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Il sistema dei tratti morfologici.

Morfosintassi e Pragmatica

2.20. Il sistema dei tratti morfologici.

Nel sistema dei tratti interpretabili/non interpretabili e valutati/non valutati che regolano l'operazione di accordo (Agree), Chomsky (2000, 2001) sostiene che il movi- mento non è più una “risorsa ultima” (last resort) – come in Chomsky (1995) ma una necessità per un elemento x di muovere se ha certe inadeguatezze formali che il movimento può in qualche modo rettificare. In questi termini, Agree è un precursore di Second Merge (Move) ed esiste per cancellare tratti non interpretabili alla forma logica. L'operazione di movimento regola invece le dislocazioni degli elementi lessicali che devono essere moti- vate da proprietà dei tratti morfologici e non sono opzionabili, ad es. lo scrambling argo- mentale potrebbe essere motivato dal tratto EPP. Oppure, lo scrambling non argomentale (breve e di lunga distanza) potrebbe essere legato a ragioni di funzionalità del discorso, ad es. dal Focus (cfr. Kiss 1995).

Vediamo allora in (147) una schematizzazione dell'operazione di accordo: (147) Agree secondo Assignment da Chomsky (2000, 2001):

(i) un tratto F non valutato (unvalued) agisce come una sonda (probe) di una testa

H che cerca nel suo dominio di c–comando un altra istanza di F su un obiettivo (goal) con il quale si accorda;

(ii) Se l'obiettivo è valutato, il suo valore è assegnato come valore della sonda. Se la sonda contiene anche un tratto EPP, allora le regole di pied–piping identifi- cano la categoria che contiene l'obiettivo, che viene così re–merged (cioè, Move) su una testa H o la sua proiezione. In questo modo, interpretabilità e valutazione dei tratti vanno di pari passo, in (148):

(148) un tratto F è non interpretabile sse F non è valutato

Questa doppia condizione in (148) è necessaria per l'architettura generale del sistema che prevede che la sintassi non può ispezionare un tratto e determinare se la semantica assegnerà o meno una certa interpretazione, ciò che può fare la sintassi è ispe- zionare il tratto e determinare se è valutato o meno (cfr. Epstein et al. 1998). In altre parole, questa condizione implica come prerequisito che la valutazione è un modo per codificare l'interpretabilità a livello lessicale. Un terzo requisito proposto da questo modello è l'opera- zione di cancellazione, in (149):

(149) Una volta che un tratto non valutato viene valutato, il tratto può e deve essere can-

cellato

Il punto in cui avviene la cancellazione è all'interfaccia tra sintassi e semantica. Nel sistema di fase (on phases), Chomsky (2000, 2001) suggerisce che la cancellazione

avviene alla fine di ogni fase. Per i fini del discorso sulla natura dei riferimento temporale, possiamo vedere come funziona Agree nel sistema di fase, esemplificando con un costrutto del tipo kume–ba nel capoverdiano in (150):

(150) Relazione tra la testa T e il verbo flesso

... il nodo T … [v kume–ba]

iT [ ] uT [ ] 1 Attract

2 Agree [val]

uT [val] 3 Delete

In (150) il nodo T funzionale ha un tratto τ che è interpretabile ma deve essere valu- tato (sonda), e il tratto di tempo τ sul morfema ba è non interpretabile e deve essere valu- tato dalla sintassi (obiettivo) – tralasciamo per il momento il fatto che ba ha natura aspet- tuale e non temporale. L'operazione di Agree interviene sul tratto τ valutato di v per accor- darlo con il tratto τ non valutato su T dove è semanticamente interpretabile. Una volta che il tratto τ su T viene valutato, l'operazione di cancellazione elimina il tratto τ su v.

