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1. Introduzione: quali tipologie

La scelta di focalizzare l’analisi soltanto su una tipologia di servizio offerto dal DSM, ossia le strutture residenziali, dipende dall’aspetto prevalentemente “sociale” con cui tali presìdi sono connotabili. La soluzione residenziale appare infatti uno dei ser- vizi fondamentali per ricollegare il soggetto con problemi di salute mentale (il quale si trovi in una situazione di particolare difficoltà, ad esempio in seguito ad una crisi e/o un ricovero) al territorio di appartenenza.

Si può affermare che altri servizi, quali il CSM e il SPDC, pur svolgendo funzioni di cruciale importanza, si occupano in maniera più specifica di bisogni del soggetto le- gati maggiormente all’ambito sanitario. Il Centro di Salute Mentale, come già affer- mato, è il punto di partenza della presa in carico, il luogo in cui si valuta la condizio- ne del soggetto e della sua patologia e dal quale ha inizio la progettualità con lo stesso; si nota però un aspetto prevalentemente terapeutico ed ambulatoriale, vol- to inizialmente alla cura, anche se dovrebbe in seguito orientarsi verso ulteriori sce- nari meno sanitari.

Il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura risponde a bisogni urgenti ed è chiamato a farlo in maniera tempestiva, garantendo il ricovero quando la situazione lo renda necessario; ancora è prevalente la componente sanitaria, con l’aggiunta dell’aspetto dell’emergenza e con la raccomandazione di prestare attenzione alla variabile “tempo” (della risposta e della permanenza ospedaliera).

Il “sociale”, invece, rivela chiaramente la sua presenza quando si osservano le strut- ture semi-residenziali e residenziali, nelle quali si fa spazio un’idea di intervento per lo più riabilitativo e di reinserimento sociale.

Le SR, in particolare, possono essere definite l’anello di congiunzione tra il servizio in senso stretto ed il territorio, in quanto rappresentano un passaggio per gradi, una “palestra” che prepara il soggetto al reinserimento nel tessuto sociale. Qui si lavora per la cura e la riabilitazione della persona con la previsione di un programma tera-

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peutico-riabilitativo individualizzato, riconoscendone e valorizzandone le qualità (a- bilità e capacità), in vista del recupero dell’autonomia.

L’intensità di assistenza delle strutture residenziali è modulata sulla base delle esi- genze di cura e la Regione Toscana prevede la distinzione tra trattamenti terapeuti- co-riabilitativi e socio-riabilitativi di tipo intensivo ed estensivo. Il regolamento 61/R

del 20101

individua tre tipologie di strutture:

- quelle terapeutico-riabilitative per acuti e subacuti, che erogano trattamenti in- tensivi nelle 24 ore, occupandosi quindi di soggetti che richiedono interventi ad ele- vata tutela sanitaria;

- le strutture socio-riabilitative ad alta intensità assistenziale, che offrono tratta- menti residenziali terapeutico-riabilitativi estensivi, con presenza di personale so- cio-sanitario nelle 12 ore diurne, per lo più a pazienti in fase cronica che necessitano anche di reinserimento sociale;

- infine, le strutture socio-riabilitative a bassa intensità assistenziale, che propon- gono trattamenti residenziali socio-riabilitativi con assistenza per fasce orarie, riser- vati a soggetti parzialmente non autosufficienti non assistibili nel proprio nucleo familiare, con programmi di reinserimento sociale e lavorativo nella fase di lungoas- sistenza.

Oltre alle suddette, la Regione prevede:

- strutture a carattere comunitario per persone a rischio di esclusione psico-sociale e/o in condizioni di disagio relazionale (art. 21 della LR 24 febbraio 2005 n. 41 “Si- stema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale”) - e comunità di tipo familiare (art. 22 della stessa legge), compresi i gruppi appar- tamento e le aggregazioni di comunità, per soggetti per cui la permanenza in fami- glia è impossibile oppure in contrasto con il percorso individuale.

