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La formazione dell'accordo. L'informativa

Disciplina positiva

2. La formazione dell'accordo. L'informativa

Come sopra visto, l'art. 182-bis prevede che l'accordo di ristrutturazione dei debiti sia stipulato "con i creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti": è quindi necessaria la presenza di un imprenditore e di una controparte con cui l'accordo è stipulato o, in base alla disciplina introdotta dalla l. 122/2010, è "in corso di trattative"; tuttavia, come già sottolineato, nel testo di legge manca completamente un modello legale di formazione degli accordi.

Vediamo i capisaldi della disciplina nella prospettiva negoziale.

Innanzitutto, come già accennato, occorre un accordo tra debitore e creditore;

222 Si rileva un'isolata pronuncia del Tribunale di Milano, 21 dicembre 2005, in Fallimento, 2006, 670. 223 GUGLIELMUCCI, Diritto fallimentare, Torino, 2008, 339; FERRO, Art. 182 bis, in FERRO (a cura di)

La legge fallimentare, Padova, 2007, 1431; FABIANI, cit., 263; AMBROSINI,cit., 2550.

224 Trib. Salerno, 3 giugno 2005, in Fallimento, 2005, 1297; Trib. Bari, 21 novembre 2005, ivi, 169; Trib. Brescia, 22 febbraio 22 febbraio 2006; Trib. Milano 21 dicembre 2005, in Fallimento, 2006, 669. 225 Si veda però in senso contrario FERRO LUZZI, cit., 826 che ritiene che "regolarmente" non faccia

riferimento al tempo e/o alla completezza dell'adempimento ma al mezzo utilizzato per l'adempimento dell'obbligazione imprenditoriale assunta. Partendo da queste premesse l'Autore ritiene omologabile un accordo di ristrutturazione ove si preveda, ad esempio, il pagamento dei creditori estranei all'accordo con un ritardo di sessanta giorni rispetto alla concordata scadenza del debito, se tale periodo è necessario per attivare il piano di ristrutturazione e la relativa nuova leva finanziaria.

226 Sul punto v. BOGGIO, Gli accordi di ristrutturazione: il primo tagliando a tre anni dal decreto

competitività, in Banca borsa titoli di credito, 2009, I, 76.

227 AMBROSINI, Accordi di ristrutturazione, cit.,174 e ss.; D’AMBROSIO, Gli accordi di ristrutturazione

dei debiti nella nuova legge fallimentare, in Le nuove procedure concorsuali, a cura di BONFATTI e FALCONE, Milano, 2006, 530 e ss.

l'accordo deve essere idoneo ad assicurare il pagamento dei creditori rimasti estranei; non rileva come si forma l'accordo, ma occorre che il creditore sia informato che l'intesa che ha stipulato sia destinata ad essere procedimentalizzata e trasformata in accordo con gli effetti di cui all'art. 182-bis. La negoziazione è individuale e non opera il principio della par

condicio creditorum. Da questo discendono alcuni corollari: la convenienza viene valutata

dal singolo creditore senza confronto con gli altri e dunque l'accordo può risultare anche discriminatorio, senza che peraltro il debitore sia tenuto a spiegare le ragioni di trattamenti differenziati: le sue scelte sono insindacabili nel momento in cui si raccolgono le adesioni sufficienti e ciò consente di non discriminare gli estranei228. Inoltre diviene irrilevante formare delle classi, dal momento che queste sono espressive proprio di quei trattamenti omogenei da cui negli accordi si prescinde229 (anche se, come già evidenziato, non si può escludere che si attui una suddivisione in classi secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei, pur mancando un espresso rinvio legislativo alla disciplina del concordato preventivo230). Il fatto che il consenso sia strettamente individuale spiega poi perchè non si forma una vera e propria "maggioranza", ma semplicemente una sommatoria di consensi, che genera riflessi sui terzi una volta superata la soglia del 60%. Infine, verosimilmente, il debitore avrà un piano - simile a quello del concordato preventivo o del piano attestato di risanamento - che costituisce il presupposto funzionale e la struttura di fondo degli accordi, che i creditori vorranno conoscere per rilasciare il consenso.

Discusso a questo proposito, è se si debba configurare a carico del debitore un vero e proprio obbligo di informazione a carico dei creditori e se questi ultimi debbano essere messi a conoscenza reciprocamente circa il contenuto degli accordi con ciascuno conclusi. Anche in questo caso la legge fallimentare tace; tuttavia l'art. 4 del Codice di Comportamento ABI relativo ai processi di ristrutturazione atti a superare le crisi d'impresa231, impone alle banche creditrici di partecipare almeno alla prima riunione della procedura di concertazione con funzionari dotati di potere decisionale. Non esiste però un'analoga disposizione per i creditori diversi dalle banche, a riprova del ruolo di maggiore

228 FABIANI,cit., 8.

229 FABIANI, cit., 8 specifica che se per comodità il debitore forma delle classi, queste assumono un significato meramente "interno".

