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La presunzione di costituzionalità (presumption of constitutionality)

Prima di affrontare il discorso relativo allo strict scrutiny, è necessario dedicare qualche breve cenno ad un tema che, come si dirà, è ad esso strettamente collegato: quello della c.d. presunzione di costituzionalità (presumption of

constitutionality).

L’affermazione del judicial review of legislation – diversamente da quanto si potrebbe pensare per effetto della “mitologia” di Marbury v. Madison123 – non fu totalmente pacifica, ma anzi venne contrastata, non solo politicamente, ma persino da una parte della giurisprudenza. È rimasta celebre124, a tale riguardo, una forte presa di posizione del Giudice Gibson della Suprema Corte della Pennsylvania, il quale, ben ventidue anni dopo Marbury v. Madison, in una opinione dissenziente125, criticò nettamente il fondamento di siffatto potere126.

Gli stessi sostenitori dell’esistenza del potere dei giudici di controllare la validità costituzionale degli atti del potere politico riconobbero l’esigenza di porre un qualche argine per contenere usi troppo disinvolti di questa fondamentale (ma pericolosamente contromaggioritaria) funzione. Non vi è dubbio, infatti – a

fortiori in un ordinamento che si fonda, almeno all’origine, su una rigida

concezione della separazione dei poteri – che la decisione di dichiarare una legge incostituzionale sia, come affermato da un illustre giudice, «il più difficile e delicato compito» che le Corti sono chiamate ad assolvere127.

Tra gli strumenti utilizzati per (auto)limitare il potere di judicial review vi è proprio quello di riconoscere, in favore della disposizione scrutinata, una

123 Si mutua l’espressione diB.B

ARBISAN, Nascita di un mito, cit., 17.

124 V., tra gli altri, J.H

ARRISON, The Constitutional Origins and Implications of Judicial Review, 84 Virginia Law Review 333 (1998), 334, il quale ricorda anche il successivo mutamento di opinione del Giudice Gibson. Tale opinion è ricordata anche da J. Bradley Thayer, nel saggio di cui ci occuperemo infra nel testo.

125 Eakin v. Raub, 12 Sergeant & Rawle (Pennsylvania Supreme Court) 330 (1825).

126 In particolare, il Giudice Gibson affermava che il judicial review comporta inevitabilmente una

supremazia del potere giudiziario rispetto al legislatore, la quale non trova fondamento in alcuna previsione costituzionale («in what part of the Constitution are we to look for this proud preeminence?», si domandava retoricamente). Per completezza è necessario sottolineare che tale lettura della citata dissenting opinion è stata confutata da R.L.CLINTON, Eakin v. Raub: Refutation or Justification of Marbury v. Madison, 4 Constitutional Commentary 81 (1987). Effettivamente, sembra che il Giudice Gibson critichi il judicial review solo con riferimento alle Costituzioni statali, non anche a quella federale.

127 Così il Giudice Holmes nella sua opinione concorrente a Blodgett v. Holden, 275 U.S. 142

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presunzione di costituzionalità: in termini di prima approssimazione, ciò significa

che le Corti concedono «una qualche deferenza al legislatore, e la parte che […] contesta la legittimità [di una norma] ha l’onere di dimostrarne l’illegittimità»128

. Per ragioni agevolmente intuibili, alle origini del controllo di costituzionalità – negli anni della sua progressiva ma inarrestabile affermazione – tale presunzione veniva assunta in termini particolarmente rigorosi. Nel già citato Federalist n. 78, Hamilton – pur senza utilizzare l’espressione di cui ci stiamo occupando – sosteneva che i giudici potessero dichiarare nulli solo quegli atti contrari all’«evidente significato della Costituzione»129

. Implicitamente, ma non per questo meno chiaramente, dunque, Hamilton affermava che il dubbio dovesse giocare a vantaggio del legislatore democratico.

