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La teoria rappresentazionale.

Morfosintassi e Pragmatica

2.16. La teoria rappresentazionale.

In un approccio rappresentazionale, suono e significato si applicano ad una unica rappresentazione, come ad esempio nel modello della “Forma Logico–Lessicale” di Brody (1995, 1997, 1998). CHL viene intesa qui come un processo che assembla le proprietà basi-

che degli elementi estratti dal lessico nel livello unico di rappresentazione che viene gene- rato. Una conseguenza piuttosto radicale per la teoria minimalista è che una sintassi auto- noma non esiste. In mancanza di decisive evidenze di causa–effetto nella sintassi, non c'è nessuna ragione convincente per assumere le derivazioni sintattiche (Brody 1998). Se CHL

non è autonomo, le apparenti “imperfezioni” del linguaggio, come la dislocazione degli elementi lessicali rispetto al locus della loro interpretazione, devono dipendere da conside- razioni esterne alla sintassi. Per arrivare a sostenere tutto questo, è necessario però riformu- lare la teoria dei costituenti sintagmatici e delle proiezioni categoriali per costruire una teo- ria della relazione tra elementi lessicali e rappresentazioni logico–lessicali. In questo modo, operazioni di movimento di tratti (sui diversi livelli di interfaccia) possono essere eliminate in quanto ridondanti perché necessitano di tutta una serie di stipulazioni aggiunte, in particolare per l'interfaccia di CHL con il componente morfologico–lessicale

come notano Manzini e Savoia (2007: 8). Arrivati a questo punto, non rimane che affron- tare nel dettaglio la proposta di Brody (1998) sulla struttura in costituenti, alla base della teoria rappresentazionale della grammatica e i suoi sviluppi successivi, in particolare la proposta di Manzini e Savoia (2005, 2007).

La teoria rappresentazionale di Brody (1995, 1997, 1998) assume un “Principio di Proiezione Categoriale” per il quale “Every non–Xmin word and phrase is projected by a

condizione generale di inclusività27 per la quale ai livelli di interfaccia delle rappresenta-

zioni (forma logica e forma fonetica) arrivano soltanto oggetti dotati di proprietà lessicali (in Chomsky 1993, 1994, 1995). Ogni sintagma quindi, come ogni altro elemento che arriva all'interfaccia, deve essere dotato di proprietà lessicali. Inoltre, nel principio appena visto, ogni categoria – che sia una parola o un sintagma – è direttamente proiettato dall'ele- mento che immediatamente lo domina (il termine “proiettato” deve essere inteso nel senso “è una copia di un elemento lessicale”). In Brody (1998: 372): “all syntactic categories

are related to the lexicon: they are partial copies of (full copies of) lexical items”. In una

frase ogni categoria non–Xmin è in definitiva una copia di una testa Xmin; la frase, a sua volta

non è altro che la copia di un elemento lessicale.

Un secondo postulato richiesto dal “Principio di Proiezione Categoriale”, fa leva sul concetto di “dominazione immediata” e quindi sulla nozione di località della relazione di proiezione: “If Xmin directly or indirectly projects an X0 or an XP, then there is no cate-

gory C such that X0/XP dominates C, C dominates Xmin, and C is not a projection of Xmin (ib. 370). Ciò implica che gli oggetti parola e sintagma devono avere una qualche testa del tipo Xmin entro un “contesto” di proiezione definito – ciò che Brody (1998) chiama projec-

tion line (che è l'oggetto stesso più il suo dominio)28.

Ma, parola e sintagma devono essere distinti in qualche modo, cioè una “linea di proiezione” deve avere un confine ad un certo punto. E allora, come si distingue una parola da un sintagma? Seguendo una impostazione generalmente accettata, Brody (1998) assume che il confine tra parola e sintagma è dato dal fatto che soltanto le parole hanno proprietà morfologiche, non i sintagmi. Un terzo ed un quarto postulato si rendono neces- sari; la “Restrizione di Preservazione della Struttura Estesa” (Extended structure preserva-

tion restriction) per assumere che soltanto teste non interne di parola possono proiettare un

sintagma, e la condizione Uniqueness della relazione tra una testa ed il sintagma, per cui

27 Il “Principio di Inclusività” (inclusiveness) può essere “forzato” soltanto da ragioni empiriche: “There is no essential difference, between admitting new kinds of objects and allowing richer use of formal devices; we assume that these (basically equivalent) options are permitted only when forced by empirical properties of language” (Chomsky 1995: 381, n. 7).