230 FRASCAROLI SANTI, cit., 130.

considerazione riservato a queste ultime nella compagine creditoria.

In assenza di disciplina positiva è la prassi a giocare un ruolo determinante. Dal momento che è essenziale per il successo di un piano di salvataggio la fiducia della maggior parte dei creditori nel buon fine dell'iniziativa di risanamento, è lo stesso imprenditore in crisi che tende a contrassegnare la sua azione con un livello di trasparenza adeguato e a dichiarare la disponibilità a regolare secondo un modello procedurale i passi dell'iniziativa di risanamento. Tale disponibilità di solito è recepita negli accordi attraverso previsioni che contemplano l'istituzione di obblighi di comunicazione di determinate informazioni a scadenze temporali prefissate, attraverso la trasmissione di situazioni patrimoniali, relazioni ed altri documenti informativi. Inoltre, vista la durata di solito pluriennale della fase esecutiva degli accordi, l'imprenditore e i creditori spesso convengono che i rapporti tra loro vengano intrattenuti tramite organismi di consultazione e controllo ad hoc costituiti232. Spesso gli accordi prevedono la nomina o la sostituzione di organi sociali, che risultino graditi al ceto creditorio. I fattori che incidono sul successo di un accordo sono tendenzialmente la fiducia personale e la procedimentalizzazione dei rapporti; l'ottica è quella di conseguire il più ampio coordinamento tra creditori, in funzione di evitare azioni individuali che potrebbero porre a rischio la conservazione del massimo valore del patrimonio del debitore consentendo, per converso, all'imprenditore di fare affidamento sull'intero patrimonio aziendale per attuare il piano di salvataggio233.

Nella prassi, solitamente il debitore rende nota, con una sintetica comunicazione234 ad uno o più creditori, la sussistenza di una situazione di crisi d'impresa e la sua volontà di addivenire ad una composizione negoziale delle pendenze, per disincentivare le iniziative individuali di recupero dei creditori; ma se non esiste un espresso dovere di informativa in

232 BOGGIO, cit., 11 osserva che questo comporta sia per il creditore che per l'imprenditore un risparmio di costi, a discapito però di una cognizione diretta delle informazioni. In particolare il creditore demanda ad altri la costosa attività di negoziazione, la verifica della fattibilità del piano e il controllo della sua esecuzione. L'imprenditore, a sua volta, elimina il costo del mantenimento di una serie di relazioni a favore della gestione di un unico rapporto con l'organismo, cosa che riduce anche il rischio che le informazioni riservate vengano divulgate.

233 BOGGIO, cit., 10 ss.

234 La sinteticità della spiegazione ha molteplici ragioni che risiedono da un lato nella mancanza di dati sufficientemente definitivi in un momento iniziale e dall'altro nella finalità di non creare un allarme che potrebbe portare ad una immediata interruzione di credito. Le ulteriori informazioni vengono fornite in un momento successivo, a seguito della ricezione da parte del debitore delle manifestazioni d'interesse a valutare la possibilità di negoziazione di un piano di salvataggio. Sul punto si veda diffusamente BOGGIO,

capo al debitore, a fortiori non esistono prescrizioni sul contenuto dell'informativa stessa. Tuttavia, dall'applicazione di un generale principio di buona fede235, si possono far derivare alcuni corollari: il debitore dovrebbe essere messo in condizione di valutare la normativa applicabile, in fase di stipula dell'accordo e poi di sua successiva esecuzione, e le rinunce che dovrà sopportare in prima persona per poterle "pesare" rispetto a quelle degli altri creditori236; inoltre l'informazione dovrà essere tempestiva, in modo da garantire il tempo utile per la formazione della volontà237. D'altronde che il legislatore avverta l'esigenza di garantire la trasparenza nella negoziazione è dimostrato dalla previsione legislativa di un obbligo di pubblicità dell'accordo, per il quale l'art. 182-bis prevede il deposito e la pubblicazione nel Registro delle Imprese. Non solo: in caso di successivo fallimento, si possono infatti ravvisare i presupposti per l'imputazione di bancarotta preferenziale qualora emerga che il debitore abbia agito in stato di insolvenza e questa non sia stata rimossa dall'accordo di ristrutturazione a causa di singoli inadempimenti. Sul punto è intervenuta la l. 122/2010 (sul punto vedi capitolo II, paragrafo 10).

Tutti i creditori dovrebbero essere messi a conoscenza delle stesse informazioni: la parità informativa è essenziale e deriva dal principio di buona fede, anche se normalmente, nella prassi, le asimmetrie informative sono rilevanti. Infatti, nel ceto creditorio le banche rappresentano sicuramente la componente più informata, anche per gli strumenti a disposizione238, come la Centrale dei Rischi presso la Banca d'Italia. Benchè nel nostro ordinamento, in materia di accordi di ristrutturazione dei debiti, non sia espressamente codificato il principio del good faith239, esso deve comunque considerarsi operante240: affinchè i creditori siano messi a conoscenza delle medesime informazioni, il debitore

235 Sull'applicazione del principio di buona fede negli accordi di ristrutturazione si vedaMOLINARI, Gli

accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l. fall. e i gruppi di imprese, in Trattato delle procedure concorsuali a cura di GHIA,PICCININI,SEVERINI, Torino, 2011, 671 e diffusamente BOGGIO,

cit., 174.

