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La relazione tra imprenditorialità e sviluppo economico

business demography internazionale

3.1 La relazione tra imprenditorialità e sviluppo economico

3.1.1 I diversi stadi di sviluppo economico

L’imprenditorialità è riconosciuta dai governi e dalle istituzioni come un importante

driver della crescita economica. Per questa ragione, negli ultimi anni, numerosi enti ed

organizzazioni hanno rivolto l’attenzione verso questo fenomeno, al fine di studiarne le dinamiche e sviluppare delle statistiche.

Negli ultimi anni diverse fonti di dati sull’attività imprenditoriale hanno condotto a risultati talvolta contraddittori ed inconcludenti (Acs et al., 2008), perciò prima di procedere con l’analisi è importante comprendere a cosa si riferisce ciascuna statistica ed affidarsi a fonti generalmente riconosciute.

I dati che saranno utilizzati in questa parte provengono dall’Eurostat, dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, dal Global

Entrepreneurship Monitor, o GEM, e dalla Banca Mondiale. Alcuni dati provengono anche

dal Global Entrepreneurship Report del World Economic Forum del 2011.

Le statistiche nazionali sul tema dell’imprenditorialità e della business demography spesso hanno un basso grado di comparabilità, dal momento che le definizioni nazionali in molti casi riflettono la disponibilità dei dati e i Paesi possono definire in modo diverso gli stessi concetti. L’uniformità e comparabilità delle definizioni e delle statistiche è l’obiettivo del programma congiunto tra Eurostat ed OECD, intrapreso nel 2006 e chiamato OECD-

Eurostat Entrepreneurship Indicators Programme (EIP). I Paesi considerati nelle statistiche

riguardanti la performance imprenditoriale nell’ambito dell’EIP sono trenta: Austria, Belgio, Brasile, Bulgaria, Canada, Corea, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Giappone, Israele, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Messico, Nuova Zelanda, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Repubblica Slovacca, Repubblica Ceca, Slovenia, Spagna, Stati Uniti d’America, Svezia, Svizzera e Ungheria (OECD, 2012a).

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Il GEM, nato nel 1999 da una collaborazione tra la London Business School, situata a Londra, e il Babson College, che si trova a Wellesley, Massachussets, produce statistiche annuali su due tematiche principali: l’attività imprenditoriale, che comprende gli studi sulle attitudini e sulle aspirazioni degli individui, e i fattori che la influenzano a livello nazionale. L’obiettivo del programma è la produzione di statistiche di alta qualità in merito all’attività imprenditoriale, al fine di permettere la comparazione tra diverse nazioni e suggerire politiche che possano favorire il fenomeno.

Il lavoro del GEM è svolto da team nazionali, guidati da un’università locale o un’istituzione accademica, i quali raccolgono e sviluppano statistiche annuali riguardanti il proprio Paese. I dati sono raccolti tramite i questionari APS e NES. I sondaggi APS, Adult

Population Survey, mirano a studiare le attitudini e le attività imprenditoriali e le aspirazioni

individuali tramite questionari somministrati a campioni di almeno 2.000 persone per ciascun Paese considerato. I sondaggi NES, National Expert Survey, invece, raccolgono l’opinione di almeno 36 esperti per ciascun Paese circa le condizioni del contesto imprenditoriale nazionale.

La rete di gruppi nazionali è coordinata da un team centrale all’interno Global

Entrepreneurship Research Association (GERA), società senza scopo di lucro con sede nel

Regno Unito, a cui il GEM fa capo. L’adesione al progetto è accresciuta negli anni, per passare da 10 Paesi nel 1999 a 54 nel 2011 e per il 2012 si prevede di raccogliere statistiche riguardanti 70 Paesi. La caratteristica dei dati GEM consiste nel fatto che l’imprenditoria non è intesa soltanto come creazione di nuove aziende, ma è presa in considerazione anche quella che si sviluppa all’interno di attività esistenti, ovvero la sopra menzionata intrapreneurship.

