• Non ci sono risultati.

Le prime ipotesi investigative e i funerali delle vittime.

La ricezione pubblica delle sentenze.

3.2. Le prime ipotesi investigative e i funerali delle vittime.

«No, signor presidente, il dolore non può farci tacere. […] Ora, la sincerità del dolore e la condanna, si misurano sui fatti ed esclusivamente su di essi».527

Accertata formalmente la matrice criminale dell’attentato, con le dichiarazioni ufficiali del procuratore della Repubblica di Bologna Ugo Sisti (rilasciate alle 10,30 del 3 agosto e riportate dai quotidiani il mattino seguente), 528 la cronaca nazionale si concentra sull’eversione nera e sulle risposte dello Stato italiano. Sulla condizione dei cittadini esposti alla follia stragista torna invece il giorno seguente “La Stampa”, commentando quelle «strane speranze» riposte nelle prime ore nella possibilità di un incidente, di un errore umano o tecnico529.

Il “Corriere della Sera” sottolinea la necessità di una maggiore informazione e di un’attività più incisiva contro il neofascismo, combattuto con meno vigore rispetto al terrorismo brigatista fortemente contrastato, invece, negli ultimi anni.

Anche qui si traccia una demarcazione fra la “logica” dell’azione eversiva dei rossi e quella dei neri. I primi sarebbero interessati allo «scatenamento della guerra civile, per il tramite dell’indebolimento sistematico dello Stato», allo scopo di rovesciarlo e di instaurarne uno nuovo, rivoluzionario, appunto.

I neofascisti, «confortati dall’esperienza del 1922, possono puntare, viceversa, sulla conquista dello stato e sulla sua trasformazione dall’interno […] ricorrono a stragi […] poiché sperano di mettere l’opinione pubblica contro la democrazia, resa responsabile dell’impotenza dello stato».

527

R. Zangheri rivolgendosi al Presidente della Repubblica Sandro Pertini giunto a Bologna per i solenni funerali delle vittime della strage, il 06 agosto 1980. Riportato in S. Zavoli, La notte della Repubblica, Mondadori, Milano, 1992, cit. p. 426.

528 “In relazione allo scoppio avvenuto il 2 agosto 1980 alle ore 10,25 presso la stazione centrale di Bologna, tenuto

conto delle risultanza dei sopralluoghi eseguiti nella giornata di ieri con la collaborazione del collegio peritale, dell’avvenuto ritrovamento di alcuni reperti di natura tecnica che saranno oggetto di speciali accertamenti ed a seguito delle nuove constatazioni operate dell’ufficio nel sopralluogo delle ore 0,15 della notte scorsa a rimozione ultimata delle macerie; constatazioni che hanno permesso di evidenziare un probabile focolaio a forma di cratere sito sul pavimento della sala di attesa di seconda classe in corrispondenza di una struttura muraria completamente disintegrata ed in direzione del punto di danneggiamento di una delle carrozze dell’Adria Express, la procura della Repubblica deve ora dare corso alla verifica della ipotesi del delitto previsto dagli articoli 285 e 422 del codice penale, strage diretta ad attentare la sicurezza interna dello Stato commessa mediante collocazione di ordigno, nella necessaria comparazione di tutte le risultanza finora emerse ed avendo presenti tutte le prospettazioni già affidate ai periti», riportato in “Stampa Sera”, 04 agosto 1980, p.2.

163

Il timore diffuso è che la legittima indignazione popolare nei confronti delle Istituzioni finisca per favorire il gioco dei terroristi, destituendo di ogni dignità la Nazione e togliendo «ogni credibilità all’Italia repubblicana.» 530

Lo Stato quindi sembra essere vulnerabile al suo interno giacchè appare corruttibile nelle sue componenti.

Nuovamente, come dopo le bombe di Milano e di Brescia, dalle narrazioni su carta gli italiani emergono come gli unici paladini di una democrazia interiorizzata e tenacemente difesa, laddove lo Stato non sembra fare altrettanto.

