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3. Tecniche e attrezzature di pesca

3.5. Ami, arpioni e trappole

3.5.1. La pesca con l’amo

La pesca con l’amo è uno dei sistemi più noti popolarmente, ma in termini economici ha il peggior rapporto tra resa e forza-lavoro richiesta. Certamente l’investimento economico per l’attrezzatura sarà molto basso in confronto ad altre tecniche, ma il pescatore dovrà dedicare molto tempo per prendere pochi pesci.

Se il tempo di attesa fosse ricompensato con pesci particolarmente grandi l’attività potrebbe essere comunque vantaggiosa: la specie più grande del lago, il

clarias lazera, non ha scaglie, per cui secondo le regole di purità ebraiche non

poteva essere mangiato, il ché diminuisce la sua importanza economica nella zona. La stessa specie si trova anche nel Nilo, e dalle fonti risulta che la sua carne fosse molto apprezzata dagli egizi, per cui e probabile che anche nel lago venisse pescata per il consumo dei gentili.83

Le altre specie, relativamente grandi, che potevano essere pescate con l’amo sono quelle che abbiamo inserito nel gruppo dei Barbi (Barbus Canis,

Barbus Longiceps, e Capoeta Damascina). Le restanti specie sono troppo piccole

o, come nel caso delle Tilapie, si alimentano di plancton e non sono attratte da altri cibi, per cui difficilmente abboccano all’esca.84

Masterman menziona che, ad inizio del Novecento, alcuni pescavano con una lenza dotata di molti ami senza esca ed un peso. La lenza veniva lanciata in mezzo ad un banco di pesci e poi raccolta velocemente, e con un po’ di abilità si riuscivano ad agganciare alcuni pesci. 85 M. Nun aggiunge che questa tecnica veniva a volte praticata per la pesca delle Tilapie, ma sostiene che con questo sistema si feriscono molti pesci e se ne prendono ben pochi, per cui sembra difficile immaginare che fosse impiegata dai pescatori professionisti.

Ci sono tante altre varianti nelle tecniche di pesca con l’amo,86

ma in generale tutte coinvolgono solo uno o pochi ami, e quindi sono adatte solo alla pesca su piccola scala. Esiste però una tecnica di pesca con ami che può essere impiegata commercialmente: la pesca con il “palamito” o “corda lunga di fondo”.87

Si tratta di una lunga corda centrale, a cui si legano delle lenze corte

83 Vedi sopra la sezione 2.2.4 riguardo al Korakinos o pesce-gatto 84

Nun, The Sea of Galilee and Its Fishermen in the New Testament, 48–49.

85 Masterman, “The Fisheries of Galilee,” 44.

86 Alcune delle principali tecniche di pesca con l’amo sono commentate in: von Brandt,

Fish Catching Methods, 80–99.

87

dotate di ami. Siccome virtualmente non c’è limite alla lunghezza della corda centrale, si possono collegare ad essa centinaia o perfino migliaia di ami.

Questa tecnica viene utilizzata oggi praticamente in tutto il mondo.88 Il sistema è molto semplice: Gli ami vengono innescati e un estremo della corda si lega sulla spieggia. Poi, utilizzando una barca, il pescatore si allontana dalla costa distendendo la corda e calandola in acqua. Dopo un certo tempo (a volte tutta la notte) la corda viene raccolta, oppure il pescatore può ispezionare gli ami ogni tanto, rimuovendo i pesci che abboccano e aggiungendo nuove esche agli ami ripuliti.

Il sistema richiede molto lavoro, ma può essere usato da una sola persona e può essere commercialmente rilevante. Non ci sono però evidenze riguardo al suo uso prima del sedicesimo secolo,89 per cui risulta improbabile che fosse impiegato nel Mediterraneo antico o nel lago di Tiberiade. Inoltre, il suo uso diventa efficace solo nel caso si possano prendere pesci grandi o di molto valore. In vista dei pesci disponibili nel lago risulterebbe quindi poco conveniente, ed infatti non risulta che sia inserita tra i metodi di pesca impiegati tradizionalmente.

