• Non ci sono risultati.

LA REALTÀ TOSCANA: I SERVIZI SU TRE LIVELLI DI ANALIS

Tale capitolo intende affrontare la complessa tematica dell’organizzazione dei servi- zi attraverso tre diverse chiavi di lettura: il primo livello è quello normativo, caratte- rizzato dalle linee di indirizzo generali che derivano dalle leggi e soprattutto dai pia- ni di programmazione; in questo ambito si rilevano anche i principi ideali che ispira- no tali linee programmatiche, ad esempio il modello toscano e la psichiatria di co- munità.

Il secondo livello è quello descrittivo della realtà dei servizi per la salute mentale, che presenta la loro articolazione, i compiti e le funzioni; si tratta di comprendere quali sono i servizi offerti ed il grado di applicazione delle indicazioni presenti nelle leggi, nei Progetti obiettivo e nei piani programmatori.

Infine, il terzo livello costituisce una possibile metodologia di verifica dell’efficacia dei servizi, insieme ad un dato fondamentale per la futura programmazione ed or- ganizzazione, perché collega queste dimensioni al reale bisogno che i soggetti mani- festano: si riportano dati oggettivi e quantitativi a proposito di ciò, approfondendo alcuni aspetti in particolare.

1. Il livello normativo - ideologico: la programmazione

Come già affermato, negli anni 1996-98 si entra in una nuova fase che prevede la chiusura dei manicomi, in direzione di un’assistenza per la salute mentale basata su servizi sanitari e sociali di tipo territoriale e sull’adozione di un’innovativa modalità di presa in carico dei soggetti; si presenta perciò la necessità di gettare delle basi re- ali per organizzare e far funzionare i suddetti servizi, come espresso nei Progetti o- biettivo, a partire dalle indicazioni riguardanti il Dipartimento di Salute Mentale (DSM) e le sue articolazioni sul territorio.

Infatti, come già descritto all’interno del capitolo IV (p. 43), in quegli anni vengono emanati i due PO indicanti le linee di indirizzo generali nazionali per l’organizzazione dei servizi per la salute mentale, le quali saranno poi seguite dalle varie Regioni; o-

56

gnuna di esse sceglie però di adottare politiche differenti, che possono essere com- prese prendendo in considerazione i singoli piani di programmazione ed i vari pro- getti per l’organizzazione e la gestione dei servizi stessi.

Si presenterà adesso una breve descrizione dell’organizzazione regionale toscana, definibile appunto “modello toscano”, basata in particolare su due requisiti fonda- mentali: il radicamento nel territorio, caratterizzato da servizi diffusi, connessi ed articolati tra di loro, e l’integrazione socio-sanitaria, secondo la quale gli aspetti so- ciale e sanitario si collegano per creare un intervento complementare, caratterizza- to da progetti unitari realizzati su/con le persone con problemi di salute mentale; il lavoro dei professionisti delle due aree si rinforza reciprocamente e si snoda a di- versi livelli del territorio, attraverso svariati servizi. Un accento su questo aspetto era già stato posto da parte della L. 72/1997 “Organizzazione e promozione di un si- stema di diritti di cittadinanza e di pari opportunità”, poi aggiornata dalle L.R. 41/2005 “Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadi- nanza sociale” e 83/2009 “Modifiche alla legge regionale 24 febbraio 2005, n. 41”. Gli strumenti di programmazione della Regione Toscana, cioè il Piano Sanitario Re- gionale (PSR) ed il Piano Integrato Sociale Regionale (PISR), presentano infatti mol- teplici richiami reciproci, testimoniando la presenza della volontà di integrare inter- venti sanitari e sociali, con il modello toscano che fa da sfondo alla programmazione (si vedano pp. 60-61 e p. 63 in questo capitolo).

Sono qui riportati alcuni riferimenti a Piani regionali non molto recenti, ma che pre- sentano delle significative innovazioni e spunti di riflessione che possono essere considerati validi anche oggi; infatti, alcuni obiettivi e proposte non risultano at- tualmente del tutto compiuti, denotando come si debba ancora lavorare per soddi- sfare talune esigenze per la salute mentale.

Il Piano Sanitario Regionale 1999-2001, approvato con DCR n. 41/19991

, adotta il Progetto obiettivo nazionale nei suoi vari punti (già illustrati nel cap. IV), tra i quali spicca la previsione del finanziamento annuo destinato ai progetti delle Aziende USL che intendono sperimentare nuove modalità di assistenza per gli utenti. Nei tre anni

1

PSR 1999-2001, dal sito http://ebookbrowsee.net/06-delibera-regione-toscana-17-febbraio-1999- piano-sanitario-regionale-1999-2001-doc-d299268047.

