Parte II: La discriminazione nella Magistratura: è ancora un problema attuale? Posizione del problema e proposte di intervento
1. La situazione attuale della Magistratura italiana
La ricostruzione storico-normativa del lungo percorso che ha condotto all’approvazione della legge n. 66/1963, che ha consentito alle donne di poter partecipare, al pari degli uomini, al concorso pubblico di accesso in Magistra- tura, ha evidenziato come la questione di genere, anche nell’ordinamento giu- diziario, sia stata e sia tuttora una tematica di grande attualità.
Dall’analisi della serie storica dei vincitori di concorso, si nota come il sorpasso da parte delle donne sia avvenuto per la prima volta solo nel 1986, allorquando dei nuovi 208 magistrati, 110 furono donne.
Dopo un periodo connotato da numerose oscillazioni, durato fino al 1996, il numero delle donne idonee al concorso ha sempre superato quello degli uomini. In particolare, la forbice si è allargata definitivamente a partire dal 2007. È stato necessario, comunque, attendere ancora qualche anno, per assi- stere ad un numero maggiore di donne presenti in Magistratura rispetto agli uomini: ciò è accaduto a far tempo dal 2015 (Consiglio Superiore della Ma- gistratura, 2020).
Diverse sono state le ragioni che hanno determinato solo in epoca recente un incremento della percentuale femminile tra i vincitori di concorso.
In primo luogo, ha sicuramente inciso il progressivo processo di femmini- lizzazione degli studi universitari (D’Aprile, 1998), tanto è vero che nell’anno accademico 2017/2018, in Italia, i laureati sono stati 325.472, di cui il 57% donne e 43% uomini (Anagrafe Nazionale Studenti, 2020).
Tale processo ha coinvolto anche la Facoltà di Giurisprudenza: nell’anno accademico 2017/2018, le immatricolate sono state 10.687 mentre gli imma- tricolati 6.623 (Anagrafe Nazionale Studenti, 2020), e ciò ha favorito il mag- gior numero di laureate aspiranti alle professioni giuridiche.
Già a partire dagli anni Novanta (Parte I, p. 14), vi è stato un significativo aumento delle laureate in Giurisprudenza, la cui crescita è continuata anche negli anni 2000 fino a superare definitivamente il numero degli uomini (Cam- melli, 2007).Infatti, nell’anno accademico 2017/2018, le laureate in Giuri- sprudenza risultano essere 6.714, di cui 704 (10,5%) hanno conseguito la vo- tazione di 110/110 e lode, contro 4.758 laureati, di cui 411 (8,6%) con 110 e lode (Anagrafe Nazionale Studenti, 2020).
Una seconda ragione, in grado di incidere positivamente sulla presenza massiccia delle donne nelle professioni giuridiche, è da ricercare nel fatto che la selezione nei concorsi di Magistratura, Avvocatura e Notariato avviene in forma anonima ed esclusivamente attraverso l’espletamento di un bando pub- blico, cui possono accedere laureati e laureate in Giurisprudenza.
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Con particolare riferimento al concorso in Magistratura, quest’ultimo pre- vede lo svolgimento di tre prove scritte, aventi ad oggetto il diritto civile, il diritto penale e il diritto amministrativo. L’ultima prova del concorso consi- ste, invece, in un colloquio orale sulle seguenti discipline: diritto civile ed elementi fondamentali di diritto romano, procedura civile, diritto penale, pro- cedura penale, diritto amministrativo, costituzionale e tributario, diritto com- merciale e fallimentare, diritto del lavoro e della previdenza sociale, diritto comunitario, diritto internazionale pubblico e privato, elementi di informatica giuridica e di ordinamento giudiziario e una prova orale su una lingua stra- niera a scelta del candidato tra inglese, francese, tedesco o spagnolo.
Alla prova orale, inoltre, si accede solo qualora venga superata con suffi- cienza la prova scritta e solo in quel momento la commissione esaminatrice viene a conoscenza dell’identità del candidato. L’anonimato e la complessità delle prove costituiscono indubbiamente una modalità di selezione forte- mente anti-discriminatoria. Peraltro, la composizione della commissione esa- minatrice, ai sensi dell’art. 57, comma 1, lett. a) del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle am- ministrazioni pubbliche” (GU n. 106 del 09-05-2001), deve essere riservata alle donne almeno per un terzo del totale.
