• Non ci sono risultati.

La strage di Bologna e gli esiti giudiziari.

La ricezione pubblica delle sentenze.

3.1. La strage di Bologna e gli esiti giudiziari.

“... tante persone ricordano quella data. E non certo per nostalgia del dolore. Per la speranza che combatté quel dolore. Perché qualcosa di quella speranza è rimasta.”517

Estate 1980. È il primo sabato d’agosto, quello delle partenze estive dalla stazione di Bologna. Alle 10 e 25 minuti un ordigno esplode nella sala d’aspetto di seconda classe e una miscela di tritolo e T4 lascia dietro sé 85 corpi senza vita e oltre 200 feriti518.

È passata alla Storia come la strage più sanguinosa dell’Italia Repubblicana, le cui vittime si aggiungono alla già tragica conta degli anni della strategia della tensione: l’ultima efferata barbarie risale al 1974 e ha colpito, appena qualche mese dopo l’ordigno di Brescia, gli innocenti viaggiatori del treno espresso Roma - Brennero.

Di fatti, come in molti sottolineeranno, «sarà forse una coincidenza, ma il 4 agosto ricorre il triste anniversario d’un’altra strage: quella del treno “Italicus”. E sarà forse un’altra coincidenza, ma

516 È il titolo di una canzone dei Modena City Ramblers dedicata alla strage alla stazione, tratta dall’album del 2013

Niente di nuovo sul fronte occidentale.

517 S. Benni, in Io non dimentico, La città e la memoria del 2 agosto nei racconti dei lettori di Repubblica, Edizioni

Librerie Feltrinelli – la Repubblica, Milano, 2010, cit., p. 11. Il volume raccoglie oltre duecento ricordi, dedicati alle vittime della strage.

518

Le vittime: Antonella Ceci Anni, Angela Marino, Leo Luca Marino, Domenica Marino, Errica Frigerio In Diomede Fresa, Vito Diomede Fresa, Cesare Francesco Diomede Fresa, Anna Maria Bosio In Mauri, Carlo Mauri, Luca Mauri, Eckhardt Mader, Margret Rohrs In Mader, Kai Mader, Sonia Burri, Patrizia Messineo, Silvana Serravalli In Barbera, Manuela Gallon, Natalia Agostini In Gallon, Marina Antonella Trolese, Anna Maria Salvagnini In Trolese, Roberto De Marchi, Elisabetta Manea Ved. De Marchi, Eleonora Geraci In Vaccaro, Vittorio Vaccaro, Velia Carli In Lauro, Salvatore Lauro, Paolo Zecchi, Viviana Bugamelli In Zecchi, Caterine Helen Mitchell, John Andrew Kolpinski, Angela Fresu, Maria Fresu, Loredana Molina In Sacrati, Angelica Tarsi, Katia Bertasi, Mirella Fornasari, Euridia Bergianti, Nilla Natali, Franca Dall'Olio, Rita Verde, Flavia Casadei, Giuseppe Patruno, Rossella Marceddu, Davide Caprioli, Vito Ales, Iwao Sekiguchi, Brigitte Drouhard, Roberto Procelli, Mauro Alganon, Maria Angela Marangon, Verdiana Bivona, Francesco Gomez Martinez, Mauro Di Vittorio, Sergio Secci, Roberto Gaiola, Angelo Priore, Onofrio Zappalà, Pio Carmine Remollino, Gaetano Roda, Antonino Di Paola, Mirco Castellaro, Nazzareno Basso, Vincenzo Petteni, Salvatore Seminara, Carla Gozzi, Umberto Lugli, Fausto Venturi, Argeo Bonora, Francesco Betti, Mario Sica, Pier Francesco Laurenti, Paolino Bianchi, Vincenzina Sala In Zanetti, Berta Ebner, Vincenzo Lanconelli, Lina Ferretti In Mannocci, Romeo Ruozi, Amorveno Marzagalli, Antonio Francesco Lascala, Rosina Barbaro In Montani, Irene Breton In Boudouban, Pietro Galassi, Lidia Olla In Cardillo, Maria Idria Avati, Antonio Montanari.

159

l’altro ieri sera è stata emessa la sentenza di rinvio a giudizio per Tuti e gli altri imputati di quel sanguinoso attentato.»519

Nel pomeriggio del 2 agosto, è il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, giunto precipitosamente a Bologna in elicottero per incontrare i feriti all’ospedale Maggiore, ad offrire una prima interpretazione della strage: “Signori, non ho parole. Siamo di fronte all’impresa più criminale che sia avvenuta in Italia”.