57

in cui tale Piano resta in vigore, si assiste ad una stabilizzazione dei servizi, mirata soprattutto alla realizzazione delle aree funzionali zonali e dei gruppi interdisciplina- ri volti a favorire l’integrazione socio-sanitaria. Si intende, inoltre, completare il pro- cesso di superamento degli ospedali psichiatrici: l’ospedale di Volterra, passato da 744 ospiti nel 1978 a 174 nel 1995, a 162 nel 1996 ed a 150 nel 1997, vede ancora nel 1998 la presenza di 126 persone, mentre quello di Firenze ha ridotto le sue pre- senze da 989 nel 1978 a 173 nel 1995, a 158 nel 1996, 142 nel 1997, fino al numero

di 67 nel 19982

.

Il Piano Sanitario Regionale seguente, in vigore per il periodo 2002-2004 e approva-

to con DCR n. 60/20023

, dedica notevole attenzione al tema della salute mentale e richiama le esperienze significative riscontrate nel precedente triennio, soprattutto per quanto concerne la collaborazione attiva con le associazioni di familiari e con i gruppi di auto-aiuto di utenti, quali risorse indispensabili della comunità; tali ele- menti favoriscono la presa di coscienza della situazione da parte dell’individuo, la sua crescita personale, l’ottenimento di una risposta davvero coerente ai propri bi- sogni, il riconoscimento ed esercizio dei diritti, fino al traguardo finale (almeno idea- le) del raggiungimento dei livelli di autorealizzazione ed autonomia possibili per quel determinato soggetto.

Si propone di incrementare il coinvolgimento di tali “organismi di comunità”, insie- me agli operatori dei servizi, all’interno di una reale partecipazione, anche promuo- vendo il riconoscimento dei Comitati di salute mentale.

Da notare è come il precedente Piano (1999-2001) si soffermi maggiormente sull’assistenza dei malati gravi, sulla continuità assistenziale e sullo sviluppo di in- terventi terapeutico-riabilitativi in particolar modo nel campo del lavoro, invece di privilegiare un’azione (di cui si rimarca adesso la necessità) sia di prevenzione che di promozione della salute mentale, con la proposta di operare per lo più all’interno delle strutture di comunità (scuole, luoghi di lavoro e di aggregazione).

Data la crescita della domanda di interventi in ambito di salute mentale, elemento che può testimoniare sia una progressiva diffusione di malessere sociale tra indivi-

2

Dal sito internet http://www.agenas.it (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali).

3

58

dui adulti e minori, sia una maggiore conoscenza e fruizione dei servizi a disposizio- ne dei cittadini, si solleva anche l’esigenza di verificare la rispondenza di tali servizi ai bisogni presentati dalle persone, a partire da una valutazione epidemiologica. Si pone anche l’obiettivo di incrementare il sostegno alle famiglie in difficoltà, ad e- sempio per mezzo di servizi di informazione ed ascolto, così come risultano impor- tanti il monitoraggio dei gruppi a rischio ed il lavoro per avvicinare ai servizi (e alla presa in carico) i soggetti non collaboranti, avvalendosi dell’aiuto delle associazioni di famiglie ed utenti, del volontariato, dei medici di medicina generale e degli altri servizi territoriali.

Si riscontra poi l’intento di impegnarsi per contrastare il pregiudizio della popolazio- ne nei confronti dei soggetti con problemi di salute mentale, favorendo piuttosto un nuovo rapporto all’interno della comunità civile, basato sulla crescita di solidarietà ed inclusione sociale; si propongono azioni di sensibilizzazione dei cittadini, anche in direzione dello sviluppo e diffusione degli affidi eterofamiliari.

Infine, vi è l’intento di potenziare la consapevolezza ed il ruolo dei servizi per la sa- lute mentale, confermandone l’assetto organizzativo costituito dal Dipartimento di Salute Mentale come strumento di governo che raccoglie le varie articolazioni dei servizi. A proposito di questi ultimi, il ricorso al ricovero presso il Servizio Psichiatri- co di Diagnosi e Cura dovrebbe essere più appropriato, soprattutto per quanto con- cerne la sua durata e frequenza.

