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L’organizzazione per la programmazione e il controllo dei gruppi pubblici locali

4. ORGANIZZAZIONE E PROCESSI DI PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO DE

4.2 L’organizzazione per la programmazione e il controllo dei gruppi pubblici locali

Come affermato in precedenza, la necessità per gli enti locali di ricoprire un nuovo ruolo

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L’importanza degli strumenti di controllo sulle aziende terze è sottolineata anche da Brown, Potoski e Van Slyke. Gli autori individuano tre fasi fondamentali nell’outsourcing di un servizio: decisione sull’opportunità di “make or buy”, scelta del soggetto gestore, da formalizzarsi con appositi contratti, e definizione di strumenti di monitoraggio per verificare il rispetto degli accordi presi. Gli autori, sottolineando la necessità di coordinare tali fasi con tre elementi quali le preferenze degli stakeholder, il quadro normativo e le caratteristiche del mercato, arrivano ad affermare che, qualora la performance del soggetto gestore sia di difficile monitoraggio data la struttura del mercato, appare opportuno optare per la gestione “in house” del servizio. Ciò consentirebbe di evitare che l’azienda terza sfrutti le asimmetrie informative per perseguire il profitto a scapito del bene pubblico. Per approfondimenti si consulti BROWN T. L., POTOSKI M., VAN SLYKE D. M., Managing public service contracts: aligning values, institutions, and markets, Public administration review, volume n. 66, issue n. 3, Blackwell, Oxford, 2006, pagg. 323-331.

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“Besides adaptation of the political-strategic setup, LGs (Local Governments, NdT) will also have to improve their operative holding management. They need to institutionalize adequate structures and management concepts to control their MCGs (Municipal Corporate Groups, NdT) and apply effective planning, coordination, and reporting tools – both from a financial view (e.g. consolidated reports) and from a sector-professional perspective. It should be the general aim of reforms to establish a real ‘group strategy’ which covers the core administration, as well as the various corporations”. Cfr GROSSI G., REICHARD C., Municipal corporatization in Germany and Italy, op. cit., pag. 612.

nell’ambito della gestione dei servizi pubblici, richiede un ripensamento delle modalità non solo operative, ma anche organizzative.

La formazione di un gruppo, composto da diverse aziende da tempo avvezze ad agire in modo indipendente, avendo al massimo come unico interlocutore l’amministrazione territoriale, richiede necessariamente la presenza di un soggetto che si occupi di coordinare l’azione della variegata platea composta dalle diverse istituzioni economiche. Tale necessità è particolarmente forte nei gruppi pubblici locali, che si sono caratterizzati e si caratterizzano tutt’ora per una nascita ed uno sviluppo discontinui e frammentari, legati più alla volontà di rispettare il disposto normativo che alla realizzazione di un disegno strategico di sviluppo adeguatamente pianificato.

La governance di gruppo non appare semplice, in quanto esistono diversi livelli gerarchici che devono essere necessariamente coordinati tra di loro, per evitare pericolosi scollamenti tra le consociate, con il rischio concreto di perdita della direzione unitaria; l’assenza di un referente unico, fonte di indirizzi e direttive, spesso ha comportato la presenza di imprese pubbliche che, pur chiamate ad erogare servizi di importanza capitale per il territorio, operano in un contesto di totale indipendenza nei confronti degli organi eletti dai cittadini e dall’ente titolare della funzione pubblica. La progressiva cessione al mercato di compiti operativi richiede un connesso rafforzamento della potestà di indirizzo e controllo, in assenza della quale l’ente locale perderebbe una parte assai rilevante delle proprie attribuzioni.

La gestione dei rapporti tra i soggetti rilevanti nell’ambito del gruppo pubblico locale risulta più complessa rispetto a quanto avviene nell’esperienza privata: infatti, se nelle aggregazioni private si devono instaurare relazioni principalmente tra il management della holding e quello delle controllate, in campo pubblicistico si assiste alla presenza di un ulteriore livello di governo. Nei gruppi pubblici infatti sussistono, come soggetti rilevanti:

• gli organi politici, che dovrebbero dettare le strategie fondamentali;

• i dirigenti dell’ente locale, chiamati a specificare gli indirizzi emanati dagli organi volitivi dell’amministrazione;

• il management delle consociate, che dovrebbe recepire e applicare le linee guida stabilite dai politici e specificate dai dirigenti dell’ente locale.

Risulta opportuno notare come gli organi volitivi dell’amministrazione territoriale agiscano in base a logiche peculiari, caratterizzate dalla presenza di opposte fazioni volte molto spesso a cercare prima di tutto il consenso politico; in più i soggetti che li compongono non sono necessariamente tecnici, in possesso delle conoscenze necessarie per affrontare nel dettaglio la complessa problematica del governo del gruppo. Accanto a ciò si nota la necessità di contemperare esigenze di natura non solo economica, ma anche sociale (queste ultime meno pressanti nelle aziende private,

primarie in quelle pubbliche). Infine si assiste ad un’asimmetria tra risultati raggiunti e ricompense ottenute (meno forte nei contesti privatistici, in cui spesso i manager hanno benefit legati alle performance dell’impresa), in quanto il “premio” per il lavoro svolto, ovvero la conferma o il ritiro del consenso, non è necessariamente legato, soprattutto a livello locale, alla bontà delle azioni realizzate, quanto all’appartenenza ad una specifica fazione politica.