1

Decreto del Presidente della Giunta Regionale del 24 dicembre 2010, n. 61/R “Regolamento di at- tuazione della legge regionale 5 agosto 2009, n. 51 (Norme in materia di qualità e sicurezza delle strutture sanitarie: procedure e requisiti autorizzativi di esercizio e sistemi di accreditamento) in ma- teria di autorizzazione ed accreditamento delle strutture sanitarie”.

87 2. Alcuni dati sull’offerta residenziale toscana

L’offerta residenziale in Toscana2

si articola in 128 strutture che erogano assistenza psichiatrica, per una totale disponibilità di 842 posti letto (p.l.), di cui:

(a) 45 strutture terapeutico-riabilitative per acuti e subacuti con 411 p.l.,

(b) 30 socio-riabilitative ad alta intensità assistenziale con 219 p.l. (di cui 119 p.l. con assistenza nelle 12 ore e 100 p.l. nelle 24 ore) e

(c) 53 strutture socio-riabilitative a bassa intensità assistenziale con 212 p.l.. L’Azienda USL di Livorno ne presenta rispettivamente:

(a) 5 con 65 p.l., (b) 3 con 15 p.l. e (c) 2 con 9 p.l., per un totale di 10 strutture con

complessivamente 89 p.l. (Fonte: RT su flusso STS 11-24, dati riferiti all’anno 2011)3

. Come si può osservare, i posti letto nelle strutture terapeutico-riabilitative sono prevalenti in Toscana, con un tasso di 12,9 ogni 100.000 residenti, mentre per quan- to concerne le strutture socio-riabilitative ad alta e bassa intensità (sebbene la pre- senza delle seconde sia lievemente maggiore) i dati sono simili: 6,9 p.l. ogni 100.000 abitanti per le strutture ad alta intensità, a fronte di un 6,7 di quelle a bassa.

Il dato medio dell’offerta toscana, considerando tutti i tipi di struttura, è di 26,5 po- sti letto ogni 100.000 residenti. Si riscontra, però, una notevole differenza intera- ziendale, che potrebbe essere causata dalle singole scelte di impostazione assisten- ziale di ogni DSM e/o dalla diversa tipologia di domanda espressa dalla popolazione. Ad esempio, per quanto riguarda l’AUSL di Livorno, si ha una disponibilità di 21,5 p.l. nelle strutture terapeutico-riabilitative, di 4,9 in quelle socio-riabilitative ad alta in- tensità assistenziale e di 3,0 in quelle a bassa intensità, per un totale di 29,4 p.l. ogni

100.000 abitanti, quindi superiore rispetto al tasso regionale4

.

Per valutare le strutture residenziali, possono essere presi in considerazione i dati di

attività delle stesse, ad esempio gli indici di occupazione e rotazione5

. L’indice di oc- cupazione esprime il tasso di utilizzo di una determinata struttura dal momento che

2

La salute mentale in Toscana: aggiornamenti e sviluppi. N. 68: novembre 2012, Collana Documenti ARS, dal sito internet dell’Agenzia Regionale di Sanità (ARS) della Regione Toscana: http://www.ars.toscana.it/files/pubblicazioni/Volumi/2012/68_salute_mentale.pdf. 3 Ivi. 4 Ivi. 5 Ivi.

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mette a confronto l’effettivo utilizzo, espresso dalle giornate di assistenza prestate in un certo periodo (ad esempio un anno), con il potenziale della stessa, dato dal massimale di giorni di assistenza erogabili nel medesimo periodo, sulla base dei po- sti letto della struttura. Si può così valutarne l’utilità, relazionando l’uso effettivo con la potenzialità del presidio, ed eventualmente decidere, sulla base di dati con- creti, di aumentare o diminuire la disponibilità di assistenza.