Moravia riflette su una sorta di educazione politica, diremmo forse anche sentimentale, che ha dato i suoi frutti migliori negli anni cupi dell’ultimo decennio: «Gli italiani […] vedono, riflettono, non si lasciano più destabilizzare sia individualmente, sia collettivamente».

In questa nuova consapevolezza del tessuto sociale si ergerebbe il «maggiore baluardo delle nostre istituzioni»531, difese più dai cittadini che dagli uomini di governo e dalle agenzie di sicurezza. La Politica è posta sotto accusa da “L’Unità”, che al “Sono stati i fascisti” del titolo in prima pagina, fa seguire la propria sintesi interpretativa della strage: “un nuovo feroce assalto contro la democrazia mentre manca una guida politica seria e si fa sempre più acuta la crisi economica e sociale”532

.

L’intervista all’onorevole Pecchioli mette in evidenza il paradigma interpretativo del PCI, che vede nella politica del Paese sempre «più precaria, più inadeguata», il triste corollario di una crisi aggravata dalle scadenze economiche e sociali dell’autunno, in cui le spinte eversive riescono a trovare un seppur minoritario spazio. L’immagine pubblica degli italiani non si discosta da quella offerta dal resto della stampa nazionale, anche quando Pecchioli sottolinea che nonostante i cittadini abbiano dato «un’autentica lunga prova di eroismo di popolo», i fascisti continueranno sempre a sperare di poter creare sfiducia e smarrimento nell’opinione pubblica.

La forza del sistema democratico pare trarre, anche qui, linfa vitale proprio dagli ultimi dieci anni di storia italiana, nei quali la Magistratura ha sviluppato al suo interno «una positiva dialettica» e si è fatta «molta pulizia»533 in quegli apparati dello Stato inquinati e compromessi.

La tragedia della stazione di Bologna entra energicamente anche nell’aula del Senato.

La seduta del 4 agosto accoglie la relazione del Presidente del Consiglio e gli interventi dei senatori delle varie forze politiche.

530 L. Valiani, Più informazione e più decisione contro le trame fasciste, “Corriere della Sera”, 04 agosto 1980, pp.1-2. 531 A. Moravia, Ma il popolo non si destabilizza, “Corriere della Sera”, 04 agosto 1980, p.1.

532

Sono stati i fascisti!, “L’Unità”, 04 agosto 1980, p.1.

164

È Cossiga a tracciare per primo il filo nero che collega il 1969 al 1980, dichiarando che

L'orrore della tragedia di Bologna richiama i sentimenti di orrore di altre stragi che l'autorità giudiziaria ha accertato ed attribuito per prove certe al terrorismo della destra eversiva: quella di piazza Fontana del 1969, quella di piazza della Loggia a Brescia del 1974, quella del treno Italicus […] Nelle vicende del nostro Paese, da tutta una serie di fatti, non da oggi si è delineata la tecnica terrorista di timbro neofascista534.

Il Presidente del Consiglio può fornire questa lettura della stagione stragista grazie alle sentenze occorse nel 1979. In quell’anno, per la strage di Milano, sono stati infatti dichiarati colpevoli i neofascisti Freda, Ventura e Giannettini, e per quella di Brescia sono stati comminati due ergastoli ai neri Ermanno Buzzi e Angelino Papa, pur ridimensionando la vicenda politica sino a ridurre la strage quasi ad un fatto di cronaca bresciana.

Peraltro, relativamente all’ordigno mortale esploso presso San Benedetto Val di Sambro il 4 agosto del ’74, l’istruttoria appena conclusa ha rinviato a giudizio i terroristi neri Tuti, Franci e Malentacchi quali esecutori materiali.

