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Nel tentativo di ricercare una definizione di strategie sociali ci si trova di fronte a diverse impostazioni concettuali e terminologiche; da un lato, negli studi di CSR il termine “strategie” non è molto utilizzato92, ci si esprime di più in termini di responsabilità sociale, di obblighi verso la società, di valori etici, come se la gestione della responsabilità sociale non fosse un problema di tipo strategico per le imprese93; dall’altro, gli studi “tradizionali” di strategia raramente hanno identificato le strategie sociali tra i possibili tipi di strategie aziendali.

In realtà, il dubbio che ci assale è a questo punto se veramente abbia un senso parlare di strategie sociali, intendendo con esse strategie specifiche dotate di propri contenuti, finalità e processi di formulazione e implementazione; o se sia preferibile considerare la strategia sociale come una sorta di declinazione terminologica della strategia “generale” che ha ad oggetto l’impresa nel suo complesso.

Nel tentativo di dare una risposta a questo interrogativo si sono raccolte una serie di definizioni riconducibili sia all’area della strategia d’impresa che all’area delle strategie sociali e affini.

Tabella 1.5 – Definizioni di strategia d’impresa

Strategia d’impresa (o strategia a livello aziendale) Hofer e

Schendel (1978)

“la strategia d’impresa è diretta a integrare l’azienda entro il

suo contesto più ampio non controllabile … nel senso del ruolo

complessivo che il mondo degli affari, in quanto una delle primarie istituzioni sociali, dovrebbe assumere nella conduzione quotidiana delle attività nella società” p. 12

Freeman (1984)

“I propose to define enterprise level strategy as an answer to the question “WHAT DO WE STAND FOR?” At the enterprise level, the task of setting direction involves understanding the role

of a particular firm as a whole, and its relationships to other social institutions” p. 90

Meznar, Chrisman, Carroll (1992)

“le modalità con cui l’impresa cerca di fornire valore

aggiunto al proprio ambiente nell’intento di legittimare la sua

esistenza ed assicurarsi un futuro” p. 36

92

Se si eccettuano i filoni di corporate social responsiveness, performance e stakeholder theory di cui si è detto, che in effetti costituiscono la matrice dottrinale di riferimento di questo lavoro.

93

Alcuni autori anzi ritengono che laddove vi siano considerazioni di tipo strategico non ci possa essere vera responsabilità sociale; in tal senso Baron (2001).

Coda (1988) “la strategia definisce l’identità dell’impresa nei rapporti con

l’ambiente” p. 24

Invernizzi (1999)

“la strategia a livello aziendale è il modello di interazione fra

l’impresa e l’ambiente economico-sociale che considera in

termini sintetici le problematiche emergenti dalla strategia (o dalle strategie) a livello di ASA. Tale modello, frutto di scelte e azioni, determina il simultaneo posizionamento dell’impresa rispetto a tutti gli interlocutori e a tutti i mercati” p. 2

Coda (2005) “l’insieme di decisioni e azioni manageriali che definiscono il modo – effettivo e/o desiderato – di rapportarsi dell’impresa di

fronte ai suoi molteplici interlocutori (del cui consenso, apporto,

collaborazione o sostegno necessita per svolgere la sua funzione produttiva di ricchezza) e alle loro attese, puntando a realizzare simultaneamente con ciascuno di essi un rapporto strutturale di equilibrio di reciproca soddisfazione e altresì un equilibrio economico-finanziario complessivo a valere nel tempo” p. 181

Fonte: nostra elaborazione

Come si può notare dalle definizioni raccolte, il contenuto di fondo della strategia d’impresa è il suo rapportarsi con l’ambiente; l’impresa viene vista come entità unitaria parte di un più ampio sistema, nel quale essa cerca di far valere la propria identità, gestendo le relazioni con esso in modo da raggiungere i propri obiettivi.

La scelta delle definizioni di cui sopra scaturisce dal fatto che in esse l’ambiente non viene semplicemente visto come contesto di riferimento in cui l’impresa può trovare minacce e opportunità, ma è un ambiente in senso “soggettivo”; in molte delle definizioni emerge già un riferimento agli interlocutori dell’impresa e alla necessità di costruire con essi una relazione, il cui equilibrio è necessariamente correlato ai reciproci scambi, intesi non solo in termini di valore economico.

Ancora più significative in questa direzione appaiono le definizioni di strategia sociale.

Tabella 1.6 – Definizioni di strategia sociale

Ansoff (1984) “l’analisi delle aspirazioni, l’analisi delle regole del gioco e l’analisi del campo di potere possono essere combinate in una

strategia di legittimazione dell’impresa. […] La strategia di

legittimazione si articola in tre componenti: la ragion d’essere preferita, la previsione della ragion d’essere probabile, la strategia di contrattazione tesa a ridurre il divario tra il probabile e il preferito” p. 20

propri interlocutori, alla ricerca di una legittimazione e di una

ottimizzazione dei vicendevoli rapporti. Tale tipologia della

strategia aziendale ha il nome di societal strategy” p. 118 Husted, Allen

(2000)

(corporate social strategy) “the firm’s plan to allocate resources in order to achieve long-term social objectives and create a competitive advantage” p. 25

Coda (1988) “E’ preposta all’ottenimento di un consenso duraturo da

parte delle varie categorie di interlocutori sociali che mettono

a disposizione dell’impresa le risorse e gli appoggi di cui ha bisogno” p. 55

Invernizzi (1999)

“l’insieme delle scelte e delle azioni che determinano il

posizionamento strutturale (ossia non modificabile nel breve

periodo), realizzato o ricercato simultaneamente rispetto a tutti i mercati e a tutti gli interlocutori, al fine di migliorare la

funzionalità economica duratura dell’azienda” p. 173

Matacena (1984)

