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Sezione I – La procedura amichevole europea

2. La nomina della Commissione consultiva

Uno degli aspetti di maggiore approfondimento della disciplina europea relativa alla fase arbitrale presso la Commissione consultiva riguarda la nomina della Commissione stessa.

All’interno dello stesso apparato OCSE, specie all’interno del Commentario, è manifestata una certa attenzione verso l’argomento della composizione del Collegio arbitrale. Si ricorderà306 che la Commissione arbitrale è composta da un arbitro nominato da ciascuna amministrazione con l’aggiunta di un ulteriore arbitro, nominato dai due arbitri eletti, che assume il ruolo di Presidente. Tale composizione del Collegio garantisce l’equidistanza del decidente rispetto alle parti in causa, con evidente beneficio di imparzialità e impregiudicatezza.

La disciplina circa la composizione della Commissione consultiva è ricavabile all’interno dell’art. 9 della Convezione arbitrale e dell’art. 8 della Direttiva 2017/1852/UE (“Commissione consultiva”). La disciplina in questione non ha subito forti variazioni con l’adozione della Direttiva, che ha ripreso quasi del tutto quella della Convenzione, aggiungendo graditi chiarimenti e specificazioni rispetto alla disciplina pregressa.

La Commissione consultiva è formata da:

i. Un presidente;

ii. Un rappresentante di ciascuna autorità competente interessata;

iii. Una personalità indipendente nominata da ciascuna autorità competente degli Stati Membri;

La figura della personalità indipendente assume particolare valore, giacché le autorità, previo accordo tra loro, possono pattuire di nominare due autorità indipendenti ciascuna.

Le regole circa la loro nomina non sono casuali, ma sono concordate tra le Autorità competenti degli Stati Membri interessati. Le Autorità in questione sono inoltre chiamate a nominare un sostituto per ciascuna autorità indipendente nell’evenienza in cui una di esse sia indisponibile. Laddove non sia stato possibile pattuire le regole per la nomina delle autorità indipendenti, queste ultime vengono sorteggiate.

La formazione della Commissione consultiva può dunque variare. È evidente, tuttavia, che la parte indipendente della Commissione sia destinata ad assumere il peso di gran lunga maggiore. Questo non solo perché è possibile che le autorità indipendenti siano, nei

306 Cfr. Capitolo III, paragrafo 3.

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casi in cui vi sia la nomina di due autorità per Autorità competente, in numero maggiore rispetto agli altri soggetti coinvolti (ovvero presidente e rappresentanti): è più che possibile, infatti, che le autorità indipendenti nominate siano soltanto due in totale, escludendo così ogni maggioranza a priori. Ma perché, soprattutto, i rappresentati delle autorità competenti interessate aggiungono poco o nulla al dialogo. È pressoché impossibile, infatti, che i rappresentanti delle autorità assumano posizioni differenti rispetto a quelle già manifestate dalle Autorità che li hanno eletti. Seppur la presenza di tali soggetti abbia un valore nella misura in cui permettono alle autorità indipendenti di avere tutte le informazioni relative alla questione, la loro reticenza a cambiare posizione rispetto alle proprie iniziali opinioni li rende figure poco utili, se non addirittura dannose, in quanto impedisce di raggiungere una decisione unanime307.

Non si tratta purtroppo dell’unica criticità relativa alla figura dei rappresentati.

Riprendendo parte della dottrina italiana308, occorre osservare come la stessa mancanza di coinvolgimento del contribuente sia di per sé criticabile. Questa defezione si inserisce nel quadro di un più ampio disinteresse del legislatore europeo nei confronti della nomina dei rappresentanti. Non è possibile rinvenire, infatti, alcun riferimento al riguardo né all’interno della Convenzione arbitrale, né all’interno della Direttiva DRM, né all’interno della d.lgs. 49/2021. Il rischio è che una simile discrezionalità nella nomina si traduca in un vulnus per l’imparzialità del rappresentante, che ben potrebbe essere selezionato (nel caso dell’Italia, ad esempio) tra i funzionari dell’Agenzia delle Entrate. È chiaro che il primo presidio dell’imparzialità e della impregiudicatezza del rappresentante dovrebbe essere rappresentato dalla stessa Agenzia, che ben dovrebbe valutare il rischio di un eventuale conflitto di interessi, tuttavia, sarebbe stata preferibile l’introduzione di specifiche regole atte a garantire tali caratteristiche.