L’attendibilità dei dati GEM è stata analizzata da Silvia Ardagna e Annamaria Lusardi nel 2008 (Ardagna, Lusardi, 2008). Alcuni dei dati forniti dal GEM sono stati confrontati con le informazioni fornite dal Flash Eurobarometer Survey on

Entrepreneurship, raccolte dalla Commissione Europea. Distinguendo le varie tipologie di

informazioni fornite, le autrici hanno riscontrato dati molto simili ed hanno, inoltre, riportato il parere di altri autori sulla validità dei dati GEM e sulla loro capacità di riassumere efficacemente il fenomeno della creazione di nuove aziende. Le autrici citano anche il

working paper di Acs et al. del 2008 nel quale gli autori comparano i dati del World Bank Group Entrepreneurship Survey, alcuni riportati nel prosieguo, e quelli del GEM. Sebbene

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considerano in alcun modo come indicazioni della qualità dei due insiemi di dati. La differenza principale tra le due fonti consiste nel fatto che, mentre i database della Banca Mondiale si riferiscono a società a responsabilità limitata, le informazioni del GEM prendono in considerazione un più ampio campione di aziende. Inoltre, mentre il GEM considera anche i singoli imprenditori, i dati della Banca Mondiale si riferiscono al numero di società. Inoltre, dal momento che alcune società possono registrare diverse aziende per le diverse linee di business, i tassi di imprenditorialità calcolati da dati della Banca Mondiale possono rivelarsi più elevati rispetto a quelli calcolati dal GEM.

Il GEM attribuisce una fondamentale rilevanza allo stadio di sviluppo economico in cui si trova un Paese, evidenziando come l’imprenditorialità abbia un contributo sull’economia diverso a seconda di questa condizione. Gli stadi di sviluppo economico elencati nei report GEM sono quelli descritti da Porter et al. nell’Executive Summary del

Global Competitiveness Report 2001-2002 del World Economic Forum.

Porter et al. spiegano la transizione di un Paese da un’economia factor-based ad una

knowledge-based, nel corso della quale le aziende e l’intero sistema economico

progrediscono. Affinché il passaggio da uno stadio all’altro avvenga in modo efficiente, ogni parte del sistema economico deve adeguarsi.

Inizialmente, un Paese inizia a svilupparsi spostando i fattori produttivi, riconosciuti nella terra, nelle materie prime e nel lavoro, verso nuove combinazioni. Ad esempio, le risorse possono essere spostate da attività agricole a manifatturiere. In questo primo stadio, in cui l’economia è detta factor-driven, l’elemento che traina lo sviluppo verso lo stadio successivo è l’utilizzo efficiente delle risorse produttive accompagnato dal miglioramento di infrastrutture, istituzioni, sanità ed istruzione e la macrostabilità economica. La bassa domanda di lavoro porta una buona percentuale della popolazione a cercare di crearsi fonti di reddito proprie. Si crea così un’imprenditorialità necessity-driven, ovvero spinta dalla necessità, in mancanza di un’occupazione alternativa.

Quando inizia l’accumulazione di capitale, lo sviluppo economico è stimolato dall’utilizzo di nuove tecnologie nella produzione locale e la competizione si basa su questi investimenti. L’incremento delle dimensioni aziendali grazie alle economie di scala permette a un numero crescente di persone di trovare un lavoro dipendente, riducendo l’imprenditorialità necessity-driven. L’introduzione dell’economia locale nel sistema economico internazionale avviene grazie a joint ventures e investimenti diretti esteri che

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aiutano la diffusione delle nuove tecnologie e del capitale straniero nel Paese. In questo secondo stadio, dunque, l’inserimento dell’economia nel mercato globale è un elemento essenziale al fine di accumulare capitale e conoscenze che spostano il livello di sviluppo allo stadio successivo. Gli altri driver che guidano lo sviluppo in questa fase sono l’accresciuto livello di istruzione, l’efficienza del mercato dei beni e del lavoro e un maggiore sviluppo del mercato finanziario.

