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3. Tecniche e attrezzature di pesca

3.4. La produzione e manutenzione delle reti

3.4.1. I materiali

Le reti potevano essere fatte da una grande varietà di fibre vegetali, tra cui le più importanti erano il lino, la canapa e il cotone.55 La canapa veniva importata nella Palestina tramite i porti del Mediterraneo e non ci sono tradizioni riguardo alla sua coltivazione e produzione nella zona. Il cotone viene menzionato alcune volte nelle fonti rabbiniche, ma sembra che avesse un’importanza minima e che fosse poco coltivato. In ogni caso, nella zona del lago sia il cotone che la canapa sarebbero stati troppo costosi per la fabbricazione di reti. Il lino era invece molto

54 Alfaro Giner, “Fishing Nets in the Ancient World: The Historical and Archaeological

Evidence,” 61.

55 Le reti potevano anche essere fatte da fibre estratte dalla corteccia di tiglio, dalla

comune nella regione per cui probabilmente la maggior parte delle reti di pesca impiegate nel lago in antichità erano fatte di questo materiale.

Il lino non solo diventa più resistente quando viene bagnato, ma si asciuga anche velocemente, il ché lo rende ideale per la produzione delle reti di pesca. Data la deperibilità del materiale pochi esempi di reti antiche si sono conservate fino ai nostri giorni, ma una rete in lino datata al secondo secolo EC è stata ritrovata nella zona del Mar Morto nel 1961, nella Cave of Letters vicino a Ein

Gedi.56

Il lino

Il lino è un materiale di uso comune per la fabbricazione di reti in tutto il mondo antico ed infatti Eliano menziona il lino nero e quello bianco tra i materiali richiesti per la produzione delle reti di pesca.57 A volte le reti stesse vengono chiamate in greco λινοῖ o in latino lina, il fabbricante di reti λινοπλόκος e chi utilizza le reti λινοθήρας.

I semi di lino servono come alimento, l’olio ricavato dai semi aveva funzioni medicinali e serviva come isolante per il legno delle barche mentre le sue fibre servivano a produrre vestiti, corde, vele per le navi, reti per la caccia e per la pesca.

La Palestina era nota nell’antichità per la produzione del lino, e soprattutto la Galilea e la zona del lago erano i luoghi principali di questa produzione. Pausania, nella sua “Descrizione della Grecia” menziona che i tessuti in lino prodotti nell’Elide erano tanto fini quanto quelli degli ebrei, ma non cosi gialli.58

56 Yigael Yadin, “Expedition D - The Cave of Letters,” Israel Exploration Journal, The

Expedition to the Judean Desert, 1961, 12, no. 3/4 (1962): 227–57; Nun, Ancient Stone Anchors and Net Sinkers from the Sea of Galilee, 35. Di questo materiale sono anche i tessuti rinvenuti nello stesso sito. Per l’identificazione dei materiali vedi M. Müller et al., “Identification of Single Archaeological Textile Fibres from the Cave of Letters Using Synchrotron Radiation Microbeam Diffraction and Microfluorescence,” Applied Physics A 83, no. 2 (May 1, 2006): 183–88. Nel lago di Galilea è stata trovata anche della fibra vegetale che potrebbe appartenere ad una rete di pesca o a dei contenitori per pesci, ma si tratta del sito di Ohalo II datato al Paleolitico, circa 19.000 anni fa; ben lontano dal periodo storico che ci interessa. Vedi Dani Nadel et al., “19,000-Year-Old Twisted Fibers From Ohalo II,” Current Anthropology 35, no. 4 (1994): 451–58.

57

Eliano, La Natura Degli Animali, 2:12.43ç.

58 Pausania, Descrizione Della Grecia, n.d., 5:5.2. Cfr. Judith Lynn Sebesta and Larissa

Bonfante, The World of Roman Costume (Univ of Wisconsin Press, 2001), 182; Shemuel Safrai, The Jewish People in the First Century: Historical Geography, Political History, Social, Cultural and Religious Life and Institutions (Uitgeverij Van Gorcum, 1987), 654.