La pesca con la lenza e l’amo semplice sia a mano o con una canna veniva sicuramente praticata nel lago. Negli scavi archeologici di Bethsaida sono stati rinvenuti più di 13 ami, di misure che variano tra i 1 ½ e i 2 ½ pollici,90 probabilmente impiegati per la pesca dei Barbi. Come si è visto, questa tecnica non poteva essere utilizzata per la pesca commerciale su grande scala, per cui probabilmente veniva impiegata da pescatori occasionali, in cerca di un pasto per il giorno o per svago.

Un indizio in favore di quest’ipotesi può essere visto in un passo del Talmud Babilonese. Nel Baba Kama 81a-b si menziona che la pesca all’amo era libera e aperta a tutti nel lago di Tiberiade finché non si utilizzi la “kela”. Questo termine viene tradotto generalmente come “vela” e quindi il passo potrebbe fare

88 Personalmente ho visto molte volte questa tecnica impiegata dai pescatori dei fiumi

Paraná e Paraguay nel Sud-America, nota dai locali con il nome di espinel. In questo contesto però viene utilizzata per la pesca commerciale di pesci molto più grandi di quelli che abitavano il lago di Galilea.

89 von Brandt, Fish Catching Methods, 88. 90

riferimento alla navigazione.91 Sarebbe dunque permesso a tutti di pescare all’amo dalla costa, ma non dalle barche e soprattutto senza interferire con la navigazione. Secondo l’interpretazione di M. Nun invece il termine “kela” si riferisce ad un tipo specifico di rete,92 e sostiene che la frase successiva riguardo a “fermare le barche” si riferisca alla fase della pesca con la sagena in cui la barca veniva ancorata per far scendere i pescatori che tiravano la rete dalla spiaggia. In questa ottica quindi, sostiene che la pesca con la sagena da spiaggia e con un tipo di rete chiamato “kela” erano diritti esclusivi della tribù di Neftali, mentre la pesca all’amo era aperta a tutti.

Secondo le interpretazioni dei rabbini in età moderna, Joshua avrebbe stipulato soltanto che la pesca all’amo era libera a tutti (implicando che la pesca con le reti era invece riservata ad alcuni). Ma dopo questo le tribù fecero altri accordi. Shlomo Luria (1510-1573), commenta che la “kela” era un metodo di pesca che in origine aspettava solo al proprietario del bacino d’acqua, ma le tribù avrebbero accordato che fosse vietata a tutti perché ostacolava la navigazione,93 la pesca con le reti invece sarebbe stata un’esclusività del proprietario mentre la pesca all’amo restava aperta a tutti.

Come si evince il passo non è chiaro e si presta a diverse interpretazioni, però in termini generali tutti concordano sul fatto che la pesca all’amo fosse aperta a tutti, mentre c’erano delle restrizioni riguardo ad altre tecniche. Considerando anche la beraisa in 81b, credo si possa interpretare che la pesca all’amo e anche l’uso di trappole o piccole reti, senza l’impiego di barche e senza ostacolare la navigazione era permessa ai più. Le altre tecniche che coinvolgono barche e/o quelle che richiedono reti molto grandi, che possono ostacolare la navigazione (quindi quelle economicamente più importanti), erano invece riservate a chi deteneva la proprietà del lago.

91 Isidore Epstein, ed., The Babylonian Talmud, Sefer Nezikin, trans. E.W. Kirzner, vol. 1

(London: Sancino Press, n.d.), 459–61.

92 Secondo Nun, sebbene il termine può essere tardotto come “vela”, “tenda” o altri, come

verbo indica l’azione di lanciare, per cui indicherebbe un tipo specifico di rete da lancio.

93 A differenza di Nun, si sostiene che sia la “kela” ad ostacolare la navigazione. Ma la

Gemara menziona una Beraisa (Baba Kama 81b) secondo cui in origine le tribù avrebbero accordato soltanto che la pesca con la “kela” era vietata a tutti, mentre la pesca con reti e trappole era permessa.