A ciò si aggiunga la Legge 25 luglio 2005, n. 150 “Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza, della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l’ema- nazione di un testo unico” (GU n. 175 del 29-07-2005), nota anche come Ri- forma Castelli, che ha stabilito tra i criteri direttivi per l’ingresso in magistra- tura di cui all’art. 2, oltre la laurea in Giurisprudenza, anche il diploma con- seguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali o il dot- torato di ricerca in materie giuridiche, o l’abilitazione all’esercizio della pro- fessione forense o l’esercizio di funzioni direttive per almeno tre anni nelle pubbliche amministrazioni, o l’esercizio di funzioni di magistrato onorario per almeno quattro anni senza demerito e senza essere stati revocati o disci- plinarmente sanzionati.
Tali circostanze soddisfano ulteriormente l’esigenza di evitare forme di- scriminatorie, assicurando un uguale trattamento tanto ai candidati quanto alle candidate che intendono intraprendere tale carriera e, allo stesso tempo, contribuendo a eliminare il fenomeno della c.d. segregazione orizzontale che ha per lungo tempo caratterizzato l’ordinamento giudiziario, determinando la diversa concentrazione di magistrati rispetto alle magistrate.
Da quanto emerso nell’ultima indagine condotta dal Consiglio Superiore della Magistratura (Tabella 5), nel 2020, si rilevano complessivamente, in Italia, 9.787 magistrati, composti da 8.956 in ruolo, 239 fuori ruolo e 592 magistrati ordinari in tirocinio (MOT). In funzione del genere, 4.479 (45,8%) sono magistrati e 5.308 (54,2%) sono magistrate. Riguardo all’età, eccezione
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fatta per i magistrati ordinari in tirocinio (MOT), le magistrate hanno un’età mediamente inferiore a quella degli uomini (Consiglio Superiore della Magi- stratura, 2020).
Tabella 5. Personale in Magistratura distinto per sesso al 29 Febbraio 2020
Funzione e genere Numero Percentuale Età media
In ruolo 8.956 50 Donne 4.844 54,1% 49 Uomini 4.112 45,9% 52 Fuori ruolo 239 52 Donne 103 43,1% 51 Uomini 136 56,9% 53 Magistrato ordina- rio in Tirocinio 592 32 Donne 361 61,0% 32 Uomini 231 39,0% 32 Totale 9.787 49 Donne 5.308 54,2% 47 Uomini 4.479 45,8% 51
Fonte: Ufficio Statistico del Consiglio Superiore della Magistratura
Nonostante, la consistente presenza della componente femminile in ruoli di primo piano nell’ordinamento giudiziario, si assiste, comunque, ad una se- gregazione verticale, ossia una sottorappresentazione delle donne nelle posi-
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zioni di vertice e di responsabilità, circostanza questa meglio nota come “sof- fitto di cristallo” (glass ceiling) in Magistratura.
I vertici degli uffici giudiziari (c.d. conferimento degli incarichi direttivi) sono disciplinati all’art. 10 del d.lgs. n. 160 del 2006 “Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150” (GU n. 99 del 29-04-2006) e sono distinti tra funzioni giudicanti o requirenti e direttive o semidirettive. In particolare, sulla base della normativa regolamentare di riferimento, contenuta nel T.U. sulla Dirigenza Giudiziaria (Circolare n. P-14858-2015 del 28 luglio 2015 – Deli- bera del 28 luglio 2015 e ss.mm.ii), gli incarichi di direzione (direttivi e se- midirettivi) sono assegnati sulla base del percorso professionale dei candidati, quindi sul merito, e sulla c.d. attitudine direttiva.
Attualmente il personale è composto da 1.191 unità, di cui 437 con incari- chi direttivi e 754 con incarichi semidirettivi (Grafico 5). Tra coloro che ri- vestono incarichi direttivi, 125, pari al 28,6%, sono magistrate e 312, pari al 71,4%, sono magistrati, mentre, tra coloro che ricoprono funzioni semidiret- tive, 317, pari al 42,0%, sono magistrate e 437, pari al 58,0%, sono magistrati (Consiglio Superiore della Magistratura, 2020).