28 Una motivazione all'imposizione di avere proiezioni locali (in cui nessun elemento esterno può intervenire tra Xmin e le categorie che proietta) viene spiegata da Brody (1998) in termini dell'operazione Project, in quanto:

“Project applies before the syntactic structure is created (by Insert), and it applies separately to each LIC. Hence, two LIs cannot be involved in projecting a given phrase, and no ‘‘foreign’’ projection can ever intervene between an Xmin head and its projections in the input list. Since Insert cannot modify the relations established by Project, the conclusion carries over to fully formed syntactic representations” (ib. 378–79).

ogni sintagma è una proiezione di una ed una sola categoria29.

Nel modello di “Forma Logico–Lessicale” sono postulate tre operazioni: Project,

Chain, Insert ed una operazione implicita Select che estrae un oggetto dal lessico e crea

una copia C1 per la computazione. Usando soltanto un sottoinsieme delle proprietà di C1,

Project crea una e una sola copia di secondo livello C2, stabilendo una relazione di domina-

zione immediata tra C2 e C1. Project può riapplicarsi soltanto a C2 creando una successiva

copia C3, dando luogo ad una “linea di proiezione”, cioè un insieme di copie a partire da un

Xmin, che al più è composta da C

1, C2 e C3.

Chain crea una copia di una linea di proiezione (ma anche copie multiple nel caso

di catene con più di due elementi). La copia intera di una linea di proiezione è una catena sintagmatica XP. La copia della parte più bassa di una linea di proiezione arriva al confine di parola/sintagma, formando catene X0 e Xmin.

Sia Chain che Project creano una “lista” di elementi che soltanto in questa forma sono imputabili alla computazione CHL, qualcosa di simile alla “numerazione” in Chomsky

(1995). In altre parole, una “lista” è un insieme di linee di proiezione, un oggetto soltanto in apparenza complesso perché in definitiva è riconducibile ad un copia di un singolo ele- mento lessicale Xmin.

Infine, Insert è una operazione che si applica agli elementi delle liste di imput a CHL, cioè le linee di proiezione; stabilisce una ed una sola relazione di dominazione imme-

diata tra membri di linee di proiezione diverse – ogni relazione creata da Project è preser- vata. Quindi ramificazioni verso l'alto sono escluse fuori e dentro le linee di proiezione. Per concretezza,vediamo un esempio tratto da Brody (1998: 377, es. 12–14) :

(141) a. Marie kisses Pierre

João beju Katia

b. [IP NP1' V' + I [VP (NP1) (V) NP2]

(142) a. Project: NP1 > N1, NP2 > N2, VP > V, IP > I* > I

b. Chain: NP1' > N1', V'

c. Insert: (Chain + Project)

29 L'impossibilità di avere sintagmi interni alla parola (per incorporazione) va al di là dell'assunto generalmente accettato che la morfologia non accetta come suoi costituenti propri i sintagmi (così come la sintassi non ammette costituenti non sintagmatici). Dato che sia la parola che il sintagma hanno un ruolo nella sintassi, nel modello della “Forma Logico–Lessicale” di Brody (1995, 1997, 1998) la divisione in moduli tra morfologia e sintassi è riducibile alle proprietà delle diverse operazione:

“The modular solution is made available [...] by the separation of Project, where words play a syntactic role, and Insert, where they do not. So let us assume that Insert is modular in the relevant sense, [it] relates words to words (morphological application) and phrases to phrases (syntactic application). [Also it] entails that all non-word-internal heads must project a phrase” (Brody 1998: 379).