Il trascurare l’argomento della nomina del rappresentante fa ancora più specie se si considera l’opposto livello di specificazione raggiunto in relazione alle personalità indipendenti. Ai sensi dell’art. 10, c.5, del d.lgs. 49/2020, salvo la particolare ipotesi della nomina per mano del Tribunale, l’Agenzia delle Entrate può opporsi alla nomina di una personalità indipendente:

i. per “qualsiasi ragione preventivamente concordata con le Autorità competenti”;

307 in questo senso: LODIN, S.V., The Arbitration Convention in Practice: Experienceses of Participation as an Indipendent Member of Arbitration (Advisory) Commission, in Intertax, Vol. 42, n.3, 2014, p. 173 s., in particolare p. 173.

308 ZITELLA,S., in La risoluzione delle controversie…, p. 263 s.

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ii. qualora questa appartenga o sia appartenuta nei tre anni precedenti a una delle amministrazioni fiscali interessate oppure eserciti delle funzioni per una di tali amministrazioni;

iii. se questa ha detenuto diritto di voto negli ultimi cinque anni precedenti la data della sua nomina o detiene una partecipazione o il diritto di voto una partecipazione rilevante o il diritto di voto oppure è o è stato dipendente o consulente di un soggetto interessato;

iv. se “detta personalità non offre sufficienti garanzie di obbiettività per la risoluzione della controversia”.

v. se “detta personalità è impiegata presso una impresa che fornisce consulenza fiscale, o presta altrimenti consulenza fiscale a titolo professionale o si è trovata in tale situazione in qualsiasi momento nel corso di un periodo di tre anni prima della sua nomina”.

La tutela dell’imparzialità è sicuramente un aspetto che deve essere salutato con favore, ma sorge in questo caso il dubbio che il legislatore europeo abbia calcato troppo la mano.

Specie l’ultimo punto richiamato tutela l’indipendenza in modo greve, introducendo esclusioni piuttosto dannose. L’esclusione di soggetti che hanno prestato consulenza o che prestano consulenza a titolo professionale comporta l’impossibilità di adire accademici e professionisti operanti sia nell’ambito della consulenza, che all’interno di studi legali specializzati. Soggetti i quali avrebbero certamente potuto dare maggior valore alla Commissione consultiva, elevandone il livello di professionalità ed esperienza309. Coerentemente, l’art. 8, c.5 della Direttiva DRM dispone: “Per un periodo di dodici mesi dalla pronuncia della decisione della commissione consultiva, una personalità indipendente che è parte della commissione consultiva non deve trovarsi in una situazione che avrebbe indotto un'autorità competente a opporsi alla sua nomina a norma del presente comma se si fosse trovata in tale situazione al momento della nomina presso la stessa commissione consultiva”. Il realizzarsi delle condizioni di cui al comma appena riportato non comporta l’invalidità della decisione finale della Commissione, a condizione tuttavia che la loro verificazione avvenga successivamente alla conclusione della stessa. Così, ad esempio, non sarebbe invalida la decisione assunta da una Commissione consultiva se un’autorità indipendente successivamente ad essa prestasse attività di consulenza. Non si potrebbe dire lo stesso nel caso in cui invece tali condizioni

309 MOOIJ,H., Tax Treaty Arbitration, in Arbitration International, Volume 35, n.2, 2019, p. 195 s.

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sussistessero già al momento della decisione: in tal caso la decisione sarebbe da considerare invalida, così come gli atti compiuti medio tempore dall’autorità indipendente310.