La firma delle stragi che hanno preceduto la tragedia alla stazione sembra essere quindi la premessa logica per riconoscere la mano neofascista anche in questo dramma nazionale, in una continuità che emerge dalla stampa pur evidenziando la forza distruttrice senza pari dell’ordigno di Bologna: “Una piazza Fontana 10 anni dopo. Dieci volte più feroce e oscura”535

.

Cossiga traccia, come abbiamo già visto fare sulle pagine dei maggiori quotidiani, la linea di demarcazione fra terrorismo di sinistra e stragismo di destra, insistendo sugli sforzi profusi e sui successi conclamati delle forze dell’ordine e della Magistratura in entrambi i casi.

L’immagine che il Governo dipinge, relativamente all’operato istituzionale, è quella di una macchina efficiente, laddove è comunque possibile, auspicabile e necessario fare di più affinché si possa scongiurare l’intento terroristico di scardinare «la fiducia tra istituzioni e popolo, tra società civile e responsabilità politica»536.

534 F. Cossiga, Resoconto stenografico 159° seduta pubblica, Lunedì 04 agosto 1980, Senato della Repubblica, VIII

legislatura, p. 8472, http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/332314.pdf

535 “Una piazza Fontana 10 anni dopo, dieci volte più feroce ed oscura. Il governo non sa cosa dire. La sinistra chiama

alla vigilanza, ma contro chi, per cambiare cosa?, “il manifesto”, 04 agosto 1980, p.1.

165

La riflessione del Governo esce dell’Aula istituzionale e giunge anche all’opinione pubblica, con la dichiarazione resa dallo stesso Cossiga ai giornalisti: “Lo Stato non se ne sta andando: ha fondamento nella coscienza di milioni di cittadini onesti che vogliono una società migliore”537

. Le indagini proseguono, accompagnate da un riserbo massimo delle autorità inquirenti che concedono una sola conferenza stampa al giorno.

“La Repubblica” esplicita chiaramente l’indirizzo delle indagini nell’edizione del 5 agosto: “Per i giudici l’unica pista valida è quella fascista”.538

Nonostante la volontà governativa di non lasciare spazio a un sentimento di diffidenza, si insinua silenziosa, nell’opinione pubblica, l’idea che fra i parenti delle vittime sia forte il rifiuto delle Stato e dei solenni funerali previsti per il 6 agosto a Bologna.

La quasi totalità delle salme, infatti, non sarà presente in San Petronio. Ne rende conto, tra gli altri, “La Stampa”:

Nell’aria ci sono due tipi di risposte, entrambe inespresse, entrambe reali: per alcuni il «rifiuto politico» e cosciente di una cerimonia che rischia di trasformarsi in una fiera di retorici luoghi comuni e per altri la paura, umana, di chi teme che la celebrazione possa essere turbata da disordini se non proprio sconvolta da altre tragedie.539

Il 6 agosto sono soltanto otto le bare cui rendere omaggio e fra esse spicca, come enfatizzato da “L’Unità”, quella bianca di Angela Fresu, «tre anni appena quando la bomba fascista le ha troncato la vita»540.

Eppure, il centro di Bologna è invaso da migliaia di persone, Piazza Maggiore non riesce a contenerle tutte. Si levano fischi e applausi al passare degli esponenti politici, qualcuno grida “venduto” al presidente del Consiglio Cossiga. Si commentano le assenze dei morti di Bologna, con interpretazioni differenti a riguardo: “L’Unità” non vi legge il rifiuto dello Stato ma «lo strazio di un’attesa troppo lunga, del legittimo desiderio di riportare subito al paese, spesso lontano, il corpo del proprio congiunto»541. Tanto più, aggiunge, che la piazza avrebbe gridato lo stesso dolore e la stessa rabbia indipendentemente dal numero di salme fisicamente presenti nella città della strage.

537 V. Monti, Cossiga: «Lo Stato non se ne sta andando. Milioni di onesti lo sorreggono», “Corriere della Sera”, 04

agosto 1980, pp.1-2.