(143) a. V', VP > V NP2 > N2 , NP1' > N1' , NP1 > N1 , IP > I* > I

b. IP > NP1', I* > V' , IP > VP, VP > NP1, VP > NP2

(X > Y significa ‘X immediatamente domina Y’)

In maniera discorsiva, Project crea la “linea di proiezione in (142a), e Chain aggiunge due linee come in (142b): il membro più alto della catena (V', V) Xmin/0 e la catena

sintagmatica (NP1' > N1', NP1 > N1). Chain e Project in (142a–b) creano la lista imputabile

per CHL, come in (143a) – considerazioni sull'ordine delle linee di proiezione a parte (v. più

avanti). Infine, Insert (142c) si applica agli elementi della lista di imput stabilendo le defi- nitive relazioni di dominazione immediata, come in (143b).

In estrema sintesi, Select, Project e Chain determinano una copia di un elemento lessicale. La relazione di dominazione immediata viene stabilita da Insert. La struttura è costruita in un passaggio singolo senza passaggi sintattici intermedi, ad es. una forma fone- tica FF distinta come in Chomsky (1995). In Brody (1995, 1997a, 1997b, 1998) c'è sono una sola un unico “strato”, cioè la forma Logico–Lessicale in cui gli elementi lessicali sono in relazione gli uni agli altri30. Su queste basi, la nozione di copia nel sistema è cruciale in

ogni rilevante aspetto, in Brody (1998):

“Since XP chains are formed by copying a P[rojection]L[ine] with a phrasal element, there must be a nondistinctness requirement on copies in chains to ensure that the same argument and selectional structure is inserted in all copies/members of this PL […] The information that two (or more) elements are copies of each other must be available to the post–LF interpretive systems: copies that are members of the same chain must be distinguished at least at LF from accidentally identical categories that are not so related” (ib. 378)

Nel raffinare la sua proposta, in Brody (1998) viene detto che Chain è ridondante perché si basa sul postulato “liste di imput” (le “numerazioni” del minimalismo) che aveva una funzione soltanto ammettendo una qualche struttura profonda (D–structure) come nei precedenti modelli generativi, in particolare GB. Pertanto, il modello elimina Chain in favore di una piena teoria rappresentazionale delle condizioni di assegnazione strutturale (Structural Licensing): “Projection Lines are linked to each other by the modular imme-

diate domination relation between their member categories” (ib. 383). Una “costruzione di

catena” è costruita in modo non ordinato, soggetta a condizioni che valgono soltanto alla

30 In questo senso, una “lista di imput” per CHL anche se è un oggetto strutturato “it is not a syntactic

structure: all members of the input list and all (immediate dominance and copy) relations involve only a single lexical item. The theory is thus able to explain the basic minimalist generalization that no conditions can hold on noninterface structures: the generalization holds because noninterface structures do not exist” (Brody 1998: 377).

rappresentazione della forma logica FL, condizioni come inclusiveness e nondistinctness – le catene devono basarsi sullo stesso elemento lessicale sotto condizioni di identità. Il “Principio di Proiezione Generale” (non sintattico) è per la teoria della Forma Logico–Les- sicale una condizione per restringere le necessità di selezione sintattica e semantica ad un componente interpretativo (come una conseguenza di dover restringere la trasmissione di informazioni nelle strutture sintattiche).

Per Brody (1995, 1997, 1998) la restrizione è sulla posizione di root; la proiezione categoriale, tematica, di selezione, devono essere soddisfatte tutte alla posizione di root della costruzione in catena. Se le catene sono in definitiva delle copie, ogni membro della catena di un qualche elemento E deve essere quindi la copia di E, per E la copia più bassa, cioè root. Non sono ammesse catene che non includono la posizione root nella condivi- sione di proprietà tra i membri.

