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I SERVIZI PER LA SALUTE MENTALE IN VAL CORNIA 1 Cenni sull’organizzazione dei servizi nella Zona

In anni recenti, l’Unità Funzionale di Salute Mentale Adulti (UFSMA) della Zona ha subìto importanti cambiamenti nell’organizzazione strutturale: dal giugno 2006, è stata assegnata al Centro di Salute Mentale una nuova sede, all’interno del Presidio Ospedaliero di Villamarina (Piombino). È qui assicurata una maggiore presenza di operatori e la possibilità, per i pazienti più impegnativi, di passare le dodici ore gior- naliere in tale sede; inoltre vengono effettuate fleboterapie ed osservazioni degli utenti in regime ambulatoriale, con l’eventuale accesso alle consultazioni di altri specialisti presenti in ospedale, con percorsi facilitati. Nel CSM di Villamarina, è svol- ta anche tutta l’attività ambulatoriale cittadina, con la chiusura dei due ambulatori presenti nei distretti socio-sanitari di Piombino-Centro e Città Nuova-Salivoli. Dal CSM parte, inoltre, la proiezione dell’assistenza domiciliare sul territorio cittadino e sulla Zona Nord (che comprende altre località della Val di Cornia, tra cui Venturina e San Vincenzo); proprio in questa zona è stato creato un altro polo assistenziale che trova nel Centro socio-sanitario di Venturina il principale luogo di erogazione delle prestazioni, dalla prima visita a quelle di controllo.

Il responsabile dell’UFSMA fa riferimento al capo dipartimentale situato nella Pro- vincia di Livorno (dal momento che il DSM è provinciale) e dirige le operazioni del CSM zonale, all’interno del quale sono chiamati ad intervenire gli psichiatri (a se- conda della zona di competenza) ed il settore infermieristico. A Piombino, pur non essendo previsto un reparto ospedaliero dedicato in particolare alla salute mentale, è presente il servizio di Day Hospital, il quale dispone di un numero abbastanza ri- dotto di posti letto; esso può però raccordarsi, in caso di necessità, con i reparti dell’ospedale e con i primari degli stessi, per garantire un ricovero adeguato ai pa- zienti. Tuttavia, non sempre i rapporti tra servizi di salute mentale e reparti sono di-

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stesi e semplici1

. Il CSM può essere attivato automaticamente dal Pronto soccorso se il soggetto necessita di una valutazione psichiatrica e, allo stesso scopo, vi si può rivolgere qualsiasi reparto dell’ospedale; gli psichiatri sono inoltre sempre reperibili ed attivabili in caso di bisogno.

Nell’ambito della programmazione dei servizi è stata individuata, come prima ne- cessità, l’esigenza di avere uno staff medico, infermieristico e psicologico almeno corrispondente all’attuale pianta organica, ritenuta il minimo sufficiente per portare avanti determinati obiettivi; la richiesta è quella del rapido ripristino delle figure

professionali attualmente mancanti2

. È importante garantire una stabilità degli ope- ratori a fronte del rischio di ripercussioni negative su utenti e famiglie, derivanti da eccessivi cambiamenti in tal senso.

2. Il “percorso delle strutture”

Nell’articolazione dei servizi dedicati alla salute mentale della Azienda USL 6 - Zona Val di Cornia (che comprende i territori di Campiglia Marittima, Monteverdi Marit- timo, Piombino, San Vincenzo, Sassetta e Suvereto), è previsto il cosiddetto “per- corso delle strutture”: si tratta, appunto, di un insieme di strutture residenziali di varia tipologia, destinate ad ospitare, per un periodo determinato, alcuni soggetti portatori di disturbi psichiatrici. Le varie residenze sono collocabili idealmente su un continuum che, a partire da un’assidua presenza degli operatori, passando per una sempre minore assistenza, termina con la dimissione del soggetto e con l’impegno per il mantenimento di una sua autonomia abitativa e di vita.

