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La regalità indiana: un tentativo di analisi

Appendice II: L’Iconografia Gupta e il suo significato nella rappresentazione del sovrano

Capitolo 3: La divulgazione della propaganda imperiale attraverso l’analisi delle epigrafi

4.2. La regalità indiana: un tentativo di analisi

Indubbiamente l’idea di regalità che si evince dalla lettura delle iscrizioni disponibili e dalle monete è un’idea che vuole legare l’imperatore a un’immagine che lo identifichi prettamente come un re guerriero. Il trionfo della regalità eroica viene infatti dimostrato dalla demonizzazione verso i nemici; i quali soccombono difronte alla potenza dell’imperatore.

Rispetto a tutte le altre iscrizioni dell’epoca quelle Gupta si distinguono particolarmente nell’uso degli epiteti ascritti all’imperatore, piuttosto che a un cambiamento nella descrizione del sovrano. Infatti, nonostante le caratteristiche dei re Gupta vertano verso un’enfatizzazione della loro eroicità, la differenza con il concetto di regalità proposto dagli altri feudatari risiede proprio negli epiteti. La sontuosità e importanza che evocano hanno lo scopo preciso di far rivendicare al sovrano una posizione più alta nella gerarchia di potere. Scelta fondamentale nell’ottica di una necessità di legittimazione nei confronti di una realtà politica disomogenea.

Infatti, la propaganda regale durante l’epoca Gupta si manifesta in maniera decisamente eterogenea e difficilmente inquadrabile all’interno di uno schema che possa essere preciso e valido per tutta la sua durata. Inoltre la penuria d’iscrizioni a nostra disposizione non permette un’analisi accurata. Innanzitutto vi è un forte legame tra l’idea del sovrano che emerge nelle epigrafi e il periodo storico. Sotto l’egida di SamudraGupta la necessità di legittimazione era molto ridotta rispetto al regno di SkandaGupta. Infatti, come osservabile nell’iscrizione di Bhitari sono numerosi i riferimenti verso il predecessore KumaraGupta, quasi del tutto assenti nell’iscrizione di Allahabad. Non sono disponibili ulteriori confronti con i successori di SkandaGupta ma osservando i riferimenti rivolti a Mātṛivisṇu nell’iscrizione di Eran, composta all’epoca di BudhaGupta, è possibile constatare la ripresa di espressioni solitamente ascritte agli imperatori Gupta. Tuttavia tale coincidenza non può essere considerata la prova definitiva di un segno della decadenza dell’egemonia imperiale. Una risposta volta a far luce sui reali confini politici potrebbe risiedere nell’analisi degli epiteti regali. Attraverso un approccio prettamente geografico è possibile fare un tentativo

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di definizione delle diverse aree d’influenza dell’egemonia imperiale e cercare di stabilire fin dove si estendesse realmente il suo potere. L’osservazione già proposta in precedenza trova conferma anche nell’analisi testuale delle epigrafi: la supremazia di CandraGupta II nella zona del Madhya Pradesh è confermata dai riferimenti contenuti nelle iscrizioni di Udayagiri e Sāñchi e un declino del potere imperiale si riscontra con le iscrizioni di Mandasōr e Tumain. Le prime trasmettono l’immagine di un sovrano eroico e battagliero mentre le seconde si limitano a offrire dei paragoni tra la figura di KumaraGupta e degli elementi naturali. La rappresentazione scultorea nelle cave di Udayagiri è un ulteriore conferma che durante il regno di CandraGupta II vi sia stata o un’influenza politica più marcata, retaggio del regno di SamudraGupta, oppure una neo-conquista da parte dell’imperatore sul territorio.

Escludendo le numerose similitudini tra i sovrani e le divinità ci sono delle allusioni che pongono i re Gupta come individui che intrattengono un rapporto privilegiato con gli dei. Tale legame ha quindi portato alcuni studiosi a teorizzare che la casta Brahamanica abbia esercitato un forte potere. Indubbiamente vi è prova di una profonda devozione da parte dei monarchi Gupta espressa sia negli epiteti sia dall’esecuzione dei riti che gli imperatori avevano il compito di svolgere. Tuttavia non fu solo l’impero Gupta a subire una rinascita della religione Hindūista560

. Le allusioni volte a testimoniare un legame speciale con le divinità Viṣṇu e Laksimi contenute nelle epigrafi potrebbero essere soltanto il riflesso di un’epoca ed una conseguenza ovvia alla scelta religiosa adottata dalla religione imperiale. Di contro non può essere completamente accolta nemmeno la tesi di Lorenzen e de Palma Pastor: l’esasperazione della figura del re verso una propaganda volta a identificare il sovrano come un eroe, poteva essere la conseguenza di una necessità di unire sotto la figura del re realtà diverse.

Infatti, gli imperatori Gupta hanno quindi sempre cercato di collocarsi al di sopra dei comuni mortali, senza tuttavia rivendicare una natura divina. Il titolo supremo

Mahārājādhirāja sintetizza chiaramente questa linea di propagandistica: ponendosi come

“grande re sopra i re” gli imperatori Gupta cercarono di riunire sotto la loro figura un impero vasto e disomogeneo. Ne è un’ulteriore prova la continua demonizzazione del nemico: all’interno delle iscrizioni infatti gli avversari della corona perdono la loro

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individualità minacciando la pace del regno. E quando, come nel caso dell’iscrizione di Allahabad, i nemici vengono inquadrati come capi di tribù attigue emerge ancora più prepotentemente la volontà dell’imperatore di porsi come figura universale. Infatti, egli viene dipinto come re del mondo intero mentre ai suoi avversari viene conferita la sovranità su una zona circoscritta e ben definita. La corona imperiale diventa quindi l’unica istituzione in grado di ristabilire l’ordine del mondo e di conseguenza il re Gupta si propone come unica figura di riferimento. Dopo il crollo dell’impero Maurya, l’India rimase per lungo tempo senza una figura che potesse riunire una realtà fortemente multiforme. La propaganda politica espressa nelle iscrizioni regali cercò quindi di unire territori lontani sotto la figura ideale dei monarchi Gupta.

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Immagine: Foto di Amit Kumar Jain. Da https://ghummakkad.wordpress.com/2013/06/11/the- varaha-of-udaygiri/