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LA SORGENTE DI IONIZZAZIONE AL PLASMA PER IL PROGETTO SPES

2.6. La sorgente tipo FEBIAD per il progetto SPES

Come già spiegato nel Capitolo 1, per la produzione di radioisotopi nel progetto SPES sono utilizzate varie sorgenti di ionizzazione. Se si vuole che sia possibile ionizzare gli atomi appartenenti ad una gran parte degli elementi presenti sulla tavola periodica (in particolare i gas nobili) con una buona efficienza, la sorgente FEBIAD rappresenta una buona soluzione. FEBIAD è un acronimo che significa “Forced Electron Beam Induced Arc Discharge”. La sorgente usata per SPES è basata sulla configurazione MK5 sviluppata presso l’impianto ISOLDE al CERN (vedi [5] e [6]) ed è pensata per la produzione di ioni 1+. Nella Figura 2.3 è mostrata una sezione del modello tridimensionale della sorgente, dove è messa in evidenza la zona dell’anodo che deve essere tenuta isolata dal punto di vista elettrico rispetto al resto del sistema. Di seguito saranno quindi descritti in dettaglio tutti gli elementi che compongono il sistema e che sono rappresentati nella Figura 2.3.

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Figura 2.3: Modello 3D in sezione lungo un piano meridiano della Sorgente di ionizzazione al Plasma.

Il catodo (cathode)

Il componente principale di questo oggetto è il catodo: nei Laboratori di Legnaro si fa uso di catodi metallici in Tantalio, e la scelta di questo materiale è dovuta a più motivi: è un materiale con alto punto di fusione (3017°C), perciò ideale per le applicazioni in alta temperatura che abbiamo descritto, inoltre è un buon conduttore elettrico. Queste proprietà lo rendono ideale per l’impiego in un catodo, visto che tale componente deve essere scaldato per effetto Joule, e quindi essere attraversato da una corrente, e stare a lungo a temperature in cui sia possibile il verificarsi dell’effetto termoionico. Inoltre le proprietà meccaniche (è molto duttile) lo rendono lavorabile alle macchine utensili, anche se va ricordato che la grande capacità di plasticizzare rende indispensabile un’attenzione particolare nelle lavorazioni per asportazione di truciolo; è inoltre anche saldabile, anche se bisogna porre attenzione all’ossidazione e alla contaminazione dall’aria durante la saldatura. Da queste caratteristiche si capisce che tale materiale può essere trattato per la realizzazione di diverse geometrie, tra cui il catodo usato per la FEBIAD (vedi Figura 2.4).

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Figura 2.4: nella figura a destra è rappresentata una fotografia del catodo in uso presso i laboratori nazionali di Legnaro. Si nota la faccia piana frontale che è quella da cui vengono emessi gli elettroni. A destra, il modello CAD dello stesso elemento mostra una vista sezionata, in cui si può apprezzare il canale centrale dove passa il fascio da ionizzare.

Nel modello CAD di Figura 2.4 si nota che il catodo è formato da tre parti distinte, cioè una corona che serve per fissare il componente alla camera di scarica (descritta in seguito), un collare cilindrico che si collega alla corona e un corpo centrale formato da un tubicino aperto alle estremità, in cui scorre il fascio, che termina in una faccia frontale che viene posta frontalmente all’anodo. Questi tre sotto-componenti vengono uniti attraverso saldatura. Si utilizzano tre tecnologie:

 Saldatura TIG;

 Saldatura Laser;

 Saldatura Electron Beam.

La scelta del metodo di saldatura comporta una diversa realizzazione del cordone di saldatura, che si può tradurre in geometrie differenti o finiture delle superfici più o meno precise. Il problema sarà analizzato in dettaglio quando si analizzerà il campo di temperatura dell’oggetto (Capitolo 6).

Anodo (anode, anode grid e outlet)

La faccia del catodo piana ortogonale all’asse è quella da cui fuoriescono gli elettroni, che vengono accelerati da una griglia (anode grid) verso l’anodo. Nella sorgente per il progetto SPES, l’anodo, la griglia e la flangia di scarico (detta anche outlet) sono uniti in un unico corpo, la camera di anodo (anode body) (vedi Figura 2.5), all’interno della quale avviene la formazione del plasma per mezzo della scarica.

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Figura 2.5: rappresentazione del modello 3D dell’anodo assemblato e dei suoi componenti, cioè 1) griglia; 2) corpo cilindrico con cave per l’alloggiamento dei supporti; 3) flangia o tappo di scarico.

La griglia è stata progettata perché i fori con asse parallelo all’asse del fascio guidino gli elettroni cosicché essi assumano una traiettoria più rettilinea possibile all’interno della camera di anodo. La corrente elettronica riempie tutta la camera, ma la maggior parte delle particelle sarà situata nella zona centrale.