Il generico riferimento al termine “struttura”, oltre a risultare poco esplicativo, ri-

schia di richiamare qualcosa di rigido e “chiuso” rispetto all’esterno3

; è perciò prefe- ribile utilizzare una terminologia più specifica, che riesca a definire con maggiore precisione il tipo di servizio offerto, evidenziandone le peculiarità e le differenze ri-

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Dall’intervista all’Assistente sociale che lavora con la psichiatria e che si occupa degli inserimenti di utenti all’interno delle SR, tenutasi in data 16/01/2013.

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Piano Integrato di Salute (PIS) della Zona Val di Cornia, p. 23, dal sito internet:

http://www.e.toscana.it/e-toscana/resources/cms/documents/pis/sds_valdicornia_pis.pdf

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Dall’intervista alla Responsabile del Centro “Àncora” (anche Educatore professionale) in data 30/01/2013.

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spetto a tutti gli altri. Se, da un lato, il percorso offerto può essere visto come unita- rio (o meglio composto da vari livelli che si collegano tra loro), dall’altro esso non risulta affatto rigido o “direttivo”, ma è flessibile in relazione ai bisogni di ogni sog- getto; infatti, il progetto individuale dell’utente non prevede necessariamente il passaggio progressivo attraverso tutte le residenze del percorso, ma, al contrario, vede la presenza di “salti” ed inversioni dei vari livelli.

Il continuum, secondo l’ordine ideale, è costituito dal Centro Residenziale, dall’Appartamento Protetto ed infine dall’Abitare Supportato; vi è poi il Centro Di- urno che, pur ubicato all’interno dello stesso CR, svolge funzioni non di tipo residen- ziale ma più propriamente riabilitativo. Un’ulteriore risposta è fornita dalla Casa Famiglia per il “Durante e Dopo di noi”.

Il Centro Residenziale “Àncora” è una struttura extra-ospedaliera, riabilitativa ed a dimensione “familiare”, che offre un’opportunità abitativa temporanea, si occupa della progettazione/realizzazione di programmi terapeutico-riabilitativi personaliz- zati e si impegna a favore della permeabilità degli scambi sociali. Il CR ospita inten- zionalmente al suo interno un numero abbastanza ridotto di persone, visto che la sua disponibilità di posti letto si ferma a dieci, di cui otto ordinari e due dedicati alle emergenze. L’utenza si compone di soggetti adulti in carico al Dipartimento di Salu- te Mentale, con scarsa autonomia personale e sintomi psicopatologici ascrivibili all’area della psicosi. L’offerta di assistenza è di 24 ore su 24 per tutti i giorni della settimana ed è garantita la presenza continua di operatori socio-assistenziali (Osa) che si alternano in tre turni da otto ore, fino a ricoprire l’intero arco della giornata; in termini di tempo, l’impegno dell’educatore professionale è invece maggiormente contenuto rispetto a quello degli OSA, dal momento che egli è presente per un tota- le di tre ore (precisamente dalle 16.00 alle 19.00), durante le quali può partecipare ai laboratori, condividere il momento del pasto serale, favorire il dialogo tra gli u- tenti e con i volontari, accogliere le richieste per la realizzazione di attività e fron- teggiare disagi, problematiche o eventuali crisi degli utenti.

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Nell’appalto4

si fa riferimento anche ad una possibile scansione delle attività nelle varie ore della giornata (sveglia, igiene, colazione, laboratori, pranzo, cena, ecc…) ed alla stesura di un regolamento per gli ospiti del Centro, che promuova l’adozione di norme comuni a garanzia di un’adeguata convivenza tra i diversi soggetti.