L’indice di rotazione misura invece l’intensità di uso dei posti letto, poiché indica il numero di utenti che mediamente vi si alternano; esso è dato dal rapporto tra il numero di utenti ed il numero dei posti letto della struttura. Si esprime così il senso di mobilità dei soggetti in quel servizio, e quindi la misura del ricambio, la cui pre- senza rappresenta una limitazione dei rischi di cronicizzazione ed istituzionalizzazio- ne.

Riportando alcuni dati6

, per l’anno 2011 in Toscana l’indice di occupazione è del 74,6%, mentre per l’Azienda USL di Livorno (per la quale però, come per Lucca e Siena, sono stati riscontrati errori nella compilazione del flusso STS 24 e quindi i dati possono essere considerati una sottostima dei reali) del 56,8%. L’indice di rotazione per la Toscana è dell’1,2% e per Livorno dello 0,9%; si evidenziano comunque, per la maggior parte delle AUSL regionali, dati superiori alla soglia dell’unità, a testimo- nianza della presenza di turnover (il numero di utenti ospiti nella struttura supera i posti disponibili).

In conclusione, è importante sottolineare che, ponendo un’adeguata attenzione al monitoraggio dell’offerta residenziale e delle caratteristiche dell’assistenza erogata, diventa più semplice comprendere se la risposta offerta dai servizi è in linea coi bi- sogni della popolazione oppure no; occorre quindi lavorare per il miglioramento della qualità del dato, in vista del successivo incremento della qualità dei servizi stessi. Dai dati si può evincere, infatti, l’esigenza di qualificare maggiormente l’intervento terapeutico-riabilitativo all’interno delle strutture residenziali, così da evitare ricoveri impropri e prolungati (e quindi il rischio di cronicizzazio- ne/istituzionalizzazione); ma si può anche intuire la necessità di favorire l’esperienza

6

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di soluzioni “meno convenzionali”, quali le abitazioni supportate (vedi pag. 95), in cui la persona può sperimentare percorsi di autonomia e soddisfare più compiuta- mente i bisogni di reinserimento sociale e di autorealizzazione.

3. Cenni storici

Storicamente, il ricorso alle strutture residenziali ha rappresentato la soluzione per il superamento degli ospedali psichiatrici, anche se molte persone ricoverate in ma- nicomio furono inizialmente trasferite nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), giustificando tale azione con l’età avanzata e le condizioni assai aggravate di questi soggetti. La tendenza degli anni ’90 è quella di creare strutture rivolte ai soli utenti del Dipartimento di Salute Mentale, ed in seguito sono fissati anche i requisiti per

l’accreditamento delle stesse. Ad esempio, con la DCR N. 221/19997

ed, in seguito

alle previsioni della LR n. 41/20058

, con la LR n. 82/20099

, vengono definiti non solo i parametri per l’accreditamento di strutture residenziali pubbliche e private, ma anche dell’assistenza domiciliare e di altri servizi alla persona, compresi quelli dell’area di integrazione socio-sanitaria; tutto ciò per promuovere la qualità del si- stema integrato, garantendo un’adeguata soddisfazione dei bisogni ed una pluralità di servizi. Da ricordare in tal senso è anche la previsione da parte del Progetto obiet- tivo “Tutela della salute mentale” (approvato dalla Regione Toscana con il PSR 1999- 2001) del finanziamento annuale per i progetti delle AUSL che sperimentano moda- lità assistenziali innovative; in quel triennio, si è infatti verificato un netto consoli- damento dell’organizzazione dei servizi insieme alla conclusione del processo di su- peramento degli ospedali psichiatrici.

Al concetto di istituzionalizzazione, che caratterizza l’epoca manicomiale, è con- trapposto il termine territorializzazione, in coerenza col quale l’assistenza psichiatri- ca si sposta dagli ospedali psichiatrici alle cosiddette strutture intermedie, con nuo-

7

Delibera del Consiglio Regionale del 26 luglio 1999 n. 221 “Requisiti organizzativi, strutturali e tec- nologici delle strutture pubbliche e private per l’esercizio delle attività sanitarie”.

