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VERSO LA CHIUSURA DEGLI OSPEDALI PSICHIATRICI 1 Dopo la L 180: Leggi finanziarie e Progetti obiettivo

La L. 833/78, comprendendo nei suoi articoli la riforma psichiatrica introdotta dalla L. 180, ha aperto la via a profondi cambiamenti culturali ed organizzativi. Innanzi tutto, essa agisce verso l’inclusione della psichiatria nella medicina, equiparandola (stando a quanto affermato dalla suddetta norma) alle altre discipline sanitarie; “ma, per sfortuna, una psichiatria potenzialmente avanzata (territoriale, integrata nel sociale, centrata sulla salute più che sulla malattia) viene inserita in una medici- na che è ancora da mettere in moto (che abita in ospedale, che è caratterizzata dal

dare risposte di cura della malattia e non di salute)”1

.

Oltre agli ostacoli costituiti dalla rigidità organizzativa e professionale, nonché dalle resistenze culturali ancora presenti, si aggiunge il problema del non semplice sman- tellamento delle strutture manicomiali, poiché esse da molto tempo dominavano la scena della malattia mentale e costituivano, per di più, una forma di arricchimento per le città che li ospitavano. Come affermano Lippi e Sansoni a proposito di Volter- ra, “la psichiatria manicomiale, impostata con profonda umanità e con lungimiranza

imprenditoriale da Luigi Scabia (…) era il substrato sicuro della ricchezza locale”2

e ancora, aggiungono che ci sono stati molti dibattiti “sul bisogno di mantenere la struttura manicomiale, sulla perdita del manicomio come parte integrante e sostan- ziale delle città in cui questo era ubicato e dove rappresentava una risorsa storica di

alto valore economico”3

(vedi anche Cap. 1, p. 10).

Gli anni successivi alle leggi n. 180 e 833 sono caratterizzati da una carente azione di indirizzo, soprattutto per quanto concerne l’organizzazione dei servizi psichiatrici, difficoltà peraltro assimilabili a quelle per la più ampia realizzazione del Servizio sa- nitario nazionale.

1

Scotti F. (2009), Si può reimmaginare una psichiatria di comunità? Incidere sul degrado della pratica assistenziale psichiatrica, in “Animazione Sociale” n. 5, maggio, p.24.

2

Lippi A. e Sansoni G. (2008), Il sostenibile peso della follia, Pisa, Edizioni del Cerro, p. 104.

3

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Perché sia precisata una data entro la quale attuare la definitiva chiusura degli o- spedali psichiatrici si dovrà attendere il 1994, in quanto anno significativo non solo per la promulgazione del “Progetto Obiettivo per la Tutela della Salute Mentale 1994-1996”, ma soprattutto della legge finanziaria per il 1995.

Nel frattempo le Regioni, in più di quindici anni, avevano autonomamente dato luo- go a strategie e meccanismi operativi, senza però giungere ad un’omogeneità na- zionale; mancavano infatti delle linee-guida, che saranno in seguito dettate da suc- cessivi provvedimenti, sebbene non immediatamente messe in atto.

Il Progetto Obiettivo, emanato con DPR del 7 aprile 1994 e con validità triennale, mira a riattivare un processo di riforma che si era interrotto (dopo le L. 180 e 833 del 1978), definendo appunto delle indicazioni programmatiche specifiche, finora assenti a livello nazionale, sull’organizzazione dei servizi per la salute mentale. At- traverso tale documento, la cui urgenza è ribadita all’interno del PSN 1994-1996, lo Stato riconosce che i problemi legati alla tutela della salute mentale non sono anco- ra stati affrontati in maniera opportuna, soprattutto a causa di una carente azione di indirizzo dell’assistenza psichiatrica a livello nazionale.

La problematica principale, sebbene la proposta innovativa sia alquanto datata (L. 180/78), resta quella della chiusura degli ospedali psichiatrici. A tal proposito, è im- portante far riferimento alla legge n. 724 “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”, di poco seguente al PO perché promulgata il 23 dicembre 1994, che co- stituisce il provvedimento di accompagnamento della legge finanziaria per il pros- simo 1995. Precisamente all’articolo 3, intitolato “Ospedali”, si afferma che, in base a quanto previsto nel recente Progetto obiettivo, le Regioni devono procedere all’attivazione delle strutture residenziali, “utilizzando se necessario anche le strut- ture ospedaliere disattivate o riconvertite nell'ambito del processo di ristrutturazio-

ne della rete ospedaliera”4

; viene fissata la data del 31 dicembre 1996 come termi- ne ultimo per la chiusura dei residui ospedali psichiatrici. Si aggiunge, inoltre, che “i beni mobili ed immobili degli ospedali psichiatrici dismessi, che non possono essere utilizzati per altre attività di carattere sanitario, sono destinati dall'Unità sanitaria

