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1.4 L'identità e l'alterità

1.4.1 La paura delle differenze

Il termine “identità” ha un significato ambivalente poiché indica sia la permanenza psichica del singolo sia la propria differenza rispetto all'altro. 25

Assumere un'identità significa sentirsi parte di un gruppo, ma anche, contemporaneamente, essere diverso rispetto a ogni altro membro del gruppo. In questo contesto si inserisce il tema della paura dell'altro, in relazione alla certezza identitaria.

Categorizzare qualcuno come diverso o simile a se stessi e al gruppo dipende in gran parte dai criteri su cui si basano le somiglianze o le differenze; è proprio in dipendenza di questi criteri che si creano gruppi di appartenenza e conseguenti processi di marginalizzazione.

L'associazione mentale che si instaura tra la percezione delle differenze e la conseguente paura subentra nei processi di socializzazione, quando cioè vi è un'accessibilità di soggetti in relazione tra loro. Molto spesso durante queste fasi vengono alimentati stereotipi negativi che assolvono la funzione di conferire ordine alle numerose informazioni che l'individuo riceve dall'ambiente in cui è inserito.

Il rispetto verso l'altro è un modo di esprimersi: questo significa che per trattare gli altri con rispetto è necessario trovare i modi di comportarsi e di comunicare adeguati a colui con cui ci si interfaccia.

Questi modi e gesti di espressione dicono qualcosa anche sul carattere dell'individuo, carattere inteso come aspetto del Sé capace di entrare in contatto 25 Galanti M. A., Smarrimenti del Sé. Educazione e perdita tra normalità e patologia, ETS, Pisa

con gli altri.

In generale la diversità spaventa perché viene vissuta come una disconferma della certezza identitaria che il singolo crea in se stesso, e la paura che ne viene fuori assume molteplici forme poiché si può temere la lontananza delle persone intesa come diversità di origini, abitudini, culture, sesso, ma si può temere anche la diversità delle persone che sentiamo a noi più vicine.

La paura però che forse affligge maggiormente l'individuo è quella relativa alla dimensione interna, quella legata a noi stessi.

La fisiologicità della paura è un fattore fondamentale dell'esistenza poiché determina la crescita e la trasformazione dell'individuo in rapporto con l'ambiente che lo circonda e con l'adattamento a questo.

Quando però questa paura assume sembianze estreme diventa un ostacolo a tutto questo. La paura della relazione con l'altro, ritenuto diverso, si basa su una concezione binaria: l'altro è diverso poiché in lui non vengono riconosciute le caratteristiche a noi familiari.

Questo aspetto porta a una riduzione delle differenze individuali proprio perché si limitano ad essere inserite in due sole categorie, quella nota e quella sconosciuta. Una prospettiva interculturale, fondata sull'importanza della diversità invece, porterebbe alla decostruzione di questa visione binaria grazie alle interazioni e alla considerazione del fatto che ogni individuo rappresenta una cultura a sé stante.26 La diversità culturale tra individui, ad esempio, intesa come identificazione culturale del singolo individuo, è la base da cui partire per definire la “cultura sociale”.

26 Monceri F., Sguardi prospettici. La filosofia del film tra etnocentrismo e interculturalità, in

“ La cultura sociale può essere definita come una cultura che conferisce ai propri membri modi di vivere dotati di senso in un ampio spettro di attività umane, ivi comprese la vita sociale, formativa, religiosa, ricreativa, ed economica, nonché la sfera pubblica come quella privata ”.27

In questo contesto la libertà individuale è intesa come libertà e autonomia anche dalle costrizioni culturali poiché il riconoscimento dell'importanza della cultura per la vita individuale si fonda proprio sulla cultura sociale interpretata come scelta fra varie alternative.

Il concetto di diversità potrebbe partire dal presupposto che l'individuo è tale in quanto il risultato continuamente in divenire del processo interattivo che lo connette all'ambiente nel suo complesso: un insieme sempre mutevole di relazioni con un ambiente dall'interazione con il quale emerge la sua individualità in ogni momento dato. Individualità questa che è frutto di scelte e caratteristiche del tutto uniche e non riproducibili, poiché l'interazione del singolo con l'ambiente che lo circonda è totalmente personale ed esclusiva.