8

Legge Regionale del 24 febbraio 2005 n. 41 “Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale”.

9

Legge Regionale del 28 dicembre 2009 n. 82 “Accreditamento delle strutture e dei servizi alla perso- na del sistema sociale integrato”.

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ve finalità di prevenzione, cura e riabilitazione. L’attributo “intermedie” indica la lo- ro caratteristica di transizione, di anello di congiunzione, dall’ex manicomio al terri- torio; poiché tale passaggio non risultava affatto scontato, si sono verificati casi in cui esso non è stato realmente portato a compimento e la permanenza in strutture temporanee si è trasformata in definitiva. Tuttavia, in altri casi, i risultati sono stati in linea con le previsioni ed hanno rappresentato un valido strumento nel tentativo di reinserire i soggetti nel territorio. Le strutture intermedie, sorte inizialmente per recuperare i danni derivanti da una troppo lunga istituzionalizzazione, non includo- no soltanto la tipologia residenziale, dal momento che quest’ultime rappresentano un sottoinsieme delle prime; infatti, possono essere definite intermedie tutte quelle attività del servizio territoriale che creano un’area di intervento sia fisica ed opera- tiva (cioè luoghi ed attività) sia mentale (come alternativa al ricovero, alla solitudine

ed all’abbandono)10

. Le residenze sono solo una piccola parte di queste, ma ancora oggi rappresentano la soluzione più idonea quando la famiglia dell’utente risulta as- sente o patogena e quando la persona non riesce a vivere autonomamente.

4. Nodi critici

Con il superamento degli ospedali psichiatrici, le funzioni delle strutture residenziali cambiano in direzione di un’offerta che, oltre ad una sistemazione (seppure tempo- ranea), garantisca agli utenti soprattutto un percorso terapeutico-riabilitativo che potenzi le loro capacità e risorse, permettendone l’emancipazione dalla struttura con un adeguato livello di autonomia, in vista di un vero e proprio reinserimento sociale nel territorio.

L’utenza di questi servizi si è nel tempo modificata, passando da soggetti per lo più psicotici, reduci dal manicomio e dalle sue dinamiche istituzionali, ad una casistica maggiormente variegata e meno cronicizzata; si deve perciò lavorare per trasforma- re le finalità e gli obiettivi previsti da tali servizi, insieme alla tipologia di attività ed

10

Pastore V. (1992), Dalla psichiatria alla salute mentale: in viaggio verso la prevenzione, in Neopsi- chiatria n. I-IV. 1990 “Alcune riflessioni in tema di prevenzione”, Pisa, Edizioni Del Cerro.

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alle prestazioni offerte. Tuttavia rimane stabile la funzione di “intermediario” che questi presìdi svolgono, con l’accentuazione dell’aspetto riabilitativo.

A più di trent’anni dalla riforma psichiatrica, la rete delle strutture residenziali si è molto estesa, ma anche differenziata, per rispondere alla nuova tipologia di utenza: oggi essa proviene da ogni strato sociale, diversamente da quanto avveniva nel pas- sato, a testimonianza quindi di una progressiva riduzione dello stigma e di una tra- sformazione della visione dei servizi e dei pazienti da parte della popolazione. Allo stesso modo, come riscontrabile dalle diagnosi degli utenti, si presentano nuo- ve problematiche di salute mentale; in Toscana, ad esempio, accanto al permanere di diagnosi di disturbo affettivo-psicotico, schizofrenico e mentale-organico, si nota la crescita del numero di persone con disturbi dell’umore, bipolari e di doppia dia- gnosi11