Affermazioni ancor più nette si trovano nella giurisprudenza federale delle origini: lo stesso John Marshall, nella già richiamata decisione Fletcher v. Peck, scrisse che «it is not on slight implication and vague conjecture that the legislature is to be pronounced to have transcended its powers, and its act to be considered void. The opposition between the Constitution and the law should be such that the

judge feels a clear and strong conviction of their incompatibility with each other»130.

Prese di posizione analoghe sono frequenti nella successiva giurisprudenza della Corte Suprema federale131, mentre la specifica espressione «presunzione di costituzionalità» è assai più recente: secondo una precisa ricostruzione dottrinale, essa fu utilizzata dapprima in una decisione del 1890 – seppur come una sorta di

relata refero132 – in una del 1914 nella opinion di un singolo giudice133 e, infine, da parte di una maggioranza della Corte Suprema solo nel 1931134.

128 E.C.D

AWSON, Adjusting the Presumption of Constitutionality Based on Margin of Statutory Passage, cit.,107. V. anche L.A.WARSOFF, The Weight of the Presumption of Constitutionality Under the Fourteenth Amendment, 18 Boston University Law Review 319 (1938), 319:«It is often said that there exists in favor of the constitutionality of a statute a presumption which will suffice to uphold the statute in the absence of a presentation by the attacking party of a matter sufficient to overcome the presumption» (enfasi aggiunta).

129 Secondo una traduzione letterale. Nella versione curata da G. Sacerdoti Mariani, A.H

AMILTON, Il Federalista n. 78, cit., 392, si fa riferimento alle «leggi manifestamente in contrasto con la Costituzione».

130

Fletcher v. Peck, cit., 128.

131 Si vedano, ad esempio, Powell v. Pennsylvania, 127 U. S. 678, 127 U. S. 684-685 (1888);

United States v. Des Moines N. & R. Co., 142 U. S. 510, 142 U. S. 544-545 (1892).

132 In re Kemmler, 136 U.S. 436 (1890), 442 s., in cui la Corte riferisce le conclusioni di un giudice

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La più nota (ed intransigente) teorizzazione della presunzione di legittimità si deve a James Bradley Thayer e, in particolare, ad un suo frequentemente citato articolo135 apparso nel 1890 sulla Harvard Law Review136. Secondo tale Autore, la responsabilità prima dell’interpretazione del testo costituzionale ricade in capo al legislatore137, dovendo i giudici esclusivamente fissare i limiti esterni di una ragionevole azione legislativa. L’Autore valorizza, tra l’altro, la natura incidentale e successiva del controllo di costituzionalità che, a suo avviso, testimonierebbe i limiti ristretti entro i quali il potere di judicial review (qualitativamente diverso dagli ordinari compiti dell’autorità giudiziaria) può essere esercitato138

.

Da ciò discenderebbe che le corti possono sanzionare l’azione del legislatore non quando quest’ultimo ha commesso un semplice errore, ma quando tale errore sia «talmente evidente da non poter essere oggetto di un dibattito razionale»139.

A Thayer si deve anche la prima (ed embrionale) enunciazione di quello che diverrà il c.d. rational basis review e del quale ci occuperemo infra: qualunque

133 The Pipe Line Cases, 234 U.S. 548 (1914), 575 (McKenna, J., dissenting): «But, while making

this concession, and giving to the legislation in question the presumption of constitutionality to which all legislation is entitled, I am yet constrained to say that it transcends the limits of the power of regulation, and takes property without due process of law».