Sistema di supporto dell’anodo (pin, insulator e support anode nut)

Poiché l’anodo deve avere un certo potenziale, dev’essere isolato elettricamente dal resto del sistema. Per questo si fa uso di tre isolatoti di Allumina (Al2O3 anode support insulator) che, assieme anche a tre puntali in materiale altofondente (pin realizzati in Molibdeno o Grafite) e tre dadi di supporto (anode support nut) servono a sostenere ed allineare l’anodo stesso all’interno della sorgente (vedi Figura 2.6).

Figura 2.6: raffigurazione dei tre elementi che compongono il sistema di supporto dell’anodo. Come si vede dall’immagine, i tre vanno infilati l’uno dentro l’altro in sequenza per consentire l’isolamento elettrico.

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La camera di scarica

Questo componente è un oggetto cilindrico, in Molibdeno o Tantalio, che contiene catodo e anodo. Il catodo viene fissato alla camera di scarica tramite una ghiera di tenuta (retainer nut). Il principale compito di questo componente è condurre la corrente che attraversa il catodo e schermare la potenza radiante che andrebbe dispersa (vedi Figura 2.7).

Figura 2.7: camera di scarica con anodo montato al suo interno attraverso il sistema di supporto.

Flangia di chiusura e scudi termici (end flange e heat shields)

Questi componenti costituiscono il sistema di estrazione della sorgente, infatti sono posti dopo il tappo di scarico. La flangia ha anche scopo di sostenere gli elementi interni, infatti ad essa si accoppia la camera di scarica tramite un collegamento filettato.

Camera e flangia di supporto (support house e support flange)

Questi due componenti fanno parte di un unico sottoinsieme che serve a collegare la sorgente al piatto della camera da vuoto. I fori sulla flangia servono a permettere la realizzazione del vuoto anche all’interno della sorgente. Questi componenti possono essere realizzati in Grafite o Acciaio Inox, il secondo è preferibile per evitare contaminazioni di CO.

Elettromagnete

All’esterno della sorgente, al livello dell’anodo, sono montate due bobine circolari e coassiali con il fascio; sono costituite da due nastri di Alluminio avvolti per 232 giri e vengono alimentati con corrente continua di 5 A. Il campo magnetico generato ha la funzione di far percorrere agli elettroni, che avanzerebbero in linea retta, un percorso

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elicoidale, aumentando la probabilità che impattino su un atomo ionizzandolo (vedi Figura 2.8).

Figura 2.8: elettromagnete montato dietro il piatto della camera da vuoto, all’esterno della Sorgente [2]. Tutti i componenti interni della sorgente possono essere realizzati in metalli ad alto punto di fusione, tipicamente Tantalio o Molibdeno, oppure Grafite che è comunque un buon conduttore elettrico, con l’accortezza che nel caso dei metalli, se è previsto il disaccoppiamento dopo l’utilizzo, è preferibile mettere a contatto materiale diversi per evitare che i componenti aderiscano e si saldino.

Nel progetto SPES la sorgente sarà accoppiata ad un bersaglio, dove avviene la fissione del Carburo di Uranio e si produco gli isotopi radioattivi; le particelle passano alla sorgente attraverso un tubo sottile di Tantalio detto “linea di trasferimento” (transfert line), che si collega al catodo attraverso un accoppiamento geometrico. Per eseguire le prove di efficienza il bersaglio non è necessario e quindi non viene montato, in questa configurazione viene usata una linea di trasferimento più corta che si collega ad un supporto che consente il trasporto della corrente riscaldante (Figura 2.9).

Figura 2.9: modelli 3D delle configurazioni di montaggio della Sorgente al Plasma. A sinistra la soluzione senza bersaglio per le prove di efficienza, a destra quella con bersaglio + sorgente di ionizzazione. La corrente riscaldante arriva attraverso un puntone di Rame presente nella camera, a cui viene collegato un morsetto dello stesso materiale che sostiene una serie di fogli in Ta che sono posti a contatto con la linea di trasferimento. La corrente quindi fluisce

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attraverso il tubo, arriva al catodo, attraversa la faccia frontale riscaldandola per effetto Joule a temperature attorno ai 2000°C, passa alla camera di scarica, quindi alla flangia di chiusura e alla camera di supporto; la flangia di supporto è collegata al piatto della camera che viene tenuto a massa (0 V). Lo schema del percorso della corrente di linea è illustrato in Figura 2.10.

Figura 2.10: percorso della corrente nella sorgente di ionizzazione al plasma. Nello schema è mostrata la configurazione nel caso di un accoppiamento bersaglio – sorgente di ionizzazione.