(quest’ultimo è caratterizzato dalla presenza di un grave disturbo mentale associato a dipendenza/abuso da sostanze). Tali individui sono differenti dagli utenti “tradizionali” e pongono nuovi dilemmi: non si rileva un pregiudizio elevato rispetto alla loro partecipazione sociale, ma risulta più difficile un inserimento in programmi terapeutici che sia continuativo; più frequentemente si sceglie una presa in carico ambulatoriale limitata a pochi e brevi incontri con psichiatri e psicologi, non sempre è necessario un intervento in ambito lavorativo o abitativo, e talvolta non è nean- che praticabile il loro inserimento in Comunità Terapeutiche o Centri Diurni, luoghi spesso rifiutati da quei soggetti soprattutto in quanto “artificiali” e separati dai normali contesti di vita.

Si ritiene perciò opportuno che le SR siano inserite più organicamente nel tessuto sociale, non tanto per dissimulare la loro natura di servizi, che comunque resta, ma per favorire un passaggio più naturale tra esse ed il tessuto sociale (reinserimento). Le risposte a favore della salute mentale, comprese le strutture, vanno sempre ri- pensate in funzione della tipologia di persone per cui esistono e delle loro esigenze. L’utenza pone continuamente una nuova sfida alla rete dei servizi: per fare un e- sempio, si riscontra oggi, a fronte di una diminuzione degli schizofrenici, la presenza di una nuova generazione di pazienti psichiatrici composta da giovani con compor-

11

La salute mentale…, dal sito internet

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tamentiaggressivi/violenti/incomprensibili/antisociali e fragilità psicologiche, legati

a contesti altamente destrutturati. Tale disagio risulta meno univoco e più sfaccet- tato rispetto al passato, e si manifesta con modalità differenti quali disturbi alimen- tari, antisocialità, bullismo, abuso di sostanze; tutte queste situazioni sembrano la- sciar trasparire una loro matrice sociale e sono caratterizzate da notevoli difficoltà di relazione ed adattamento alla società da parte dei soggetti. I ragazzi sono conti- nuamente esposti a molti stimoli (forse eccessivi e contrastanti), sottoposti a ritmi frenetici e ad un alto livello competitivo/prestazionale, con mete talvolta impossibili da realizzarsi; “quando io ho troppi stimoli, ho due chance: o vado in angoscia op-

pure divento psico-apatico. La psiche non reagisce più, per salvarmi dall’angoscia”12

. Può accadere quindi che non si percepisca più la differenza tra il bene ed il male

(“psiche bassa”)13

, fino a non provare emozioni, e che quest’ultime vengano poi ri- cercate attraverso atteggiamenti estremi o con l’utilizzo di sostanze. Le conseguen- ze del disagio relazionale giovanile attuale possono situarsi quindi agli antipodi, con fenomeni di depressione o di iperattività.

Di fronte a situazioni complesse, la società tende a creare una distanza tra sé ed il soggetto “problematico” e può farlo con l’isolamento vero e proprio ma anche tra- mite l’utilizzo di farmaci. In passato, venivano internati nei manicomi coloro che, ol- tre ad avere problemi mentali, erano molto spesso in situazioni di indigenza eco- nomica (e nessuno voleva/poteva prendersi cura di loro); tali istituzioni avevano la funzione di contenimento del “diverso”, del marginale, del povero, del non produt- tivo e quindi ”inutile” per la società. Oggi non si assiste più alla palese segregazione fisica delle persone all’interno di strutture, ma tale isolamento si riscontra comun-

que e, negli episodi in cui i soggetti vengono messi ai margini della società,il fattore

economico è ancora uno degli elementi che influisce, anche se non il principale; si rileva maggiormente la presenza di una povertà di tipo relazionale, cioè della caren- za di significativi scambi sociali/affettivi/culturali.

12

Galimberti U. (2008), La pazzia diffusa: 30 anni dopo la legge Basaglia, dalla Rivista “Prospettive Sociali e Sanitarie”, n. 10/2008, p. 9.

