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Parte II: La discriminazione nella Magistratura: è ancora un problema attuale? Posizione del problema e proposte di intervento

Grafico 5. Magistrati con incarichi direttivi e semidirettivi distribuiti per genere

1. Secondo focus: Percorso di carriera e penalizzazione

3.3 Quarto focus: l’importanza della conciliazione vita-lavoro

Il quarto focus è dedicato al tema della conciliazione vita-lavoro, concetto ampio che interessa l’intera comunità e si riferisce a un’articolata serie di norme, strumenti e scelte organizzative volte a rendere compatibili i tempi della sfera lavorativa con i tempi della sfera familiare tanto per i lavoratori quanto per le lavoratrici (Gottardi, 2016).

Alla luce di quanto riportato nella Tabella 18, con specifico riferimento alla domanda “Da cosa dipende la sottorappresentazione delle donne nelle posizioni alte della magistratura?”, è emerso che il 62,4% dei Magistrati ha ritenuto non trascurabile il tema della conciliazione tra la cura per la famiglia e gli impegni lavorativi.

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In tale contesto, la Tabella 21 conferma quanto sopra riportato. Infatti, si rileva che le circostanze ostative allo svolgimento del lavoro sono individuate soprattutto da parte delle donne nella difficoltà a organizzare i tempi dedicati alla famiglia e al lavoro. Pur in presenza di un numero di rispondenti molto contenuto, è interessante notare che ben 25 Magistrate su 27 sostengono che il problema è da annoverare nella difficoltà di conciliazione (Tabella 21), a riprova che si tratta di una questione ancora molto attuale.

Tabella 21. Frequenze (assolute e percentuali) del maggiore ostacolo nello svolgimento del lavoro di Magistrato per genere

Maggiore ostacolo al lavoro Dividere i tempi tra lavoro e famiglia % Assenza strutture di sup- porto % Magistrato ritenuto più competente di Magistrata % Totale % Uomini 0 0 1 100 0 0 1 100 Donne 25 92,6 0 0 2 7,4 27 100 Totale 25 89,3 1 3,6 2 7,1 28 100

La difficoltà di conciliazione vita-lavoro avvertita maggiormente dalle Magistrate rispetto ai Magistrati sembra, tuttavia, non influenzata dal numero di figli presente nel nucleo familiare. Infatti, dalla Tabella 22 risulta che il numero prevalente di figli è 2 tanto per le Magistrate quanto per i Magistrati, a riprova del fatto che la difficoltà è nella gestione dei figli e non nella loro esistenza.

Tabella 22. Frequenze (assolute e percentuali) del numero di figli presente nel nu- cleo familiare per genere

N. figli 0 % 1 % 2 % 3 % 4 % Tot. % Uo- mini 3 15,8 8 25,8 14 28,6 6 42,9 1 100 32 28,1 Donne 16 84,2 23 74,2 35 71,4 8 57,1 0 0 82 71, 9 Totale 19 100,0 31 100,0 49 100,0 14 100,0 1 100 114 100 ,0

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A tale proposito, la Tabella 23 mostra le risposte dei Magistrati alla do- manda: “Come sono riuscito/a a conciliare?”. In particolare, dai 94 rispon- denti di cui 70 Magistrate e 24 Magistrati, si rileva che le risposte prevalenti per le Magistrate sono: “Grazie ad aiuti esterni retribuiti (baby sitter)” con una frequenza assoluta pari a 35; e “Grazie ad aiuti esterni non retribuiti (da parte dei genitori)” con una frequenza assoluta pari a 18. Per i Magistrati, invece, la risposta prevalente è “Grazie alla condivisione con il partner” con una frequenza assoluta pari a 16. Dalla risposta dei Magistrati si rileva co- munque la presenza del coinvolgimento della figura femminile. Da ciò si evince che il problema della conciliazione è avvertito, in prima battuta, pre- valentemente dalle donne in modo diretto e, in seconda battuta, in modo in- diretto nel momento in cui vengono comunque coinvolte dal partner nella condivisione.

Tabella 23. Frequenze (assolute e percentuali) relative al concetto di concilia zione per genere Concilia- zione la- voro e vita pri- vata Rinuncia ad avere numero di figli desiderat o Aiuti esterni retribuiti (baby sitter) Aiuto di servizi pubblici Condivisi one con il partner Aiuti esterni gratuiti (genitori) Interrott o a periodi esperienz a di lavoro Altro Uomini 0 5 0 16 1 2 24 Donne 5 35 1 9 18 2 70 Totale 5 40 1 25 19 4 94

Un altro aspetto della conciliazione vita-lavoro riguarda l’assistenza pre- stata a familiari bisognosi di cura. La Tabella 24 rivela che il soggetto preva- lente è ancora una volta la figura femminile, pur non trascurando l’affida- mento a soggetti esterni (assistenti, struttura, altro). Anche sotto questo pro- filo, quindi, si conferma quanto detto in precedenza, ossia che la donna sia in modo diretto che indiretto è comunque maggiormente coinvolta.