Tali considerazioni non consentono, a parere di chi scrive, una sovrapposizione tra tali strutture e gli organi di governo delle holding private.

Se, come appare evidente, nelle aggregazioni pubblicistiche, sussistono due poli173, caratterizzati dalla presenza delle aziende di gestione da un lato, dell’ente locale dall’altro, è opportuno notare come la volontà dell’amministrazione si formi con il concorso dei politici e dei dirigenti, laddove i primi opportunamente fanno (o dovrebbero fare) riferimento all’esperienza ed alle conoscenze dei secondi per dar vita alle le proprie decisioni174.

I nessi, gli snodi fondamentali della rete tendono quindi ad aumentare nei gruppi locali; di conseguenza il coordinamento appare una necessità ancor più pressante, se si vogliono evitare sovrapposizioni di ruoli o mancanza di presidio per attività fondamentali (ad esempio quelle di controllo).

La dottrina economico aziendale ha elaborato, dalla lettura della realtà delle amministrazioni territoriali a livello nazionale ed internazionale, alcuni modelli organizzativi funzionali all’indirizzo e controllo delle aziende di gestione dei servizi175: si evidenziano così una soluzione tradizionale, una specialistica ed una innovativa.

• Soluzione tradizionale; essa prevede lo svolgimento della funzione di raccordo con i soggetti terzi da parte di strutture già presenti nell’ente e competenti per le diverse aree di attività nelle quali agisce ogni consociata. Tale soluzione comporta da un lato benefici connessi all’omogeneità delle competenze in base alle quali avviene l’interazione, dall’altro notevoli problematiche connesse all’impossibilità di dar vita ad indirizzi strategici unitari, in quanto non esiste un referente unico per tutte le aziende. Così, ad esempio, la società che gestisce i parcheggi comunali avrà come interfaccia le

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Baroni, sul tema, afferma che “l’efficacia delle attività di conduzione e di controllo dell’aggregato aziendale, viene dunque minacciata dalla presenza di due macrostrutture, rappresentate, dall’ente locale da un alto, e dall’insieme delle aziende dall’altro, la cui complessità presenta già ordinarie difficoltà di governo se considerate come entità a sé stanti, e peculiari problematiche quando devono essere governati i momenti in cui divengono esplicite le loro interazioni”. Cfr. BARONI D., Enti locali e aziende di servizi pubblici, op. cit., pag. 105.

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Gelders, Bouckaert e Van Ruler individuano quattro peculiari criticità che differenziano il management pubblico da quello privato: un ambiente più complesso ed instabile, la presenza di vincoli legali e formali, la necessità di sottostare a procedure più rigide e una grande eterogeneità di prodotti/servizi da erogare ed obiettivi da raggiungere. Per approfondimenti si consulti GELDERS D., BOUCKAERT G., VAN RULER B., Communication management in the public sector: consequences for public communication about policy intentions, Government information quarterly, volume n. 24, issue n. 2, Elsevier, Amsterdam, 2007, pagg. 329-337.

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strutture facenti capo all’assessorato alla viabilità, mentre l’azienda incaricata di amministrare i musei farà riferimento unicamente a quelle legate all’assessorato alla cultura. L’adozione di questo modello, di fatto, rende difficile la creazione di una strategia comune per l’intero gruppo (elemento che, in realtà, non consentirebbe di parlare di gruppo strictu sensu), ed il sorgere di decisioni frammentarie e improntate più a risolvere problemi contingenti che non a realizzare un armonico disegno unitario di sviluppo locale: di fatto l’eterogeneità dell’aggregazione si rifletterebbe in un’eterogeneità dei soggetti referenti, aggravando se possibile la frammentarietà del gruppo pubblico. Ancora, la soluzione oggetto di analisi comporterebbe, probabilmente, l’adozione di strumenti di programmazione e controllo diversi tra loro, rendendo ancor più difficile una sintesi che rappresenti la situazione dell’aggregato, con complesse problematiche connesse alla comparabilità delle performance delle aziende di gestione. Ciò renderebbe ancor più difficile prendere decisioni, da parte dei politici, e valutarne l’impatto. Tale modello, nel nostro Paese, è rinvenibile nella maggior parte degli enti di dimensioni medio-piccole.

