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5. Le ragioni del mal contento della classe medica: l’aumento esponenziale

5.1. La medina difensiva: radici storiche e criticità diffuse

Fin da epoche insospettabili si riportano esempi di medicina difensiva. L’episodio più antico viene raccontato da Curzio Rufo nel IV secolo a.C.: quando Alessandro Magno rimase ferito in battaglia, nessun medico osò asportare la freccia rimasta conficcata nel suo corpo, fin tanto che Alessandro, capendo le ragioni del timore dei chirurghi, garantì l’impunità a chi fosse intervenuto190.

Nell’epoca moderna, la medicina difensiva affonda le sue radici negli Stati Uniti degli anni Settanta, per diffondersi immancabilmente anche in Europa.

Approfondimenti specifici, i primi dei quali effettuati in Giappone, Canada, Australia, Stati Uniti e Regno Unito, dimostrano come la medicina difensiva abbia raggiunto una dimensione ormai abnorme191.

In tale espressione vengono ricompresi tutti i casi in cui il medico adotti misure di “autotutela”, mosso esclusivamente dalla volontà di evitare un contenzioso giudiziario, con la rottura dell’equilibrio d’interessi tipico dell’alleanza terapeutica192.

In Italia il fenomeno è stato percepito con ritardo, stante l’assenza di rilevazioni statistiche puntuali e di una diffusa cultura di risk management193.

190 CURZIO RUFO, Historiae Alexandri Magni Macedonis.

191 Sul tema: A. FIORI, D. MARCHETTI, Medicina legale della responsabilità medica. Nuovi profili, GIUFFRÈ, Milano, 2009; BUCCELLI, La “koinè” medico-legale tra medicina e diritto: cinque pericoli per reciproche incomprensioni, in Riv. it. med. leg., 2009, p. 264. 192 TASSINARI, Rischio penale e responsabilità professionale in medicina, in CANESTRARI-FANTINI (a cura di), La gestione del rischio in medicina, 2006, p. 5.

M. Ilaria Manca

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80 Nei primi decenni di vigenza del codice penale, infatti, si era ritenuto che la colpa del sanitario dovesse essere valutata con larghezza di vedute per non inibire l’arte medica194.

Oggi, piuttosto, si cerca di modellare la disciplina della medicina difensiva attorno ai paradigmi della responsabilità per colpa, affinché sia garantita al medico una certa libertà di manovra nel preoccuparsi esclusivamente della salute del paziente.

Un cospicuo contributo allo studio del problema della medicina difensiva proviene dal lavoro di ricerca svolto dal “Centro Studi Federico Stella sulla giustizia penale e la politica criminale” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che tramite studi empirici ha elaborato un progetto di riforma per la gestione del contenzioso legato alla mal practice e al rischio clinico195.

Infatti, al pericolo preesistente costituito dalla patologia in atto, segue un rischio specifico ed ulteriore riconducibile al sanitario (cd. rischio iatrogeno), che determina una sempre minore disponibilità del paziente ad accettare l’eventuale insuccesso del medico.

Peraltro, il rischio che condotte anche di poco divergenti dalle linee guida o dai protocolli terapeutici vengano interpretate come medicina

194 PANNAIN, La colpa professionale dell’esercente l’arte sanitaria, in Riv. it. dir. proc. pen., 1955, p. 32.

Un’obsoleta concezione paternalistica, che considerava il medico quale dominus dell’attività curativa, emerge anche in CRESPI, La colpa grave nell’esercizio dell’attività medico-chirurgica, in Riv. it. dir. proc. pen., 1973, p. 255.

195 CENTRO STUDI FEDERICO STELLA, Il problema della medicina difensiva, a cura di G. FORTI, M. CATINO, F. D’ALESSANDRO, C. MAZZUCATO, G. VARRASO (a cura di), 2010, pp. 46 e ss.; F. D’ALESSANDRO, Contributi del diritto alla riduzione della medicina difensiva, in Riv. it. med. leg. e Dir. Sanitario, 2014.

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81 difensiva rende evanescenti i confini tra ciò che è giuridicamente lecito o meno196.

Il discrimine si coglie valutando se l’attività diagnostica o terapeutica corrisponda ai bisogni del paziente o sia diretta ad evitare il contenzioso giudiziario197.