Clemente di Alessandria menziona che i tessuti in lino della Giudea e della Cilicia erano considerati in Egitto beni di lusso, di qualità superiore a quelli locali.59

La città di Scytopoli era famosa per i suoi prodotti tessili di prima qualità,60 le fonti menzionano che il lino veniva prodotto e lavorato anche ad Arbel, a Tiberiade e nel bacino del lago,61 e ci sono indizi che indicano che Umm

el Kanatir, nella zona del Golan, fosse un altro centro di produzione.62

La pianura alluvionale nella zona nord-est del lago sembra essere l’ambiente ideale per questa attività per quanto riguarda il terreno e la disponibilità d’acqua,63 e infatti anche nella zona di Bethsaida ci sono indizi di coltivazione del lino. Dall’analisi dei pollini presenti nel luogo identificato come il tempio di Julias risulta che il 15% di questi siano riferibili al lino. Gli studiosi sostengono che probabilmente ciò si deve alle offerte delle primizie dei campi circostanti. Più importante ancora, sul retro del tempio, è un edificio ovale diviso da un muro in due zone. Le due aree sono state denominate “the granary” e “the

bin” (il granaio e il deposito). Nella zona chiamata “the bin” la percentuale di

pollini di lino arriva al 66%, il che rende evidente che il luogo era destinato all’immagazzinamento di questo materiale.64

Il materiale per realizzare reti di pesca sarebbe dunque stato facilmente reperibile nella regione. Bisogna però tenere in considerazione che la maggior parte delle informazioni che abbiamo menzionato sono tarde e che la coltivazione

59

Vedi Clemente di Alessandria, Il pedagogo, libro 2. Clement of Alexandria, The Writings of Clement of Alexandria (Edinburgh : T. & T. Clark, 1867). Cfr Sebesta and Bonfante, The World of Roman Costume, 182; R. J. Forbes, Studies in Ancient Technology (BRILL, 1987), 39.

60

Nell’editto sui prezzi massimi di Diocleziano, ad inizio del quarto secolo, i vestiti prodotti a Scytopoli rappresentano quelli più costosi e quelli di maggiore qualità. Cfr. Marlia Mundell Mango, Byzantine Trade, 4th-12th Centuries: The Archaeology of Local, Regional and International Exchange : Papers of the Thirty-Eighth Spring Symposium of Byzantine Studies, St John’s College, University of Oxford, March 2004 (Ashgate Publishing, Ltd., 2009), 67.

61 Ze’ev Safrai, The Economy of Roman Palestine (London: Routledge, 2003), 88–89.

62 Stephen Gabriel Rosenberg, “The Synagogue of Umm El-Kanatir,” Jerusalem Post,

February 20, 2009.

63 La pianura è nota oggi come Bik`at Beteiha. Nel capitolo precedente si è ipotizzato che

parte di questa pianura fosse sott’acqua nell’antichità, ma è probabile che le parti che non erano sommerse fossero destinate alla coltivazione del lino. Riguardo alle caratteristiche del terreno richiesto per la coltivazione del lino si veda Laura Bacci et al., eds., Manuale Di Coltivazione E Prima Lavorazione Del Lino E Altre Piante Da Fibra (Toscana: Regione Toscana - fpDesign, 2007), 17. Riguardo alle condizioni delle pianura di Beteiha vedi Strickert, Philip’s City. Capitolo 7.

64 Schoenwetter and Geyer, “Implications of Archaeological Palynology at Bethsaida,

del lino diventa molto importante solo dopo la rivolta di Bar Kochba.65 Per il primo secolo E.C. invece abbiamo pochi dati. Sembra che il lino venisse prodotto in scala minore, forse commercializzato solo a livello locale, diventando più rilevante solo nel secondo secolo grazie allo sviluppo delle vie di comunicazione e al commercio a lungo raggio.

La coltivazione del lino impoverisce molto il terreno per cui veniva effettuata ogni 4-6 anni. Grazie ai sistemi di rotazione dei campi quindi probabilmente ogni produttore piantava il lino su una porzione che va da un quarto ad un sesto del terreno coltivabile disponibile. Considerando la resa di ogni coltivo, il prezzo dei semi e quello delle fibre di lino risulta, secondo i calcoli di Ze’ev Safrai, che questa coltura era più vantaggiosa della coltivazione del grano.

