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La parola chiave: interpretazione

Mirella Conenna

2 La parola chiave: interpretazione

La traduzione della canzone è una forma d’interpretazione altra che ci fa ascoltare quasi la stessa canzone, potremmo dire parafrasando Umberto Eco (2003). L’interpretazione si contraddistingue sia per l’accezione “decodificazione”, poiché è necessario interpretare per tradurre, sia per l’accezione “scenica e musicale”, poiché la nuova canzone, prodotto della traduzione, è interpretata, in concerto o per una registrazione, e per lo più dallo stesso traduttore.

Per quanto attiene la tecnica traduttiva, si può notare che, nella scelta del traduttore, per esempio, di riambientare il testo poetico nella lingua-cultura di arrivo oppure di ripresentare l’originale con fedeltà semantica (se non proprio alla lettera), l’interpretazione s’impone o si sfuma, connotando l’atto comunicativo che è fondamento della traduzione. Sottile è la frontiera fra l’interpretazione e la variazione, la ricerca di equivalenze, la riscrittura, tutte fasi e selezioni dell’operazione traducente, per cui farne una classificazione tipologica è soltanto un’astrazione finalizzata alla riflessione. In tal senso, l’interpretazione esegetica sfocia nella ricreazione poetica (quasi equivalente al testo di partenza), trasmette il messaggio, suggerendo, chiarendo il senso della canzone.

Il ricorso al supporto sonoro, al video, è fondamentale per render conto dell’interpretazione scenica. Nella tipologia definita da Calvet (1981), si parla di “canzone cantata”, (la chanson chantée) che aggiunge senso al senso primario, codificato nel testo poetico e nel testo musicale (la chanson

écrite) e recepito all’ascolto. La “canzone recepita” (la chanson reçue) può

far percepire una nuova trama di significati, le “parole sotto le note” (les mots

sous les notes), schegge significanti, suoni ripetuti che suggeriscono un testo

virtuale; per esempio, il tema della canzone emblematica di Brassens, La non-

demande en mariage, il rifiuto della vita di coppia, si costruisce, per omofonia

delle forme de/deux e nom/non, sulla ripetizione di forme di diniego e della parola due (deux), come dire: “due, no!” (Calvet 1998: 140-141):

J’ai l’honneur de Ne pas te de-

mander ta main Ne gravons pas Nos noms au bas d’un parchemin

In situazione di traduzione, l’interpretazione ri-crea la storia originale con un’estensione che permette di prolungare l’originale stesso. L’interpretazione, che è un elemento importante dal punto di vista della cantologia (Hirschi 1995), in cui si considera la canzone nella sua globalità, è pure un elemento traduttologico fondante e pone il nuovo oggetto-canzone in una luce diversa rispetto all’originale, cui resta comunque strettamente connesso dalla musica e dal senso generale del testo (Conenna, in corso di stampa).

La vasta gamma delle traduzioni di Brassens riflette tale casistica nelle varie lingue (Bracops 1992-93) e nelle versioni italiane vi sono esempi rilevanti. Si pensi alle interpretazioni di Nanni Svampa che rievocano atmosfere milanesi, sia nelle traduzioni in dialetto sia in quelle in italiano: il buon rotamatt, il robivecchi lombardo, sostituisce così il generoso e celebre

auvergnat;7 i bistrots si trasformano in trani, le osterie milanesi – cantate anche da Giorgio Gaber8 – dove si beveva il vino di Trani:9

Ça n’fait rien, il y a des bistrots bien singuliers... Ma guarda un po’: che trani strani questi qui!10

Non va poi dimenticata l’interpretazione scenica di Svampa che preferisce quella a lui più consona come attore di cabaret che lo porta ad accentuare la comicità del testo con ammiccamenti e una gestualità che si pone agli antipodi di quella un po’ monocorde di Brassens. Basti citare a riguardo Il fantasma (Le

fantôme), Il gorilla (Le gorille), ma soprattutto La Cesira,11 figura lombarda simmetrica della Fernande francese, messa in scena nelle versioni live con sapienza cabarettistica e la partecipazione divertita e liberatoria del pubblico.

Le traduzioni dialettali sono marcate da concretezza nella scelta lessicale e comportano, pertanto, un maggior livello di ricreazione in una cultura

7 G. Brassens, Chanson pour l’auvergnat; N. Svampa, Canzón per el rotamatt.

8 Cfr. la nota canzone Trani a gogò, https://www.youtube.com/watch?v=Kwx3Yv2zSMI. 9 «A Milano o nel Milanese, fino a tempi recenti, bettola, osteria, dal nome del centro pugliese di Trani (in provincia di Bari), che appariva nelle insegne di osterie, da solo o nella locuzione vino di Trani, che indicava anche, genericamente, il vino rosso sfuso.», Vocabolario Treccani on line (s.v. trani).

10 G. Brassens, L’épave; N. Svampa, Il relitto umano.

11 www.youtube.com/watch?v=RBdLsSjm1y0. L’originale: www.youtube.com/watch?v=n3z LP21va4s.

locale; così Fausto Amodei trasforma l’amandier in un “noce”, la nosera, più facilmente riconoscibile in piemontese; per quel che riguarda l’interpretazione scenica, quella di Amodei, molto sobria – nel suo stile di persona e di cantautore – più si avvicina a quella di Brassens.

Nel prisma colorato che è l’oggetto-canzone, si possono illuminare le facce di vari aspetti che coesistono, come quello intimo e quello collettivo (Conenna 2014). Si pensi che persino in un momento intimo come quello della creazione, si può ipotizzare un virtuale collettivo, perché i cantautori riconoscono di aver presente il pubblico nel momento della composizione: ne immaginano le reazioni a proposito di una frase, di un ritornello. La ricezione è il momento simmetrico, collettivo per il ruolo del pubblico, intimo, per ciascuna persona che fa parte di quel pubblico e che s’illude che il cantante canti per lei.

Per quanto riguarda l’interpretazione, vi è l’intimo nelle implicazioni emotive e psicologiche del cantautore (diverse secondo la situazione: registrazione, palco ecc.); il collettivo, è quello della collaborazione (gruppi, duo, cantante invitato che co-interpreta, tecnici del suono e delle luci). Una collaborazione che è attualizzata nei ringraziamenti dell’interprete (in scena, o anche nel testo di un cd o di un programma di sala).