4 Legge 23 dicembre 1994 n. 724 “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica” dal sito

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locale competente alla produzione di reddito, attraverso la vendita, anche parziale, degli stessi con diritto di prelazione per gli Enti pubblici, o la locazione. I redditi pro- dotti sono utilizzati per l'attuazione di quanto previsto dal progetto-obiettivo”. Venendo adesso al PO “Tutela della Salute Mentale 1994-1996”, lo Stato ne ricono- sce l’importante ruolo nel fornire una linea di governo che ribadisca i punti fonda- mentali della L. 180 e che rafforzi alcune azioni già emerse. L’attenzione deve essere posta sulla promozione della salute e sulla prevenzione dei disturbi mentali, e non più sul controllo di soggetti ritenuti pericolosi; tale scopo è realizzabile mettendo al centro dell’intervento i servizi territoriali e non il ricovero ospedaliero.

Va aggiunto, però, che il PO sembra presupporre un’integrazione tra servizi sociali e sanitari che nella realtà non è ancora stata attuata; essa sarà maggiormente perse- guibile stando a quanto il legislatore affermerà nel Progetto Obiettivo di quattro anni posteriore.

Nel PO ‘94-‘96 sono descritti i tratti salienti che dovranno caratterizzare l’organizzazione dei servizi: nella premessa del testo, come già anticipato, si men- ziona un nuovo approccio alla malattia mentale, il quale consiste nello spostamento degli obiettivi dell’intervento pubblico “dal controllo sociale dei malati di mente alla

promozione della salute ed alla prevenzione dei disturbi mentali”5

, e differente sarà anche la modalità di operare, non più centrata sul ricovero ospedaliero ma adesso sui servizi territoriali.

I quindici anni di lavoro e sperimentazione nel settore psichiatrico hanno finalmente condotto alla promulgazione di un Progetto obiettivo, ma è proprio esso stesso a ri- conoscere che i risultati finora perseguiti sono “insoddisfacenti”, soprattutto a cau- sa sia dell’elevata disparità di servizi tra le Regioni sia delle differenti modalità di in- tervento adottate dagli operatori.

In seguito vengono elencate, per punti, quattro questioni da considerare per poter procedere verso un’omogeneizzazione degli interventi nella salute mentale:

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Premessa in “Progetto Obiettivo Tutela Salute Mentale 1994-1996”, approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 1994, dal sito internet

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la prima consiste nella costruzione, in ogni USL, di una rete di servizi che possa con- sentire un’azione integrata e che sia costituita da strutture territoriali psichiatriche, da strutture residenziali e semiresidenziali (con particolare attenzione ai processi di riabilitazione ed agli stati di crisi dei soggetti) e da strutture ospedaliere.

Il secondo punto sottolinea la necessità di incrementare le competenze degli opera- tori del settore, ma anche di diversificarle, affinché possano essere svolti compiti maggiormente complessi; inoltre è importante la diffusione di una nuova cultura che permetta di affrontare non solo le patologie più gravi (in passato concentrate prevalentemente negli ospedali psichiatrici) per evitarne la cronicità, ma anche le altre patologie, oggi in aumento “forse proprio perché la presenza di servizi ambula- toriali aperti al territorio ha permesso di convogliare verso il settore pubblico una domanda di intervento che prima restava inespressa e veniva vissuta negativamen-

te nella sfera privata e riservata dei singoli e delle famiglie”6

. Infine, da non sottova- lutare è l’importanza dello scambio di esperienze nella direzione dell’integrazione di professionalità.

Il terzo punto è fondamentale perché si riferisce allo sviluppo di un’organizzazione di lavoro di tipo dipartimentale, che assegni alla rete dei servizi psichiatrici delle USL la responsabilità tecnico-gestionale, con attenzione a favorire l’integrazione tra i va- ri servizi, dal momento che “in questo contesto vario e complesso la continuità te- rapeutica può essere garantita al cittadino solo mediante un coordinamento dipar-

timentale del settore”7

.

Un ulteriore e centrale obiettivo è il definitivo superamento dell’ospedale psichia- trico, tenendo peraltro presente che la delegittimazione di tale istituzione non ha finora goduto di un solido appoggio, possibile invece grazie ad un lavoro sul territo- rio che prepari e segua l’inserimento dei soggetti con problemi mentali nell’assistenza e nei contesti familiare, lavorativo e sociale.