Pesetsky e Torrego (2001, 2004, 2007) notano che la sintassi non identifica le sonde come tali perché sono non interpretabili. Ciò sarebbe contrario all'idea generale che impone alla sintassi di essere “cieca” di fronte alla semantica. Gli autori notano piuttosto che la sintassi vede le sonde come tratti non valutati. Per questo motivo escludono la con- dizione in (149) imposta da Chomsky (2000, 2001), in favore di un sistema di tratti morfo- logici del tipo features sharing alla Brody (2003) – visto in precedenza – aprendo a quattro combinazioni possibili in (151):

(151) (i) uF val uninterpretable, valued (ii) iF val interpretable, valued (iii) uF [ ] uninterpretable, unvalued (iv) iF [ ] interpretable, unvalued La novità rispetto a Chomsky (2000, 2001) consiste nella possibilità di avere un tratto interpretabile/non valutato che agisce come una sonda (151iv), oltre che un tratto non interpretabile non valutato, cioè (151iii). Un esempio rilevante della “novità” di Pesetsky e Torrego di tratto interpretabile non valutato che agisce come una sonda è dato dal tratto τ (di tempo) della categoria T. L'approccio generativo classico riconducibile alle analisi in Chomsky (1957) poi in Emonds (1976, 1978) per arrivare al Pollock (1989, 1996) e i suc- cessivi lavori sulla divisione della flessione, assumono un nodo T per l'interpretazione semantica del tempo. Tuttavia, in certe lingue il verbo, cosiddetto “finito”, di per sé sostiene una morfologia flessiva che fa distinzioni di proprietà temporali. In altre parole, gli autori sostengono che il sistema dei tratti deve predire che in certe lingue il tratto τ sul

verbo finito è un tratto non interpretabile che entra in una relazione di accordo con il tratto

τ sul nodo T. Il fatto che τ su il nodo T c–comanda il verbo finito, implica che sia questo

tratto τ su T ad agire come una sonda (probe), e deve essere interpretabile ma non valutato. In aggiunta, il tratto τ sul verbo finito v, non interpretabile ma valutato, agirà da parte sua come un obiettivo, come schematizzato in (152) – adattato da Pesetsky e Torrego (2004: 6, es. 10):

(152) Relazione tra il nodo T e il verbo

Agree

… nodo T … [v kume–ba] … ⇒ … nodo T … [v kume–ba]

iT[ ] uT[+PASSato] iT[val] uT [+PASSato] [val]

Ad ogni modo, il problema generale delle analisi basate sui tratti è costituito dalla compatibilità dei tratti coinvolti nell'operazione di accordo Agree. In primo luogo, nel sistema di Agree di Chomsky (2000, 2001) viene detto che la sintassi non vede la seman- tica, cioè la sintassi non può interpretare ma soltanto valutare tratti morfologici. I loci del- l'interpretazione sono i nodi delle teste funzionali, dove sono interpretati i tratti. Per il tempo della frase, la categoria funzionale è T. L'operazione di accordo Agree prende un tratto di tempo (sonda) su T per accordarlo con un tratto di tempo compatibile (obiettivo) su v (o V). Lo scopo è quello di determinare l'interpretabilità del tratto, cioè delle proprietà temporali della struttura sintattica creata, cioè della frase.

Considera in questa prospettiva le radici predicative del capoverdiano. Abbiamo visto che una radice predicativa non esibisce morfologia di tempo (τ–features), piuttosto esibisce proprietà (o tratti) azionali (Aktionsart o κ–features). Sulle ragioni che impongono di tenere separati i tratti di tempo da tratti azionali o dai tratti di aspetto (ρ–features) abbiamo detto (cfr. Klein 1994, e succ.). In particolare, i tratti azionali hanno proprietà eventive non temporali. Quindi, il problema per le analisi in termini di tratti è che, nel caso delle radici predicative del capoverdiano, l'operazione di accordo Agree deve “lavorare” con sonde e obiettivi che hanno tratti o proprietà non compatibili. In due parole, il tratto x di “tempo” su T non ha le stesse proprietà rilevanti del tratto x di “tempo” su una radice, o la sua proiezione v (o V). Soltanto in modo informale si può dire che entrambi i tratti sono tratti di tempo, in realtà semanticamente sono diversi. I tratti su T sono temporali, i tratti sulle radici sono eventivi, in altre parole non sono proprietà formali e quindi computazio- nali. In generale, il tempo non è una proprietà riconducibile alla “lingua del pensiero” – che è atemporale per definizione. Il tempo piuttosto è una proprietà della teoria della