Nel passaggio dal livello di reddito medio ad uno più elevato, il Paese si trasforma da importatore di tecnologie in creatore ed esportatore. I miglioramenti in termini di reddito e infrastrutture permettono lo sfruttamento delle opportunità di mercato. Avviene, dunque, il passaggio ad un’imprenditorialità opportunity-driven, in cui le attività sono orientate verso la crescita e l’internazionalizzazione e basate sull’innovazione. In questo terzo stadio, dunque, i

driver della crescita economica sono l’innovazione, la capacità di passare velocemente a

nuove tecnologie, la business sophistication e gli alti tassi di istruzione, in particolare nel campo scientifico. L’imprenditorialità ha un ruolo fondamentale in questa fase, essendo il fenomeno creatore dell’innovazione.

Figura 3.1. Stadi di sviluppo economico ed imprenditorialità

Fonte: Adattato da Bosma N., Wennekers S., Amoròs J. E. (2012), “Global Entrepreneurship Monitor. 2011 Extended Report: Entrepreneurs and Entrepreneurial Employees Across the Globe”, Babson College, Babson Park, MA, United States, Universidad del Desarrollo, Santiago, Chile, Universiti Tun Abdul Razak, Malaysia, London Business School, London, United Kingdom, Figura 1.3, Pagina 13.

Il GEM raggruppa geograficamente i Paesi in sei gruppi, specificando poi in quali stadi di sviluppo si trovino i membri di ciascun gruppo. Questa suddivisione appare utile al fine di avere uno sguardo d’insieme sul livello di sviluppo e dunque sul tipo di imprenditorialità che ci si aspetta di rilevare per ciascuna zona geografica. I Paesi considerati

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e la relativa appartenenza ad un gruppo geografico e ad un determinato livello di sviluppo sono riportati nella tabella 3.1.

L’Italia, insieme a tutti i Paesi dell’Europa Occidentale, agli Stati Uniti, all’Australia, al Giappone, alla Repubblica di Corea, alla Slovenia e ad Israele, si trova nello stadio di sviluppo economico più evoluto. In questi Paesi ci si aspetta, dunque, di rilevare un’imprenditorialità di tipo opportunity-based, spinta dall’innovazione.

Tabella 3.1. Classificazione nazionale in base alla posizione geografica e allo stadio di sviluppo economico

Factor-Driven Efficiency-Driven Innovation-Driven Africa Sub-Sahariana Angola*, Ghana, Uganda,

Zambia

Sudafrica

Medio Oriente/Africa Settentrionale (MENA) – Asia Meridionale

Arabia Saudita, Egitto*, Iran*, Pakistan, West Bank e Gaza Tunisia Israele America Latina e Caraibi Giamaica, Guatemala*, Bolivia

Argentina, Brasile, Cile*, Colombia, Costa Rica, Ecuador, Messico, Perù, Trinidad e Tobago*, Uruguay*

Europa Orientale Bosnia Erzegovina, Croazia*, Lettonia, Macedonia, Montenegro, Romania, Russia, Turchia, Ungheria*

Slovenia

Asia Pacifico Vanuatu Malaysia, Cina, Taiwan* Australia, Giappone, Repubblica di Corea

Stati Uniti ed Europa Occidentale

Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Islanda, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera

Fonte: Kelley D., Bosma N., Amoròs J. E. (2011), “Global Entrepreneurship Monitor, 2010 Global Report”, Babson College, Babson Park, MA, United States, Universidad del Desarrollo, Santiago, Chile, London Business School, London, United Kingdom, Tabella 1, Pagina 8.

Note: * In transizione verso lo stadio successivo.