“ […] La relazione tra individuo e cultura ad esempio è un processo dinamico e interattivo nel quale, accanto all'affermarsi di modelli culturali condivisi (ciò che è comune fra di noi) che definiscono l'identità individuale come “questa e non un'altra” si dà pur sempre la possibilità della rinegoziazione di tali modelli entro il contesto dato, sulla base di ulteriori differenze individuali e di gruppo (ciò che è diverso fra noi) ”.28

27 Monceri F., Ordini costruiti. Multiculturalismo, complessità, istituzioni, Rubbettino, Soveria Mannelli 2008, p. 5.

28 Monceri F., Interculturalità e comunicazione. Una prospettiva filosofica, Lavoro, Roma 2006 p. 16.

Richiamando la Fenomenologia dello Spirito Hegeliana, possiamo considerare il Sé come onnipotente che vuole affermarsi nell'incontro con l'altro. Non può farlo, però dato che riconoscere l'altro significherebbe negare la propria esistenza.

L'autocoscienza, secondo Hegel, si raggiunge solo se si riesce a confrontare la propria esistenza con quella degli altri. Il riconoscimento delle altre autocoscienze però avviene tramite la lotta, il confronto, da cui viene fuori una subordinazione di un'autocoscienza rispetto a un'altra.

Si tratta di conquistare la propria autonomia attraverso il processo del riconoscimento: nella dialettica Hegeliana di signoria/sevitù, questo processo porta da un lato il servo a non dipendere più per la propria identità dal rispecchiarsi nella coscienza del padrone, e dall'altro, il padrone a smettere di essere tale solo perché si riflette nella coscienza del servo.

“ Il diventare consapevoli di se stessi, il poter dire “Io”, presuppone un rapporto con altre “autocoscienze”, esseri umani capaci di riferirsi a sé attraverso l'Altro, di sdoppiarsi al proprio interno, rispecchiandosi dapprima in un “Io” diverso dal proprio e in seguito, in se stessi […] ”.29

Il riconoscimento dell'altro, infatti, porta secondo Hegel a un paradosso: nel momento in cui realizziamo la nostra indipendenza dipendiamo da un altro perché è necessario che l'altro riconosca questa nostra indipendenza. D'altro canto non possiamo prescindere dal riconoscimento dell'altro: per affermare se stesso l'individuo deve relazionarsi inevitabilmente con l'altro.

Questo paradosso del riconoscimento è la condizione essenziale per la costruzione 29 Bodei R., Immaginare altre vite. Realtà, progetti, desideri, cit., p. 150.

dell'autonomia individuale all'interno della relazione.

E' dunque a partire dalla diversità, dal riconoscimento dell'altro da sé, che si prendono le mosse per arrivare a conquistare l'autonomia.

In questa dialettica Hegeliana di signoria/servitù il signore si rapporta al servo attraverso l'essere autonomo.

“ Il servo infatti è legato proprio a questo essere da cui non ha potuto astrarre nel corso della lotta e che adesso costituisce la sua catena […]. Il signore invece, avendo dimostrato nella lotta di considerare l'essere autonomo soltanto come un negativo è la potenza che domina su questo essere ”.30

Ogni organismo costruisce la sua autonomia distinguendosi dall'ambiente circostante ma non separandosi da esso; conoscendo il contesto in cui viviamo e da cui non potremmo prescindere, ma allontanandoci allo stesso tempo da esso, possiamo affermare la nostra autonomia di individui.

La conoscenza di cui ciascuno di noi dispone in quanto individuo è infatti il risultato di una costruzione operata a partire dall'esperienza, e per questo tale conoscenza individuale varia da individuo a individuo: la diversità così intesa quindi esiste sempre e da sempre, al di là del suo consapevole riconoscimento da parte degli individui.

Ogni individuo ha un rapporto personale con l'ambiente che lo circonda e la diversità consiste in uno scarto tra gli stimoli che un individuo percepisce e la sua personale modalità di accoglienza di questi stimoli esterni.

30 Hegel G., W., F., IV. La verità della certezza di se stesso, in Fenomenologia dello spirito, Bompiani, Milano 2000, p. 285.