All’interno del Progetto obiettivo si riconosce che, a causa dell’insufficiente conside- razione delle questioni sopra descritte, ed in particolare della scarsa articolazione dei servizi e del ritardo nella predisposizione di strutture sul territorio come alterna-

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Premessa in “Progetto Obiettivo Tutela Salute Mentale 1994-1996”,...

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tiva reale alla degenza ospedaliera, si è determinato “uno stato di abbandono e di

inaccettabile degrado della condizione di vita dei ricoverati”8

; tutto ciò ha contribu- to ad un eccessivo carico assistenziale sulle famiglie dei soggetti con problemi di sa- lute mentale.

La situazione si è creata conseguentemente ad una mancata azione di indirizzo del Sistema sanitario a livello nazionale; tuttavia, in alcune Regioni, si sono verificate delle esperienze programmatorie, ad esempio con la creazione di propri Progetti- obiettivo oppure con l’inclusione della questione all’interno del Piano Sanitario Re- gionale, o ancora con la realizzazione di interventi limitati a specifiche carenze. Per dare un’effettiva svolta a tale situazione discontinua, imprecisa e diversificata localmente, interviene infatti il Progetto obiettivo 1994-1996, ponendo le basi, a li- vello nazionale, della “Strategia di intervento”.

Innanzi tutto, la tutela della salute mentale rappresenta una finalità complessa e, per questo, risulta necessario agire sui tre livelli di prevenzione, cura e riabilitazio- ne; per tale scopo, sono chiamati ad operare i servizi e le unità operative della USL in integrazione coi servizi di psichiatria.

Si cerca, pertanto, di avviare una riorganizzazione dei servizi per l’assistenza psichia- trica centrata sull’istituzione del Dipartimento di salute mentale (DSM), essendo questo l’assetto organizzativo scelto per affrontare i problemi di salute mentale nell’ambito territoriale. Il DSM, appartenente all’Unità sanitaria locale, è considera- to la forma di organizzazione che meglio garantisce non solo “l’unitarietà della pro- grammazione e della gestione delle attività”, ma anche “la pari dignità dei compiti

operativi nelle diverse sedi di intervento”9

.

Il Dipartimento di salute mentale è l’organo a cui fanno capo tutte le attività (terri- toriali ed ospedaliere) inerenti all’assistenza psichiatrica ed è chiamato a garantire il coordinamento di strutture e soggetti, l’integrazione dei servizi di un territorio, ma anche la loro unitarietà; infatti esso interviene in maniera complementare ed inte- grata con l’ospedale, con la medicina di base e con gli altri servizi specifici, oltre a

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Premessa in “Progetto Obiettivo Tutela Salute Mentale 1994-1996”,...

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collegarsi con l’associazionismo dei familiari degli utenti e rapportarsi con le coope- rative sociali ed il volontariato.

Nel Progetto obiettivo sono individuate le funzioni del DSM e le sue componenti or- ganizzative: il Centro di salute mentale (CSM), il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura (SPDC), le strutture semi-residenziali, cioè il Centro diurno (CD) ed il Day hospi- tal (DH), e le strutture a regime residenziale (SR).

L’organico previsto per il Dipartimento dovrebbe essere costituito da almeno un operatore ogni quindici mila abitanti e comprendere varie professionalità: psichiatri, psicologi, infermieri professionali, assistenti sociali, educatori, ausiliari e personale amministrativo.

Si ribadisce poi, all’interno del PO, che gli interventi da compiere nel triennio, la cui organizzazione spetta alle Regioni, consistono soprattutto nella realizzazione del DSM su tutto il territorio nazionale e nella promozione di progetti per il superamen- to del residuo manicomiale.

Come già affermato in precedenza, ciò che faciliterà il definitivo smantellamento di quelle istituzioni sarà soprattutto l’azione sanzionatoria messa a punto dalle leggi finanziarie degli anni seguenti, posteriori anche alla citata L. 724/94; una di esse è la legge del 23 dicembre 1996 n. 662 “Misure di razionalizzazione della finanza pubbli- ca”, al cui articolo 1 “Misure in materia di sanità, pubblico impiego, istruzione, fi-

nanza regionale e locale, previdenza e assistenza” ed in particolare al comma 2010

, afferma che, stando alla scadenza del 31 dicembre 1996 prevista dalla precedente L. 724/94, le Regioni entro il 31 gennaio 1997 devono adottare gli strumenti di pianifi- cazione per la tutela della salute mentale, attuando le previsioni del Progetto obiet- tivo 1994-1996. Al comma 23 si fissano delle sanzioni per le Regioni inadempienti, consistenti nella riduzione della quota loro spettante e proveniente dal Fondo sani- tario nazionale (ai sensi dell'articolo 12 del Decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 50211

), rispettivamente del 0,50 per cento in riferimento al 1997 ed elevata al 2 per cento a decorrere dal 1998.