134 O’Gorman & Young, Inc. v. Hartford Fire Ins. Co., 282 U.S. 251 (1931), 257 s.: «As underlying

questions of fact may condition the constitutionality of legislation of this character, the presumption of constitutionalitymust prevail in the absence of some factual foundation of record for overthrowing the statute». In realtà, la Corte richiama, a sostegno di tale affermazione, numerosi precedenti, risalenti addirittura agli anni ’80 del secolo precedente, in cui comparivano affermazioni sostanzialmente analoghe; si v. la nota 3 alla citata sentenza: «Close v. Glenwood Cemetery, 107 U. S. 466, 107 U. S. 475; Powell v. Pennsylvania, 127 U. S. 678, 127 U. S. 685; Lindsley v. Natural Carbonic Gas Co., 220 U. S. 61, 220 U. S. 79, 220 U. S. 83; Chicago Dock Co. v. Fraley, 228 U. S. 680, 228 U. S. 687; Rast v. Van Deman & Lewis Co., 240 U. S. 342, 240 U. S. 357; Wampler v. Lecompte, ante, p. 282 U. S. 172. Compare Minnesota Rate Cases, 230 U. S. 352, 230 U. S. 461; H. W. Bikle , “Judicial determination of facts affecting the constitutional validity of legislative action,” 38 Harv. L. Rev. 6». Muto tali informazioni (comprese quelle di cui alle due note precedenti) da E.C.DAWSON, Adjusting the Presumption, cit., 107, nota 36.

135 Addirittura dalla dottrina spagnola: v. V.F

ERRERES COMELLA, Justicia constitucional, cit., 134 ss.

136 J.B.T

HAYER, The Origin and the Scope of the American Doctrine of Constitutional Law, 7 Harvard Law Review 129 (1893).

137 J.B.T

HAYER, The Origin and the Scope of the American Doctrine of Constitutional Law, cit., 136.

138 J.B.T

HAYER, The Origin and the Scope of the American Doctrine of Constitutional Law, cit., 144.

139 J.B.T

HAYER, The Origin and the Scope of the American Doctrine of Constitutional Law, cit., 144.

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scelta del legislatore, a meno che non si dimostri che essa è irrazionale, deve essere ritenuta legittima140.

Le ragioni che l’Autore invoca per tale conclusione sono essenzialmente due: una prima, che attiene alla realtà sociale e alla necessità di governarla (la pluralità e la complessità delle esigenze di governo rende assai opinabile la ragionevolezza di una determinata scelta rispetto ad altre, pur possibili); ed una seconda ragione che si fonda sulla natura stessa degli enunciati costituzionali (aperti ad una pluralità di possibili interpretazioni).

Quella patrocinata dall’Autore citato, tuttavia, non è l’unica declinazione della presunzione di legittimità conosciuta dalla giurisprudenza (anzi, a ben vedere è quella oggi, e da qualche decennio, recessiva), secondo quanto immediatamente si dirà.

Nell’affrontare il tema, ci rifaremo alle riflessione di attenta dottrina che, pochi anni or sono, ha affrontato le più rilevanti questioni in tema di presunzione di costituzionalità.

L’Autore, in primo luogo, ha ben distinto tra una deferenza fattuale e una deferenza interpretativa (quella patrocinata da Thayer, nell’articolo poc’anzi richiamato). Con la prima, si intende che le corti devono presumere l’esistenza dei

fatti necessari a soddisfare il test di legittimità a cui si sta sottoponendo la norma

in questione141. Per utilizzare direttamente le parole della Corte Suprema, «if any state of facts reasonably can be conceived that would sustain [the challenged legislation], there is a presumption of the existence of that state of facts»142.

Un esempio potrebbe essere utile a chiarire la questione: se il Congresso vieta il commercio interstatale di un certo prodotto perché dannoso per la salute, le Corti sono tenute a presumere che effettivamente esso lo sia, dovendosi dimostrare il contrario.

Per quanto concerne la deferenza interpretativa (anche chiamata legal

deference), essa consiste nel presumere la correttezza dell’interpretazione della

140 J.B.T

HAYER, The Origin and the Scope of the American Doctrine of Constitutional Law, cit., 144: «whatever choice is rational is constitutional».

141 F.A.H

ESSICK, Rethinking the presumption, cit.,1452.

