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A Unification of Morphology and Syntax.

Morfosintassi e Pragmatica

2.17. A Unification of Morphology and Syntax.

Sulla base delle argomentazioni di Brody (1995, 1997b) che portano a preferire un modello rappresentazionale della grammatica, Manzini e Savoia (2004, 2005, 2007) pro- pongono un modello integrato tra morfologia e sintassi. Mantenendo lo spirito della “Mor- fologia Distribuita” di Halle e Marantz (1993, 1994), senza tuttavia adottarne la tecnologia descrittiva, una idea centrale della“Morfosintassi” è che la struttura dei costituenti morfolo- gici è identica alle strutture della sintassi31. In altri termini, le strutture interne della parola

sono identiche alle strutture sintattiche. Una semplificazione per la struttura in costituenti, in Manzini e Savoia (2005, 2007) si ottiene assumendo in morfologia come in sintassi pro- prietà categoriali identiche degli elementi lessicali. Il modello è lessicalista e condivide con Brody (1995, 1997, 1998) l'idea minimalista che se una “condizione di inclusività” è certa- mente necessaria, la condizione deve essere intesa non solo nello spirito ma anche nella lettera. Pertanto, soltanto le proiezioni degli elementi estratti dal lessico concorrono a for- mare le strutture sintattiche. Come logica conseguenza, nodi strutturali vuoti dotati di “tratti astratti” vengono esclusi dalla grammatica, e diversamente dai postulati minimalisti gli oggetti lessicali legittimi alla computazione sono (sempre) dotati di forma fonetica e forma logica. Un risultato possibile, secondo gli autori, se si esclude dalla grammatica la nozione di “tratto morfologico” – e dei postulati che la sostengono – in favore di un sistema di proiezione degli elementi lessicali sulla base di proprietà categoriali di tipo “car- tografico” (cfr. Cinque 2002; Belletti 2004; Rizzi 2004). In definitiva, nelle strutture ci sono soltanto nodi terminali apertamente realizzati. In morfologia ed in sintassi, una (e una sola) testa lessicalizzata è sufficiente a proiettare una struttura piena (i nodi vuoti eliminati) ed ogni altro elemento presente nella struttura è un argomento della testa.

Eliminando la “teoria dei tratti morfologici”, per Manzini e Savoia (2007) anche la teoria del movimento è eliminabile. Dato che il movimento è una operazione “necessaria”

31 Nonostante alcune profonde differenze, entrambi questi modelli condividono un approccio non isomorfico allo studio dell'interfaccia tra morfologia e sintassi che rigetta un ordine lineare come ad esempio nel modello sintattico di Baker (1985, 1988) formulato in termini di Mirror Principle: le derivazioni morfologiche riflettono direttamente quelle sintattiche e viceversa. Il postulato è ispirato dal “movimento testa–testa” in Travis (1984), per il quale una proiezione Y0 per l'operazione Move–α permette di creare un aggiunto ad un testa X0 di governo. Pertanto se una operazione sintattica può creare proiezioni X0, un componente aggiuntivo per la formazione delle parole viene escluso e la morfologia è compresa nella sintassi. Sulla base della nozione che un movimento-testa non può superare la testa c-comandante più vicina (cioè Head Movement Constraint), il Mirror Principle predice empiricamente che l'ordine dei morfemi in una forma derivata, ad es. in it. “mang -er -ai”, se il morfema “-er” che marca il futuro è più vicino allo stemma verbale “mang-” rispetto al morfema di accordo “-ai”, la conseguenza è che il nodo sintattico che domina il tempo è più basso nell'albero frasale rispetto al nodo sintattico che domina l'accordo. Manzini e Savoia (2005) trovano ampie evidenze Anti-Mirror nei dialetti italiani nei quali complesse strutture morfologiche non giustificano nessun meccanismo di “rispecchiamento”.

per permettere la condivisione di una posizione argomentale (per elementi dislocati), essa può essere compresa nella nozione più ampia di catena lessicale (Brody 1995). Esempi favorevoli si hanno nei casi di raddoppiamento del clitico, ma anche nelle catene lessicali in cui c'è una lessicalizzazione indipendente dell'antecedente, ecc. Per Manzini e Savoia (2005, 2007) questi fenomeni – che non sono spiegabili in termini di movimento – sono comprensibili in termini di chiusura di una variabile interpretativa – in una (qualche) posi- zione della catena. Ciò equivale a dire che nelle catene gli elementi legittimi sono quelli che possono (e devono) ammettere variabili, secondo Manzini e Savoia (2007) “those lexi-

cal items that admit of a variable reading can enter into the chain relation” (ib. 7).

Nel Morfosintassi di Manzini e Savoia (2005, 2007), alcune importanti revisioni delle teorie generative correnti sono possibili: nel (i) parametro del soggetto nullo (pro–

drop) e nella (ii) nozione di accordo (agreement). Per (i), assumendo la generalizzazione

che nelle frasi almeno un argomento è reso obbligatorio da principi universali (etichettabile come EPP, D, soggetto), il soggetto nullo delle frasi finite può essere realizzato come una variabile in quelle lingue in cui la categoria frasale D può non essere lessicalizzata, ma è realizzata ad esempio nella flessione nominale del verbo (proiettando le stesse proprietà categoriali D). In questo modo, per (ii), la flessione nominale di accordo dei verbi ha lo stesso statuto del soggetto lessicalizzato nelle frasi. Ogni meccanismo di controllo di tratti interpretabili/non interpretabili viene meno (cfr. Chomsky 1995, 2000), in favore dell'ope- razione basica “formazione di catene”, nel senso visto in Brody (1997) in cui almeno un membro della catena deve essere interpretabile (alla forma logica), senza imporre una restrizione di non interpretabilità altrove. Manzini e Savoia (2007) possono assumere che:

“[...] agreement is but a relation among two or more elements, allowing them to enter into [a] chain relation. Since sharing of reference is a prerequisite for chain formation, all referentially relevant properties of the elements involved in a chain will have to match, or at least be compatible. Agreement amounts simply to the relevant matching relation, or in fact more correctly to a non-distinctness one” (ib. 8).

Il modello di “Morfosintassi” integrata di Manzini e Savoia (2005, 2007) elimina la presenza di elementi funzionali dotati di “proprietà astratte” ed elimina ogni entrata lessi- cale impoverita semanticamente. Lo scopo ultimo è quello di ottenere una “piena interpre- tabilità” delle proiezioni, pertanto rispetto al modello della “Forma Logico–Lessicale” di Brody (1995, 1997, 1998), si elimina ogni ambiguità legata alla presenza di categorie strut- turali vuote, ammettendo nelle strutture soltanto elementi lessicali dotati di entrambe le rappresentazioni di forma fonetica FF e forma logica FL.