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Da più di cinquanta anni si discute a livello mondiale di sviluppo sostenibile (Paniccia, Silvestrelli, Leoni, Baiocco, 2017). Molti studiosi, nel definire il concetto, fanno riferimento al noto Rapporto Bruntland (1987)20, che, rispetto alle impostazioni più

tradizionali, lega lo sviluppo sostenibile anche al benessere delle generazioni future, dando enfasi all’idea delle risorse naturali come bene comune (Paniccia, Silvestrelli, Leoni, Baiocco, 2017). Sulla scia di questa impostazione, più recentemente, la sua definizione ha investito una moltitudine di ambiti e discipline diverse, tra cui il settore turistico, che in passato come oggi, prevede un importante scambio di risorse con i territori e che dunque necessita di una regolamentazione in senso sostenibile21.

20 «Sustainable development is development that meets the needs of the present without compromising

the ability of future generations to meet their own needs […] In essence, sustainable development is a process of change in which the exploitation of resources, the direction of investments, the orientation of technological development; and institutional change are all in harmony and enhance both current and future potential to meet human needs and aspirations» (Report of the World Commission on Environment and Development, 1987).

21 Per il settore del turismo in particolare, la sostenibilità sta acquisendo un’importanza esponenziale ed

un’attenzione mai conosciuta prima d’ora. A riconferma di ciò, lo scorso anno, è stato proclamato l’“Anno Internazionale del Turismo Sostenibile”, inaugurato nel gennaio 2017 dall’ONU (Organizzazione Nazioni Unite), il cui programma prevedeva di trasformare l’industria a più rapida crescita del pianeta, con i suoi 1100 miliardi di euro di fatturato globale, ossia un decimo del Pil complessivo, nella forza con cui abbattere le resistenti barriere socio-economiche e culturali a livello globale (UNWTO, 2017).

Negli ultimi trent’anni difatti è stato riconosciuto che il modello tradizionale di sviluppo del turismo, pur concorrendo alla valorizzazione economica e sociale di certe aree, è caratterizzato da una serie di esternalità negative che hanno avuto un forte impatto sull’ambiente e sulla comunità delle località interessate, quali la banalizzazione della cultura e delle tradizioni locali, l’aumento dei rifiuti e del consumo di risorse, il degrado ambientale e la distruzione di ecosistemi, la perdita di biodiversità e l’inquinamento atmosferico (Butler, Hall, Jenkins, 1998; Urry, 1990). Questa consapevolezza ha portato ad una maggior attenzione al tema della sostenibilità nel turismo intesa come “development that meets the needs of the present without compromising the ability of future generations” (WCED, 1987), riconoscendo inoltre la necessità di uno sviluppo del turismo che sia sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico.

Secondo i presupposti della UNWTO difatti, il turismo sostenibile cerca di utilizzare in modo efficiente le risorse ambientali, che aiutano a mantenere i processi ecologici essenziali e a conservare il patrimonio naturale e la biodiversità; di rispettare l’autenticità socio-culturale delle comunità ospitanti, conservando il loro patrimonio architettonico e culturale vivente e i valori della tradizione, e infine di assicurare le operazioni economiche essenziali e di lungo periodo, fornendo benefici socio- economici a tutta i portatori di interesse distribuendoli in modo equo (UNWTO, 2004, p. 7).

Queste tre dimensioni tradizionali della sostenibilità possono essere anche declinate a livello di turismo nelle aree rurali. Alcune precisazioni tuttavia sono necessarie. L’ambiente rurale per la sua peculiarità in quanto territorio portatore di profondi valori legati all’intervento dell’uomo sulla natura, presenta una particolare fragilità, che ci persuade ad affrontare il tema non in senso unidirezionale considerando solo l’aspetto turistico, ma bidirezionale, contemplando anche l’aspetto della sostenibilità agricola. La componente agricola e quella turistica difatti, dovranno essere lette congiuntamente trattando di sostenibilità, poiché, in un rapporto di mutua dipendenza, l’agricoltura non potrà avere luogo se il turismo non rispetta la sua sostenibilità, così come il turismo verrà meno laddove le pratiche agricole incideranno negativamente sul territorio rurale.

Dal punto di vista della sostenibilità agricola, i numerosi cambiamenti delle pratiche produttive avvenuti durante la Green Revolution22 degli anni 60’ e 70’, e la più recente

espansione della coltura geneticamente modificata, hanno condotto a facili guadagni nel breve periodo nel settore agroalimentare e all’espansione della monocultura agricola di larga scala (Addinsal, 2017), comportando una trasformazione sostanziale del territorio rurale.

In anni più recenti si è tuttavia assistito ad una crescente analisi degli impatti a lungo termine associati con tali pratiche, che includono la dipendenza ai fertilizzanti chimici e ai pesticidi, l’esaurimento dei bacini d’acqua e il degrado del suolo (Gliessman, 2015). Questi impatti minacciano i processi ecologici delle aree rurali e compromettono la risorsa base dell’agricoltura, contribuendo alla marginalizzazione dei piccoli proprietari terrieri (Addinsal, Scherrer, Weiler, Glencross, 2017).