142

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Costituzione fornita dal legislatore; in tal caso le Corti si dovrebbero limitare a censurare esclusivamente interpretazioni implausibili143.

Tale forma di deferenza sembra avere poco permeato la giurisprudenza della Corte Suprema, che sarebbe poco incline ad assumere un atteggiamento deferente nei confronti del Congresso quanto alla esatta individuazione del significato degli enunciati contenuti nella Legge fondamentale. A tale riguardo, si usa richiamare una (forse infelice) affermazione contenuta nella sentenza Cooper v. Aaron144 – sovente bersaglio polemico dei critici dell’attivismo giudiziale – che riconosce la supremazia del giudiziario nel campo dell’ermeneutica costituzionale 145

. Effettivamente, se così non fosse le Corti dovrebbero riconoscere la correttezza di qualsivoglia interpretazione della Costituzione fornita dal legislatore, purché plausibile: data l’inevitabile vaghezza e genericità degli enunciati costituzionali (collegati alla superba ambizione della Legge fondamentale di durare nel tempo)146 ciò produrrebbe l’effetto di restringere oltre misura i limiti dell’intervento del potere giudiziario.

Quanto al fondamento della presunzione di legittimità, è stato rilevato come le Corti abbiano invocato una pluralità di ragioni giustificatrici (ragioni che la medesima dottrina che stiamo qui richiamando ritiene poco convincenti per giustificare la deferenza fattuale).

In primo luogo, vi sarebbe il dovuto rispetto per un potere dello Stato equiparato al giudiziario (quando si tratta di norme approvate dal Congresso) 147. È noto, peraltro, che tale presunzione si applica comunemente non solo alla

143 F.A.H

ESSICK, Rethinking the presumption, cit., 1455 ss.

144

358 U.S. 1 (1958).

145 «This decision [Marbury v. Madison] declared the basic principle that the federal judiciary is

supreme in the exposition of the law of the Constitution, and that principle has ever since been respected by this Court and the Country as a permanent and indispensable feature of our constitutional system. It follows that the interpretation of the Fourteenth Amendment enunciated by this Court in the Brown case is the supreme law of the land» (enfasi aggiunta). L’affermazione secondo cui spetta alla Corte l’ultima parola nell’interpretazione costituzionale è stata ripresa in altre decisioni, come ricorda F.A.HESSICK, Rethinking the presumption, cit., 1456, nota 36.

146

C. PINELLI, Il dibattito sull'interpretazione costituzionale fra teoria e giurisprudenza, in AA. VV., Scritti in memoria di Livio Paladin, Napoli, 2004, vol. III, 1681.

147 F.A.H

ESSICK, Rethinking the Presumption, cit., 1462 ss., il quale rileva come tale ragione non giusitifichi la presunzione di legittimità, la quale sarebbe al contempo troppo «stretta» e troppo «larga». Da un lato, infatti, occorrerebbe manifestare deferenza esclusivamente in quei casi in cui le assemblee legislative abbiano effettivamente risolto affermativamente il problema della costituzionalità della normativa che stanno discutendo (e ciò di norma non accade). Dall’altro lato essa sarebbe troppo stretta alla luce delle eccezioni che le stesse corti hanno individuato, casi in cui la presunzione è rovesciata (di questo ci occuperemo infra).

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legislazione federale ma anche a quella dei singoli Stati, come affermato in una pluralità di occasioni da parte della Corte suprema148: in questo caso il fondamento della stessa risiederebbe nel rispetto del principio federale.149

Una seconda ragione andrebbe ricercata nel principio democratico150 e nella conseguente responsabilità politica dei rappresentanti del popolo dinanzi al corpo elettorale; a tale ratio è collegata una certa fiducia nel processo democratico di riformare scelte legislative improvvide.

