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La regolamentazione dell’endorsement in Italia

PARTE I - La disciplina della pubblicità ingannevole

2.6. La regolamentazione dell’endorsement in Italia

In Italia, il fenomeno dell’endorsement non è regolato da specifiche disposizioni di legge, ma ricade nell’ambito di applicazione della normativa generale (supra §2.2.). In applicazione delle disposizioni rilevanti del Codice del Consumo e del Decreto sulla pubblicità ingannevole, pertanto, «lo strumento di contrasto alla pubblicità occulta deve essere individuato, anche in ambito digitale,

198 Secondo Business Insider UK, l'industria dell’influencer marketing è destinata ad avere un valore fino a $15 miliardi entro il 2022, a fronte degli $8 miliardi nel 2019. Si veda l’articolo Influencer Marketing: Social media influencer market stats and research for 2021 del 6 gennaio 2021, disponibile al link <https://www.businessinsider.com/influencer-marketing-report?IR=T>

(ultimo accesso: 8 gennaio 2021).

199 L.E.BLADOW, Worth the click, cit., p. 1133.

in un preciso onere di disclosure a carico dell’inserzionista, consistente nel dare avviso all’utente della finalità pubblicitaria all’interno del contenuto editoriale»200.

Per contro, in ambito autodisciplinare, ormai da diversi anni lo IAP ha iniziato a occuparsi in modo specifico e mirato di comunicazione commerciale digitale. L’apertura nei confronti di tale settore trova origine nell’adozione, nel 2008, della “Best Practice Recommendation on Digital Marketing Communications”201 (di seguito, “DMC BPR”) da parte della European Advertising Standard Alliance (EASA), un organo del Comitato Economico e Sociale Europeo che si occupa della promozione e dello sviluppo dell’autodisciplina nel settore pubblicitario e di cui lo IAP è membro e co-fondatore202. Si sottolinea che, a sua volta, l’EASA ha preso ispirazione dai principi delineati dalla Camera di Commercio Internazionale (ICC) nel proprio “Consolidated Code on Advertising and Marketing Communication Practice”203.

Sulla scorta della DMC BPR e della “Best Practice Recommendation on Influencer Marketing” (di seguito, “IM BPR”), nel luglio 2016 lo IAP ha pubblicato la “Digital Chart” (di seguito anche “Carta”), un documento contenente «una serie di suggerimenti non vincolanti per rendere conformi al principio di trasparenza pubblicitaria le diverse tipologie di online advertising, incluso ovviamente l’endorsement o influencer marketing»204. L’Istituto precisa che, nel momento in cui il contenuto pubblicato realizza una forma di comunicazione commerciale, e previo soddisfacimento degli ulteriori requisiti necessari (supra §1.3.2.), lo stesso è

200 J.CIANI -M.TAVELLA, La riconoscibilità della natura pubblicitaria, cit., p. 499. Tuttavia, prima dei provvedimenti adottati dall’AGCM in materia di influencer marketing (infra §3.3), non era chiaro se la suddetta normativa fosse applicabile anche agli influencer: invero, non era stata ancora data risposta alla domanda se essi potessero essere qualificati come “professionisti” ai sensi dell’art.

18, lett. b) cod. cons. o meno.

201 EASA, “Digital Marketing Communication Best Practice Recommendation”, ult. ed. (2015),

disponibile al link

<https://www.easa-alliance.org/sites/default/files/EASA%20Best%20Practice%20Recommendation%20on%20Digital

%20Marketing%20Communications.pdf> (ultimo accesso: 9 gennaio 2021).

202 Per maggiori informazioni in merito al funzionamento dell’EASA si veda il suo sito ufficiale

<https://www.easa-alliance.org> (ultimo accesso: 9 gennaio 2021), nonché la pagina dedicatale sul sito del Comitato Economico e Sociale Europeo <https://www.eesc.europa.eu/it/node/55794> (ultimo accesso: 9 gennaio 2021).

203 ICC, “Advertising and Marketing Communications Code”, ult. ed. (2018), disponibile al link

<https://iccwbo.org/publication/icc-advertising-and-marketing-communications-code/> (ultimo accesso: 9 gennaio 2021).

204 G.DE CRISTOFARO, Diritto della pubblicità, cit., p. 94.

comunque soggetto al Codice di Autodisciplina205, e in particolare all’art. 7 relativo al principio di trasparenza, nonché all’art. 4 in materia di testimonianze206.