mente, nel senso che, per ragioni legate al fatto che ogni mente ha un suo stato di cono-

scenza e focus di attenzione (cfr. Sperber e Wilson 1986), allora c'è bisogno di codifica- zioni certe informazioni quali Focus, Topic, Wh, e Tempo come esigenze della comunica- zione. Non è troppo azzardato dire che il tempo è un Focus dell'azionalità verbale. In altre parole, nella “lingua del pensiero” il focus sul tempo non ha nessun senso. Cioè, un mor- fema di tempo può teoricamente essere molto utile per stati ed eventi, oppure le proprietà azionali dei predicati verbali sono più che sufficienti a costruire l'immagine della struttura eventiva. In altre parole, il tempo grammaticale è più una esigenza comunicativa di segna- lare il Tempo nei confronti dell'ascoltatore che una esigenza di esprimere il tempo per sé.

Un modo per mantenere il nodo T è quello di assumere che le radici sono flesse tra- mite un morfema di tempo senza contenuto fonologico: +PASSato per le radici eventive e –PASSato per gli stati. Il problema di questa soluzione è che è del tutto stipulativa e pre- dice dati sbagliati. Come abbiamo visto, non è vero che con le radici predicative l'interpre- tazione di tempo è sempre predicibile e non ambigua, piuttosto è vero il contrario. Un modo per sostenere l'ipotesi consiste nell'introdurre una ulteriore operazione, cioè “cancel- lazione” del tratto, in tutti quei casi in cui le interpretazioni non si conformano alla dicoto- mia stato/presente vs. evento/passato ma sono in qualche modo shifted. Tuttavia risulta dif- ficile assumere che le letture shifted derivino da una regola di cancellazione alla forma fonologica, cioè nel dominio della morfologia/semantica. Piuttosto, “cancellazione” lascia il posto a “sostituzione” alla forma logica, cioè l'interpretazione della semantica viene inte- grata con una interpretazione di livello più alto, pragmatico, da parte di sistemi cognitivi esterni alla computazione. Diversamente, se si assume la cancellazione di un tratto morfo- sintattico sulla base di inferenze, il risultato non desiderato è che stiamo dicendo che la pragmatica fissa parametri sintattici, del tipo tense–drop visto in precedenza.

In aggiunta, come sostengono Chomsky (2000, 2001) e Pesetsky e Torrego (2001, 2004, 2007) se un tratto è interpretabile e valutato iF[val], per ipotesi, se il tratto di “tempo” sulla radice (oppure su v o V) è interpretabile, allora non c'è più nessuna ragione per assumere un nodo T perché se T serve come locus della interpretazione, e il tratto sulla radice (oppure su v o V) è interpretabile, allora T è necessariamente ridondante (cfr. Boško- vić 2008, 2009). Una mossa in questa direzione è quella di assumere che i tratti azionali sono tratti interpretabili, come credo, e T è dispensabile. Una ragione per sostenere che i tratti azionali (κ–features) sono interpretabili e visibili alla sintassi deriva dal fatto che sono proprietà di tipo lessicale, e non formale. L'azionalità è una proprietà referenziale e codifica informazioni di tipo eventivo (cioè, spaziale, dinamico, argomentale, causale) che

sono inerenti ai predicati verbali. Le analisi in tratti, invece, accomunando i tratti azionali ai tratti temporali vanno in difficoltà perché non possono prescindere dalla nozione gene- rale del tempo che ha natura relazionale. Per questo motivo, certe analisi devono introdurre i valori relazionali di tempo (cioè, ±PASSato) tramite morfemi zero, altrimenti il sistema crolla.