• Soluzione specialistica. Essa si ha nel caso in cui l’ente locale abbia individuato, al proprio interno, un’unità organizzativa con lo specifico compito di realizzare uno stabile collegamento con le aziende di gestione. Tale struttura funge da supporto agli organi politici nella loro funzione di definizione di linee strategiche, verificando parimenti, con appositi strumenti, il rispetto degli indirizzi dati alle consociate. La presenza di un apposito organo di collegamento non fa venire meno le funzioni delle aree organizzative competenti per le attività delle aziende terze: l’interfaccia tra la già citata azienda di gestione dei musei con l’assessorato alla cultura continuerà, ma il referente principe per le funzioni di indirizzo e controllo sarà la struttura specializzata. La presenza di un costante punto di riferimento permette l’elaborazione di strategie comuni, con la realizzazione di quegli indirizzi unitari che consentono di definire un vero e proprio gruppo. Sarà in più possibile l’adozione di precisi strumenti, possibilmente anch’essi uguali per le varie aziende (ferme restando le specificità in termini di obiettivi), favorendo la successiva azione di controllo e di re-implementazione del processo programmatorio. Circa l’inserimento di tale struttura all’interno dell’organigramma dell’ente, appare consigliabile la collocazione in staff alla direzione generale: in tal modo sarà possibile un più rapido accesso ai dati, nonché evitare conflitti con altre aree dell’amministrazione, in virtù della posizione sovraordinata. L’inserimento della struttura in oggetto all’interno di una delle aree operative dell’ente comporterebbe rischi

simili a quelli inerenti la collocazione in line dell’ufficio controllo di gestione (conflitti di interessi, maggiori resistenze all’ottenimento dei dati, rischio di assenza di competenze necessarie). Tale modello è adottato da molti enti di grandi dimensioni, come ad esempio il comune di Bologna.

• Soluzione innovativa. In questo caso si ha la creazione di una nuova azienda, che ha il compito di detenere le partecipazioni dell’ente nelle diverse società. Tale organismo, normalmente una società di capitali, è di proprietà dell’amministrazione ed ha il compito, laddove non si occupi anche attivamente dell’erogazione di servizi, di coadiuvare gli organi politici nella definizione di una strategia unitaria per il gruppo. Si tratta di una soluzione di indubbio interesse, laddove si consideri la possibilità di sfruttare i vantaggi connessi alla struttura societaria e alla sua maggiore fluidità d’azione (essendo essa meno legata a logiche burocratiche). In più, la soluzione in oggetto consente anche la gestione accentrata di alcuni servizi utili per il gruppo, come la formazione del personale o la gestione delle riscossioni e dei finanziamenti, con notevoli risparmi per l’intera aggregazione. Considerando, tuttavia, la realtà del gruppo locale, occorre notare come sia possibile la gestione unitaria tramite holding esterna per le sole aziende aventi anch’esse la forma di società di capitali, essendo impossibile il conferimento di quote di istituzioni o aziende speciali. Occorrerà quindi un adeguato coordinamento all’interno dell’ente, affinché non si manifesti uno scollamento tra la gestione dei servizi affidati a società (tipicamente servizi di natura economica) e ad altre tipologie di soggetti, che rappresentano una parte assai rilevante dell’operatività dell’amministrazione sul proprio territorio. Il sorgere di un “doppio binario” tra le diverse tipologie di aziende potrebbe portare ad uno sviluppo rallentato e scevro dai benefici connessi alla gestione unitaria per le aziende che non gestiscono servizi economici, facendo perdere vantaggi quali, ad esempio, la possibilità di sinergie connesse alla copertura delle fisiologiche perdite di alcuni organismi con i profitti delle aziende di gestione dei servizi pubblici economici. La gestione coordinata di tutte le attività da parte di un soggetto unitario, improntata al principio di economicità, potrebbe da un lato ridurre le perdite di alcune aziende, dall’altro consentire politiche tariffarie confacenti con le esigenze del gruppo, ma anche con quelle dei cittadini: in presenza di mezzi sufficienti a coprire anche le gestioni “in rosso”, l’ente potrebbe optare per un calo delle tariffe imposte o per un accrescimento dei servizi erogati. La soluzione appena descritta è rinvenibile in pochi enti: tra questi è possibile citare il comune di Ravenna.

Come si evince dalle considerazioni precedentemente svolte, è opportuno che l’amministrazione si doti di un organismo, sia esso interno o una holding esterna, che rappresenti il punto di riferimento unitario per l’universo delle aziende di gestione dei servizi. Tale struttura deve essere poi dotata delle competenze necessarie a svolgere tali delicati compiti, quindi appare opportuno l’inserimento di soggetti esperti principalmente di programmazione e di controlli interni; essi dovranno operare in stretto contatto con gli organi politici (assessorato alle partecipate, laddove esistente, in primis), in modo da poter recepire gli indirizzi degli stessi, traducendoli in appositi documenti da inviare alle aziende terze. L’unione della volontà politica e dell’attività dei soggetti operanti nella struttura dedicata alle aziende terze, consente la formazione degli indirizzi cui le consociate dovranno uniformarsi.

All’organismo spetterà poi il compito di verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi programmati, dando vita eventualmente a direttive in caso di scostamento dagli stessi.

La presenza di un’organizzazione funzionale al nuovo ruolo di regolazione giocato dall’amministrazione territoriale è condizione necessaria, ma non sufficiente ad assicurare un’adeguata governance sulle aziende di gestione: tale assetto rischia di rimanere infruttuoso, appesantendo l’organigramma dell’ente e comportando costi inutili, qualora ad esso non si accompagni anche un consono processo di programmazione e controllo.