Ancora, si è fatto leva su di un ragionamento consequenzialista: gli effetti della dichiarazione di incostituzionalità incidono in modo più pesante sul processo democratico, nel senso di inibire, con effetti che trascendono il caso deciso, future simili azioni da parte del legislatore, laddove un’erronea “dichiarazione di rigetto” (sia consentito utilizzare un’espressione tipicamente italiana) non preclude la possibilità che sia lo stesso corpo elettorale a sanzionare le scelte dei propri rappresentati alla successiva tornata elettorale151.

Si è invocata, infine, la migliore posizione del legislatore nel valutare la situazione da disciplinare, per la maggiore conoscenza delle situazioni che intende normare (ciò dovrebbe valere, per la maggiore prossimità alle comunità amministrate, ancor più per le assemblee legislative statali che per il Congresso)152: si tratta di un atteggiamento che le Corti tendono a mantenere anche nei loro reciproci rapporti (le appellate courts rispetto alle valutazioni di fatto svolte dalle district courts)153.

Una recente dottrina peraltro ha sostenuto, in modo che a chi scrive non pare pienamente convincente, che la presunzione di legittimità dovrebbe essere “tarata” in base (secondo una proporzionalità diretta) al numero di voti favorevoli ricevuti dalla legge oggetto del controllo di costituzionalità: in altri termini, la presunzione dovrebbe essere tanto più forte, quanto più ampio è il margine di approvazione della legge da parte del Congresso.

148 E.C.D

AWSON, Adjusting the Presumption, cit., 108, nota 38.

149 A.W

INKLER, Fatal in Theory and Strict in Fact: an Empirical Analysis of Strict Scrutiny in the Federal Courts, 59 Vanderbilt Law Review 793 (2006), 802.

150 F.A.H

ESSICK, Rethinking the Presumption, cit., 1466.

151 F.A.H

ESSICK, ibidem.

152 F.A.H

ESSICK, Rethinking the Presumption, cit., 1472.

153

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Ciò dovrebbe avvenire sulla base delle seguenti ragioni: 1) per rispetto del principio democratico (recte, per implementare i valori democratici e smussare la difficoltà contromaggioritaria) 154; 2) per la maggiore probabilità che la legge approvata a larga maggioranza sia effettivamente rispettosa della Costituzione155; 3) al fine di preservare ed incrementare la legittimazione del potere giudiziario156; 4) per la relativa oggettività di tale soluzione rispetto alle altre prospettate in dottrina per cercare di superare, o di smorzare, la difficoltà contromaggioritaria 157, 5) perché si tratterebbe di una soluzione che potrebbe essere introdotta direttamente in via giurisprudenziale, senza che sia necessaria l’approvazione di un’apposita legge o, addirittura, di un emendamento alla Carta costituzionale158

. Tali argomenti, al netto di molte altre obiezioni che potrebbero essere mosse alla proposta in esame, non sembrano pienamente convincenti. Per quanto concerne, in particolare, il rispetto del principio democratico (punto sub 1), non sembra accettabile la tesi per cui determinate leggi meritino «maggiore deferenza» rispetto ad altre, formalmente appartenenti allo stesso tipo. La legge, infatti, è formalmente atto imputabile al Parlamento (al Congresso), quale che sia la maggioranza che concretamente la ha sostenuta, circostanza peraltro che può

154 «If it is troubingly undemocratic for a federal court to strike down a duly enacted federal statute,

this is more troubingly undemocratic to do so the larger the margin by which the statute passed. That is, the larger the margin of passage, the larger the proportion of the people (as represented in Congress) whose will is thwarted by invalidating the statute. For statutes passed by a narrow margin, in contrast, the antidemocratic concern is less»; così E. C. DAWSON, Adjusting the Presumption, cit., 116.

155 «Larger majorities are more likely ti be right– either about the quality of legislation itself or

about its constitutionality» (E.C.DAWSON, Adjusting the Presumption, cit., 120).