Ad ogni modo, che T sia una categoria sintattica problematica è chiarito anche nel sistema delle fasi perché ci viene detto che, citando Chomsky (2000), le fasi :

“[...] are CP and v*P, where C is shorthand for the region that Rizzi (1997) calls the “left periphery,” possibly involving feature spread from fewer functional heads (maybe only one); and v* is the functional head associated with full argument structure, transitive and experiencer constructions, and is one of several choices for v, which may furthermore be the element determining that the selected root is verbal, along lines discussed by Marantz (1997). Similarities between CP and DP suggest that DP too may be a phase” (ib. 9).

In breve, T non agisce più come una sonda, cioè non ha “tratti di fase” (edge featu-

res) di accordo di per sé, piuttosto sono ereditati da C, secondo Chomsky (2000). In

aggiunta, viene anche detto che i tratti–phi (nominali) su T imputati di essere coinvolti nel sistema di accordo nominativo, EPP, o il fenomeno dell'inversione oggetto/soggetto negli inaccusativi/passivi non sono codificati nel lessico, ma sono derivati da C. In sintesi, ci sono ragioni generali per sostenere che un nodo T in sintassi non ha proprietà derivate nominali, di caso, ecc. Un nodo T, se presente in sintassi, ha soltanto proprietà relazionali, un esempio rilevante è dato dagli ausiliari – come nell'analisi iniziale di Reichenbach (1947).

Altri test per la presenza/assenza di T sono dati da asimmetrie soggetto/oggetto del tipo osservate in inglese, in (153):

(153) a. Whoi do you think that John saw ti? “Chi pensi che Gianni vide”

b. *Whoi do you think that ti saw John? b'. Whoi do you think ti e ti saw John?

“Chi pensi vide Gianni?”

In lingue del tipo dell'inglese, l'oggetto deve essere estratto (obbligatoriamente) dalla frase incassata in (152a) – tranne in alcune varietà in cui può stare in situ, mentre l'e- strazione è in generale impossibile per i soggetti. La spiegazione corrente è legata al fatto che i soggetti sollevano in Spec, TP, come in (152b). La frase è possibile (152b') se si omette il complementatore – il fenomeno è noto come that-trace effect. Nelle lingue in cui non c'è movimento del soggetto in Spec, TP non ci sono queste asimmetrie. Ad ogni modo, nel creolo capoverdiano, estrazioni dell'oggetto sono possibili, ma (al momento) non ho

dati su l'estrazione del soggetto, come ad es. in (154) nel capoverdiano: (154) domingui e fla m' e ti

domenica 3SG dire C COP

lit. domenica lui ha detto che è “Ha detto che è domenica”

Tuttavia, l'estrazione dell'oggetto in (154) è possibile oltre il confine di frase, in altre parole non è chiaro se anche fosse concretamente presente T incassato come potrebbe intervenire per bloccare lo scrambling. Ad ogni modo, l'assenza di dati in questo momento, non permettono di ottenere evidenze decisive da questo tipo di movimento, pertanto lasciamo in sospeso ogni valutazione rispetto ad un nodo T sulla base di (154). Sia come sia, anche il caso in (154) può essere molto interessante per tutta una serie di postulati legati al movimento degli elementi lessicali oltre il confine di frase. Se certe analisi vanno in crisi su questi esempi, in un modello rappresentazionale della grammatica, dato che il movimento è una interpretazione, la chiusura argomentativa in un qualche punto della struttura può costituire un alternativa all'ipotesi alla spiegazione che le lingue si dividono su base configurazionale. In altre parole, c'è di più da capire rispetto a questi fenomeni. Un aspetto di questo lavoro, che sicuramente merita ulteriori approfondimenti.