Dall’anno 2000 il CR “Àncora” è gestito dalla Cooperativa sociale “Cuore”, in con- venzione con l’ASL 6 della Zona Val di Cornia, ed inizialmente la struttura era ubica- ta a Piombino (LI), dove costituiva un complesso unitario con il Centro Diurno e con l’ambulatorio psichiatrico; in seguito, e precisamente nel 2003, il CR è stato trasferi- to a Venturina insieme al CD, subendo il definitivo distacco dall’ambulatorio, che at- tualmente si trova presso l’ospedale di Villamarina a Piombino.

L’”Àncora” offre al soggetto un sostegno a vari livelli (abitativo, educativo, relazio- nale, di vita quotidiana), con l’intento di creare uno “spazio protetto” al di fuori dell’ambito ospedaliero in cui gli assistiti possano elaborare i motivi del disagio psi-

chico e riprogettare la loro esistenza nel contesto sociale di appartenenza5

. La resi- denzialità consentita dal Centro, insieme alla partecipazione al CD (specialmente per quanto riguarda i laboratori), permette di usufruire di un ambiente idoneo alla sperimentazione ed allo sviluppo di situazioni di vita e di relazione positive, all’interno di un’assistenza globale che tiene conto sia delle problematiche sanitarie che dei bisogni socio-educativi.

La tipologia di prestazioni previste è molto ampia e concerne varie aree6

: a carico dell’ASL sono l’assistenza medica generica (assicurata dal medico di base), quella in- fermieristica (per la consegna e somministrazione della terapia), quella psicologica e psichiatrica (incontri con cadenze prestabilite); vi sono poi gli interventi della medi- cina specialistica e quelli di assistenza sociale (con azioni nell’ambito appunto socia- le, volte alla realizzazione della riabilitazione/risocializzazione); infine, le attività a

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Appalto per la gestione delle strutture residenziali e dei servizi riabilitativi per la salute mentale in Val di Cornia (AUSL 6- LI), affidata alla ATI (associazione temporanea di imprese) composta dalle tre cooperative sociali (di tipo A) Cuore, G. Di Vittorio ed Agape.

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Ivi, p. 85.

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carico della ATI7

, inerenti all’assistenza personale (aiuto nella cura del proprio corpo e del proprio ambiente) ed alla riabilitazione in senso stretto.

È soprattutto quest’ultimo intervento (riabilitativo) che viene definito in dettaglio attraverso i progetti individualizzati concordati dai membri dell’équipe, allo scopo di potenziare/mantenere/allargare le capacità e le autonomie degli ospiti, per mezzo delle attività quotidiane e di laboratorio svolte in collaborazione col Centro Diurno. L’obiettivo generale della struttura consiste, quindi, nel garantire ai soggetti l’adeguata assistenza per lo svolgimento delle attività quotidiane, fornendo loro de- gli stimoli individualizzati per il recupero delle capacità strumentali e relazionali; con attenzione alla tipologia ed alle caratteristiche dei soggetti, il Centro mira alla realiz- zazione di un contesto di accoglienza/ospitalità per produrre un cambiamento nei comportamenti e nelle esperienze psicopatologiche degli stessi utenti. L’attuazione del modello del “prendersi cura” implica un confronto continuo e quotidiano con la complessità dei problemi e, proprio per questo, il piano di lavoro va ad agire su tut- ti gli elementi che possono favorire lo sviluppo di consapevolezza e responsabilità; ciò si realizza grazie all’attivazione di nuove prospettive e percorsi che consentano di trovare risposte a problemi più complessi ed articolati di quelli che la semplicisti- ca riduzione a “malattia” potrebbe far comprendere e risolvere. È infatti auspicabile predisporre delle azioni innovative, seppur rischiose, nei confronti di una difficoltà che non può ricadere soltanto su chi è portatore della sofferenza o sui suoi familiari. Al fine di sviluppare e potenziare le capacità dell’utente, un’ulteriore ed importante fase del processo di cura consiste nel coinvolgimento/trasformazione delle risorse presenti, compresa la ricerca di offerte concrete in una rete ampia che includa an- che ciò che esiste all’esterno dei servizi; si può così produrre un progetto più ricco ed articolato. Stando a quanto affermato, gli obiettivi principali del Centro residen-

ziale sono riassumibili nei seguenti8

:

(a) ridurre i ricorsi alle strutture ospedaliere; (b) sviluppare attività di prevenzione, cura e riabilitazione; (c) mantenere le capacità cognitive, psicologiche, relazionali e

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L’ATI è l’associazione temporanea di imprese (composta dalle tre cooperative sociali, di tipo A, Cuo- re, G. Di Vittorio ed Agape) che gestisce le SR in VdC.