538 Torna il terrore nero, “La Repubblica”, 05 agosto 1980, p.1.

539 M. Benedetti, A Bologna gente da tutta Italia per i solenni funerali delle vittime, “Stampa Sera”, 5 agosto 1980, p.2. 540

Piazza Maggiore, specchio della democrazia italiana, “L’Unità”, 7 agosto 1980, p.3.

166 “L’Italia è solidale con Bologna”542

, titola “La Stampa”, ponendo il focus sull’unità degli italiani e

sulla loro compostezza, in linea con il quotidiano comunista per il quale “Questa è l’Italia”543, un

«popolo forte che non si piega ma vuole giustizia e rinnovamento»544. Nello stesso giorno anche da via Solferino giungono parole di sostegno agli operai, che ancora ripuliscono la stazione animati da «un sentimento di sfida coi fatti, di protesta creativa con l’azione, contro la cieca volontà di distruzione e di morte che agisce nei sadici e necrofili attentatori»545.

Parafrasando un articolo apparso su “L’Unità”, Piazza Maggiore a Bologna, diviene lo specchio della democrazia italiana. La folla è immensa, come il desiderio di giustizia, scrivono sulle stesse pagine, e questo sembra un monito possente contro il disegno stragista che vorrebbe relegare gli italiani nella dimensione privata dominata dalla paura.

Per quanto riguarda le indagini sulla strage, il 7 agosto è reso noto l’arresto di un esponente della destra nostrana a Nizza, il giovane Marco Affatigato. Non sembrano esserci elementi seri per ritenerlo colpevole o complice della strage di Bologna, eppure potrebbe sapere qualcosa, conoscendo da tempo il «giro del neofascismo che insegue la pratica dello “stragismo”»546

.

A soli 24 anni Affatigato è già stato condannato per ricostituzione del disciolto partito fascista e per favoreggiamento aggravato e continuato nei confronti del terrorista nero Mario Tuti.

È una traccia da seguire, dicono gli inquirenti. Una possibile fonte di notizie indispensabili alle indagini, anche se le piste più accreditate sembrano altre, secondo alcune indiscrezioni.

Lo ricorda anche “La Stampa” evidenziando che l’identikit fornito da un testimone alla stazione non corrisponde ad Affatigato, il quale ha infatti una folta barba; inoltre il suo alibi a Nizza sembra confermato da più persone nonostante alcune incongruenze.547

Gli inquirenti sono concentrati sull’eversione nera ma all’opinione pubblica giungono poche e filtrate notizie.

Peraltro, l’estate 1980 è stata decisamente impietosa con l’Italia.

Il 27 giugno l’aereo DC-9-15 dell’Itavia è stato abbattuto nel cielo di Ustica uccidendone gli 81 passeggeri e delle cause dell’abbattimento del mezzo, a due mesi dai fatti, non si sa ancora nulla. Il 6 agosto è la mano della Mafia ad uccidere e a cadere è il Procuratore capo di Palermo, Gaetano Costa, magistrato impegnato nella lotta alla criminalità organizzata degli appalti e del traffico di stupefacenti.

542 V. Tessandori, Primi risultati nelle indagini mentre l’Italia è solidale con Bologna, “La Stampa”, 7 agosto 1980, p.2. 543 M. Cavallini, Oltre 400 mila in piazza a Bologna. Questa è l’Italia, “L’Unità”, 7 agosto 1980, p.1.

544 Ivi.

545 A. Todisco, Mani che lavorano contro mani omicide, “Corriere della Sera”, 7 agosto 1980, p.3. 546

P. Graldi, Uomo a tempo pieno nell’estremismo nero, “Corriere della Sera”, 07 agosto 1980, p.1.

167

È un momento particolarmente difficile e “L’Unità” sintetizza in un titolo di prima pagina l’ardua prova cui è sottoposta la democrazia italiana, per porre nuovamente l’attenzione sul tema della stabilità: “Il Paese e lo Stato sotto i colpi crudeli del terrorismo e della mafia. Più drammatica l’esigenza di una sicura e autorevole guida politica”.548

Visivamente l’impatto con il quotidiano comunista è forte e suggestivo.