“capacità di perseguire effettivamente obiettivi non

economici senza che ciò faccia deflettere l’efficacia

interaziendale, l’assenza della quale potrebbe determinare la desistemizzazione economica dell’impresa” p. 77

Chiesi, Martinelli, Pellegatta (2000)

“Una strategia sociale (o societale, per dirla con Piantoni) definita da tre componenti essenziali:

ƒ i contenuti, cioè le risorse, le issues, gli interessi e i valori che gli attori possono scambiarsi;

ƒ le relazioni tra gli attori del sistema, le specifiche interazioni e dinamiche;

ƒ l’identità degli attori del sistema sociale in questione (nelle varie dimensioni: istituzionale, economica, sociale, politica, organizzativa e culturale)” p. 146

Chirieleison (2002)

“quel complesso di decisioni con cui si cerca di conseguire

obiettivi di natura sociale, di fornire cioè valore aggiunto al

proprio ambiente di riferimento e di raggiungere la massima coincidenza tra valori dell’azienda e quelli dei gruppi sociali interessati, nell’intento di ottenere un vantaggio competitivo attraverso il consenso e la legittimazione, pur nell’ambito del

mantenimento dell’imprescindibile equilibrio economico” p.

95

Fonte: nostra elaborazione

Dalle definizioni riportate emergono alcuni elementi ricorrenti:

ƒ legittimazione/consenso da parte degli interlocutori/ambiente di riferimento;

ƒ vantaggio competitivo;

ƒ mantenimento/miglioramento dell’equilibrio economico; ƒ obiettivi di natura sociale/non economici.

La legittimazione e il consenso di fatto costituiscono delle risorse, dei fattori produttivi in senso lato, di cui l’impresa necessita al pari di tutti gli altri fattori; come la disponibilità delle risorse può costituire per un impresa un rilevante fattore competitivo, così la legittimazione costituisce un vantaggio perché permette di gestire in modo più efficiente ed efficace la relazione con gli interlocutori.

L’ulteriore passaggio dalla gestione dei rapporti con gli interlocutori all’equilibrio economico dell’impresa non è facilmente isolabile, perché diversi sono i fattori che interagiscono nella definizione di un certo equilibrio economico.

Tuttavia, un legame logico è ben intuibile; la soddisfazione nella relazione impresa-interlocutore permette all’impresa di garantirsi il continuo flusso di quelle risorse di cui necessita; pertanto, rientra tra gli obiettivi primari dell’impresa quello di crea dei circuiti positivi con i suoi interlocutori94.

L’aspetto su cui forse potrebbero manifestarsi maggiori perplessità, rispetto alla concezione tradizionale del finalismo aziendale, è l’attribuzione all’impresa di obiettivi sociali, ulteriori rispetto a quelli economici.

In altre parole, e per ricongiungerci al concetto di responsabilità sociale dell’impresa, potremmo dire che l’impresa si pone degli obiettivi sociali nel momento in cui assume, tra i suoi valori di riferimento, il rispetto nei confronti di tutti gli interlocutori e delle loro legittime attese.

Ci sono due modalità attraverso le quali ciò può essere attuato: tali valori possono costituire un vincolo all’obiettivo di profitto, oppure possono essere fatti entrare nella stessa funzione obiettivo dell’impresa95.

Nel primo caso, tuttavia, si ricade nella classica impostazione della shareholder

view, perché se l’obiettivo è pur sempre solo quello di creare valore per gli azionisti,

allora a tal fine si piegano gli interessi degli altri stakeholder, che difficilmente possono sentirsi veramente coinvolti nel “progetto di impresa”.

94

Osserva in tal senso Brugnoli: “nelle imprese ben gestite e con una sana concezione dei rapporti con gli interlocutori, tale circuito ha polarità positiva e si presenta come virtuoso: l’impresa che sappia correttamente soddisfare le attese di un interlocutore otterrà da questi nel tempo una risposta favorevole al perseguimento della sua funzionalità economica duratura (FED) e degli interessi economici istituzionali (creando le condizioni per continuare a soddisfare correttamente le attese dell’interlocutore). […] La convergenza dei diversi interessi particolari nella FED trova espressione in circuiti virtuosi, di polarità positiva, che legano l’impresa con ciascun interlocutore. L’attuazione di simili circuiti virtuosi è ciò che assicura, nel contempo, lo sviluppo dell’impresa e il progresso economico-sociale della collettività”. Brugnoli (2002) p. 15.

95

Con queste osservazioni si vuole sottolineare che da un lato il coinvolgimento degli stakeholder è condizione necessaria per il raggiungimento dell’equilibrio economico dell’impresa, dall’altro che una volta raggiunto, tale equilibrio non è sufficiente, perché la negazione degli obiettivi di natura sociale, corrispondenti alla soddisfazione delle attese degli stakeholder, finisce con il comprometterlo.

La finalità dell’impresa diventa allora poliedrica, e per l’impresa diventa necessario “fare della triangolazione “valore per i clienti – valorizzazione dei dipendenti – valore azionario” il fulcro della funzione obiettivo suscettibile di aprirsi progressivamente, integrando ulteriori responsabilità nel sistema dei valori allargato, man mano che l’inventiva imprenditoriale trova vie e modi per fare della responsabilità sociale e ambientale una fonte di vantaggio competitivo, così come auspicato nel Libro Verde della Commissione Europea del luglio 2001”96.

È per questo che le strategie sociali sono state in tale contesto assimilate alla strategia aziendale in senso lato: l’obiettivo di gestione della relazione impresa- interlocutori pare entrare a pieno titolo nelle finalità aziendali; sulle modalità e sui contenuti di tale coinvolgimento ci soffermeremo nel prosieguo della trattazione.