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Gli indicatori di performance nella rendicontazione sociale: un’analisi empirica sulla prassi italiana

30 SOCIETA' CATTOLICA DI ASSICURAZIONE

3.2 La raccolta degli indicatori dai singoli bilanc

Le fasi successive alla definizione dei confini della ricerca hanno riguardato la raccolta dei documenti dai siti internet delle società e l’analisi di ciascuno di essi, alla ricerca degli indicatori economici e sociali.

Per ciascun bilancio si è infatti proceduto elencando in una tabella gli indicatori di performance riscontrati.

Per indicatori si sono intese tutte le informazioni di tipo numerico, monetario e non, contenute nelle “relazioni” dei report analizzati, sia in forma di tabelle e grafici che inserite all’interno di commenti e descrizioni di tipo qualitativo.

Gli indicatori sono pertanto essenzialmente dei numeri o delle percentuali, che proprio per la loro natura quantitativa si prestano ad essere utilizzati come indici di performance.

L’estrema varietà di strutture e contenuti dei report si riflette ampiamente anche nelle caratteristiche di tali indicatori; in merito alla loro collocazione all’interno dei report si sono riscontrate almeno tre alternative di fondo:

ƒ esigua presenza di indicatori, per lo più costituiti da numeri inseriti di tanto in tanto all’interno di descrizioni qualitative dei fatti;

ƒ distribuzione equilibrata di descrizioni e numeri, preferibilmente raccolti in tabelle e grafici inseriti a supporto delle parti discorsive del report (il dato numerico di volta in volta costituisce prova a suffragio delle affermazioni o oggetto principale del commento contenuto nella parte discorsiva);

ƒ netta separazione tra informazioni qualitative, esposte in forma discorsiva, e informazioni quantitative raccolte in apposite tabelle poste in appendice al documento7.

Un altro aspetto rilevante di diversificazione tra i bilanci analizzati è la presenza di dati riferiti a uno o più esercizi precedenti; tale presenza è la condizione necessaria per adempiere ad uno dei fondamentali principi di rendicontazione sociale, quello della comparabilità nel tempo.

Da una rapida osservazione delle tabelle di ciascun bilancio8, si desume una prassi piuttosto variegata, con differenziazioni non solo da società a società, ma anche all’interno dello stesso report tra un indicatore e l’altro.

Un minimo di comparabilità è garantito dal fatto che in nessun caso è presente solo ed esclusivamente l’anno di riferimento (il 2004) per tutti gli indicatori; la

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Tale prassi si è riscontrata in realtà in un unico caso, quello di ENEL, che tuttavia è rilevante come alternativa di rendicontazione che richiama molto la prassi dei bilanci d’esercizio, nei quali i prospetti di bilancio sono separati dalla relazione.

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frequenza più diffusa è quella di due o tre anni9, ma quasi nessuna società mantiene questa frequenza costante per tutti gli indicatori presenti nel bilancio10.

Infatti, a confronti di due o tre anni si affiancano spesso nello stesso report dati del solo anno di riferimento e altri per i quali si risale a parecchi anni addietro: tali riscontri testimoniano un’esigenza di maggiore standardizzazione della prassi di comparazione, anche se indubbiamente una componente di variabilità non è del tutto eliminabile (si pensi ad esempio al caso in cui i dati degli anni precedenti non siano disponibili per effetto di modifiche al sistema informativo aziendale o al perimetro di rendicontazione).

Entrando ora più nel merito degli indicatori, occorre ribadire che per la costruzione delle tabelle si sono resi necessari alcuni adattamenti di omogeneità:

ƒ si è deciso di evidenziare separatamente gli indicatori sociali dagli indicatori economici; tale decisione è nata dal dover rendere confrontabili bilanci sociali e bilanci di sostenibilità, questi ultimi maggiormente caratterizzati dalla separazione delle due dimensioni analizzate (economica e sociale);

ƒ è stata mantenuta, ai fini delle successive elaborazioni, la separazione degli indicatori sociali in categorie costituite dagli stakeholder di riferimento;

ƒ si sono resi necessari adattamenti terminologici, volti in questa prima fase non tanto ad uniformare le denominazioni degli indicatori, quanto a renderne il contenuto comprensibile anche a seguito dell’estrapolazione dal contesto descrittivo in cui erano inseriti nell’ambito di ciascun report.

A queste esigenze di standardizzazione si è però contrapposta la volontà di mantenere il più possibile le caratteristiche dei singoli report e dei relativi indicatori e pertanto per ciascuna tabella intestata alla singola società si può riscontrare:

ƒ l’identificazione degli stakeholder di ogni società;

ƒ l’ordine con cui i vari stakeholder identificati vengono trattati nel bilancio;

ƒ la denominazione che ciascuna società dà agli stakeholder più comuni (ad esempio “risorse umane” piuttosto che “dipendenti”) e la previsione di stakeholder più specifici;

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Si ricorda che sia il modello GBS che il modello GRI richiederebbero un confronto triennale dei dati. 10

Unica eccezione è il caso di ENEL, che raggruppando gli indicatori in un unico prospetto ne riporta i valori con riferimento agli ultimi due anni (2004 e 2003) e la relativa % di variazione annua.

ƒ l’ordine con cui vengono presentati nel bilancio gli indicatori di ciascuna categoria di stakeholder.

In merito alla separazione tra indicatori economici e indicatori sociali, si è notato come in alcuni bilanci l’identificazione delle diverse categorie di stakeholder riguardi solo la parte sociale del report, mentre in altri casi sia estesa anche agli indicatori economici.