10

Dal sito internet http://www.camera.it/parlam/leggi/96662l.htm.

11

Decreto legislativo n. 502/92 “Riordino della disciplina in materia sanitaria”, dal sito http://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/dettaglioAtto?id=13209.

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Anche la legge del 27 dicembre 1997 n. 449 “Misure per la stabilizzazione della fi-

nanza pubblica”12

, tra le “Disposizioni in materia di spesa” (titolo II) in riferimento alla “Sanità” (capo I), e precisamente all’articolo 32 “Interventi di razionalizzazione della spesa”, conferma la validità dei commi 20 e 23 della L. 662/96 in riferimento sia all’attuazione degli strumenti di pianificazione per la tutela della salute mentale, sia alla realizzazione di residenze territoriali che consentano la chiusura definitiva dei residui ospedali psichiatrici. Le Regioni che, entro il 31 marzo 1998, non abbiano provveduto a questo, saranno soggette alle sanzioni precedentemente descritte. Si aggiunge, inoltre, che “il Ministro della sanità è chiamato a verificare l'adeguatez- za e la realizzazione dei suddetti programmi, con particolare riferimento alle dimis- sioni dai residui ospedali psichiatrici dei degenti con patologia psichiatrica che, at- traverso progetti personalizzati, devono essere inseriti in strutture extraospedaliere, a tal fine avvalendosi anche del privato sociale senza fini di lucro”.

Si trova qui un riferimento a due capisaldi inerenti alla presa in carico della salute mentale, ossia il ricorso a progetti personalizzati per ogni soggetto ed il supporto of- ferto dal terzo settore.

All’interno del PSN 1998-200013

, e precisamente all’obiettivo IV che prevede il raf- forzamento della tutela dei soggetti deboli, si prende in considerazione la salute mentale come problematica complessa che necessita di uno specifico Progetto o- biettivo che delinei precisamente gli scopi e le linee di intervento; in tale Piano, si fa riferimento soltanto ad alcuni aspetti generali che riguardano il miglioramento della qualità di vita dei soggetti con malattie mentali e l’integrazione sociale di questi, fa- cendo attenzione anche alla problematica dei suicidi, con la volontà di ridurne l’incidenza sulle “persone a rischio”.

Il Progetto Obiettivo “Tutela della Salute Mentale 1998-2000” è emanato con DPR

del 1 novembre 199914

ed affronta più nel dettaglio le questioni solo accennate nel PSN, facendo preventivamente riferimento ai temi già proposti nel precedente PO 1994-1996, quali:

12

Dal sito: http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1997-12-27;449.

13

http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_947_allegato.pdf.

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- la realizzazione di una rete di servizi che offra un intervento integrato, soprattutto nelle fasi di crisi e riabilitazione;

- lo sviluppo dell’organizzazione dipartimentale con una distribuzione di responsabi- lità attenta al funzionamento integrato e continuativo dei servizi;

- l’aumento delle competenze professionali dei vari operatori, chiamati a mettere in atto interventi diversificati e favorire la partecipazione di più soggetti, compresi i familiari;

- il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici con la collocazione dei degenti in strutture alternative.

All’interno di questo quadro, il modello organizzativo scelto è stato, come già af- fermato, quello del DSM, che rappresenta l’organo di coordinamento ma anche di garanzia di integrazione e continuità dei servizi psichiatrici. Ne sono individuate le varie componenti (descritte in seguito), chiarite le sue funzioni, definiti gli standard in riferimento alla popolazione di quel territorio specifico, ed affermata la necessità di collegamento con gli altri servizi.