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fisiche acquisite; (d) garantire la continuità dell’assistenza e la risposta ai bisogni dei sofferenti psichici ad alto rischio di emarginazione sociale e di cronicizzazione; (e) orientare gli interventi assistenziali al recupero della qualità della vita dell’assistito e all’attivazione/promozione delle sue risorse; (f) aiutare la persona a raggiungere una sempre maggiore autonomia; (g) sviluppare l’integrazione degli interventi sani- tari e sociali, attraverso l’assunzione di responsabilità da parte di ciascuno dei sog- getti istituzionali.

Per quanto riguarda gli obiettivi specifici, invece, si parla di:

(i) contenere il ricorso al ricovero ospedaliero alla sole situazioni di effettivo bisogno e utilità; (ii) assicurare il sostegno ai nuclei familiari degli utenti, collaborando per un eventuale reinserimento graduale del paziente nella famiglia e nella comunità sociale; (iii) creare una continuità nel trattamento attraverso i contatti costanti con le altre agenzie del sociale e del sanitario; (iv) assicurare il trattamento nel caso di acuzie e emergenze per le quali non risulti utile il ricovero ospedaliero; (v) offrire prestazioni di aiuto diretto alla persona svolte sa operatori socio-assistenziali; (vi) fornire aiuto nell’igiene personale dei soggetti; (vii) offrire prestazioni di carattere educativo-riabilitativo; (viii) sviluppare attività espressive, manuali, occupazionali, ma anche motorie, psicomotorie di recupero e mantenimento dell’immagine di sé; (ix) creare opportunità di collegamento con l’ambiente esterno per iniziative cultu- rali, ludiche, sportive; (x) promuovere gli inserimenti socio-lavorativi e riabilitativi personalizzati inerenti i diversi bisogni degli utenti, in stretta collaborazione con la ASL di riferimento; (xi) svolgere uscite di gruppo; (xii) recuperare le attività delle cinque aree vitali: cura della persona, abitazione, lavoro, altri significativi, spazio so- ciale e ricreativo.

Il Centro Diurno “L’Oasi” è una struttura semi-residenziale, anch’essa gestita, a par- tire dal 2000, dalla Cooperativa Sociale “Cuore” in convenzione con l’ASL 6 - Zona Val di Cornia; inizialmente il CD si trovava a Piombino, all’interno del Centro Resi- denziale, dove il numero degli ospiti oscillava da 5 a 10 unità e le attività si basavano soprattutto sulla riabilitazione manuale, svolta in locali adibiti, con la possibilità di una frequenza parziale (mattina o pomeriggio) oppure totale (intera giornata) da

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parte dei soggetti9

. Nell’anno 2003, il Centro Diurno e quello Residenziale sono stati trasferiti a Venturina ed il numero degli utenti è cresciuto anche fino alle 20 unità; un ulteriore cambiamento ha riguardato le attività di riabilitazione poiché, nono- stante alcune di esse si svolgano ancora all’interno della struttura, per altre vi è sta- to un maggiore coinvolgimento delle realtà territoriali, soprattutto in relazione alla socializzazione ed a nuove forme di apprendimento.