Provando a sistematizzare queste differenze si rilevano tre diversi approcci della prassi:

ƒ sezione economica unitaria, non suddivisa per singolo stakeholder, e sezione sociale declinata per categorie di stakeholder;

ƒ sezione economica e sezione sociale entrambe suddivise per le stesse categorie di stakeholder; tale approccio tende a separare per ogni categoria di interlocutori gli aspetti relazionali con contenuto economico da quelli definibili come puramente sociali;

ƒ sezione economica che contiene alcune categorie di stakeholder, sezione sociale che ne contiene altre; tale approccio tende ad evidenziare come per alcuni stakeholder sia prevalente la dimensione economica del rapporto, mentre per altri sia prevalente (o esclusiva) la dimensione sociale11.

In generale, come emergerà chiaramente dal commento alle tabelle di sintesi degli indicatori per dimensione e categoria, la dimensione economica presenta sempre una serie di indicatori comuni, ovvero potremmo dire di interesse comune alle diverse categorie di stakeholder.

Ci si vuole qui riferire, ad esempio, al prospetto di determinazione e riparto del valore aggiunto, che permette di rappresentare unitariamente tutti i flussi economici intercorsi tra l’impresa e gli stakeholder; o ancora, ad alcuni dati rilevanti o agli indici estrapolati dal bilancio d’esercizio che esprimono una sintesi dell’andamento economico-finanziario dell’impresa, da cui dipende la sua sopravvivenza e il mantenimento del flusso relazionale tra la stessa e i suoi stakeholder.

La prima strutturazione degli indicatori (dimensione economica unitaria e relazione sociale suddivisa per stakeholder) è quella adottata ad esempio dal modello GBS, a cui molti bilanci fanno riferimento.

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Tale impostazione richiama la classificazione delle strategie sociali proposta da Meznar, Chrisman e Carroll (1992) e descritta nel primo capitolo.

In merito al modello GRI, viceversa, si osserva come in esso siano gli indicatori economici ad essere raggruppati per categoria di stakeholder, mentre quelli sociali sono suddivisi per tematiche sociali, che talvolta abbracciano anche categorie diverse di stakeholder.

Il riscontro della variabilità della prassi e degli standard di riferimento è a nostro avviso sintomo di una problematica di fondo, che ciascuna impresa deve risolvere preliminarmente alla stesura del report sociale: non esiste una classificazione univoca delle tematiche sociali, e i singoli criteri di classificazione non sono totalmente esaustivi delle esigenze di rendicontazione.

In altre parole, se si adotta, come nel nostro caso, una classificazione di tipo “soggettivo”, ovvero riferita alle categorie di stakeholder, si giunge necessariamente a osservare che:

ƒ alcuni indicatori si prestano ad essere inseriti in due o più categorie (ad esempio, gli stage aziendali potrebbero essere inseriti nel personale o nella collettività);

ƒ alcuni indicatori non sono inseribili in alcuna categoria di stakeholder, il più delle volte perché sono riferibili all’azienda nel suo complesso o perché sono di interesse di tutte le categorie di stakeholder (ad esempio, gli indicatori economici di andamento dell’impresa, o gli indicatori relativi alla corporate governance, o ancora quelli relativi alla comunicazione aziendale di tipo istituzionale).

Da queste osservazioni, ampiamente testimoniate dalla prassi raccolta nelle tabelle che andremo in seguito a commentare, si desume come sia necessario fare comunque una scelta di fondo sul criterio generale di classificazione, mantenendo però in evidenza i casi di “flessibilità” nella classificazione, per i quali si rende necessario esplicitare la scelta fatta tra le alternative possibili, e i casi di “insufficienza” del criterio di classificazione, per i quali può essere ad esempio ipotizzabile la creazione di una classe residuale di indicatori o l’utilizzo contemporaneo almeno due criteri (ad esempio, il criterio per categorie di stakeholder e quello “oggettivo” per social issues).

La scelta effettuata nel contesto di questa analisi empirica è sostanzialmente in linea con il primo approccio esplicitato sopra:

ƒ previsione della categoria di indicatori economici, comprendente solo quelli generali, non riferibili (o non riferiti dall’impresa) a specifici stakeholder;

ƒ suddivisione dei restanti indicatori per categoria di stakeholder, sulla base di quanto espresso da ciascuna società.

In questo modo si è evitato di tenere separate le analisi fatte secondo gli altri due approcci (differenziazione degli indicatori economici e sociali per categorie di stakeholder), e si è esplicitata un’idea di fondo secondo la quale i flussi tra impresa e ciascuno stakeholder, siano essi di tipo economico o sociale, avvengono nell’ambito di un’unica relazione, della quale anche le due parti in causa hanno una percezione unitaria12.

Ecco allora come nell’ambito degli indicatori per categorie di stakeholder emergano sia indicatori puramente sociali sia indicatori che colgono l’aspetto monetario della relazione.

In merito alla non esaustività della classificazione per stakeholder, si precisa che il punto di partenza è stata l’analisi delle sezioni dei bilanci sociali che trattano proprio lo scambio impresa-stakeholder13, per cui è stato possibile riferire praticamente tutti gli indicatori alle categorie di stakeholder.

Dei dubbi, invece, si sono senz’altro presentati in merito ad alcuni indicatori che potrebbero essere inseriti in due o più categorie; in questi casi si è mantenuta la suddivisione scelta dalla società, con opportuna evidenza dell’alternativa nel commento alle tabelle.