3.1.2 I tassi di imprenditorialità early-stage e lo stadio di sviluppo economico

Dopo aver evidenziato l’appartenenza dei Paesi considerati ai diversi stadi di sviluppo, appare interessante studiare l’effettiva corrispondenza tra la fase di sviluppo e il

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livello di imprenditorialità. A tal fine, in questa parte sarà studiato lo stato dell’imprenditorialità nascente e start-up in ciascuno dei tre stadi dello sviluppo economico delineati da Porter et al. (2001) e appena descritti. I dati utilizzati sono quelli disponibili nel

report GEM relativo al 2010, pubblicato nel 2011. Non è utilizzato un report più recente dal

momento che in quello relativo al 2011 l’Italia non è considerata.

Gli indicatori utilizzati nel prosieguo sono quattro. Il primo riguarda il tasso di imprenditorialità nascente, calcolata come percentuale di adulti attivamente coinvolti nella costituzione di un’attività di cui sono proprietari o soci, la quale remunera i proprietari ed i dipendenti da meno di tre mesi. Il secondo indicatore è il tasso di proprietà di nuove aziende, dato dalla percentuale di adulti proprietari di una nuova attività che remunera i soci ed i dipendenti da più di tre mesi ma meno di 42. Il terzo indicatore analizzato è l’attività imprenditoriale necessity-driven, calcolato come percentuale di persone che svolgono attività imprenditoriale poiché non hanno alternative di lavoro (percentuale della Total Early-Stage

Entrepreneurial Activity). Infine, saranno riportati i dati relativi all’attività imprenditoriale improvement-driven, identificabile dalla percentuale di persone che svolgono attività

imprenditoriale poiché spinte da un’opportunità percepita o per volontà di indipendenza (percentuale della Total Early-Stage Entrepreneurial Activity).

Per gli obiettivi di questa trattazione, i dati riportati sono focalizzati sull’attività imprenditoriale nelle fasi di start-up. Per questa ragione, non saranno riportati i dati relativi al tasso di proprietà di aziende affermate, intese come aziende costituite da più di tre anni e mezzo.

La nascita dell’azienda nei report del GEM è identificata nel momento in cui essa paga da più di tre mesi i salari e i compensi dei soci.

Secondo i dati GEM relativi al 2010, nei 59 Paesi considerati in quell’anno, 110 milioni di adulti erano attivamente impegnati nella creazione di un’azienda, mentre 140 milioni erano impegnati nella propria azienda costituita da meno di tre anni e mezzo.

Nella figura 3.2 sono rappresentati i dati relativi all’imprenditoria early stage.

L’indice spesso utilizzato dal GEM chiamato TEA, o Total Early-Stage

Entrepreneurial Activity, indica la percentuale di popolazione tra i 18 e 64 anni impegnata in

un’attività imprenditoriale costituita da meno di tre anni e mezzo. Nella figura è rappresentato questo indice, suddiviso tra imprenditoria nascente, ovvero relativa ad aziende costituite da meno di tre mesi, e imprenditoria start-up, riferita ad aziende costituite da più di

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tre mesi ma meno di 42. I dati si riferiscono al 2010 e a 59 Paesi, distinti nella figura a seconda dello stadio di sviluppo economico in cui si trovano.

Figura 3.2. Confronto internazionale dell’imprenditoria early-stage, raggruppamento per stadio di sviluppo economico

Fonte dei dati: Kelley D., Bosma N., Amoròs J. E. (2011), “Global Entrepreneurship Monitor, 2010 Global Report”, Babson College, Babson Park, MA, United States, Universidad del Desarrollo, Santiago, Chile, London Business School, London, United Kingdom. Note: dati relativi al 2010.

Foglio dati in appendice (Tavola 3.1).

Come si nota immediatamente dalla figura 3.2, le economie factor-driven presentano percentuali di popolazione adulta impegnata in attività early-stage significativamente più elevati rispetto agli altri due stadi di sviluppo, seguite dalle economie efficiency-driven ed

innovation-driven.