Nell’immediatezza della deflagrazione, invece, radio, televisione e una quota della stampa nazionale, danno inizialmente spazio all’eventualità che non si sia trattato di un episodio delittuoso ma di un terribile incidente.

Il “Corriere della Sera” pone l’interrogativo già in prima pagina, all’indomani del disastro: “Una strage che non ha precedenti in Italia. Due ipotesi: attentato o sciagura”.520

La prima pagina de “La Stampa” tuona invece immediatamente contro i neofascisti dei Nar,521 di cui riporta le rivendicazioni telefoniche, pur non mancando di sottolineare che l’ipotesi dell’attentato è stata tenuta in sospeso sino all’ultimo «per il rifiuto di accettare l’orrore».522

Anche “L’Unità” racconta di piste investigative alternative al «sospetto di un atroce attentato fascista»523, facendo riferimento all’esplosione di una caldaia o a una fuga di gas.

In ogni caso, scrive il foglio comunista, «nell’attesa di accertamenti più esatti […] si è riacceso nella nostra mente un decennio di sangue, di barbaria politica e morale».524

Qualcuno, da subito incline all’ipotesi criminale, avanza una prima distinzione fra terrorismo rosso e nero, che ricorda quelle già incontrate in relazione alla strage di Brescia, asserendo che «se da sinistra la società e l’ordine democratico venivano colpiti attraverso la classe dirigente, con uno stillicidio oculato e crudele di assassinii, da destra […] vengono attaccati spargendo il terrore cieco, indiscriminato, della strage popolare».525

L’iter giudiziario della strage di Bologna risulta articolato e complesso come tutti quelli che abbiamo finora incontrato, e si muove su tre differenti livelli, poi unificati: il delitto di strage,

519 E. Scalfari, Un demonio manovra questa follia, “La Repubblica”, 4 agosto 1980, raccolto in E. Scalfari, Articoli. La

Repubblica dal 1976 al 1984, Gruppo Editoriale L’Espresso, 2004, cit. p. 710.

520

Scoppio apocalisse a Bologna: 76 morti, 147 feriti in stazione, “Corriere della Sera”, 03 agosto 1980, p.1.

521

Salta in aria la stazione di Bologna 76 morti, 203 feriti: è un attentato?; R. Lugli, “Le prime ispezioni escludono un

incidente”, “La Stampa”, 03 agosto 1980, p. 1.

522 L. Mondo, “Paese senza pace”, “La Stampa”, 03 agosto 1980, p.1.

523 Una strage spaventosa. Oltre settanta morti e 180 feriti. Sospetto di un atroce attentato fascista, “L’Unità”, 03

agosto 1980, p.1.

524 La pietà e il dubbio, “L’Unità”, 03 agosto 1980, p.1. 525

Delitto di Stato, “Il Tempo”, 03 agosto 1980, p.1, riportato in T. Secci, Cento milioni per testa di morto. Bologna 2

160

l’appartenenza a banda armata e infine i reati di depistaggio (con la calunnia contestata a Licio Gelli, Francesco Pazienza, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte).

Il processo si avvia soltanto il 19 gennaio 1987, per terminare l’11 luglio dell’anno seguente. Sono condannati all’ergastolo - come esecutori - Francesca Mambro, Giuseppe Valerio Fioravanti, Massimiliano Fachini e Sergio Picciafuoco, tutti esponenti dell’estrema destra o dell’organizzazione terroristica dei NAR, i Nuclei Armati Rivoluzionari.

Sono invece riconosciuti colpevoli di depistaggio, Gelli, Pazienza, Belmonte e Musumeci.

Per il reato di banda armata sono giudicati responsabili Paolo Signorelli, Roberto Rinani, Egidio Giuliani, Gilberto Cavallini, e i già citati Fioravanti, Mambro, Picciafuoco e Fachini (con pene che variano dai 6 ai 16 anni di carcere).

Avverso la sentenza propongono ricorso in Cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Bologna (che chiede l’inasprimento delle pene); gli imputati (Cavallini, Giuliani, Fioravanti, Mambro, Musumeci, Belmonte e Pazienza); le parti Civili e l’Avvocatura dello Stato; la Regione Emilia-Romagna; il Comune di Bologna; Paolo Bolognesi, Umberto Vale e Anna Garofali. Il processo presso la Corte di Assise d’Appello inizia il 25 ottobre del 1989 e la sentenza del 18 luglio 1990 assolve, inaspettatamente, tutti gli imputati dal reato di strage, emettendo condanne per i soli reati di banda armata e depistaggio.