Al titolo appena riportato segue la divisione in due parti eguali della pagina: da un lato l’articolo sulla strage di Bologna, dall’altro quello sull’omicidio mafioso del magistrato.

Al centro, fra i due, a suggellarne la prossimità simbolica, una riflessione che ruota attorno al perché di questo attacco alle istituzioni e alla popolazione civile.

Nello stesso giorno dell’estremo saluto dell’Italia alle vittime della strage di Bologna, che è stato anche il giorno del più alto e drammatico sussulto della coscienza democratica di un popolo, un’altra criminalità […] ha distrutto la vita di un alto magistrato palermitano, e l’ha distrutta proprio per quello che rappresentava nella concezione e nella gestione della convivenza civile e dello Stato. E così risorge la domanda dura: com’è possibile che la sfida sia stata portata a questo livello?

Com’è possibile questa contemporaneità, questo intreccio del terrorismo nero delle stragi infami, del terrorismo «rosso» che seleziona e uccide, del terrorismo mafioso […] ?549

Sull’interpretazione politica dell’attentato, interviene in questi primi concitati giorni anche il magistrato della Procura Luigi Persico, nella volontà di rassicurare i cittadini e i parenti delle vittime: «Non indaghiamo su una strage di Stato, ma su una strage contro lo Stato»550, dichiara in conferenza stampa. Il Palazzo è quindi assolto. Almeno per il momento. Ma solo dai suoi rappresentanti.

Il racconto della strage prosegue giorno dopo giorno seguendo il filo nero degli ultimi dieci anni della Repubblica e si tracciano inquietanti linee di continuità che fanno dell’eversione e delle minacce alla democrazia, i due capisaldi attorno ai quali costruire l’immagine della Nazione e la narrazione di uno Stato sistematicamente attaccato e posto in pericolo.

Qualcuno si interroga sul futuro «di un Paese quotidianamente insanguinato» e irrimediabilmente segnato dai suoi «riti, i discorsi rotondi, la passerella degli Onorevoli, delle Alte Cariche, degli Alti

548 “L’Unità”, 08 agosto 1980, p.1.

549 E. Macaluso, Perché l’attacco è a questo livello?, “L’Unità”, 08 agosto 1980, p.1.

550 V. Monti, B. Tucci, «Non indaghiamo su una strage di Stato ma su una strage compiuta contro lo Stato».

Dichiarazioni del magistrato che conduce l’inchiesta sull’eccidio alla stazione, “Corriere della Sera”, 9 agosto 1980,

168

Pennacchi, dei Grandi Pavoni, insieme alle verità spietate, ai fischi per chi governa, alla sfiducia e al disprezzo per lo Stato partitocratico».

Un Paese che non potrà salvarsi se non assumerà le proprie responsabilità, se non ammetterà le connivenze con un sistema in cui si muovono «ministri recidivi, giornalisti bugiardi, cittadini corrotti […] una classe politica prepotente ed arrogante».

La speranza sembra tutta in un Presidente della Repubblica che appare come «l’ultimo “moralista” che ha potere in un potere divenuto “immoralista”».551

Il sindaco di Bologna, Zangheri, raccoglie l’interrogativo e replica, sulle pagine dello stesso quotidiano, che la sua «difficile speranza sta nel credere non tanto in astratte “forze della storia”, ma nella capacità delle masse popolari di dar vita nel nostro Paese a un profondo processo riformatore».552

La strage sembra quindi aver aperto un pubblico dibattito sul destino della Nazione e aver provocato una frattura fra chi, da un lato, auspica un rinnovamento complessivo e radicale sia delle Istituzioni sia del modo d’essere cittadini; e chi, dall’altro, vede già nelle forze sociali l’unica via per la rinascita democratica del Paese.

