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Sezione I – La procedura amichevole europea

3. La valutazione sulla ricevibilità dell’istanza

Analogamente a quanto avviene in relazione alle istanze di apertura delle MAP

“ordinarie”, anche in relazione alle MAP previste dalla Convezione arbitrale e dalla Direttiva DRM l’autorità competente è chiamata a svolgere una valutazione preliminare sulla ricevibilità dell’istanza. Si ricorderà260 che nel contesto del Modello OCSE, le amministrazioni riceventi l’istanza sono chiamate a svolgere un controllo sulla

259 Così, PARISI, P., MAZZA, P., Doppie imposizioni: nuova procedura di istanza amichevole in ambito UE, in Pratica Fiscale e Professionale, n.30, 2020, cit. 27.

260 Cfr. Capitolo II, sezione II.

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sussistenza dei requisiti formali e due valutazioni circa la fondatezza della pretesa e la possibilità di addivenire autonomamente ad una risoluzione della controversia.

Le previsioni normative della Convenzione arbitrale non differiscono molto da quelle dell’art. 25 della Modello OCSE. Anche all’interno dell’art. 5, secondo comma, infatti, si prevede la possibilità di aprire la procedura amichevole “se il reclamo le (all’autorità competente) appare fondato e se essa stessa non in grado di giungere ad una soddisfacente soluzione”. La ripresa della Model Tax Convention risulta tanto evidente quanto insoddisfacente, essendo che la ripresa di questa formulazione laconica apre alla riproposizione delle problematiche già considerate in relazione al Modello (oltretutto senza il supporto del Commentario).

La direttiva 2017/1852 ha rivisto profondamente l’impianto normativo legato a questa prima valutazione che deve essere svolta da parte delle amministrazioni competenti, raggiungendo un grado di specificazione ben superiore rispetto al passato. Nulla viene a stabilirsi, all’interno della direttiva, circa gli ordini di valutazioni che devono essere svolte. Il portato dell’art. 3 par. 6 conferma, tuttavia, la possibilità che viene resa alle singole amministrazioni statali di risolvere unilateralmente la questione loro sottoposta dal contribuente a mezzo reclamo. Il primo, importante chiarimento da parte della Direttiva DRM riguarda il termine per la risoluzione unilaterale, la quale deve avvenire

“entro sei mesi dal ricevimento di un reclamo o, se posteriore, entro sei mesi dal ricevimento delle informazioni di cui al paragrafo 3 lett. f)”. Il termine semestrale è inoltre ripreso in relazione alla valutazione che deve essere compiuta circa l’accettazione o il rigetto dell’istanza.

Ai sensi dell’art. 5 par. 1, il rigetto del reclamo può essere disposto in tre specifiche ipotesi: insufficienza di informazioni (mancato rispetto delle disposizioni dell’art. 3 par.

3 della stessa direttiva); assenza della questione controversa; mancato rispetto del termine (triennale) per la proposizione del reclamo. Il reclamo è inoltre inammissibile in caso di:

irrogazione di “sanzioni nello Stato membro in questione in relazione al reddito al capitale rettificato per frode fiscale, dolo e grave negligenza”; assenza di doppia imposizione (art. 16, parr. 6-7). Resterebbe da chiarire se tali ipotesi di rigetto e inammissibilità contemplate all’interno della Direttiva siano da considerare tassative o meno. Purtroppo, manca un chiarimento al riguardo all’interno della Direttiva.

Al di là degli utili chiarimenti appena esaminati, l’apporto più significativo da parte delle Direttiva si registra in relazione all’ampiamento delle garanzie e dei poteri di impulso in

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caso di inerzia da parte delle Autorità competenti261. Questo maggiore livello di tutela del contribuente si può apprezzare soprattutto se raffrontato al sistema previsto all’interno del Modello OCSE.

