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2. LE AZIENDE DI GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI: INQUADRAMENTO

2.2 I principali interventi normativi in tema di servizi pubblici locali

2.2.3 La fase della liberalizzazione: la Legge 448/2001

Se gli interventi posti in essere negli anni Novanta si erano focalizzati soprattutto sull’introduzione di nuovi strumenti (forme di gestione, in un’ottica interna alla gestione stessa), le riforme dei primi anni del Duemila hanno spostato il focus sulla necessità di introdurre meccanismi concorrenziali nell’ambito dei servizi pubblici locali, per migliorare ulteriormente l’efficienza e l’efficacia nell’erogazione di tali servizi. Come sottolinea Garlatti, con gli interventi posti in essere nel XXI secolo “perdono di rilevanza gli aspetti di disciplina interna delle singole forme di

gestione ed assumono importanza preminente le relazioni tra ente locale e soggetto gestore, nel duplice aspetto delle modalità di affidamento dei servizi e degli strumenti per il controllo,

• definizione della struttura della tariffa a carico dell’utenza nel caso in cui il servizio non sia esclusivamente a carico dell’Ente;

• livelli qualitativi del servizio ed obbiettivi annuali di miglioramento;

• attività di controllo e vigilanza nel Contratto di Servizio;

• garanzie prestate dall’erogatore;

• sistema sanzionatorio;

• soluzione delle controversie;

• modalità di modifica dei contratti;

• forme di tutela degli utenti.”

Così in BASSI G., CAPACCI S., MASSARI A., MORETTI F., Le società a partecipazione pubblica locale. Nuovi aspetti di governance, organizzazione e gestione tra diritto comunitario e riforma nazionale dei servizi e del diritto societario, Maggioli, Rimini, 2006, pagg. 314-315, opera alla quale si rimanda per l’approfondimento del tema dei contratti di servizio (pagg. 311 e segg.).

50

Per un’ampia ed esaustiva trattazione sulla Carta dei Servizi si rimanda, tra gli altri, a GROSSI G., MUSSARI R., I servizi pubblici locali nella prospettiva economico aziendale, op. cit., pagg. 93 e segg.

concomitante e successivo, sui risultati51”: si rafforza quindi il ruolo dell’ente locale come soggetto regista a livello locale.

Con la Legge 28 Dicembre 2001, n. 448 (Legge finanziaria 2002) veniva modificato l’articolo 113 del TUEL e introdotto un articolo 113 bis.

Tramite la suddetta Legge la suddivisione tra servizi a rilevanza imprenditoriale e non veniva sostituita dalla ripartizione tra servizi a rilevanza industriale (articolo 113) e non (articolo 113 bis). Si consideravano aventi il requisito della rilevanza industriale solo quelle attività di pubblica utilità svolte in forma di impresa, che avevano ad oggetto la produzione di beni e servizi. Rispetto alla definizione della Legge 142/90, perdevano importanza, ad esempio, i servizi commerciali (quali ad esempio le farmacie), con natura imprenditoriale ma non industriale52.

Per i soli servizi a rilevanza industriale era prevista la necessaria separazione tra la proprietà delle reti, impianti ed altre dotazioni patrimoniali e gestione del servizio stesso: in merito si può osservare che:

• la proprietà delle reti, impianti ed altre dotazioni patrimoniali doveva necessariamente rimanere in mano pubblica. A tal fine l’ente locale poteva decidere:

Ø di mantenere direttamente la proprietà di tali assets;

Ø di conferirli ad una società di capitale creata ad hoc, avente maggioranza pubblica incedibile. La norma quindi consentiva l’accesso a queste aziende anche a soci privati, per poter ottenere così maggiori capitali, funzionali ad investimenti nelle reti stesse, e per poter sfruttare il loro know-how;

• la gestione delle dotazioni veniva normalmente assegnata al soggetto chiamato a gestire anche il servizio. Tuttavia, qualora la normativa di settore consentisse di separare gestione delle reti e del servizio, la prima avrebbe dovuto essere assegnata:

Ø direttamente ad una società di capitali creata appositamente, a maggioranza pubblica,

Ø ad imprese idonee, scelte con procedura ad evidenza pubblica.

Tale previsione mirava esplicitamente ad introdurre la possibilità di concorrenza all’interno del settore dei servizi pubblici, eliminando una rilevante barriera all’entrata che costituiva una delle determinanti fondamentali della situazione di monopolio naturale in cui per anni hanno versato tali mercati.

I termini per realizzare tale quadro erano stretti: gli enti avevano a disposizione un anno dalla data di entrata in vigore della Legge 448/2001 per provvedere allo scorporo e al conferimento ad

51

Cfr. GARLATTI A., Scelte gestionali per i servizi pubblici locali, op. cit., pag. 77.

52

Per approfondimenti sul concetto di servizio a rilevanza industriale si veda AA.VV., I servizi pubblici locali, Giuffrè, Milano, 2004, pagg. 146 e segg.

apposita società delle reti che essi detenevano tramite società da essi controllate, che si occupavano parimenti della gestione del servizio.

La Legge prevedeva, infatti, che il soggetto incaricato della gestione della rete provvedesse, dietro il pagamento di un canone, a mettere a disposizione gli assets al soggetto incaricato di gestire il servizio. Al termine del periodo di affidamento, e a seguito dell’esito di una nuova gara, le reti dovevano essere assegnate al nuovo gestore, a fronte di un indennizzo pari al valore dei beni eventualmente non ancora ammortizzati, indicato nel bando di gara. La proprietà pubblica obbligatoria, quindi, aveva funzione di garanzia di ampia accessibilità al mercato per i possibili competitors, in condizioni paritetiche, prevenendo comportamenti opportunistici di ostacolo alla concorrenza del soggetto già insediato nel mercato, mentre la gestione tramite società di capitale avrebbe dovuto favorire un utilizzo maggiormente efficace, efficiente ed economico delle dotazioni pubbliche, consentendo parimenti consistenti investimenti per il miglioramento delle infrastrutture.

