessa che caratterizza le due Marie di Sedmikrásky. Krumbachová ricorda come l'effetto di O slavnosti a hostech sul pubblico dei cinema di Praga fu fantastico, perché la gente rideva ed applaudiva come se stesse assistendo ad una commedia classica: erano divertiti dall'attacco alla stupidità che nel film veniva rappresentato. La proiezione fu seguita da serie e intelligenti discussioni: l'opera era cioè riuscita nel suo intento di scuotere dall'apatia lo spettatore, richiedendone un ruolo attivo e consapevole. Se proseguiamo su questo ragionamento, rafforzato dal fatto che sempre la Krumbachová conferma come anche in Sedmikrásky il tema si concentrasse sullo stesso tema dell'indifferenza, capiamo che le due eroine non sono semplicemente le interpreti di un happening dadaista eccessivo e autodistruttivo, ma di come incarnino polemicamente questi personaggi «che sopravvivono a tutto e si adattano a tutto42», perseguendo questa apatia e separazione dal mondo civile fino all'estremo della morte. In Sedmikrásky infatti la distruzione

39 La sceneggiatura del film si basò infatti su di un vero ballo dei pompieri cui Forman e Passer avevano assistito, come riporta Forman nella sua autobiografia. A questo originario spunto si sommò poi la consueta procedura del metodo formaniano: in particolare, Ondřiček ha parlato di come il set fu costruito in maniera tale da risultare accogliente, per favorire una recitazione naturale da parte del cast, la maggior parte del quale era composto da non professionisti reclutati direttamente sul posto. In Hames P., Czech and Slovak Cinema, cit., p. 39.

40 «Apart from the manifest absurdity of the situation, the film is also absurd in terms of its dialogue. Acknowledging the influence of Ionesco, Krumbachová observed that she tried to create dialogue in which the characters said nothing meaningful about themselves – ‘it was my intention to demonstrate that people generally only talk in terms of disconnected ideas, even when it appears that they are communicating with one another. I tried not to mimic real speech but to suggest its pattern'» in Hames P., ivi, p. 134.

41 «As Krumbachová put it, tragedy is revealed by pictures ‘and our words have no relationship to what we see’.Thus, Němec uses images deriving from photojournalism, emulating the style of Henri Cartier-Bresson, and also draws on images from the history of art, including Goya’s Capriccios, while the seating arrangements for the banquet are based on those for Nobel Prize ceremonies. The deliberate use of photographic images with ‘everyday’ connotations links the absurd dialogue with political reality while an emphasis on close-ups establishes a strong sense of claustrophobia». Ibidem.

appare totale poiché non vi è nemmeno più lo scontro fra il singolo con il sistema: le due ragazze decidono di assumere totalmente in sé l'assurdità del sistema, diventando esse stesse assurde. «Se il mondo è corrotto, anche noi saremo corrotte» pronunciano le due ragazze all'inizio del film, quasi fosse un manifesto di intenti. Non vi è più la contrapposizione, che stava alla base della metafora di Hoří, má panenko e O slavnosti a hostech, fra un mondo di regole sociali reputate 'razionali' e un sistema che le nega, dando origine al dissidio del singolo verso la società e al suo conseguente isolamento causato dalla perdita di senso. Qui è il nonsenso ad essere assunto a sistema, il dissidio fra razionale e assurdo viene sublimato nella completa accettazione dell'assurdo come modus vivendi. Disse la Krumbachová infatti che «le due eroine sarebbero rimaste impassibili e distaccate anche se dei cadaveri gli fossero caduti in testa43».

In Hoří, má panenko abbiamo la distruzione dei rapporti umani, delle regole sociali, del linguaggio, la distruzione del rispetto per l'autorità e della fiducia nel prossimo, distruzione della potenzialità da parte dell'elemento divergente di cambiare (o perlomeno tentare) lo status quo. Le due

Margheritine non mostrano alcun rispetto o interesse né per gli altri né per le regole, abusano della

gentilezza altrui (sfruttano potenziali amanti di mezza età solo per farsi offrire il pranzo), sprecano il cibo in quest'ansia perenne di ingurgitare e masticare, nell'inutile ricerca di 'fare' continuamente qualcosa per combattere la noia e scacciare l'horror vacui della semplice esistenza. Il film raggiunge il suo climax con la distruzione di un suntuoso banchetto, che viene calpestato, gettato a terra (e in piccola parte, assaggiato) e con l'ipotizzabile morte delle stesse protagoniste, schiacciate dall'enorme lampadario su cui fino a prima si erano divertite a ciondolarsi come fosse un'altalena. Siamo andati ben oltre la caricatura, perché addirittura queste due fanciulle non hanno nessuna connotazione spazio temporale, né psicologica, a malapena un nome: sono due marionette che agiscono, due corpi che più che pensanti sembrano essere solo agenti. Le due Marie (Marie I e Marie II) non dimostrano avere nessuna coscienza e morale proprio perché hanno deciso di negarle: parlano tanto e senza senso, rimescolano tutto e fanno confusione, fino al giungere dell'inevitabile catastrofe44. Paradosso e assurdo, defamiliarizzazione dei gesti e degli oggetti quotidiani, messa a nudo della sperimentazione tecnica, visiva, sonora e linguistica e del collage dadaista: se questi sono le strategie chiave con cui Sedmikrásky è costruito, siamo dunque di fronte ad un nuovo concetto di 'realismo', che è precisamente quello che fu l'intuizione chiave di

43 Ibidem, p. 281.

Effenberger: l'idea che la realtà in sé non sia più quella categoria identificata dal realismo45.

Nel documento Il realismo ceco di Milos Forman (pagine 109-111)