Lo stravolgimento della sentenza di primo grado suscita forti reazioni: l’Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna, costituita il 1 giugno 1981, si dichiara indignata e giudica la sentenza una mera “provocazione”; il Movimento Sociale Italiano invoca invece, a gran voce, l’eliminazione dell’aggettivo “fascista” dalla lapide posta in stazione e il Presidente della Repubblica, l’onorevole Francesco Cossiga, chiede ufficialmente scusa all’MSI all’unisono col Presidente del Consiglio Giulio Andreotti.

Avverso il dispositivo viene eccepito ricorso in Cassazione sino alla pronuncia della Suprema Corte del 12 febbraio 1992. È deciso che il processo d’appello sia integralmente ripetuto perché la sentenza del ‘90 risulterebbe illogica, priva di coerenza, immotivata o comunque scarsamente motivata. Inoltre, i giudici non avrebbero valutato correttamente prove e indizi né tenuto conto dei fatti precedenti e successivi all’evento, decontestualizzando la strage, e avrebbero ammesso tesi inverosimili - non sostenute peraltro nemmeno dalla difesa - .

Nell’ottobre del 1993 ha quindi inizio il secondo processo d’Appello che, il 16 maggio del ’94, conferma l’impianto accusatorio del processo di primo grado. Fioravanti, Mambro e Picciafuoco sono condannati all’ergastolo per il reato di strage, mentre per Fachini è decisa l’assoluzione.

161

Belmonte, Gelli, Musumeci e Pazienza sono nuovamente dichiarati colpevoli di calunnia aggravata al fine di garantire impunità agli autori della strage.

Il 23 novembre 1995 la suprema Corte conferma la sentenza di condanna del secondo processo d’appello, rendendola definitiva. Dispone però un nuovo processo per Picciafuoco, che sarà assolto dalla Cassazione nell’aprile 1997. L’ultima condanna, dieci anni più tardi, è quella di Ciavardini, minorenne all’epoca dei fatti e condannato a trent’anni come esecutore materiale.

La strage di Bologna è dunque, tra le tre stragi da noi analizzate, la prima a trovare Giustizia in un Aula di tribunale. L’iter giudiziario è stato comunque accompagnato da numerose polemiche di carattere politico che hanno scandito nel tempo la memoria pubblica della strage.

Conflittualità non tanto legate agli esiti giudiziari, ma anche e soprattutto alle loro implicazioni ideologiche e politiche: l’attribuita paternità neofascista dell’eccidio disturba la Destra mentre riaccende fuochi di antifascismo militante a Sinistra. Frequenti e virulente sono state le diatribe attorno all’appropriatezza o meno dell’aggettivo “fascista” che definisce la strage sulla lapide posta a memoria delle vittime.

L’esigenza forzata di una “memoria pacificata” e condivisa, di una “riabilitazione” delle forze politiche in campo nel lungo decennio dei Settanta, auspicata in particolar modo dall’ala afferente la destra italiana, ingaggia uno scontro aperto con le risultanze processuali, la ricostruzione storica e alcune categorie interpretative, in cui l’antifascismo riveste un ruolo affatto secondario.

Nel prezioso saggio di Anna Lisa Tota, dedicato alla Memoria e alla comunicazione pubblica della strage del 2 agosto, leggiamo a tal proposito che

Per il viaggiatore che giunge in treno alla stazione di Bologna non si tratta soltanto di confrontarsi con la memoria di una strage – il che sarebbe già sufficientemente difficile - , ma anche con quella più complicata di tutto ciò che il termine «fascismo» rimanda alla sua mente […]. Sul piano simbolico la memoria sociale di questa strage è centrata su alcuni termini fortemente evocativi nell’immaginario collettivo: «terrorismo», «strage di stato», «fascismo». Confrontarsi con tutto ciò richiede per il cittadino comune un atto di grande responsabilità politica, ma soprattutto un dispositivo di mediazione simbolica complesso […] per elaborare collettivamente questo lutto nazionale.526

526

A. L. Tota, La città ferita. Memoria e comunicazione pubblica della strage di Bologna, 2 agosto 1980, Il Mulino, Bologna, 2003, cit. p. 125.

162