In ogni caso, lo Stato, inteso come classe politica e nella sua attività istituzionale e burocratica, è giudicato colpevole. O negligente ed impotente, nel migliore dei casi.

Il 26 agosto la Procura di Bologna emette numerosi ordini di cattura in relazione alla strage, tutti indirizzati ad esponenti della destra eversiva: da Ordine Nuovo agli spontaneisti armati dei NAR. È una prima tangibile svolta nelle indagini e tutta l’Italia ne segue gli sviluppi.

551

A. Cavallari, Dove sta la speranza, “Corriere della Sera”, 10 agosto 1980, p.1.

169 3.3. “Sono N.A.R. (terroristi di destra)”.553

Un anno di cronaca nera fra arresti, omicidi e scarcerazioni.

Ventotto ordini di cattura sono stati emessi dalla procura della Repubblica. Da questa notte sono in corso perquisioni in varie città italiane da parte di polizia e carabinieri. Le imputazioni attribuite […] sono quelle di associazione sovversiva e di costituzione di banda armata, con l’aggravante del fine di eversione dell’ordine democratico.554

Poche righe nell’edizione serale de “La Stampa”, per annunciare all’opinione pubblica l’attività degli inquirenti e i primi arresti per la strage. In prima pagina anche il nome del professore di filosofia Paolo Signorelli, già noto alle forze dell’ordine, ex membro di Ordine Nuovo e descritto come “punta di diamante della linea dura del Movimento Sociale Italiano” (da cui fu espulso nel ’76), detenuto in carcere sino all’estate 1979.

Sulla condizione sociale degli arrestati insistono anche altre testate: scrive il “Corriere della Sera” che, attraverso un comunicato stampa, la procura bolognese ha precisato che alcuni imputati sono “molto dotati sotto il profilo culturale”, menzionando a tal proposito proprio il professore e filosofo Signorelli, il medico perito del tribunale e docente di psichiatria forense, Aldo Semerari, e l’insegnante di lettere Claudio Mutti.

Leggiamo che «l’inchiesta è larga», coinvolgendo l’Emilia Romagna, la Toscana, il Lazio e il Veneto; inoltre, che le sue radici affondano certamente «nella storia sanguinosa dell’ultradestra».555 Che «il branco è grande» lo ricorda anche “L’Unità”, sottolineando che sono stati presi diversi pesci piccoli ma anche qualche squalo e che fra loro, probabilmente, vi sono gli assassini del giudice Amato (scrupoloso e solitario indagatore dell’eversione nera, ucciso il 23 giugno).

Il questore di Bologna, Ferrante, dichiara che la svolta nelle indagini è il punto di inizio e non d’arrivo, «dopo anni di incertezze, di balbettamenti, di indecisioni indagatorie, di tolleranze e complicità». Si suppone che l’eccidio del 2 agosto possa essere stato la celebrazione del sesto anniversario della strage dell’Italicus, un ammonimento contro i giudici chiamati ad esprimersi nei confronti di Tuti e dei suoi, o forse, «un segnale per indicare un cambiamento qualitativo di

553 Strage di Bologna. Decine di arresti, “Stampa Sera”, 28 agosto 1980, p.1. 554

Ivi.

170

strategia, per aprire una terribile stagione di sangue e lutti che avrebbe dovuto culminare con l’affossamento delle istituzioni democratiche della Repubblica».556

Gli arresti incontrano il favore della coscienza popolare, scrive il “Corriere della Sera”, andando incontro alle aspettative della gente che reclama giustizia e rigore pur consapevole che «nelle difficili condizioni di grave insufficienza di mezzi e di personale, in cui i giudici operano, la desiderabile rapidità dei procedimenti non è facile da realizzare».557

Delle difficoltà che rendono arduo il compito della magistratura inquirente e giudicante scrivono