Gli autori più vicini alla dottrina medico legale escludono, tra l’altro, che la medicina difensiva abbia solo effetti negativi sui pazienti poiché spesso verrebbe confuso “il confine fra doverosa prudenza e pusillanime evitamento di determinate procedure potenzialmente foriere di sequele e complicanze inaccettabili per il paziente”198.

Soprattutto quando il sanitario reputi inadeguate le proprie conoscenze o il contesto assistenziale nel suo complesso, risulterebbe difficile - se non anche impossibile - pretendere un eccessivo attivismo piuttosto che accettare un certo grado di prudenza.

Gli stessi autori, in difesa della condotta prudenziale, citano l’art. 21 del Codice Deontologico (CD): “Il medico deve garantire impegno e competenza professionale, non assumendo obblighi che non sia in

196 CAPITANI, Il decreto Balduzzi promuove il giudice penale a “cultore” della scienza medica, in Dir. e giust., 2013, p. 452.

197 Un’utile distinzione tra comportamenti finalizzati a scopi difensivi e comportamenti legittimamente scrupolosi (ancorché eccessivi) si rinviene in P. MARIOTTI, A. SERPETTI, A. FERRARIO, R. ZOJA, U. GENOVESE, La medicina difensiva: questioni giuridiche, assicurative, medico-legali, Maggioli, Rimini, 2011, i quali si dimostrano molto preoccupati dal rischio di una “deriva da un atteggiamento difensivo “puro” - vale a dire unicamente motivato dal timore di future accuse di malpractice - ad una che maschera l’insicurezza, o addirittura l’incapacità [...] del medico, il quale demanda in continuazione a terzi, o a strumenti tecnologici il compito di fornirgli conclusioni “preconfezionate”, alle quali allinearsi senza alcuno sforzo professionale. Ed anche senza alcuna responsabilità”.

198 Così, PALIERO-RANDAZZO-DANESINO-BUZZI, “Cause e mezzi” della medicina difensiva, cit., p. 17.

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82 condizione di soddisfare. Egli deve affrontare nell’ambito delle specifiche responsabilità e competenze ogni problematica [...] avvalendosi delle procedure e degli strumenti ritenuti essenziali e coerenti allo scopo e assicurando attenzione alla disponibilità dei presidi e delle risorse”199.

Comunque, tra gli aspetti negativi più eclatanti della medicina difensiva “attiva” (v. infra cap. 5.2), di sicuro vi è l’impatto economico generato dalle prestazioni assistenziali non dovute, pari a quasi al 12% della spesa sanitaria totale200.

Peraltro, anche la medicina difensiva “passiva” - che per la sua natura omissiva dovrebbe essere promotrice di risparmio - ingenera notevoli costi pubblici tramite il contenzioso a carico dei medici scatenato dai comportamenti evitativi.

199 In senso ancora più critico, CORNAGLIA FERRARIS “Medici e medicine sono sul mercato e non mancano le occasioni per buttare i soldi dalla finestra. Ma non deve farlo la Asl. Dare cure inutili pesa sul fondo sanitario e induce la gente a credere di avere diritto di sprecare, per provare <<sino all’ultimo>>. I confini tra appropriatezza, eticità, compassione e spreco sono labili” in un commento sul quotidiano nazionale “La Repubblica” del 20 marzo 2012.

200 L’indagine statistica condotta dall’Ordine dei Medici di Roma nel 2010 (v. supra nota n. 183 cap. 5) ha rivelato che dei 134 miliardi di euro di spesa complessiva, l’80% è dovuto a visite, ricoveri, esami e farmaci, di cui circa 13 miliardi di euro l’anno probabilmente non necessari.

Per completezza espositiva, corre il dovere di precisare che, tendenzialmente, gli studi condotti sui costi della medicina difensiva attiva vengono formulati senza distinguere in maniera analitica le prestazioni e i trattamenti effettivamente inutili da quelli motivati da una ragionevole prudenza, cfr. PALIERO-RANDAZZO-DANESINO-BUZZI, “Cause e mezzi” della medicina difensiva, cit., pp. 17 e ss.

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5.2. Categorie, classificazioni e altri fenomeni simili di distorsione