Per rimediare a questo fenomeno aggressivo e insostenibile, dal punto di vista non solo ambientale ma anche economico23, si è adottato a livello internazionale

l’approccio cosiddetto agroecologico24 che fornisce un modello alternativo

culturalmente sensibile ed eticamente ed economicamente attuabile anche su bassa scala, in modo da includere i piccoli operatori agricoli (Addinsal, 2017).

Nell’ultimo decennio, l’agroecologia si è evoluta dai sui albori per divenire un movimento sociale il cui focus è “the ecological foundations of the traditional farming systems in developing countries” (Gliessman, 2015, p. 29). La dichiarazione di Nyéléni25 vede nell’agroecologia l’elemento chiave della resistenza al “puts profit

before life” (Nyéléni Declaration, 2007), in altre parole, un approccio economico che riconosce e valorizza i non-commodity output dell’agricoltura quali la agrobiodiversità, i servizi ecosistemici, la resilienza al cambiamento climatico, il

22 “The Green Revolution was an increase in food production, especially in underdeveloped and

developing nations, through the introduction of high-yield crop varieties and application of modern agricultural techniques”.

23 Si pensi ai danni che un simile approccio può comportare alle comunità locali, dato che

tendenzialmente sono i grandi portatori di interessi, quali le multinazionali, a trarre beneficio da una coltura di tipo intensivo.

24 Per agroecologia si intende un approccio alternativo al modello dominante di gestione dei sistemi

agroalimentari e mira a sviluppare modelli sostenibili sia da un punto di vista ambientale, sia economico, che sociale. Nella pratica consiste nell’applicazione dei principi ecologici nella produzione di alimenti, carburante, fibre e farmaci, nonché alla gestione di agrosistemi (FIRAB, Fondazione Italiana per l’Agricoltura Biologica).

25 La dichiarazione di Nyéléni, è una dichiarazione proposta al forum sulla sovranità alimentare nel

recupero di produzioni tradizionali e la biodiversità (Addinsal, 2017). L’agroecologia in definitiva sostenta e nutre la conoscenza e la cultura locale, nel tentativo di promuovere l’equità sociale e rafforzando la realizzabilità economica della sostenibilità delle aree rurali (Anderson, Pimbert, Kiss, 2015).

Anche il turismo, in modo simile all’agricoltura, è stato sottoposto ad una significativa trasformazione negli ultimi sessant’anni, passando da un incontrastato entusiasmo per lo sviluppo del turismo di massa ad una progressiva preoccupazione dovuta agli impatti negativi, che hanno condotto a scelte turistiche più sostenibili (Butler, Hall, Jenkins, 1998).

Il programma di “adattamento” iniziato negli anni ’80, vede l’evolversi di una forma di turismo che si basa su moniti e avvertimenti, in diretta opposizione al turismo di massa (Addinsal, 2017).

Numerosi studi sulle aree rurali hanno fatto suonare un campanello d’allarme sulla

cieca focalizzazione del turismo a spese di altre settori industriali, e hanno suggerito

che questo approccio allo sviluppo può seriamente mettere a repentaglio gli esiti in senso sostenibile e l’equo coinvolgimento nell’economia (Addinsal, 2017; Butler, Hall, Jenkins, 1998).

Milne (2005) sostiene questa visione e avverte di essere cauti con la scelta di porre il turismo quale colonna portante nei piani di sviluppo economico, suggerendo che in molti paesi, in cui un’ampia popolazione vive nelle aree rurali, il turismo potrebbe essere visto come una componente scomoda, che non considera i bisogni della comunità locale, ma piuttosto gli interessi di altri stakeholder, solitamente rappresentati dalle multinazionali (Butler, Hall, Jenkins, 1998).

Inoltre, sia l’ambiente rurale che il turismo mostrano una forte resistenza a variabili climatiche favorevoli e al buon funzionamento ecosistemico. I cambiamenti climatici e la crescente imprevedibilità e severità di eventi meteorologici estremi, dovuti al cambiamento climatico antropico, come anche agli effetti che emergono dalla perdita sia della biodiversità che del consolidamento della copertura vegetale, espongono entrambe le industrie a imprevedibili vulnerabilità (IPCC, 2014).

Il contributo delle pratiche correnti di entrambe le industrie verso questi cambiamenti negativi è riconosciuta in modo crescente nello sviluppo globale e nei discorsi economici, spinti verso un’urgente trasformazione verso modelli di industria più sostenibili e pratiche che adottano una prospettiva che chiarisce gli impatti di tali pratiche sull’ecosistema (Addinsal, 2017; Torres, Momsen, 2004; Torres, 2003). La

letteratura suggerisce che i modelli industriali necessitano di considerare i sistemi ecologici, sociali, culturali ed economici in modo olistico, con un focus sull’agevolare in modo forte e sostenibile le comunità locali e gli ecosistemi (Torres, Momsen, 2011).

L’applicazione al turismo rurale di principi agroecologici da una parte, e del turismo sostenibile dall’altra, diventerà importante qualora l’agricoltura e il turismo impareranno a co-esistere sinergicamente, che porterà inoltre a generare benefici economici, sociali, ecologici e culturali (Addinsal, 2017).

Capitolo 2. Il ruolo svolto dalla Politica Agricola Comune nello