In primis, occorre fare riferimento alle previsioni dell’art. 5 par. 2 della Direttiva DRM (riprodotte fedelmente all’interno dell’art. 6 c. 4 del d.lgs. 49/2020), all’interno del quale si legge: “Qualora un'autorità competente di uno Stato membro interessato non abbia adottato una decisione in merito al reclamo entro il termine di cui all'articolo 3, paragrafo 5, il reclamo si considera accolto da tale autorità competente”. La Direttiva, in sostanza, pone rimedio a quella che può essere considerata una delle maggiori criticità delle MAP tradizionali, ovvero l’assenza di tutela del contribuente in caso di mancata pronuncia da parte dell’amministrazione statale. La soluzione è quella del silenzio-assenso: decorso il termine semestrale per pronunciarsi sul reclamo, questo è da considerarsi accettato.

Nell’ambito della MAP “convenzionale” l’introduzione dell’istituto del silenzio-assenso finirebbe per avere un impatto piuttosto limitato, se non addirittura negativo, dal momento che le amministrazioni statali sarebbero probabilmente invogliate a adottare un atteggiamento estremamente rigoroso (per non dire ostile) nella valutazione delle istanze.

Infondo, come si è avuto modo di osservare262, il contribuente è privo di mezzi di tutela contro il diniego dell’accesso alla procedura. È la previsione dell’art. 5 par. 3 ad impedire che una simile prassi possa affermarsi anche nel contesto delle MAP europee. La norma in esame riconosce infatti al contribuente: “il diritto di presentare ricorso avverso la decisione delle autorità competenti degli Stati membri interessati in conformità delle norme nazionali nel caso in cui tutte le autorità competenti degli Stati membri interessati abbiano rigettato il reclamo”. Tale previsione, tradotta all’interno dell’ordinamento italiano, comporta la possibilità di proporre ricorso presso la Commissione Tributaria competente avverso i provvedimenti di rigetto del reclamo. Non sorprende che il riconoscimento di tale facoltà di ricorso sia stata definita come “lo strumento a tutela del contribuente di maggior rilievo”263: considerata l’assenza di tutela del contribuente nelle

261 DEL FEDERICO, L., La risoluzione delle controversie fiscali internazionali: soft law dell’OCSE, Direttiva UE 1852/2017 e d.lgs. n. 49 del 2020, in Diritto e Pratica tributaria internazionale, n.3, 2020, p. 964 s.

262 Cfr. Capitolo II, sezione II, par. 2.2.1.

263 MARINO, G., DELFINO LA FERLA, S., Alcune riflessioni critiche sull’apertura dei Dispute Resolution Mechanisms nel diritto tributario italiano, in Diritto e Pratica tributaria internazionale, n.2, 2021, p. 526 s.

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MAP fondate sulle Convenzioni bilaterali, il riconoscimento della possibilità di adire l’Autorità giudiziaria eleva a dismisura lo standard qualitativo dello strumento europeo.

Non si tratta certo di una novità assoluta. Già le Sezioni Unite, infatti, a sfondo del c.d.

caso Basf Poliuretani Italia S.p.a.264, avevano statuito la giustiziabilità del diniego di accesso alle procedure amichevoli previste all’interno della Convenzione arbitrale. Poco importa che la proponibilità del ricorso possa determinare, come ampiamente lamentato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, un vulnus alla sovranità dell’altro Stato coinvolto: l’argomentazione della Suprema Corte è solida, giacché le norme sull’immunità non trovano applicazione, essendo che nel caso in esame l’amministrazione italiana né subisce una lesione della propria personalità giuridica nell’essere resistente in giudizio, né tantomeno esercita potere politico265.

Occorre specificare che la possibilità di proporre ricorso presso l’Autorità giurisdizionale è riconosciuta solo laddove entrambe le Autorità procedenti abbiano rigettato l’istanza del contribuente. Questo residua la domanda di quali siano gli strumenti di tutela in presenza di un diniego unilaterale. Ebbene, la risposta al quesito è contenuta all’interno dell’art. 6 (“Risoluzione delle controversie da parte della commissione consultiva”): il contribuente potrà fare richiesta all’autorità competente di procedere alla nomina di una commissione consultiva, la quale avverrà secondo i canoni dell’art. 8 (“Commissione consultiva”) e che si pronuncerà sul diniego.