Per dovere di completezza, nella figura successiva sono riportati gli stessi dati, ma i Paesi sono suddivisi per zona geografica.

All’interno del primo gruppo di economie, i Paesi che presentano le percentuali più elevate sono la Repubblica di Vanuatu e la Bolivia. La Repubblica di Vanuatu è un caso interessante. Si tratta di un’isola del Pacifico che conta circa duecentomila abitanti, metà dei

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quali sono impegnati in una propria attività. Zambia e Angola presentano un’imprenditoria start-up più elevata della Bolivia, mentre l’imprenditoria nascente è inferiore.

Figura 3.3. Confronto internazionale dell’imprenditorialità early-stage, raggruppamento per zona geografica

Fonte dei dati: ibid. Note: dati relativi al 2010.

Sorprendentemente, l’Africa Sub-Sahariana nel complesso è la zona che presenta i tassi di imprenditoria più elevati, calcolati come media delle somme del tasso di natalità nascente e del tasso di proprietà di start-up di ciascun Paese facente parte di questa zona. La situazione può essere spiegata dal fatto che Angola, Ghana, Sudafrica, Uganda e Zambia presentano elevati livelli di imprenditorialità necessity-driven, tutti superiori alla media dei 59 Paesi considerati. In questi Paesi, ad esclusione del Sudafrica, inoltre, oltre che in Bolivia e Vanuatu, più di un terzo della popolazione è impegnata in attività nascenti o in fase di start-up. Tra le economie factor-driven, le zone di Medio Oriente, Nord Africa e Asia Meridionale presentano la più ridotta percentuale di popolazione impegnata in attività imprenditoriali early-stage.

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Tra le economie efficiency-driven, nei Paesi di America Latina e Caraibi è rilevata un’imprenditoria early-stage elevata; tutti tassi globali sono pari o superiori al 10%. Il Perù è lo Stato con la più alta percentuale di TEA, in totale pari a 28 punti percentuali. In questo gruppo, i Paesi dell’Europa Orientale mostrano tassi ridotti, ad eccezione del Montenegro, dove il 15% della popolazione è impegnato in attività early-stage. I Paesi asiatici che rientrano in questo tipo di economie presentano percentuali diverse. Mentre in Malaysia si rilevano basse percentuali, la Cina presenta una percentuale pari a circa 14%. La Total

Early-Stage Entrepreneurial Activity media rilevata nelle economie efficiency-driven si

attesta sui dodici punti percentuali.

Le economie innovation-driven, identificate con i Paesi dell’Europa Occidentale, gli Stati Uniti, Israele, Australia e Giappone, esibiscono tassi di TEA ridotti. L’Islanda, all’interno di questo gruppo, registra la percentuale più elevata pari al 10,7 %, seguita da Australia con 7,9 % e Norvegia con 7,8%. Da notare è il caso dell’Italia, che presenta i tassi di imprenditoria early-stage più bassi: la percentuale rilevata di popolazione adulta occupata in un’attività nascente nel 2010 si attestava sull’1,3%, mentre quella relativa alla popolazione occupata in un’attività costituita da meno di tre anni e mezzo ma più di tre mesi è soltanto pari a 1%.

3.1.3 L’imprenditorialità e la ricchezza pro-capite: attività imprenditoriale necessity- driven ed improvement-driven

La relazione tra imprenditorialità early-stage e sviluppo può essere studiata anche mettendo in relazione il Prodotto Interno Lordo del Paese e il suo livello di attività imprenditoriale.