13

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I farmaci sono utilizzati perché pongono una distanza e permettono di governare dei processi relazionali “problematici”, dal momento che, rendendo i soggetti con disagio mentale più “mansueti” e normalizzandone i comportamenti, riescono a ga- rantire una certa sicurezza e controllabilità della situazione. Invece di stare accanto alla persona e cercare di intrattenere con essa una relazione, per quanto difficile sia, l’uso dei farmaci costituisce ancora una strada molto battuta, che va però interveni- re sugli effetti e non sulle cause, oltre che ad invalidare ulteriormente il soggetto all’interno della società: si tende ad “addormentare chi soffre, alienarlo sempre più,

renderlo ancora più incompetente di quanto ci appare”14

, togliendo risorse per il cambiamento (inteso come “assicurare alla persona un livello di vivibilità compatibi-

le con i suo stato mentale”15

) e bloccandone l’azione.

Il riferimento a “curare” è molto diverso dal “prendersi cura”, cioè dal creare rela- zioni significative attorno alla persona. L’elemento del sostegno personale interver- rebbe infatti contro la solitudine e quindi la sofferenza: “chi ha una sofferenza psi- chica produce isolamento intorno a sé e contemporaneamente l’isolamento aumen-

ta il disagio e la sofferenza”16

.

È interessante notare come la psichiatria preferisca talvolta “medicalizzare il pro- blema” per potervi rispondere tecnicamente, anche nei casi in cui si tratta di que- stioni che hanno però una matrice relazionale, come la solitudine od altri funziona- menti sociali odierni generatori di sofferenza; vi è un diffuso disagio relazionale a cui troppo spesso si risponde con la somministrazione di farmaci, al posto di offrire significative risposte relazionali. Ad esempio, stupisce come, senza porsi particolari problemi, si intervenga paradossalmente nel trattamento di psicosi derivanti dall’uso di sostanze (es. droghe) con la somministrazione di altre sostanze (farmaci), finendo per creare una sorta di “nuova dipendenza”.

Alla luce dei cambiamenti che si stanno verificando nell’utenza e nel disagio, i servizi e la società tutta devono interrogarsi sulle risposte che possono offrire in termini

14

Rotondo A. (2000), A proposito di salute mentale, dalla Rivista “Prospettive Sociali e Sanitarie”, n. 4/2000, p. 1.

15

Rigliano P. (2011), Cambiamento e malattia mentale, dalla Rivista “Prospettive Sociali e Sanitarie”, n. 8/2011, p. 7.

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relazionali, dal momento che il bisogno delle persone mostra tale peculiarità, così da poter agire in una dimensione costruttiva e di reale cambiamento.

Quando si afferma lo scopo di voler evitare l’isolamento dei soggetti e/o la creazio- ne di contesti fittizi, a favore invece di una riabilitazione ed un reale reinserimento sociale, non bisogna dimenticare che alla base del successo dell’intervento sta la capacità di ristabilire/creare relazioni col territorio e le sue risorse, la cui carenza, come si è già affermato, contribuisce al disagio psichico.

Tornando adesso alla descrizione riguardante le strutture pubbliche, si riscontra il fenomeno della loro “saturazione”, dovuta non solo alla crescente diffusione di problemi psichici, ma anche al maggior numero di persone che scelgono di rivolgersi ai servizi per la salute mentale, grazie probabilmente ad una riduzione del pregiudi- zio nei confronti di essi. Dal momento che il numero dei posti letto all’interno delle strutture residenziali è volutamente ridotto allo scopo di evitare (come già afferma- to) la riproduzione di ambienti di manicomiale memoria e di favorire invece contesti a dimensione familiare, è necessario far crescere la diffusione delle stesse per poter aumentare l’entità della presa in carico; la scelta è quella di lavorare soprattutto in direzione di una diversificazione dell’offerta, così da rispondere a più tipologie di bi-