Il Centro Diurno è aperto sei giorni alla settimana per almeno dieci ore al giorno, precisamente dalle 9.00 alle 19.00; l’educatore professionale è impegnato in questa sede dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 16.00, per un totale di cinque ore, men- tre gli operatori socio-assistenziali lavorano in due turni di cinque ore ciascuno (9.00-14.00 e 14.00-19.00). Le iniziative riabilitative previste sono molteplici, così

come lo sono le modalità di realizzazione10

, ma in ogni caso è fondamentale che per tutti i soggetti sia stilato un progetto individualizzato con gli obiettivi e gli strumenti per conseguirli. Presso il Centro Diurno, l’utenza può inoltre consumare il pasto giornaliero insieme agli ospiti del Residenziale e beneficiare del servizio di trasporto messo a disposizione dalla Cooperativa con l’impiego di un proprio mezzo.

L’obiettivo principale del CD è quello di svolgere “un’attività riabilitativa a carattere

socio-relazionale ed attitudinale per pazienti con patologie psicotiche subacute”11

ed esso rappresenta un punto di riferimento importante per le strutture residenziali della zona; è qui che si agisce per la realizzazione dei vari obiettivi previsti dalle é- quipe all’interno dei progetti individualizzati.

I fini generali del CD sono prevalentemente quelli di prevenzione delle dinamiche di cronicizzazione del disturbo psicotico e di riattivazione delle risorse evolutive degli utenti, oltre al tentativo di includere le energie presenti nei contesti di vita degli u- tenti, attraverso la creazione di reti che consentano l’integrazione ed un ruolo attivo sia degli stessi che delle famiglie.

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Dall’appalto per la gestione delle strutture residenziali e dei servizi riabilitativi per la salute mentale in Val di Cornia (AUSL 6-LI), affidata alla ATI (associazione temporanea di imprese) composta dalle tre cooperative sociali (di tipo A) Cuore, G. Di Vittorio ed Agape, p. 99.

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Si vedano pp. 185 e 206.

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L’Appartamento Protetto “Casa Leo” nasce a Piombino nel febbraio del 2003 ed ospita inizialmente quattro utenti maschi con disturbi di ordine psichiatrico non in fase acuta che hanno intrapreso un percorso riabilitativo già all’interno del Centro Residenziale “Àncora”; essi, pur provenendo da una situazione che aveva visto il peggioramento della loro patologia e la presenza di conflitti familiari fino al ricorso al CR, sono riusciti ad ottenere poi dei miglioramenti, col successivo passaggio nell’Appartamento Protetto. Nel corso del triennio 2003-2006, si sono susseguite tre fasi (rispettivamente di alta assistenza notturna e diurna, media assistenza e bassa assistenza) che nel 2007 hanno permesso il raggiungimento di un’autonomia tale da ridurre l’entità dell’intervento alla bassa assistenza esclusivamente diurna, la stessa che viene garantita attualmente. Così, “gli utenti in questione hanno avuto la possibilità di sperimentare una vita autonoma in un ambiente semi-protetto, di rial- lacciare i rapporti con le famiglie, di arricchire il loro quotidiano con il riconoscimen- to e la cura di sé e del proprio ambiente, con l’accettazione dell’altro e delle regole

di convivenza comune”12

.

“Casa Leo” è un appartamento completamente arredato secondo le esigenze dell’utenza ed è situato al primo piano di una palazzina abitata da altre dodici fami- glie, le quali hanno accolto senza problemi la coabitazione con i soggetti in carico alla Salute mentale; si tratta di utenti con disagio psichiatrico che hanno raggiunto l’ultima fase del percorso terapeutico-riabilitativo personalizzato, con l’acquisizione di discreti gradi di autonomia ed adeguata capacità di analisi della realtà. Sempre a Piombino, è presente un ulteriore Appartamento protetto riservato alle donne. Tali “strutture” offrono ovviamente un’accoglienza nelle 24 ore per tutti i giorni del- la settimana e qui le figure professionali dell’educatore e dell’OSA si alternano (mat- tina/pomeriggio) con turni di quattro ore ciascuno: le fasce orarie in cui è prevista la presenza di un operatore sono quelle dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 18.00 alle 22.00, quindi compresi gli orari dei pasti; questo scelta dipende anche dal fatto che, dato il maggior grado di autonomia dei soggetti, è probabile che nel resto della giornata essi non siano a casa perché impegnati in attività presso il CD o di tipo lavorativo. La