Nella figura 3.4 sono riportati gli Stati studiati nel report GEM del 2010. Questo confronto è stato effettuato anche nel report del 2010, tuttavia in questa sede i dati relativi al PIL sono stati ottenuti tramite il sito della Banca Mondiale. Il PIL pro capite è espresso in

purchasing power parity in migliaia di dollari statunitensi, si riferisce al 2010 e ed è

utilizzato in questo confronto come indicatore della ricchezza nazionale. L’attività imprenditoriale cui ci si riferisce è quella early-stage, ottenuta dalla somma delle percentuali di popolazione adulta che possiedono attività nascenti e start-up, indicate nei grafici

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precedenti. Dal grafico sono esclusi il Messico, per il quale non sono disponibili dati relativi all’imprenditorialità, e Iran, Striscia di Gaza e Taiwan, dal momento che non sono disponibili dati relativi al PIL pro capite per questi Paesi relativamente al 2010. Il numero totale di Paesi considerati, pertanto, è 55.

Figura 3.4. PIL pro capite espresso in purchasing power parity e attività imprenditoriale nascente e start-up

Fonte dei dati: ibid. e World Bank http://data.worldbank.org/. Note: dati relativi al 2010.

128 Figura 3.5. Relazione tra TEA e PIL con stima OLS

Fonte dei dati: ibid.

Note: La relazione tra le due variabili è statisticamente significativa con un livello di confidenza del 95%. La bontà del modello è espressa dal valore di R2 corretto, pari a 0,51. Il numero di osservazioni per variabile è pari a 54.

Foglio dati e output della regressione in appendice (Tavola 3.2 e Tavola 3.3).

Il comportamento dell’attività imprenditoriale rispetto al PIL è stato valutato anche nella figura 3.5, in cui si mostra la relazione tra le due variabili. La linea stimata indicata nel grafico è ottenuta tramite una regressione con metodo dei minimi quadrati ordinari, impostando come variabile dipendente il tasso di imprenditorialità early-stage. La linea stimata segue un modello quadratico, indicato nella figura. La variabile PIL risulta statisticamente significativa ad un livello di confidenza del 95%. La bontà della regressione, indicata dal coefficiente di determinazione R2 corretto, è pari a 0,5158 ed è maggiore al valore che si otterrebbe tramite stima con modello lineare.

Dalle figure si può osservare come, mediamente, a bassi livelli di PIL pro capite corrispondano più elevati livelli di imprenditoria iniziale, i quali scendono rapidamente all’aumentare della ricchezza, per poi attestarsi intorno ad un livello stabile. A stadi di ricchezza elevati, la percentuale di popolazione che si occupa di attività imprenditoriali torna a salire, pur mantenendo livelli mediamente sotto il 10%, come nel caso della Norvegia.

Le ragioni di questa relazione tra ricchezza e imprenditoria possono essere collegate alla distinzione tra imprenditorialità per necessità e per opportunità.

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Nei Paesi più poveri, che vivono di agricoltura e attività estrattive e si trovano ad uno stadio di sviluppo factor-driven, l’attività imprenditoriale rappresenta una necessità, dal momento che i posti di lavoro dipendente non sono sufficienti ad occupare l’intera popolazione adulta. Una parte della popolazione, dunque, si trova costretta ad intraprendere un’attività imprenditoriale dal momento che non possiede alternative.

L’accumulazione di capitale che prende luogo quando le risorse produttive iniziano ad essere usate in modo più efficiente e il miglioramento delle istituzioni, delle infrastrutture e dell’istruzione conducono all’avvio dell’industrializzazione e dello sfruttamento di economie di scala. In questo modo, la crescita dei settori produttivi porta con sé un incremento delle possibilità di lavoro dipendente e una riduzione dell’imprenditorialità, dal momento che gli individui hanno maggiori opzioni di scelta in merito all’attività lavorativa. L’imprenditorialità spinta dalla necessità si riduce, facendo spazio al tipo di imprenditorialità determinata dalla percezione di opportunità di mercato da parte dell’individuo o dalla sua volontà di indipendenza. Attraverso le economie di scala ed i meccanismi di entrata ed uscita dal mercato, il numero totale di aziende presenti sul mercato si riduce, mentre aumentano le