I servizi di residenzialità, d’altra parte, vanno riqualificati per sviluppare un’articolazione con differente intensità assistenziale che proponga interventi speci- fici a seconda della tipologia di utenza; si ambisce ad ampliare l’offerta soprattutto in direzione di soluzioni abitative protette e case famiglia, con la collaborazione del privato sociale. È necessario che sia favorito lo “spostamento” dei soggetti tra le va- rie strutture, con la garanzia di un percorso terapeutico-riabilitativo flessibile, verso il raggiungimento di un efficace reinserimento sociale e della massima autonomia possibile.

Sono quindi confermate, a grandi linee, le strategie già definite all’interno Progetto obiettivo contenuto nel precedente PSR 1999-2001, ribadendo ancora l’importanza

59

dell’integrazione socio-sanitaria e della multidisciplinarietà degli interventi, che mettono al centro il ruolo dell’équipe e la collaborazione tra i vari professionisti; allo stesso tempo, però, sono sottolineate alcune criticità e carenze che pongono ai ser- vizi nuovi interrogativi di tipo organizzativo (e non solo), le cui risposte potrebbero costituire delle interessanti possibilità di miglioramento.

D’altra parte, anche il Piano Integrato Sociale Regionale 2002-2004, approvato con

DCR n. 122/20024

, prevede obiettivi di settore per la tutela della salute mentale, i quali possono essere riassunti in tre principali: la necessità di programmare gli inse- rimenti lavorativi per soggetti malati mentali e per pazienti degli OPG, di sostenere percorsi di autonomia e reinserimento sociale attraverso soluzioni residenziali abi- tative, e di sperimentare modalità assistenziali che prevedano un ruolo attivo da parte degli utenti stessi.

Anche il PISR, allo stesso modo del PSR, conferma l’importanza della collaborazione tra pubblico e privato, del coinvolgimento delle risorse che gli utenti e le famiglie rappresentano, così come della partecipazione delle associazioni di volontariato, verso un’offerta di risposte che siano innovative e che abbiano effetti terapeutico- riabilitativi sugli utenti stessi. Nel suddetto Piano, si propone un apporto sinergico da parte delle varie componenti sociali, anche per l’ampliamento delle possibilità lavorative ed abitative; si propone la formula dell’auto-aiuto e della rete degli utenti allo scopo di produrre emancipazione ed autonomia della persona. Un altro aspetto fondamentale è la prevenzione del disagio psichico attraverso l’informazione e la promozione di iniziative socio-culturali, da tenersi soprattutto nei luoghi di comuni- tà (scuole, ambienti di lavoro e di aggregazione).

Gli obiettivi prioritari del PIRS sono quindi l’integrazione socio-sanitaria dei servizi e la più ampia partecipazione possibile di associazioni di utenti e familiari, con lo sco- po di definire progetti e realizzare azioni bilanciate sui bisogni del soggetto; si parla poi di favorire lo sviluppo di una cultura basata sulla solidarietà e sull’auto-aiuto, di prevenire il disagio psichico e di promuovere la salute mentale, a partire da una dif- fusa informazione; infine, appare necessario lavorare per il potenziamento degli in-

4

60

terventi di riabilitazione e di reinserimento sociale, soprattutto valorizzando le ca- pacità dei soggetti.

Appaiono qui alcuni accenni ad entrambi gli aspetti che saranno trattati in seguito, primo tra i quali il tema della riabilitazione e del reinserimento sociale del soggetto, come azioni che dovrebbero favorire lo sviluppo di potenzialità e capacità dello stesso, invece di focalizzare l’attenzione sulla malattia e sulle “mancanze” da essa provocate; se i servizi riescono ad offrire un’articolata risposta a più bisogni, che non riguardano soltanto la sfera medica, diventa allora possibile conseguire l’obiettivo finale dell’autonomia dell’individuo.

L’altro aspetto richiamato è quello dell’inclusione delle risorse territoriali nella pro- grammazione e realizzazione degli interventi per la salute mentale, insieme alla sen- sibilizzazione della collettività di fronte a tale questione.

La Deliberazione della Giunta Regionale Toscana n. 596/2003 contiene l’allegato “La tutela della salute mentale: linee di indirizzo per l’organizzazione dei servizi” e la scelta della Regione risulta essere che i DSM si connotino come Servizi di Comunità, quindi con un rafforzamento della rete dei servizi stessi, verso l’affermazione del “modello toscano”.