Nel PO si legge che “pur con differenti gradi di realizzazione, in tutte le regioni il processo di riorganizzazione dell’assistenza psichiatrica in età adulta, secondo il modello dipartimentale, è indiscutibilmente avviato e che il dinamismo che caratte-

rizza il settore costituisce un fattore di indubbio sviluppo, rispetto al passato”15

; i- noltre, “il processo di superamento degli ospedali psichiatrici, pubblici e privati con- venzionati, fortemente sollecitato dalle ultime leggi finanziarie, può ritenersi avvia-

to a conclusione, anche se con tempi e modalità differenti da regione e regione”16

. Accanto a queste note positive, sono però elencati degli elementi che costituiscono ancora delle criticità nel processo di riforma: uno dei principali risulta essere la scar- sa attenzione riservata ai problemi di salute mentale nell’età evolutiva, verso cui anche il PSN auspicava un intervento (è previsto tra le “Azioni”); è necessaria una tutela in ogni fase della vita del soggetto, e quindi anche nel periodo precedente all’età adulta, facendo attenzione a garantire la continuità della presa in carico negli anni. Si riscontrano inoltre carenze sia nella valutazione dell’efficacia degli interventi

15

Premessa in “Progetto Obiettivo Tutela Salute Mentale 1994-1996”,…

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e dell’efficienza delle risorse, sia nell’esplicitazione della “mission” degli operatori/ servizi e delle priorità, col rischio che si generino interventi non coordinati e conflit- tualità tra le professionalità coinvolte.

Nonostante i passi in avanti compiuti, resistono ancora delle situazioni fortemente istituzionalizzate, realtà che non hanno visto il superamento degli ex Op: si tratta soprattutto delle strutture per i pazienti in età evolutiva e degli ospedali psichiatrici giudiziari.

È presente anche il bisogno di definire l’offerta di posti letto all’interno delle strut- ture residenziali per la medio e lunga degenza a fini terapeutico-riabilitativi, facendo attenzione a non riproporre in questi luoghi una logica di “nuova istituzionalizzazio- ne”; si dovrebbero poi contrastare sia la carenza di personale e l’eccessivo turnover, negativo per la continuità assistenziale, sia la non soddisfazione dei requisiti minimi previsti per l’autorizzazione dei servizi per la salute mentale. Vanno chiariti i rappor- ti con i nuovi soggetti del privato sociale erogatori di servizi socio-sanitari e favorita la collaborazione con le associazioni dei familiari e degli utenti, poiché rappresenta- no risorse importanti. Anche il ruolo strategico degli Enti locali (e soprattutto dei Comuni) può essere rafforzato in direzione della definizione di politiche intersetto- riali innovative.

Le problematiche affrontate non sono affatto di poco conto ed anzi necessitano di un impegno forte per essere risolte.

Il Progetto obiettivo procede poi ad individuare quelli che sono gli obiettivi di salute, in linea con le previsioni del PSN: la salute deve essere promossa in tutte le fasi del ciclo di vita della persona ed è importante porre l’accento sulla prevenzione prima- ria e secondaria, allo scopo di individuare precocemente il disagio (soprattutto nella popolazione giovanile) e quindi agire tempestivamente. La prevenzione primaria consiste negli interventi messi in atto per ridurre l’incidenza di una patologia, a par- tire dalla rimozione dei determinanti (fattori di rischio) che la causano; la preven-

zione secondaria ha invece lo scopo di identificare precocemente la patologia17

.

17

Isidori A.M., La prevenzione primaria, secondaria e terziaria, Quaderni del Ministero della Salute, dal sito http://www.quadernidellasalute.it/download/press-area/cartella-stampa/13-gennaio-fe bbraio-2012/Prof.Andrea-M.Isidori.pdf.

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Si fa riferimento anche alla prevenzione terziaria che, attraverso la ricostruzione del tessuto relazionale del soggetto e l’attivazione delle risorse personali e del contesto sociale, mira alla riduzione delle conseguenze invalidanti che deriverebbero invece dall’isolamento e dall’emarginazione. È necessario salvaguardare la salute mentale ma anche la qualità di vita all’interno del nucleo familiare a cui il soggetto appartie- ne, soprattutto nei casi in cui siano presenti gravi problemi relazionali.

Infine, ci si propone di ridurre il numero dei suicidi, sempre a partire da un’azione di prevenzione.

Nell’arco del triennio si prevede il raggiungimento di tali obiettivi, stabilendo anche delle priorità: pur senza trascurare i disturbi medio-lievi, va garantita la precedenza ad interventi di prevenzione, cura e riabilitazione dei disturbi mentali di tipo grave, perché da questi “possono derivare disabilità tali da compromettere l’autonomia e l’esercizio dei diritti di cittadinanza, con alto rischio di cronicizzazione e di emargi-

nazione sociale”18

.

Si auspica una presa in carico globale, non solo nel senso di contemplare i tre aspet- ti della prevenzione, cura e riabilitazione, ma anche di considerare tutto l’arco di vi- ta del soggetto (inclusa l’età evolutiva) ed i suoi vari bisogni, oltre a ricercare la col- laborazione col territorio ed i suoi enti.

In seguito, nel Progetto obiettivo si declinano le azioni da mettere in campo per