Circa la modalità di definizione del gestore del servizio, la Legge 448/2001 prevedeva che la scelta dovesse avvenire obbligatoriamente tramite l’espletamento di una gara pubblica, alla quale erano ammesse solo società di capitali. Si nota quindi una forte preferenza per il modello societario, visto come strumento maggiormente flessibile ed orientato all’efficienza per servizi cardine come quelli a rilevanza imprenditoriale.

Scompariva quindi, per i servizi a rilevanza industriale, qualsiasi possibilità di gestione diretta da parte dell’ente, sia essa in economia o tramite azienda speciale. Anzi, relativamente a queste ultime, la Legge imponeva la trasformazione obbligatoria in S.p.A. entro il 31/12/2002 nel caso in cui gestissero servizi a rilevanza industriale.

La Legge precisava, inoltre, che le gare per l’aggiudicazione del servizio avrebbero dovuto essere “indette nel rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, di sicurezza e di equa

distribuzione sul territorio definiti dalla competente Autorità di settore o, in mancanza di essa dagli enti locali”.

In particolare, l’aggiudicazione della gara doveva avvenire considerando l’offerta migliore relativamente a:

• qualità, sicurezza, condizioni economiche e di prestazione del servizio;

• piani di investimento per lo sviluppo ed il potenziamento delle reti e degli impianti, e per il loro rinnovo e manutenzione;

• contenuti di innovazione tecnologica e gestionale.

In più, tali parametri dovevano essere recepiti dal Contratto di Servizio, che doveva essere obbligatoriamente allegato al capitolato di gara, impegnando così automaticamente il soggetto vincitore della gara al suo rispetto.

La Legge disciplinava anche le esclusioni dalla partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica: non potevano partecipare alle gare (oltre alle imprese non costituite sotto forma di società di capitali) i soggetti incaricati della gestione delle reti, nonché i soggetti che in Italia o all’estero fossero gestori di pubblici servizi in virtù di un affidamento diretto; tale divieto si estendeva anche alle società controllate o collegate con quelle titolari dell’affidamento diretto, alle loro controllanti e alle controllate e collegate di queste ultime.

Agli enti locali era lasciata la possibilità di alienare le proprie partecipazioni in società erogatrici dei servizi (ma restavano inalienabili, si ricordi, le quote necessarie a detenere la maggioranza del capitale delle eventuali società proprietarie delle reti): in tal modo l’ente poteva adottare politiche di “concentrazione” in settori ritenuti strategici per lo sviluppo della collettività locale, mentre poteva ridurre la propria presenza in settori di minore importanza, ottenendo parimenti risorse finanziarie preziose tramite la vendita delle proprie quote.

Da ultimo, si segnalano le prescrizioni circa il cosiddetto “periodo di transizione”: gli affidamenti in essere erano ritenuti validi per un periodo che andava da tre a cinque anni, da determinarsi con apposito regolamento (salvi eventuali termini definiti dalle norme di settore). Tuttavia, vi erano alcune deroghe a tale previsione; il periodo di transizione poteva essere incrementato in misura non inferiore a:

• un anno, nel caso in cui, almeno dodici mesi prima dello scadere dei termini previsti dal regolamento normativo di attuazione si fosse dato luogo ad una nuova società capace di servire un bacino d’utenza non inferiore al doppio di quello originariamente servito dalla società maggiore;

• due anni, nel caso in cui, nello stesso termine, un’impresa affidataria si trovasse ad operare in un ambito corrispondente almeno al territorio provinciale o a quello ottimale; • un anno, nel caso in cui la società affidataria fosse partecipata per almeno il 40% da

soggetti privati;

• un ulteriore anno nel caso in cui la società fosse partecipata per almeno il 51% da privati.

Le previsioni circa il periodo di transizione avevano la funzione di consentire ai soggetti già presenti nel mercato, ma caratterizzati da logiche di gestione ancora fortemente pubblicistiche, di adattarsi al nuovo contesto competitivo. In più, il sistema delle deroghe aveva il compito di favorire la crescita dei soggetti presenti nel mercato, cercando di spingere verso dimensioni tali da consentire lo sfruttamento di economie di scala e di premiare coloro che si aprivano alla partecipazione dei privati, ritenuti portatori di competenze e capacità gestionali in linea con il richiesto aumento dell’efficienza ed efficacia del servizio.

Relativamente ai servizi privi di rilevanza industriale, si noti che in questo caso non era previsto l’obbligo di esclusività nella proprietà dei beni da parte dell’ente locale, né era richiesta la separazione tra proprietà di detti beni e gestione del servizio.

Per quanto riguarda le modalità di gestione, la scelta poteva essere fatta tra: • istituzione;

• azienda speciale;

• società di capitali costituite o partecipate dagli enti locali;

• gestione in economia, possibile solo in ragione delle modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio;

• residuale era la possibilità di individuare il soggetto gestore sulla base di procedura ad evidenza pubblica, in quanto ciò era possibile solo in presenza di ragioni tecniche, economiche o di utilità sociale;

• per i soli servizi culturali e del tempo libero, era possibile l’affidamento diretto a fondazioni o associazioni.

Anche per questa tipologia di prestazioni i rapporti tra amministrazione e soggetto affidatario erano regolati da un apposito Contratto di Servizio.

Se quindi la Legge 448/2001 appariva marcatamente liberista per i servizi a rilevanza industriale, nel caso di assenza di tale requisito essa di fatto rafforzava la gestione diretta da parte degli enti locali, lasciando come pura eventualità il ricorso al mercato.