Come anche affermato dalla L. 328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del si-

stema integrato di interventi e servizi sociali”5

, gli enti pubblici mantengono il dove- re di garantire l’accesso ai servizi ed alle prestazioni sociali e sanitarie, vi destinano le opportune risorse, effettuano la programmazione dei servizi e ne valutano la qua- lità; ma per la gestione delle attività, si auspica di superare dell’idea che “è rispon- dente all’interesse pubblico solo quello che è gestito con gli apparati pubblici: è ri- spondente all’interesse pubblico e meritevole del sostegno pubblico ciò che corri- sponde ai bisogni e alle priorità individuate dalla programmazione pubblica, indi-

pendentemente dalla forma in cui è gestito”6

. Si prevede, a tal proposito, la speri- mentazione di nuove forme di rapporto, con il rispetto delle reciproche autonomie organizzative e culturali e senza la tentazione di restaurare il modello della gestione

5

Legge 8 novembre 2000 n. 328, dal sito http://www.parlamento.it/parlam/leggi/00328l.htm.

6

Bongianni P. (2003), Lo sviluppo dei rapporti di collaborazione e integrazione pubblico-privato socia- le nelle attività di riabilitazione e di reinserimento: il modello toscano, dalla Rivista “Fogli di informa- zione”, n. 198/2003, p. 36.

61

pubblicistica dei servizi. Il DSM è chiamato a prendere in carico le persone con i loro bisogni, individuando i piani di intervento, ma può poi avvalersi, sia a livello di servi- zio domiciliare che di strutture semiresidenziali e/o residenziali, di operatori delle cooperative sociali o di gruppi strutturati (formati sul piano di interventi socio- assistenziali e socio-educativi), in poche parole del terzo settore. Si realizza così un processo di scambio, che comporta un arricchimento reciproco, una collaborazione sinergica e non competitiva. È questo il modello toscano, che si distingue da altre tipologie regionali incentrate invece sulla privatizzazione, ossia sulla delega totale della gestione dei processi terapeutico-riabilitativi a strutture private.

Le linee di azione sopra presentate e la destinazione di risorse adeguate e certe so- no fattori indispensabili per contrastare l’impoverimento dei presìdi territoriali ed evitare una rinnovata chiusura dei soggetti sofferenti nelle mura domestiche oppu- re in quelle dell’ospedale e degli SPDC; “vanno mantenuti e sviluppati tutti quegli spazi intermedi fra casa e ospedale, fra sociale e sanitario, che possono assicurare risposte articolate e flessibili alla estesa gamma delle necessità assistenziali e tera- peutiche derivanti dalla sofferenza psichica, risposte che potranno essere tanto più articolate e flessibili quanto più numerosi e diversi saranno i soggetti che si mettono

in campo”7

.

A partire dalle linee generali indicate dal PSR 02-04, è aperta una nuova fase in cui si tende a realizzare servizi integrati di competenza intersettoriale, dedicati alla salute mentale più che alla malattia, e che puntano alla prevenzione ed all’intervento pre- coce invece che alla riparazione del danno. Anche l’incremento dei disturbi psichici ha condotto ad un adeguamento e ad una razionalizzazione delle risorse, cercando nuove modalità di operare e favorendo l’inclusione di forze provenienti dalla comu- nità territoriale; uno dei punti più significativi è appunto la ricerca di un rapporto nuovo con la società ai vari livelli: i servizi devono mettere al centro la persona con la sua domanda di salute ed i suoi personali bisogni, non solo di cura, in un rapporto di dialogo col soggetto e con i familiari, ma anche col territorio, con i suoi organismi e risorse. Ecco che il DSM deve promuovere lo sviluppo di una rete di servizi integra-

7

62

ti, il lavoro do équipe, la continuità terapeutica, l’importanza della riabilitazione e del reinserimento sociale, la massima partecipazione possibile di tutti i soggetti pubblici e privati in un progetto complessivo di azione, una risposta efficace, com- pleta e flessibile da parte dei servizi, il miglioramento continuo della qualità con l’utilizzo di strumenti di verifica della stessa (efficacia della cura ma anche soddisfa- zione di utenti e familiari). Lo strumento della verifica è fondamentale in quanto fornisce ai servizi un riscontro in relazione al conseguimento dello scopo per cui esi- stono; è auspicabile che ad esprimere la propria soddisfazione siano i soggetti che usufruiscono dei servizi e che a questi ultimi sono interessati, perché è appunto su di loro che le risposte offerte dovrebbero modellarsi, evitando di presentare solu- zioni troppo rigide e poco aperte al cambiamento ed all’innovazione; l’ascolto e la partecipazione delle persone interessate potrebbe condurre infine a modificare i servizi, i loro funzionamenti e prestazioni, all’interno di un costante miglioramento in linea con le domande ed i bisogni di cui gli individui sono portatori.