Tra parole X0 e sintagmi XP, nella teoria sintagmatica della Forma Logico–Lessi-

cale, esiste una distinzione non relazionale, contrariamente al minimalismo in cui i livelli di proiezione sono relazionali. Nella teoria minimalista, le proiezioni sono Xmin o Xmax e X'

(X0 non è un sintagma). X' è né massima (X0) né minima (Xmax), un esempio rilevante sono

i clitici. Nella bare phrase structure di Chomsky (1995: 249) un clitico è X0 e Xmax. Nell'i-

potesi–DP, i clitici sono D. Sollevano dalla loro posizione–θ per unirsi ad una testa fles- siva. Nella posizione tematica, il clitico è un XP, ma il fatto che si unisca ad una testa richiede che sia un X0 – tuttavia, Brody (1998) critica questa proposta così come altri

postulati minimalisti.

Nel modello rappresentazionale invece una catena è soltanto del tipo (X0, X0)

oppure (XP, XP) gli unici oggetti che vede la computazione. La condizione di “uniformità” però coglie soltanto una parte di una generalizzazione più ampia che deve assicurare che la proiezione categoriale avvenga sempre nella posizione root delle catene. Principi generali di questo tipo includono proprietà semantiche non riducibili in sintassi. La condizione di uniformità è ridondante allora per il fatto che la computazione non crea catene non uni- formi di per sé. In definitiva, dato che non è violabile, l'uniformità è una condizione super- flua, se le catene sono fatte di copie di materiale presente altrove nelle strutture. Anche nel minimalismo le catene sono copie per motivi diversi legati alle condizioni di rappresenta- zione, come ad es. la teoria del legamento che può applicarsi soltanto al (oppure oltre il) livello di interfaccia della forma logica FL.

In Chomsky (1995: 312–13) la seleziona tematica avviene nella posizione root della catena per motivi legati alle derivazioni, cioè all'operazione Move. Se esiste Move, il

movimento non raggiunge mai posizioni tematiche, quindi il ruolo–θ deve essere assegnato sulla base (root). La θ–theory è complementare alla checking theory, nel senso indicato dalla Condizione di Catena: nella catena C(=α1, …, αn), αn riceve ruolo tematico e α1 entra

nella relazione di controllo. Soltanto αn può assegnare un ruolo tematico, in modo che sol-

tanto la posizione di base è “θ–related” abile ad assegnare/ricevere un ruolo–θ. Le pro- prietà di α1 derivano dal movimento di Last Resort: il movimento di α1 parte da una posi-

zione che è “θ–related” verso una posizione che non lo è. Per un argomento, da una posi- zione–θ ad una posizione non–θ; per un predicato oppure una testa, da una posizione nella quale un ruolo–θ è assegnato verso una posizione in cui non è assegnato.

Sul processo di assegnazione del ruolo–θ, seguendo la proposta di Hale e Keyser (1993) l'idea è che un ruolo–θ è assegnato in “una certa configurazione strutturale”: β asse- gna ruolo–θ se è la testa della configurazione. Se β successivamente solleva per formare la catena C(= β, …, t). La traccia t rimane nella configurazione strutturale che determina il ruolo–θ e può successivamente assegnare un ruolo–θ. Non è la catena C ad assegnare ruo- lo–θ, perché non è in una configurazione strutturale per assegnare ruolo tematico. In defi- nitiva, nel minimalismo un elemento che solleva non riceve e non assegna ruolo tematico.

Θ–relatedness è una proprietà che si applica in una configurazione locale sulla base (testa)

della catena, ed è complementare al controllo dei tratti che è una proprietà del movimento. La caratterizzazione di “configurazione” per assegnazione di ruoli tematici è quan- tomeno oscura in Chomsky (1995, Cap.4). Per Brody (1998), è necessario definire meglio

dove si applica una selezione tematica e dove non si applica. La soluzione nel modello

della Forma Logico–Lessicale è che soltanto teste con proiezioni categoriali possono sele- zionare configurazioni dove assegnare ruoli tematici. E lo possono fare soltanto se la proie- zione categoriale è una catena di root. Una ulteriore semplificazione è possibile se si ridu- cono proiezione categoriale e selezione a proprietà semantiche regolate direttamente dal Principio di Proiezione Generale.