Figura 2.11: schema in sezione di catodo ed anodo affacciati in cui è mostrato il potenziale dell’anodo e la traiettoria elicoidale di un elettrone causata dal campo magnetico [2].

Il catodo quindi emette una corrente elettronica per effetto termoionico, le particelle con carica negativa vengono accelerate verso l’anodo che è tenuto a potenziale costante di 150 V, attraverso un filo conduttore che passa per uno dei fori degli isolatori di Allumina (vedi schema di Figura 2.11): per questo è importante assicurarsi dell’isolamento elettrico fra anodo e resto del sistema se si vuole garantire un corretto funzionamento. Grazie alla struttura della griglia, gli elettroni possono entrare nella camera di anodo e impattare sugli atomi di gas da ionizzare. Il fascio che deve essere ionizzato percorre la linea di trasferimento, attraversa in senso assiale il canale ricavato all’interno del catodo ed entra nella camera di anodo dove diventa plasma, per poi passare

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dal foro sulla flangia di scarico, superare gli scudi termici e quindi essere estratto da un elettrodo (detto “elettrodo estrattore”) ed essere controllato da una successione di campi elettrici o magnetici, poiché ora lo stato delle particelle 1+ permette di sfruttare le forze elettromagnetiche. Nel caso sia presente il bersaglio, le particelle da ionizzare sono estratte grazie alle alte temperature a cui è sottoposto il sistema, mentre nel caso di prove con configurazione senza bersaglio il gas viene insufflato tramite un tubo di Tantalio che si innesta in una cavità presente sulla vite che unisce linea di trasferimento e connessione elettrica. Si capisce che se nel loro transito, le particelle da ionizzare incontrassero delle zone fredde, sarebbero da queste trattenute causando una caduta dell’efficienza in quanto non si potrebbero estrarre, perciò è importante non ci siano zone fredde che attirino le particelle. Un altro parametro da controllare è che il sistema operi in buon livello di vuoto, infatti se non si opera in un ambiente a bassa pressione i contaminanti potrebbero sia disturbare il flusso di elettroni, che essere ionizzati al posto delle particelle che interessano, causando ulteriori cali dell’efficienza. In quest’ottica la progettazione della camera da vuoto con sistemi di tenuta opportuni per permettere il raggiungimento di livelli di vuoto attorno ai 10-6mbar diventa di fondamentale importanza (nella camera di anodo si hanno pressioni nell’ordine di 10-510-2 mbar).

Come già accennato il campo di temperatura degli oggetti in esame incide sul comportamento dell’oggetto in vari modi, a partire dall’effetto termoionico che permette l’emissione di elettroni e quindi la ionizzazione. La legge che spiega in modo analitico questo fenomeno è già stata descritta nell’Equazione 2.4, è detta legge di Richardson, che fornisce il valore della densità di corrente elettronica emessa da una superficie ad una certa temperatura T. In particolare si nota che al crescere della temperatura, la densità di corrente aumenta, perciò pensando a come funziona la ionizzazione per bombardamento di elettroni, si può pensare che lavorando alla temperatura massima consentita dalla resistenza strutturale del materiale di cui è composto il catodo, si arrivi all’efficienza massima. In realtà non si tiene conto di un secondo fenomeno, che provoca la saturazione della corrente elettronica che può essere invita dal catodo verso l’anodo.

La legge di Child-Langmuir esprime la massima corrente di elettroni che può essere tramessa fra due elettrodi piani, considerati di estensione infinita, distanti tra loro a, nel vuoto:

𝐽 = 𝑉𝑎 3 2

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dove  è una costante che dipende dal tipo di particella che forma la corrente, e per gli elettroni si ha  = 2.334*10-6 A/V3/2 e Va è la differenza di potenziale fra i due elettrodi. Nel nostro caso possiamo assumere come la faccia del catodo frontale e la griglia come i due piani infiniti. La differenza di potenziale fra i due sarà di 150 V. Per quanto riguarda la distanza a, questa viene regolata durante il montaggio (vedi l’Appendice B per una spiegazione in dettaglio), e dalle esperienze fra i vari impianti tipo ISOL nel mondo, dev’essere compresa tra 0.9 e 1.4 mm, anche se i valori ottimi sono fra 1.0 e 1.2 mm. Perciò in pratica quello che ci dice questa legge è che anche continuando ad alzare la corrente che attraversa il catodo e quindi la temperatura, avrò comunque un limite sul numero di elettroni che potrò inviare all’anodo e che serviranno al processo di ionizzazione. Perciò sarà possibile determinare una temperatura di lavoro in cui si raggiungono le condizioni di saturazione.