Ciò detto, l’obiettivo perseguito dalla Digital Chart è quello di «svolgere una ricognizione sulle più diffuse forme di comunicazione commerciale nella Rete e nel mondo digitale in genere, e di fissare criteri per la riconoscibilità della comunicazione commerciale nel rispetto dell’articolo 7 del C.A.»207. Pertanto, questo documento codifica ufficialmente la scelta dello IAP di ricondurre la figura dell’influencer all’interno della categoria di soggetti la cui condotta deve essere oggetto di scrutinio al fine di poter adeguatamente tutelare il consumatore, che si trova in una posizione più debole208.

Con la revisione della Carta avvenuta nel luglio 2017, lo IAP ha poi ridefinito l’elenco degli «idonei accorgimenti»209 da attuare – sempre su base volontaria – per rendere riconoscibile il fine promozionale dei contenuti pubblicati sui social network, qualora questo non sia già chiaramente riconoscibile dal contesto. In particolare, gli influencer dovrebbero inserire, in modo ben distinguibile e nella parte iniziale del post, diciture quali “Pubblicità/Advertising”, “Promosso da/Promoted by”, “Sponsorizzato da/Sponsored by”, “In collaborazione con/In partnership with” e/o entro i primi tre hashtag (#) una delle seguenti diciture:

“#Pubblicità/#Advertising”, “#Sponsorizzato da/#Sponsored by” o “#ad”

unitamente a “#brand”210. Per quanto concerne i contenuti video, la Digital Chart

205 Digital Chart, p. 5, che precisa altresì che, laddove l’UGC si sostanzi in un’espressione della libera manifestazione del pensiero (ai sensi dell’art. 21 Cost.), la normativa autodisciplinare non sarà applicabile.

206 Art. 4 Codice di Autodisciplina: “Le testimonianze e altre forme di accreditamento di un pro- dotto, con finalità promozionali, devono rendere palese la loro natura ed essere autentiche e responsabili”.

207 Digital Chart, p. 2.

208 Si rammenta che il Codice di Autodisciplina, a differenza del Codice del Consumo e del Decreto sulla pubblicità ingannevole, non include alcun riferimento alla qualifica professionale dell’inserzionista (supra §1.5.c)). Tuttavia, E. APA, La pubblicità commerciale, cit., p. 21 ritiene che essa sia implicita e possa desumersi in via logico-sistematica.

209 Come richiesto dall’art. 7 C.A. (supra §2.4.). Come riportato da G.DE CRISTOFARO, Diritto della pubblicità, cit., p. 94, nt. 92, «la prima versione della Digital Chart suggeriva, tra gli accorgimenti per rendere riconoscibile la natura promozionale dei contenuti pubblicati sui social media, di indicare» l’hashtag (#) del nome della campagna pubblicitaria in corso, e il link al sito del brand, con o senza il tag (@) alla pagina del brand sui social.

210 Digital Chart, p. 4, che ad ogni fornisce un elenco di diciture meramente esemplificativo. Per la differenza tra le varie diciture e hashtag, si veda F.GATTI, Facciamo chiarezza: #adv, #giftedby o

#suppliedby?, in Addicted, 26 novembre 2019, disponibile al link https://addicted.altervista.org/facciamo-chiarezza-adv-giftedby-o-suppliedby/ (ultimo accesso: 12 gennaio 2021). Per la dottrina statunitense in merito alla preferibilità di una dicitura piuttosto che

suggerisce al “vlogger”, quel tipo di influencer che predilige il suddetto formato, di inserire gli appositi disclaimer nelle inquadrature iniziali o finali del video, in sovraimpressione in concomitanza con le inquadrature promozionali, o addirittura nel proprio discorso211.

L’unica eccezione alla regola della disclosure è rappresentata dall’ipotesi in cui la relazione tra l’influencer e inserzionista «si limiti all’invio occasionale da parte dell’inserzionista dei propri prodotti gratuitamente o per un modico valore»

affinché l’influencer li faccia vedere ai propri follower. In tal caso, non si tratta di un accordo commerciale avente ad oggetto la promozione del brand, ma della una fornitura una tantum di un suo prodotto; fornitura della quale cui l’influencer può anche non essere a conoscenza. In questo caso, non occorrerà inserire i disclaimer di cui sopra, ma basterà includere un avvertimento quale “prodotto inviato da”, accompagnato da “#regalo/gift” o “#regalato/gifted”.

La novità più importante nell’ambito dell’autodisciplina è stata la modifica, nell’aprile 2019, dell’art. 7 C.A.: adesso, tale disposizione regola espressamente la comunicazione commerciale diffusa su Internet, specificando che gli idonei accorgimenti ai fini della sua riconoscibilità come tale sono riportati nel

“Regolamento Digital Chart” (riportato in coda al Codice di Autodisciplina). Questo nuovo Regolamento riprende in maniera sostanzialmente identica il contenuto della Digital Chart ma, a differenza di quest’ultima, è vincolante per tutti gli aderenti (in via diretta o indiretta) al sistema autodisciplinare212.