“ Dal punto di vista del singolo individuo anche tutti gli altri individui fanno parte dell'ambiente e già in questo senso essi vengono percepiti come diversi […] Tale diversità ha a che fare con il raffronto tra l'ammontare delle informazioni a disposizione di ognuno degli individui coinvolti nell'interazione ”.31

Le esperienze di vita degli individui, per quanto in parte simili e sovrapponibili, rimangono pur sempre uniche e totalmente personali.

“ […] Il fatto che gli individui si riconoscano perlomeno in qualche misura anche come simili, li spinge a interagire sulla base della fondata aspettativa che la propria prospettiva sia estendibile anche all'altro ”.32

Questo confronto interpersonale determina la latente conflittualità fra le diversità che porta alla paura della relazione con colui che si ritiene diverso da noi; dal momento che però per ogni individuo l'interazione con l'altro è necessaria, diventa necessario e inevitabile anche il confronto fra la propria diversità e quella dell'altro. Questa dinamica spesso porta a paure e conseguenti conflitti che devono essere risolti con l'adattamento e l'adeguamento della propria diversità con quella dell'altro.

Un caso particolare di relazione con la diversità è quello della stigmatizzazione: lo stigma è una sorta di “segno distintivo” che caratterizza una devianza dalla 31 Monceri F., L'impermanenza dell'ordine. Appunti sulla diversità come problema politico, in

Fabris A., Ferrucci F., Giomi E., Maddalena G., Monceri F., Schimada S., Immagini dell'altro.

Identità e diversità a confronto, cit.., p. 181.

32 Monceri F., L'impermanenza dell'ordine. Appunti sulla diversità come problema politico, in Fabris A., Ferrucci F., Giomi E., Maddalena G., Monceri F., Schimada S., Immagini dell'altro.

“normalità”. La stigmatizzazione dunque è quel fenomeno sociale che attribuisce una connotazione negativa a un membro del gruppo con la conseguente discriminazione in alcuni casi o con un declassamento a un livello inferiore.

La condizione dello stigmatizzato è quella di chi entra nelle relazioni sociali portando con sé una diversità non voluta e questo lo porta ad avere un problema di accettazione da parte degli altri.

E' il caso ad esempio della stigmatizzazione che si identifica con una disabilità, che può essere fisica, e quindi più visibile, o nascosta come quella psichica; o il caso della stigmatizzazione che si palesa nel colore della pelle, o nello status sociale o in qualunque altra caratteristica che non corrisponde a quelle conosciute o comunque incluse nel proprio gruppo sociale di appartenenza e quindi accettate. La diversità in questi casi è una differenza indesiderata che altera il normale funzionamento delle relazioni sociali, ma non ne mette in discussione la struttura di plausibilità.33

La gestione di questa diversità è una dinamica frequente nella società: l'“etichettamento” infatti consiste nella selezione sociale delle differenze, e questo processo avviene in ogni ambito in cui siano presenti dei gruppi, dunque in ogni dove sociale.

Questo processo selettivo avviene tramite il richiamo agli stereotipi:

“ Gli stereotipi sono categorie culturali presenti a livello preconscio, attingendo alle quali le persone sono in grado di assumere delle decisioni in breve tempo svincolandosi dalla necessità di prendere in esami ulteriori 33 Ferrucci F., La disabilità. Differenza e alterità tra natura e cultura, in Fabris A., Ferrucci F.,

Giomi E., Maddalena G., Monceri F., Schimada S., Immagini dell'altro. Identità e diversità a

elementi. Gli stereotipi sono dunque assimilabili agli schemi di tipizzazione che orientano il nostro agire nella realtà della vita quotidiana favorendone la routinizzazione, cioè il primo passo verso l'istituzionalizzazione ”.34

I gruppi sociali che si arrogano il potere di stigmatizzazione, attribuiscono automaticamente a se stessi il tratto distintivo di umanità e costituiscono il mondo sociale a partire dai propri bisogni, conferendo validità alla propria esperienza (e declassando l'esperienza degli altri gruppi sociali), ignorando che solo nella differenza può attuarsi un vero rapporto, un legame coinvolgente che collega fra loro, in maniera corretta, elementi diversi ma ugualmente importanti.

34 Ferrucci F., La disabilità. Differenza e alterità tra natura e cultura, in Fabris A., Ferrucci F., Giomi E., Maddalena G., Monceri F., Schimada S., Immagini dell'altro. Identità e diversità a

CAPITOLO II