Tabella 24. Frequenze (assolute e percentuali) assistenza prestata (in prevalenza) a familiari bisognosi di cura per genere

Assistenza Uomo % Donna % Totale %

Io 1 12,5 8 40 9 32,1

177 In modo paritario 3 37,5 1 5 4 14,3 Assistenti 1 12,5 6 30 7 25 Struttura 2 10 2 7,1 Altro 2 10 2 7,1 Totale 8 100,0 20 100 28 100,0

La situazione descritta dall’indagine relativa all’aspetto della concilia- zione vita-lavoro presente in Magistratura, anche se basato su un campione di indagine limitato, riflette l’attuale suddivisione dei ruoli all’interno della fa- miglia nella società italiana. Infatti, il Rapporto Istat 2019 “Conciliazione tra lavoro e famiglia” evidenzia che in Italia, sono 12 milioni 746 mila le persone che si prendono cura di figli minori, di parenti malati, disabili o anziani e sono per lo più donne in età compresa tra i 45 e 55 anni.

I dati Istat fotografano il permanere della tradizionale asimmetria fra i partner nella ripartizione del lavoro familiare, laddove il lavoro di cura delle persone, inteso come il lavoro domestico gratuito svolto a favore di persone non autosufficienti, rimane ancora di stretta pertinenza femminile.

Nel dettaglio, in Italia, le donne dedicano 5 ore e 5 minuti al lavoro non retribuito di assistenza e cura al giorno, mentre gli uomini un’ora e 48 minuti. Le donne, quindi, si fanno carico del 74 per cento del totale delle ore di lavoro non retribuito di assistenza e cura. Sulla base di quanto detto, il lavoro gratuito di assistenza e di cura non si distribuisce in modo paritario tra uomini e donne. Se si somma, infatti, il tempo di lavoro retribuito con il tempo di lavoro non retribuito di assistenza e cura, la giornata lavorativa è mediamente più lunga per le donne (6 ore e 48 minuti) rispetto a quella degli uomini (5 ore e 31 minuti). Questo comporta che le donne hanno meno tempo a disposizione rispetto agli uomini. Negli ultimi 20 anni, il contributo degli uomini al lavoro di cura e assistenza alla persona è aumentato a una velocità annuale di 1,2 minuti al giorno, mentre quello delle donne è stato ridotto di 2,1 minuti al giorno ogni anno. Di questo passo l’uguaglianza di genere nel lavoro non retribuito di assistenza e cura potrà realizzarsi solo nel 2066. Questo è quanto emerso dal rapporto mondiale dell’ILO (International

Labour Organization) sul lavoro dignitoso e le prospettive occupazionali

legate all’assistenza e cura alla persona (ILO, 2018).

Gli impegni derivanti dal lavoro gratuito di cura e assistenza, tradotti in ore dedicate alle ordinarie attività domestiche e all’assistenza prestata a

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favore di persone non autosufficienti, si confermano quindi ancora prevalentemente appannaggio del genere femminile con inevitabili ricadute sulle prospettive occupazionali e sulla qualità delle prestazioni lavorative femminili (Amato, 2006; Amato, 2010). La perdurante femminilizzazione delle competenze di cura riduce la presenza delle donne nel mercato del lavoro e le subordina agli uomini, che rimangono, pertanto, ancora favoriti. Ne discende che soltanto una più ampia condivisione del lavoro familiare potrebbe consentire alle donne una più incisiva partecipazione al lavoro retribuito e ad alimentare un sensibile incremento dell’offerta lavorativa femminile.

Quanto finora detto lascia intravedere una situazione tutt’altro che equilibrata. Occorre, dunque, provare a ripensare la conciliazione alla luce della stretta connessione tra tempi familiari e tempi lavorativi al fine di creare un giusto equilibrio tra esigenze personali ed esigenze professionali.

Ciò si traduce nella considerazione che le misure di conciliazione non devono essere pensate come diritti riferiti a un particolare momento della vita e riguardanti solamente le donne, ma come parti integranti nell’evoluzione della persona a tutto tondo, laddove la maternità, la cura e l’assistenza a persone non autosufficienti piuttosto che le ordinarie attività familiari devono essere intese come momenti di crescita sia personale che professionale.

Contrariamente, pensare alla conciliazione come una dicotomia tra ambito familiare e ambito lavorativo, ciascuno tratteggiato da un proprio tempo, non risponde da un lato, all’intuizione primaria su cui si basa il nostro Paese ai sensi dell’art. 4 Cost. che fonda il processo democratico e sociale sul lavoro, dall’altro alle dinamiche lavorative e familiari che nel corso del tempo sono completamente cambiate.

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