Inoltre, il Regolamento Digital Chart introduce alcune specificazioni:

innanzitutto precisa che nell’ipotesi di invio di prodotti gratuiti o per modico corrispettivo all’influencer da parte dell’inserzionista, quest’ultimo «deve informare l’influencer, in modo chiaro e inequivoco, al momento dell’invio del prodotto, dell’esistenza dell’obbligo di inserire tale disclaimer [“prodotto inviato

l'altra, si vedano invece lo studio condotto per Contently, J.LAZAUSKAS, Fixing Native Ads: What Consumers want from Publishers, Brands, Facebook, and the FTC, 2016, disponibile al link

<https://contently.com/strategist/2016/12/08/native-advertising-study> (ultimo accesso: 10 gennaio 2021), nonché A.R.MUDGE, Native Advertising, Influencers, and Endorsements: Where Is the Line between Integrated Content and Deceptively Formatted Advertising, in Antitrust, 2017, vol. 31, n. 3, p. 83.

211 Digital Chart, p. 5.

212 G.DE CRISTOFARO, Diritto della pubblicità, cit., p. 95.

da” o equivalente, ndr]»213. Così facendo, la responsabilità dell’inserzionista viene circoscritta all’obbligo di segnalazione, mentre ricade sull’influencer quella di fare l’effettivo avvertimento al pubblico214.

Un ulteriore elemento innovativo, introdotto con l’ultima modifica al Codice di Autodisciplina apportata nel 2020, riguarda poi i contenuti “a scadenza”, di cui le Stories di Instagram costituiscono l’emblema215. Per quanto concerne questa tipologia di contenuti, caratterizzati dal fatto di rimanere visibili solo per un determinato lasso di tempo (di norma ventiquattro ore), il Regolamento Digital Chart stabilisce che almeno una delle diciture «deve essere sovrapposta in modo ben visibile agli elementi visivi di ogni contenuto promozionale»216. Questa precisazione ha probabilmente la funzione di contrastare la tendenza degli influencer a ritenere adempiuti i propri obblighi di disclosure con l’inserimento di un semplice “#ad”, spesso in caratteri piccoli e difficilmente percettibili tali da non distrarre dalla narrazione o dalla rappresentazione del prodotto pubblicizzato217. Tuttavia, tale convinzione è errata in quanto l’hashtag, oltre ad essere presente, deve altresì essere percepibile, pena l’inadeguatezza dello stesso a raggiungere l’obietto che dovrebbe perseguire, vale a dire la riconoscibilità del messaggio pubblicitario come tale da parte di chi lo visualizza. Da qui, la scelta dello IAP di sottolineare che le diciture apposte alle Storie debbano essere ben visibili agli occhi degli utenti.

Infine, il Regolamento Digital Chart ha introdotto l’ipotesi in cui «il rapporto tra influencer e inserzionista non sia di committenza ma si limiti all’invito da parte di quest’ultimo alla partecipazione ad un evento»: in questo caso «i post e le altre comunicazioni diffuse in rete dall’influencer che diano notizia di un prodotto o brand in relazione all’evento dovranno informare il pubblico che la partecipazione

213 Regolamento Digital Chart, punto 2.

214 G.DE CRISTOFARO, Diritto della pubblicità, cit., p. 97.

215 Lo stesso format è presente anche su altre piattaforme, come Facebook e Whatsapp, sulle quali, però, le Storie non costituiscono la parte predominante della user experience e non sono quindi un mezzo tipicamente utilizzato per gli endorsement.

216 Regolamento Digital Chart, punto 2 (enfasi aggiunta), ove è riportato un elenco di diciture a titolo esemplificativo.

217 M.RACO, La Digital Chart, cit. Anche sul Feed vi è la tendenza a nascondere gli hashtag nella parte finale del post, separandoli dalla porzione di testo che si intende far leggere ai follower tramite l’utilizzo di una quantità di puntini di sospensione che costringono gli utenti a cliccare

“Altro…” per poter leggere le diciture di disclosure.

è avvenuta su invito dell’inserzionista» e «l’inserzionista deve informare l’influencer, in modo chiaro e inequivoco, al momento dell’invito, dell’esistenza di tale obbligo di informazione»218.

In definitiva, si può dire che l’esperienza italiana nella regolamentazione dell’endorsement si sia sviluppata quasi esclusivamente lungo in filone autodisciplinare, non avendo il legislatore ancora compiuto i passi necessari per disciplinare specificatamente questo fenomeno.

2.7. La regolamentazione dell’endorsement negli Stati Uniti