236 Tuttavia si noti come in uno studio effettuato intervistando un campione di giudici dei principali Tribunali italiani, ben il 64% di questi ha espresso l'opinione che non sia necessario che il proponente documenti di aver informato ciascun creditore del trattamento riservato agli altri (VELLA, BRUNI, D'AQUINO, Consenso dei creditori e revocabilità della proposta, in Accordi di ristrutturazione dei debiti, in Concordato preventivo concordato fallimentare e accordi di ristrutturazione dei debiti a cura di FERRO, RUGGIERO,DI CARLO, Torino, 2009, 444).

237 BOGGIO, cit., 171 ss.

238 Si noti tra l'altro che il Codice di Comportamento dell'ABI prevede che le banche si comunichino tra loro notizie di rilievo per l'assunzione di decisioni relative all'esercizio dei propri diritti verso il creditore. 239 Previsto nella section 1129 U.S.C.

dovrebbe allora bilanciare le asimmetrie informative che potrebbero configurarsi tra i finanziatori più informati, come le banche, e quelli meno informati, come i creditori commerciali e i fornitori.

Inoltre l'art. 182-bis, comma secondo, l. fall. impone la pubblicazione e il deposito degli accordi nel Registro delle Imprese. La disposizione promuove condotte più trasparenti in occasione della negoziazione di soluzioni della crisi d'impresa e sanziona, mediatamente, i comportamenti opportunistici in danno degli altri creditori e dei terzi. Il nostro diritto positivo richiede all'imprenditore-debitore che si trovi in crisi e tuttavia intenda proseguire l'attività d'impresa, di mettere i propri creditori a conoscenza della propria situazione economico-finanziaria. Qualora l'imprenditore che proponga un piano di risanamento non metta a disposizione dei creditori oblati informazioni sufficienti a compiere una valutazione con piena cognizione delle alternative possibili e su base di parità, egli si rende inadempiente ad obbligazioni di fonte legale, con conseguente possibilità per il creditore di chiedere l'adempimento, anche coattivo241.

Peraltro, speculare al dovere di informativa in capo al creditore, sussiste un dovere di riservatezza in capo ai creditori, che non potranno rendere note le informazioni ricevute indiscriminatamente a danno del debitore242, ma potranno scambiarle tra loro243. Il dovere di buona fede nello scambio delle informazioni si può considerare di natura contrattuale

241 BOGGIO, cit., 176.

242 BOGGIO, cit., 177 osserva che tendenzialmente la prima comunicazione del debitore-imprenditore circa le difficoltà di rispettare i termini di pagamento di solito viene espressa in termini generici e ciò fa sì che non possa si possa configurare a carico del ricevente un vero e proprio obbligo di astensione dal libero utilizzo delle notizie in esse contenute. Tuttavia, la situazione cambia se le informazioni non sono di dominio pubblico, quando abbiano un contenuto tale che, se rese note, possono arrecare un danno all'imprenditore e siano state trasmesse al creditore in adempimento di quel dovere di comunicazione dei fatti rilevanti per l'esecuzione del rapporto contrattuale. In quest'ultimo caso sarebbe imposto al creditore un certo grado di riservatezza: egli non potrà mettere i terzi a conoscenza delle informazioni, ma potrà farne uso, sospendendo l'esecuzione della propria prestazione, richiedere l'adempimento del debitore ed eventualmente domandare la dichiarazione di fallimento. Nel caso ulteriore in cui l'imprenditore abbia comunicato ai propri creditori informazioni sulla propria situazione economico-finananziaria e questi abbiano posto in essere delle condotte positive, non in contrasto con il programma predisposto dall'imprenditore, si può considerare che sussista la volontà del creditore alla proposta di rinegoziazione, fino alla conclusione di un pactum de non petendo. In quest'ultimo caso l'utilizzo da parte del creditore di informazioni riservate per procedere, ad esempio, al recupero individuale, dovrebbero essere considerate in contrasto con il principio della buona fede in executivis e dunque l'imprenditore potrebbe opporsi, con la conseguenza che il credito oggetto dell'azione del creditore dovrebbe essere qualificato temporaneamente non esigibile.

243 Secondo BOGGIO, cit., 179 ciascun soggetto che partecipi alla negoziazione di un accordo di salvataggio, salvo che non sia vincolato da qualche disposizione legale o contrattuale al segreto, è tenuto a trasmettere anche agli altri le informazioni in suo possesso rilevanti per accettare o meno la proposta.

ove l'accordo di ristrutturazione si presenti come contratto plurilaterale; ove invece si sia in presenza di una pluralità di contratti collegati, che non comportano il sorgere di un vincolo reciproco tra i creditori, la violazione del suddetto dovere si connota come illecito aquiliano244.