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presenza dell’educatore in appartamento può rappresentare uno stimolo per gli u- tenti che devono recarsi presso il proprio inserimento socio-terapeutico e lavorati- vo, un sostegno/collaborazione nella preparazione del pasto e nella gestione della casa, un affiancamento nell’espletamento di mansioni legate all’acquisto di alimenti e generi personali, un supporto nell’utilizzo di servizi pubblici. Il lunedì dopo pranzo si svolge solitamente la riunione settimanale con l’educatore, alla fine della quale viene stilato un verbale per cui è prevista anche la firma da parte degli utenti che hanno partecipato alla riunione, allo scopo di responsabilizzarli in merito alle propo- ste espresse ed alle eventuali problematiche legate alle dinamiche di gruppo e alla gestione della casa.

L’appartamento, trovandosi nella zona centrale di Piombino, favorisce inoltre il col- legamento con ciò che la città offre, compresa la possibilità di usufruire dei servizi presenti all’esterno senza impedimenti, problemi di trasporto o ristrettezza nei tempi; la zona consente la partecipazione ad attività ricreative, di socializzazione e di tempo libero, oltre a rappresentare una notevole risorsa per evitare l’isolamento. Il progetto in questione rappresenta, per il soggetto psichiatrico, un passaggio signi- ficativo da una vita in parte “strutturata”, come quella all’interno del CR, ad una maggiore autonomia nell’agire e nel vivere, in un processo di graduale reinserimen- to nella realtà sociale di appartenenza. Questo tipo di intervento prevede il riferi- mento ad uno spazio “che offra una residenzialità che è un vero abitare, una casa dove trovare uno spazio per rivelare la propria identità reinserendo i soggetti nel cerchio del tessuto sociale e urbano (…). La dimensione della casa, la loro struttura organizzativa e il grado di protezione non possono essere definiti in modo rigido, devono essere invece elastici e ricchi di determinate opzioni che vadano incontro

alle preferenze degli utenti e ai loro bisogni specifici”13

. La gestione di un Apparta- mento Protetto parte dal presupposto che l’abitazione vada intesa come un luogo

che consente un “percorso formativo in situazione”14

, durante il quale il soggetto è “protetto”, grazie al sostegno di operatori che garantiscono la loro presenza per un numero definito di ore giornaliere e con cui si instaura un rapporto probabilmente

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Dall’appalto…, p. 110.

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continuativo (in quanto spesso gli stessi professionisti lavorano con l’utenza anche presso il Centro Diurno).

L’obiettivo principale è quello di far raggiungere alla persona un’adeguata gestione di se stessa e della propria abitazione, a partire da azioni quotidiane come le sem- plici faccende domestiche (fare le pulizie, la spesa, preparare i pasti, ecc.); in questo modo, gli operatori divengono i collaboratori di un soggetto impegnato nella ricerca personale di un miglioramento nella propria vita.

Ma “abitare significa anche vivere dentro l’organizzazione sociale”15

; quindi, proprio per evitare la chiusura, diviene necessario costruire intorno allo “spazio casa” una rete, caratterizzata dall’apporto delle varie risorse territoriali, compresi il vicinato, il volontariato e le organizzazioni del privato sociale.

Il concetto di struttura intermedia tra ospedale e famiglia/comunità si era già fatto strada nelle esperienze di deistituzionalizzazione, ancor prima di essere regolamen- tato dalle leggi; ma, è comunque importante non dimenticare che il ricorso all’opportunità abitativa descritta rappresenta soltanto uno dei livelli disponibili