156 «Applying an adjustable presumption of constitutionality would improve and preserve judicial

legitimacy in two ways. The first is that the Court’s legitimacy would improve because it would be less likely to strike down very popular statutes […]To this, a critic might respond that deferring more to more popular laws is exactly what the Court already does, precisely because of concerns about judicial overreach and loss of legitimacy. However, if so, it is better that the Court admit as much, which is the second way that incorporating the margin of passage into the presumption of constitutionality would improve judicial legitimacy—by alleviating perceptions of illegitimacy arising when the Court’s articulated reasons do not contain the perceived real reason for its decision» (E.C.DAWSON, Adjusting the Presumption, cit., 122 s.).

157

«A further advantage of applying an adjustable presumption based on margin of statutory passage is its relative objectivity, which could produce a more direct fidelity to democratic principles and popular constitutionalism than some other theories seeking to palliate the countermajoritarian problem» (E.C.DAWSON, Adjusting the Presumption, cit., 125).

158

«Finally, the proposal for an adjustable presumption has the practical virtue that it could be implemented solely by the Court itself. Proposals for ameliorating the countermajoritarian difficulty by stat- ute or constitutional amendment rarely seem to generate great support, with a few limited exceptions, and none has actually been enacted into law» (E.C. DAWSON, Adjusting the Presumption, cit., 128).

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dipendere da una pluralità di fattori, anche del tutto contingenti e scarsamente significativi dal punto di vista che qui interessa. Instaurare una gerarchia all’interno del tipo «legge formale», ai fini del trattamento in sede di giudizio di legittimità costituzionale, appare, ad avviso di chi scrive, operazione poco convincente.

In relazione all’argomento sub 2), esso pecca nel ritenere che alla forza del numero corrisponda una maggiore probabilità di legittimità: è da dimostrare, infatti, che il consenso politico si coaguli in misura direttamente proporzionale al “quantum” di legittimità di una determinata norma (questione, peraltro, che potrebbe persino non essere stata oggetto di specifico approfondimento e discussione da parte dell’organo legislativo). In ogni caso, la valutazione che le Camere (“parti” in causa) possono svolgere è ben diversa (perché intrisa di politicità), rispetto a quella propria di un organo giurisdizionale.

Per quanto concerne il problema della legittimazione degli organi di giustizia costituzionale, esso certamente non deve essere sottovalutato: lo strumento più idoneo affinché questa legittimazione sia preservata, tuttavia, risiede nella capacità di contemperare il necessario rispetto per la volontà del legislatore democratico con la difesa dei principi costituzionali, pena il sostanziale tradimento del ruolo di custode della Costituzione (che, al contempo, pone le basi per la legittimazione democratica del legislatore e ne limita l’azione). Ciò, tuttavia, nulla ha a che vedere, ad avviso di chi scrive, con la tendenziale necessità di evitare, fin tanto che sia possibile, di annullare leggi che godano di ampio sostegno parlamentare.

L’asserita oggettività del criterio, ad avviso di chi scrive, non vale, di per sé, come fattore decisivo, non essendo peraltro pienamente convincenti gli argomenti addotti a sostegno del criterio stesso. L’oggettività, in altre parole, non può tener luogo della giustificazione razionale, potendosi ipotizzare, altrimenti altri criteri obiettivi del pari non convincenti (il carattere più o meno recente della legge in questione, ad esempio).

Per quanto concerne, invece, la relativa facilità pratica dell’introduzione di una presunzione modulabile (argomento sub 5), questo sembra argomento che attenga più al discorso sul quomodo che a quello sull’an. A tale facilità (categoria

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pratica) non corrisponde, peraltro, altrettanta semplicità (la quale costituisce, evidentemente, una categoria cognitiva).

Più in generale, infatti, e a prescindere dalla validità dei singoli argomenti portati a sostegno di tale proposta, sembra che essa pecchi di eccesso di fiducia nella possibilità di formalizzare l’intensità della presunzione, la quale può essere effettuata “a spanne”, e non certo in maniera matematica. Si può certamente