Il 2005 è un anno che vede delle notevoli innovazioni in Toscana, tra cui il ricono- scimento più marcato dell’integrazione socio-sanitaria all’interno di ogni tipologia di servizio, affinché si realizzino progetti unitari che non scindano i due aspetti. In tal senso, meritano di essere citate le leggi regionali n. 40/2005 “Disciplina del Servizio

Sanitario Regionale”8

(modificata dalla L.R. 60/2008) e n. 41/2005 “Sistema integra- to di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale” (modificata dalla L.R. 83/2009), le quali intervengono ad indirizzare l’organizzazione dei servizi territoriali verso un’effettiva integrazione: si propone l’unificazione della zona- distretto all’interno di tutte le Aziende USL, il cui unico strumento di programma- zione diviene il Piano Integrato di Salute (PIS); e si assiste alla sperimentazione della Società della Salute (SdS) come forma di governo integrata tra la zona-distretto e gli enti locali. Ovviamente anche la salute mentale trova il proprio spazio all’interno della programmazione zonale e vengono offerte risposte socio-sanitarie integrate attraverso i servizi.

8

Dal sito http://www.superabile.it/repository/ContentManagement/information/P1199422231/ legge-2005-00040.pdf.

63

Venendo ad un periodo più recente, si nota come il Piano Sanitario Regionale 2008-

20109

richiami ancora degli obiettivi già proposti e dedicati specificatamente alla sa- lute mentale, oltre i quali si ricorda anche l’attenzione ad evitare la contenzione fisi- ca ed a limitare la terapia farmacologica alla stretta necessità, puntando piuttosto sulla partecipazione attiva di utenti, familiari ed associazioni; viene inoltre proposta una valutazione epidemiologica della popolazione, per rilevare i bisogni dei soggetti e metterli in relazione con le risposte garantite dai servizi; l’elemento quantitativo risulta infatti utile per una programmazione che sia coerente con le reali esigenze dei cittadini-utenti.

Concludendo questa presentazione dell’evoluzione delle linee programmatiche to- scane, si può affermare che la Regione, attraverso le proprie leggi, delibere e piani, presenti un “modello” per la salute mentale basato su ricorrenti punti fissi, costi- tuenti una guida per l’organizzazione dei servizi e per gli interventi messi in atto; tra di essi, spicca soprattutto l’elemento della partecipazione da parte della comunità, intesa sì come associazioni di utenti e famiglie, ma anche come gruppi di volontaria- to e cooperative sociali. L’apporto del terzo settore si rivela notevole in ambito per lo più socio-assistenziale e socio-educativo, con la propensione a creare uno scam- bio proficuo tra operatori appartenenti a tali organismi e quelli del servizio pubblico (lavoro di rete), in direzione di un coordinamento ed arricchimento reciproco. Tale peculiarità distingue la Toscana da altre Regioni, soprattutto del nord Italia (es. Lombardia) che scelgono spesso di delegare a strutture private accreditate la rispo- sta ai problemi di salute mentale.

Si può inoltre rilevare un parallelismo tra il modello toscano e la psichiatria di comu-

nitàdi basagliana memoria10

, poiché entrambi promuovono la tutela dell’utente all’interno di un contesto più vasto, favoriscono la comunicazione e l’ascolto, valo- rizzano il contributo dell’individuo stesso e cercano di considerare ogni risorsa pre- sente, con una collaborazione sinergica tra i vari soggetti.

9

PSR 2008-2010, dal sito http://www.sds.firenze.it/export/sites/default/materiali/Piano_sanitario_ regionale_2008_2010.pdf.

10

64

Il lavoro di comunità, a cui si fa qui riferimento, non si lega esclusivamente ad un’appartenenza territoriale-geografica, ma ad una comunanza di interessi, ad un fine condiviso, che è appunto la salute mentale: un tema che non può non riguarda- re l’intera comunità.

2. Il livello descrittivo - applicativo: l’organizzazione dei servizi ed i nodi critici

Il Piano sanitario regionale 2002-2004 esprime delle linee di tendenza e degli indi- rizzi coerenti con una nuova fase che vede la realizzazione di servizi dedicati alla “sa- lute mentale” e non semplicemente alla “malattia”; la cultura dei servizi si è sposta- ta dall’obiettivo di intervento sul danno, verso le priorità costituite da un’azione