Il picco di lavoro nella produzione del lino s’incastra molto bene con i periodi di coltivazione del grano, dell’olivo e dell’uva; durante i mesi d’inverno, quando non si lavorava sui campi, i contadini potevano dedicarsi infatti alla produzione di corde, fili e tessuti, incrementando enormemente i profitti.66 La lavorazione delle fibre di lino richiedeva tempo e mano d’opera, ma in vista dei possibili guadagni, per le famiglie di agricoltori sarà stata comunque un’attività molto conveniente.67

Il processo di lavorazione

Per l’estrazione delle fibre le piante devono essere raccolte ed essiccate in piccoli fasci. Dopodiché i semi vengono estratti a mano, colpendo le piante con un pezzo di legno o sfregando le piante contro una rastrelliera in legno. I fusti poi vengono tagliati e macerati. Generalmente la macerazione si faceva sott’acqua, i fusti venivano affondati con l’aiuto di pietre in acqua stagnante per 10-20 giorni. Questo processo favorisce la fermentazione, le fibre si allentano e si separano dalla parte legnosa. Successivamente i fusti devono essere essiccati nuovamente.68

65 Safrai, The Economy of Roman Palestine, 88.

66 Secondo i calcoli di Ze’ev Safrai un campo di lino poteva rendere tra 1.2 e 1.8 volte

quanto un campo di grano, e se il lino veniva lavorato e trasformato in corde il guadagno poteva arrivare fino a 62-93 volte tanto. Ibid., 89–92.

67

Ibid., 91.

68 Esiste anche un metodo di macerazione a terra. I fusti vengono semplicemente

appoggiati sulla terra, e poi girati regolarmente per rendere la macerazione omogenea, ma la macerazione in umido sembra più diffusa. Al riguardo vedi Bacci et al., Manuale Di Coltivazione E Prima Lavorazione Del Lino E Altre Piante Da Fibra, 24–25.

Il processo tradizionale prevede che i fusti vengano “sfibrati” quando sono molto secchi, generalmente nei mesi più caldi. I fasci di lino vengono appoggiati su una superficie piatta, come può essere un tronco tagliato e vengono colpiti con una mazza di legno. Dopo di che i fusti vengono passati nella gramola, una specie di ghigliottina di legno che separa ancora di più le fibre. In fine, queste vengono prese in mano dall’artigiano e vengono colpite contro una superficie dotata di tanti chiodi, una sorta di grande spazzola metallica. Le fibre più fini riescono a passare e rimangono in mano all’artigiano, mentre quelle più grosse o di più bassa qualità rimangono intrappolate tra i chiodi.

Una volta estratte le fibre si passa alla filatura, un processo simile a quello della lana. Le fibre venivano avvolte sulla “canocchia”, una semplice stecca di legno, aperta in quattro nella parte centrale formando una specie di bombatura che serve a fermare le fibre. Poi si prendeva un pezzettino di fibra e si legava al fuso, una stecca di legno con dei pesi, e lo si faceva ruotare. Con la rotazione del fuso le fibre si avvolgono creando il filo, che poi viene avvolto sul fuso stesso man mano che si allunga. Successivamente il filo veniva estratto e arrotolato formando delle matasse, pronte per la produzione di corde, reti, o per la produzione di tessuti tramite dei telai. Generalmente le fibre più fine erano destinate alla produzione di vestiti, mentre quelle più grezze si utilizzavano per produrre sacchi, corde e reti.69

Come si evince, il processo richiede molto tempo e una certa conoscenza tecnica, per cui è probabile che il filo e le corde venissero prodotte da persone specializzate. Tradizionalmente la stessa famiglia che coltivava il lino si dedicava anche alla produzione e lavorazione delle fibre e alla produzione di filo e corde. Oppure, le persone esperte nella filatura potevano offrire il loro servizio a terzi che si incaricavano solo della coltivazione del lino. In ogni caso, le matasse venivano poi vendute agli artigiani che fabbricavano tessuti o ai pescatori per produrre le reti.

69 Descrizione basata sulla lavorazione tradizionale del lino nel sud di Italia, Sardegna e

La Palma, Spagna. Si vedano i documentari: Silva Marras, Il Lino. Dal Seme al Tessuto (Giorgio Verona - Studio AreaCom51, 2010); J.J. Santos, Cultivo, transformación y tejido del lino en La Palma (Colectivo Etnográfico Echentive, 2007).